Sopra: particolare dell'affresco dei dannati all'inferno di Luca Signorelli (1445-1523), conservato nel Duomo di Orvieto.
Premessa
Anche se non era un mangiapreti, il Colonnello M. se ne rideva della religione. Un giorno disse al cappellano del reggimento:
Se un Colonnello, che si pensa abbia un certo grado di cultura, giunge a deridere una verità così importante come l'esistenza dell'inferno, non c'è da meravigliarsi che l'uomo comune dica, un po' scherzando e un po' credendoci: «L'inferno non c'è... ma se ci fosse ci troveremmo in compagnia di belle donne... e poi là si starebbe al caldo...». L'inferno!... Terribile realtà!... Non dovrei essere io, povero mortale, a scrivere sul castigo riservato ai dannati nell'altra vita. Se a fare questo fosse un dannato che si trova negli abissi infernali, quanto sarebbe più efficace la sua parola! «Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino (354-430) - per non precipitarvi dopo la morte».
«Poi dirà a quelli alla sua sinistra: "Via, lontano da me, maledetti,
nel fuoco eterno,
preparato per il diavolo e per i suoi angeli"» (Mt 25,
41). FATTI STORICI DOCUMENTATI CHE FANNO RIFLETTERE
Un Generale russo
Mons. Louis Gaston Adrien de Ségur (1820-1881) ha pubblicato un libretto che parla dell'esistenza dell'inferno 2, su cui sono narrate le apparizioni di alcune anime dannate. Riporto per intero l'episodio con le stesse parole dell'autore:
Una donna di Napoli
Tutti sanno che la Chiesa, prima di
elevare qualcuno agli onori degli altari e dichiararlo «Santo»,
esamina attentamente la sua vita e specialmente i fatti più strani e
insoliti. Il seguente episodio fu inserito nei processi di
canonizzazione di San Francesco De Geronimo (1642-1716),
celebre missionario della Compagnia di Gesù, vissuto nel XVII
secolo. Un giorno questo sacerdote predicava a una gran folla in una
piazza di Napoli. Una donna di cattivi costumi, di nome Caterina,
abitante in quella piazza, per distrarre l'uditorio durante la
predica, dalla finestra cominciò a fare schiamazzi e gesti
spudorati. Il Santo dovette interrompere la predica perché la donna
non la smetteva più, ma tutto fu inutile. Il giorno dopo il Santo
ritornò a predicare sulla stessa piazza e, vedendo chiusa la
finestra della donna disturbatrice, domandò cosa fosse capitato. Gli
fu risposto: «È morta questa notte improvvisamente». La mano
di Dio l'aveva colpita. «Andiamo a vederla», disse il Santo.
Accompagnato da altri entrò nella camera e vide il cadavere di
quella povera donna disteso. Il Signore, che talvolta glorifica i
suoi Santi anche con i miracoli, gli ispirò di richiamare in vita la
defunta. San Francesco di Girolamo guardò con orrore il cadavere e
poi con voce solenne disse: «Caterina, alla presenza di queste
persone, in nome di Dio, dimmi dove sei»! Per la potenza del
Signore si aprirono gli occhi di quel cadavere e le sue labbra si
mossero convulse: «All'inferno!... Io sono per
sempre all'inferno»! Un episodio capitato a Roma
A Roma, nel 1873, verso la metà di agosto, una delle povere ragazze che vendevano il loro corpo in una casa di tolleranza si ferì a una mano. Il male, che a prima vista sembrava leggero, inaspettatamente si aggravò, tanto che quella povera donna fu trasportata urgentemente all'ospedale, dove morì poco dopo. In quel preciso momento, una ragazza che praticava lo stesso «mestiere» nella stessa casa, e che non poteva sapere ciò che stava avvenendo alla sua «collega» finita all'ospedale, cominciò a urlare con grida disperate, tanto che le sue compagne si svegliarono impaurite. Per le grida si svegliarono anche alcuni abitanti del quartiere e ne nacque uno scompiglio tale che intervenne la questura. Cos'era successo? La compagna morta all'ospedale le era apparsa, circondata di fiamme, e le aveva detto: «Io sono dannata! E se non vuoi finire anche tu dove sono finita io, esci subito da questo luogo di infamia e ritorna a Dio»! Nulla poté calmare l'agitazione di quella ragazza, tanto che, appena spuntata l'alba, se ne partì lasciando tutte le altre nello stupore, specialmente non appena giunse la notizia della morte della compagna avvenuta poche ore prima all'ospedale. Poco dopo, la padrona di quel luogo infame, che era una garibaldina esaltata, si ammalò gravemente e, ben ricordando l'apparizione della ragazza dannata, si convertì e chiese un sacerdote per poter ricevere i santi Sacramenti. L'autorità ecclesiastica incaricò della cosa un degno sacerdote, Mons. Sirolli, che era il parroco di San Salvatore in Lauro. Questi richiese all'inferma, alla presenza di più testimoni, di ritrattare tutte le sue bestemmie contro il Sommo Pontefice e di esprimere il proposito fermo di mettere fine all'infame lavoro che aveva fatto fino allora. Quella povera donna morì, pentita, con i conforti religiosi. Tutta Roma conobbe ben presto i particolari di questo fatto. Gli incalliti nel male, com'era prevedibile, si burlarono dell'accaduto; i buoni, invece, ne approfittarono per diventare migliori.
