a cura di La Question 1
Introduzione
Il Talmud (in ebraico «studio») è uno dei testi più importanti dell'ebraismo rabbinico, collocato subito dopo la Bibbia ebraica di cui è, in qualche modo, il supplemento. Composto dalla Mishnah e dalla Ghemara, esso riunisce e riassume l'insieme delle discussioni rabbiniche su tutti gli argomenti inerenti la legge ebraica, argomenti che sono classificati e suddivisi in sei ordini (shisha sedarim, ecc...), affrontando tutti i problemi relativi alla religione, all'etica, alla morale, alla vita coniugale, alla medicina, all'economia e alle relazioni con i non-ebrei 2.
Ben presto la Chiesa si è allarmata per quest'opera di cui si poteva constatare l'influenza nociva sul comportamento delle popolazioni ebraiche, ma occorse attendere il XIII secolo affinché una vera politica di esame approfondito del contenuto del testo fosse intrapresa per determinarne la natura esatta, e soprattutto perché fossero fermamente condannate le affermazioni principali e le bestemmie assolutamente scandalose che erano contenute nelle pagine del Talmud.
Sopra: il trattato talmudico Berakhot.
La prima condanna: Innocenzo IV e l'Impia Judæorum
perfidia Fu a Parigi, nel 1240, che si svolse il primo processo contro il Talmud, quando, dopo essere stato espulso dalla scuola ebraica in cui si trovava, l'israelita Nicholas Donin (+1287), che nel 1235 si era convertito al cristianesimo ed era divenuto francescano, denunciò i principali passi anticristiani contenuti nel testo, in un confronto pubblico con il rabbino Yechiel di Parigi (+1286), che a quel tempo era il responsabile della scuola talmudica (yeshiva), un dibattito cui presenziarono da parte cattolica Eudes de Châteauroux (1190-1273), cancelliere della Sorbona (più tardi Cardinale), e da parte ebraica Mosé de Coucy, Juda ben David e Samuel ben Salomon.
Sopra: a sinistra, la disputa sul Talmud tra Nicholas Donin e il rabbino Yechiel di Parigi; a destra, Eudes de Châteauroux.
Nella sua dimostrazione, che spaventò gli esaminatori e i teologi ecclesiastici, Donin citò passi interi estratti dal Talmud provando che per gli ebrei esso era diventato un'altra legge (alia lex) quasi superiore a quella della Toràh, e dimostrando che conteneva orribili bestemmie, che incoraggiava l'odio verso i cristiani, e autorizzava gli ebrei a prendersi gioco dei «goyim» (i «non-ebrei»), a derubarli e addirittura ad ucciderli. Ventiquattro carri pieni di manoscritti talmudici furono bruciati nella piazza di Grève il 20 giugno 1242.
Sopra: stampa dell'epoca che illustra il rogo degli scritti talmudici.
Fu a quell'epoca, quasi contemporaneamente a questa disputa in cui numerosi passi spaventosi del Talmud erano stati rivelati alle coscienze cristiane che ne erano all'oscuro 3, che Papa Innocenzo IV (1180-1254), uno dei migliori canonisti della sua epoca, riprendendo le direttive di Gregorio IX (1145-1241) - che il 9 giugno 1239 aveva chiesto (in seguito alla promulgazione della Bolla Sufficere dibuerat, del 55 marzo 1233), ai Vescovi di Francia di confiscare tutti gli esemplari del Talmud - scrisse una lettera pontificia che intitolò Impia Judæorum perfidia («l'empia perfidia degli ebrei»), pubblicata il 9 maggio 1244, lettera che venne inviata a San Luigi re di Francia (1226-1270) affinché il sovrano potesse legiferare per proteggere i suoi sudditi dalle idee talmudiche.
Nel lettera Impia Judæorum perfidia, Papa Innocenzo IV esortò San Luigi a bruciare e far bruciare pubblicamente il Talmud, un libro illecito, nel suo regno, davanti al clero e al popolo 4. Innocenzo IV indicò che Gesù Cristo, per la sua misericordia e la sua indulgenza, tollerava la coabitazione tra ebrei e cristiani, ma ciò in attesa della conversione degli ebrei, anche se questi ultimi, designati come «ingrati», non mostravano nessun pentimento per il loro errore e non «riveriscono l'onore della fede cristiana, hanno rinunciato alla legge di Mosé e dei Profeti, e seguono alcune tradizioni dei loro padri» 5.