Una nobile signora di Londra
Viveva a Londra, nel 1848, una vedova di ventinove anni, ricca e molto corrotta. Tra gli uomini che frequentavano la sua casa, c'era un giovane Lord di condotta notoriamente libertina. Una notte quella donna era a letto e stava leggendo un romanzo per conciliare il sonno. Appena spense la candela per addormentarsi, si accorse che una luce strana, proveniente dalla porta, si diffondeva nella camera e cresceva sempre più. Non riuscendo a spiegarsi il fenomeno, meravigliata spalancò gli occhi. La porta della camera si aprì lentamente e apparve il giovane Lord, che era stato tante volte complice dei suoi peccati. Prima che essa potesse proferire parola, il giovane le fu vicino, l'afferrò per il polso e disse: «C'è un inferno, dove si brucia»! La paura e il dolore che quella povera donna sentì al polso furono così forti che svenne all'istante. Dopo circa mezz'ora, ripresasi, chiamò la cameriera la quale, entrando nella stanza, sentì un forte odore di bruciato e constatò che la signora aveva al polso una scottatura così profonda da lasciar vedere l'osso e con la forma della mano di un uomo. Notò anche che, a partire dalla porta, sul tappeto c'erano le impronte dei passi di un uomo e che il tessuto era bruciato da una parte all'altra. Il giorno seguente la signora seppe che la stessa notte quel giovane Lord era morto. Questo episodio è narrato da Mons. De Sègur che così commenta:
Racconta un Arcivescovo...
Sant'Antonino Pierozzi (1389-1459), Arcivescovo di Firenze, famoso per la sua pietà e dottrina, nei suoi scritti narra un fatto, verificatosi ai suoi tempi, verso la metà del XV secolo, che seminò grande sgomento nell'Italia settentrionale. All'età di diciassette anni, un ragazzo aveva tenuto nascosto in Confessione un peccato grave che non osava confessare per vergogna. Nonostante questo si accostava alla Comunione, ovviamente in modo sacrilego. Tormentato sempre più dal rimorso, invece di mettersi in grazia di Dio, cercava di supplire facendo grandi penitenze. Alla fine decise di farsi frate. «Là - pensava - confesserò i miei sacrilegi e farò penitenza di tutte le mie colpe». Purtroppo, il demonio della vergogna riuscì anche là a non fargli confessare con sincerità i suoi peccati e così trascorsero tre anni in continui sacrilegi. Neanche sul letto di morte ebbe il coraggio di confessare le sue gravi colpe. I suoi confratelli credettero che fosse morto da santo, perciò il cadavere del giovane frate fu portato in processione nella chiesa del convento, dove rimase esposto fino al giorno dopo. AI mattino, uno dei frati, che era andato a suonare la campana, tutto a un tratto si vide comparire davanti il morto circondato da catene roventi e da fiamme. Quel povero frate cadde in ginocchio spaventato. Il terrore raggiunse il culmine quando sentì: «Non pregate per me, perché sono all'inferno»!... e gli raccontò la triste storia dei sacrilegi. Poi sparì lasciando un odore ripugnante che si sparse per tutto il convento. I superiori fecero portare via il cadavere senza i funerali.
Un professore di Parigi
Sant'Alfonso Maria De' Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa, e quindi particolarmente degno di fede, riporta il seguente episodio. Quando l'Università di Parigi si trovava nel periodo di maggior splendore, uno dei suoi più celebri professori morì improvvisamente. Nessuno si sarebbe immaginato la sua terribile sorte, tanto meno il Vescovo di Parigi, suo intimo amico, che pregava ogni giorno in suffragio di quell'anima. Una notte, mentre pregava per il defunto, se lo vide apparire davanti in forma incandescente, col volto disperato. Il Vescovo, compreso che l'amico era dannato, gli rivolse alcune domande; gli chiese tra l'altro:
Note 1 Pagine estratte dall'opera L'inferno c'è, Libreria Sacro Cuore, Catania 1954. 2 Trattasi di L'Enfer: S'il y en a un..., Tolra, Parigi 1876.
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