Fu per questa ragione che il Papa, poggiando su San Matteo (Mt 15, 3), dopo avere ricordato che gli ebrei hanno rinunciato volontariamente al mandato divino a causa della loro tradizione che insegna false dottrine e che li ha allontanati dalla legge e dei Profeti, sottolineò che i figli degli ebrei erano nutriti e istruiti con il Talmud, il quale contiene «bestemmie contro Dio e il suo Cristo, contro la Vergine Maria, dei falsi abusi e delle sciocchezze inaudite» 6.
Al termine della lettera, il Papa chiedeva espressamente che fosse vietato agli ebrei avere alle loro dipendenze dei servi cristiani, e che le nutrici cristiane non dovevano andare nelle case degli israeliti, per timore di dare l'impressione di incoraggiare la perfidia ebraica.
Le
condanne pontificie del Talmud
Questo atto papale fu un punto di
riferimento per diversi secoli, e fu su di esso che andarono a
poggiare tutti i successivi Sommi Pontefici che legiferarono contro
gli ebrei e i loro scritti. É dunque possibile misurare la portata
di questo esame della dottrina del Talmud, seguito dalla sua
condanna, che nei periodi successivi della Chiesa si rivelò
fondamentale per determinare e fissare l'atteggiamento ufficiale e
il Magistero di Roma a riguardo del testo talmudico. - Papa Martino V Dopo il pontificato di Innocenzo IV, le diatribe tra dottori cristiani e talmudisti si moltiplicarono, e se si volesse descrivere la cronistoria dei grandi dibattiti che si svolsero tra rabbini e teologi cristiani l'elenco sarebbe molto lungo. Così a Tortosa, nel 1413, su istigazione di Jerónimo de Santa Fe (Joshua Lorki; 1400-1430), un ex erudito ebreo divenuto cristiano e medico di Papa Martino V (1368-1431), venne dimostrato che le infami accuse talmudiche verso i pagani e gli apostati in termini eccessivi, riguardavano anche i cristiani, il che obbligò Martino V a vietare agli ebrei la lettura del Talmud, a causa della sua perversità, ricordando alle autorità civili e religiose che dovevano confiscare e distruggere tutte le copie esistenti del Talmud:
Sopra: Papa Martino V.
- Papa Giulio III Fu poi Giulio III (1487-1555) che nella sua Bolla Cum sicut nuper, del 29 maggio 1554, ordinò che il Talmud e gli altri libri «che menzionano ignominiosamente Gesù Cristo, siano dannati e bruciati» 8, chiedendo inoltre che fosse avviata una nuova e più attenta investigazione degli scritti talmudici, specificando che se i libri contenevano dei passi blasfemi, dovevano essere distrutti e sottratti dalle mani degli ebrei, sotto pena di pene pecuniari o, se la loro ostinazione o il tipo di reato lo esigeva, di castighi corporali 9.
Sopra: Papa Giulio III.
- Papa San Pio V Se nella sua Bolla Hebræorum gens, del 4 marzo 1569, San Pio V (1504-1572) non si è occupato direttamente della questione del Talmuld, spiegando che gli ebrei furono disprezzati e dispersi a causa della loro miscredenza e perché erano stati perfidi e ingrati quando hanno rigettato il loro Salvatore mediante una morte indegna 10, sottolineando che i mezzi con cui essi combattono la fame sono pessimi e infami 11, il Santo Papa insisteva tuttavia sui
Sopra: Papa San Pio V e la sua Bolla Hebræorum gens.
il che lasciava supporre nettamente che gli ebrei possedevano e utilizzavano delle opere di stregoneria e di magia di cui il Talmud faceva evidentemente parte.
- Gregorio XIII Poco tempo dopo, Papa Gregorio XIII (1502-1585), nel suo Motu proprio Antiqua judæorum improbitas, del 1581, scrisse:
Sopra: Papa Gregorio XIII.
Tuttavia, precisava Gregorio XIII, gli ebrei non si sono addolciti, essendo ostili ai membri di Cristo, e non hanno cessato di commettere atti spaventosi contro la religione cristiana. Perciò, Gregorio XIII autorizzò gli inquisitori ad intervenire in quei casi in cui si manifestava l'empietà ebraica, obbligando i Vescovi e tutti i prelati a pubblicare il suo Motu proprio, e a procedere debitamente seguendo il suo contenuto.
- Clemente VIII Ma fu principalmente Papa Clemente VIII (1536-1605) che si distinse rinnovando, il 28 febbraio 1593 - dopo avere espulso gli ebrei dagli Stati pontifici per mezzo della Bolla Cæca et Obdurata tre giorni prima, il 25 febbraio 1593 15 - nel Bolla Cum hebræorum malitia le vecchie interdizioni di leggere, vendere, stampare o possedere degli esemplari del Talmud, poggiando sugli atti dei Papi precedenti, che designò per nome: Gregorio IX, Innocenzo IV, Clmente IV, Giovanni XXII, Giulio III, Paolo IV (Cum nimis absurdum) e Gregorio XIII,
Sopra: Papa Clemente VIII.
Dunque, Papa Clemente VIII approvò e rinnovò tutte le lettere e i documenti che erano stati decretati su questo argomento. Così, in Cum Hebræorum malitia, egli scrive:
Clemente VIII ordinò di bruciare tutti gli esemplari del Talmud. Ma si spinse ancora più lontano proibendo a tutte le comunità ebraiche, negli Stati pontifici e fuori, di possedere, di leggere, di tenere, di vendere e di divulgare i libri talmudici «dannati, vani, cabalistici e di altre opere empie, vietate e condannate da questi predecessori», e di opere, commenti, volumi e scritti che contengono, in segreto o apertamente («tacite vel expresse») parole blasfeme o sdegnose verso Dio, la Trinità, il nostro Redentore e Signore Gesù Cristo, la sua fede cristiana, sua Madre la Vergine Maria, i Patriarchi, i Profeti e gli Apostoli, i Sacramenti, le sante immagini, la Chiesa cattolica e la Santa Sede.
Nel contempo, Clemente VIII annullò, revocò e invalidò tutte le concessioni, licenze e permessi di possedere e di leggere i suddetti libri, anche se si fosse trattato di concessioni fatte dai suoi predecessori, e si augurò che restassero «annullate per sempre» 18. Dopo di che, il Papa concesse dieci giorni ai proprietari del Talmud residenti a Roma e due mesi a quelli che abitavano fuori città dopo la pubblicazione della Bolla, per consegnare gli scritti al clero o agli inquisitori, ordinando a questi ultimi di bruciarli immediatamente 19.
Il vero contenuto anticristiano del Talmud
Uno dei punti della controversia contemporanea, di cui si fanno eco diversi articoli che trattano dell'argomento, verte su una pretesa «cattiva interpretazione» del Talmud da parte degli esaminatori cristiani che non avrebbero compreso il vero significato di certi termini ebraici. Ora, questo argomento è falso per parecchie ragioni. Oltre al fatto che i primi censori del testo furono degli eruditi ebrei convertiti al cristianesimo, come il francescano Nicholas Donin, fatto che lascia supporre da essi avessero una buona conoscenza del significato esatto dei testi talmudici, il numero estremamente elevato delle condanne pontificie garantite dall'infallibilità lascia pensare che ci fosse materia grave per legiferare.
Bisogna anche sapere che il Talmud fu oggetto di parecchie edizioni, ma anche di disposizioni disciplinari della Chiesa che spinse i rabbini a far scomparire i passi più odiosi, un elemento questo che può ingannare coloro che ignorano questi fatti storici, portandoli ad accettare la tesi di un'ingiustizia a riguardo del Talmud. Dunque, nulla è più fallace dei dinieghi moderni concernenti il contenuto blasfemo del Talmud.
Occorre sapere che se il Talmud di Babilonia (stampato nel 1520 a Venezia), seguito dal Talmud di Gerusalemme, furono pubblicati in una versione integrale che beneficiò di un privilegio pontificio, poco dopo il Vaticano ordinò di distruggere questa edizione del Talmud, che aveva precedentemente autorizzato, a causa dello scandalo che aveva provocato la lettura del libro. Difatti, il 9 settembre 1553, data dell'inizio del nuovo anno ebraico, tutti gli esemplari del Talmud furono bruciati a Roma, e la censura pontificia fu applicata molto severamente dopo la pubblicazione della Bolla Cum sicut nuper di Giulio III, nel 1554, il Talmud fu messo all'Index Expurgatorius nel 1559.
Inoltre, Papa Pio IV (1499-1565) ordinò come misura estrema che il Talmud fosse privato del suo nome, il che portò alla diffusione della denominazione Sha's per designarlo. È dunque su di un'edizione purgata del Talmud che si baserà la maggior parte delle successive edizioni, come quella pubblicata a Basilea dal 1578 al 1581, nella quale è totalmente assente lo scandaloso trattato Abodah Zarah («Idolatria»), che tratta dei non-ebrei, così come i passi più violentemente anti-cristiani; oppure certe frasi o parole sono state completamente modificate per non suscitare la collera della Chiesa.
Così, ad esempio, le parole min e minim (usate per identificare i giudei divenuti cristiani), akum (letteralmente «adoratore delle stelle», ma interpretato come acronimo degli adoratori di Cristo e di Maria), ecc..., furono sostituite da quella più «neutra» di «sadduceo» (ossia «ateo»). Peraltro, è completamente chiaro che il nome di Yeshu, che designa Gesù, appare positivamente nel testo non censurato del Talmud di Babilonia, anche se la Bolla pontificia redatta nel 1554 ordinò il ritiro di ogni riferimento a Yeshu.
Sopra: una pagina del trattato Abodah Zarah.
Tuttavia, si constata senza difficoltà che i manoscritti del Talmud di Monaco del 1342, di Parigi e del Seminario Teologico ebraico, contengono il termine Ha-Notzri, ed è noto che questo termine fu aggiunto alla menzione di Yeshu Notzri 20, un termine ebraico utilizzato per designare i cristiani: Yeshu Ha-Notzri («Gesù il Nazareno»).
Davanti a queste evidenze, le arguzie di Yechiel di Parigi, già nell XIII secolo identiche a quelle che si riscontrano ovunque anche ai nostri giorni, che per difendere il Talmud sostenne che il Yeshu della letteratura rabbinica era un discepolo di Yehoshua Perahya, un personaggio vissuto parecchi secoli prima di Gesù di Nazareth, e che quindi non doveva essere confuso con Cristo, non regge un solo istante, tanto più che l'epiteto Ha-Notzri, inteso come «Nazareno» in molte pagine del Talmud, viene utilizzato per indicare colui che incitò all'apostasia facendo miracoli e che ebbe una morte violenta. É chiaro che il nome Yeshu si riferisce insindacabilmente a Gesù Cristo.
Sopra: Nostro Signore Gesù Cristo condannato a morte dal Sinedrio per essersi proclamato Messia e Figlio dell'Altissimo.
- Le bestemmie talmudiche di Maimonide
L'esempio più dimostrativo ci è dato
dal famoso rabbino Mosé Maïmonide (1138-1204), in cui il termine Yeshu
Ha-Notzri («Gesù il Nazareno»), utilizzato nel Talmud, si
trova nel suo commento della Mishnéh Toràh (versione non
censurata del 1180) che si crede sia la codificazione definitiva
della legge ebraica. Egli scrive riferendosi a Gesù:
Sopra: il rabbino spagnolo Mosé Maimonide.
In un altro testo, Maimonide menziona
nuovamente Gesù alla maniera del Talmud come modello di
coloro che hanno tentato
di distruggere il giudaismo per mezzo di divisioni:
«Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo,
il Figlio di
Dio". "Tu l'hai detto", gli rispose Gesù, "anzi io vi dico: d'ora
innanzi vedrete il Figlio dell'uomo
Maimonide menziona Gesù in un altro passaggio:
La rivelazione del Talmud
Bisognò dunque attendere il XIX secolo - anche se lo studio del Talmud in Polonia condusse alla stampa dell'edizione completa con il restauro del testo originale realizzato a Cracovia tra il 1602 e il 1605 (è in questo intento che certuni chiesero un po' più tardi che una traduzione fosse realizzata a Vienna, richiesta che finì anche davanti ai corpi legislativi) - quando un sacerdote, Padre Luigi Aloisi Chiarini (1789-1832), professore di lingue orientali all'Università di Varsavia, pubblicò a Parigi, nel 1830, una voluminosa Théorie du Judaïsme in cui fece figurare una traduzione parziale del Talmud nella quale rivelò i passi che erano stati espurgati e censurati, il Talmud di Babilonia tradotto in lingua francese e completato dal Talmud di Gerusalemme, che fece pubblicare nel 1831.
Sopra: il frontespizio dell'opera di Padre Luigi A. Chiarini Théorie du Judaïsme («Teoria del giudaismo»).
Questo religioso fu seguito un altro ecclesiastico, Padre August Rohling (1839-1931), dottore in Teologia, professore di Esegesi all'Università di Münster, canonico della collegiale di Praga, avvalendosi delle opere di Johann Andreas Eisenmenger (1654-1704), professore di ebraico ad Heidelberg, che studiò con attenzione l'argomento utilizzando alcune versioni non censurate del Talmud, e che nel 1871 pubblicò in Germania un'opera: Der Talmudjude («L'ebreo talmudico»), pubblicato in Francia nel 1888 a cura di Padre Maximilien de Lamarque, dottore in Teologia, in cui citò numerosissimi passi censurati ed espurgati del Talmud.
Sopra: Johann Andreas Eisenmenger; a lato l'opera Der Talmudjude.
Fu ad un'iniziativa simile che si dedicò Mons. Justinas Bonaventura Pranaitis (1861-1917), un sacerdote cattolico lituano, professore di ebraico all'Università ecclesiastica imperiale di San Pietroburgo, che pubblicò un libro che ebbe un immenso successo: Christianus in Talmude iudæorum sive rabbinicæ doctrinæ de christianis secreta (ripubblicato più recentemente con il titolo Il Talmud Smascherato), pubblicato in latino nel 1892 con l'imprimatur di Mons. Kozlowski, Arcivescovo metropolita di Moguilev, un'opera che fu poi oggetto di una polemica con il pretesto che il religioso avrebbe utilizzato alcune versioni errate del Talmud per redigere il suo libro.
Sopra: Mons. Justinas Bonaventura Pranaitis e la sua opera Christianus in Talmude iudæorum.
Il libro si presenta come un'inchiesta approfondita sugli insegnamenti ebraici anticristiani e cerca di rivelare che il Talmud contiene numerosi passi blasfemi, astiosi e violenti contro la religione cristiana, offrendo a lato di ciascuna delle citazioni latine la versione ebraica corredata da riferimenti contestuali precisi per - come precisa il Pranaitis - «sventare l'accusa di avere utilizzato una versione falsificata del Talmud o di non averlo tradotto e interpretato correttamente, cosa che generalmente accade quando si cerca di rivelare i segreti degli insegnamenti ebraici». Numerose citazioni di Pranaitis nel suo Il Talmud smascherato, sono identiche ai passi del Talmud condannati dai Papi.
Poiché la polemica è sorta proprio a proposito dell'autenticità delle citazioni, è dunque su questo punto che dobbiamo considerare diversi elementi. Innanzitutto, Mons. Pranaitis lavorò in un Paese a maggioranza greco-ortodossa, in cui gli scismatici non avevano obbligato gli ebrei ad epurare il loro Talmud come avevano fatto le autorità cattoliche, un fatto che gli permise di accedere a testi sconosciuti ai cattolici. Peraltro, egli utilizzò alcuni brani dell'Abodah Zarah Tosepoth, un trattato che non fa parte del Talmud, ma che tuttavia è una raccolta di commenti del Talmud nata dai suoi insegnamenti, e che dunque si può ammettere, anche se non facente parte del Talmud, come commento delle opere talmudiche. Appare così evidente che i rimproveri mossi da certi ebrei non furono che delle astuzie per discolpare il Talmud e i libri annessi, dalle bestemmie anticristiane che contengono.
Essi, infatti, fecero notare un'assenza di riferimenti dei brani citati dal Pranaitis nelle edizioni del Talmud, senza peraltro precisare che all'epoca di un Sinodo, tenuto in Polonia nel 1631, i rabbini di numerosi Paesi avevano deciso ufficialmente di eliminare i passi anticristiani per evitare delle persecuzioni, sebbene una «O» o la parola «haiah» («era») furono inserite al posto dei passi censurati per capire al lettore di chi si stava parlando 24, permettendo così a questi testi di essere insegnati oralmente sfuggendo alle condanne, prudenza che non era presente presso i rabbini medievali e nelle versioni del Talmud alle quali poté accedere Mons. Pranaitis.
Ebreo ortodosso prega al Muro del Pianto.
Ecco perché se qualcuno osa sostenere che Il Talmud smascherato è veritiero verrebbe accusato di dare credito ad un'opera di pura propaganda, ad un falso contenente citazioni immaginarie, da assimilare ai Protocolli dei Savi di Sion. Ciò che tuttavia è sconcertante è che le citazioni prodotte da Mons. Pranaitis sono assolutamente identiche ai passi condannati dai Papi quando le versioni non censurate del Talmud furono esaminate dai teologi cattolici, il che provocò la promulgazione delle molteplici Bolle pontificie che costellano la storia della Chiesa dal XIII secolo fino ai nostri giorni.
Per fare un esempio tra cento, ma abbastanza significativo, nel Talmud si trova l'affermazione secondo cui i non-ebrei (i «goyim») non sarebbero degli uomini 25: «Voi (ebrei) siete chiamati "uomo" ("adam"), e le nazioni del mondo ("goyim") non sono chiamate "uomo"», un passo che Mons. Pranaitis riproduce con esattezza,: «Voi (ebrei), siete qualificati come uomini, ma i goyim non sono qualificati in quel modo» 26. Lo stesso vale per le menzioni assolutamente blasfeme concernenti l'«appendimento» di Gesù:
«Eppure egli si è caricato
delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Isaia 53, 4-5).
Conclusione
Non si può pensare che la Chiesa, mediante l'autorità dei Papi, abbia giudicato necessario condannare infallibilmente il Talmud e le sue bestemmie senza avere dei veri motivi per farlo. Conoscendo il costante atteggiamento di riprovazione scandalizzata di Roma a riguardo dell'insegnamento talmudico, è evidente che non si può sospettare per un solo istante che la Chiesa, per mezzo della voce dei Papi e delle loro dichiarazioni ufficiali più solenni in cui hanno impegnato la loro infallibilità, si sia sbagliata per diversi secoli, e abbia giudicato necessario dispensare un insegnamento formale di denuncia dell'empietà ebraica accompagnato dalla condanna rigorosa che chiedeva che il Talmud, cosa eccezionale per un libro, fosse sistematicamente distrutto dal fuoco, ritirato dagli Stati cristiani, e infine iscritto (per non mai più uscirne) nell'Indice Expurgatorius.
Così un Pontefice, Pio IV, giunse ad ordinare che questo libro fosse privato per sempre del suo nome in quanto «contiene degli orrori inqualificabili su Cristo e sulla sua Santa Madre». Quanto a Giulio III, nella Bolla Cum sicut nuper, egli ordinò che il Talmud, che «menziona ignominiosamente» Gesù Cristo, sia dannato e bruciato, mentre Innocenzo IV, nella Bolla Impia Judæorum perfidia, esortò San Luigi re di Francia a bruciarlo pubblicamente.
Sopra: Papa Pio IV.
Tutto questo ci porta a pensare, al seguito di San Giovanni da Capestrano (1386-1456), il grande predicatore francescano del XV secolo, che non è strano che San Tommaso d'Aquino (1225-1274), Dottore della Chiesa - le cui opere sono state poste sull'altare pontificio accanto alla Sacra Scrittura all'epoca del Concilio di Trento - abbia giudicato utile di fare figurare questo avvertimento concernente gli ebrei e la loro empia dottrina (di cui il Talmud fornisce una testimonianza spaventosa) nella Somma Teologica:
Sopra: San Tommaso D'Aquino, detto il «Dottore Angelico».
In effetti, la fede cristiana può essere messa in pericolo dagli errori talmudici, come già sottolineava Papa Niccolò IV (1227-1292) nella sua Bolla Turbato corde, del 5 settembre 1288, un fatto che si può facilmente constatare in un periodo come il nostro in cui, grazie ad un colpevole disorientamento, un filo-giudaismo assolutamente contrario alla sana dottrina si è introdotto nella Chiesa:
Sopra: Papa Niccolò IV.
Note
1 Traduzione dell'originale francese Les Papes et le Talmud, a cura di Paolo Baroni. Scritto reperibile alla pagina web http://www.la-question.net/archive/2011/04/01/les-papes-et-le-talmud.html#more 2 In realtà ci sono due Talmud: - il Talmud di Gerusalemme, scritto verso la fine del IV secolo, redatto nell'accademia tiberiana di Yohanan Nappaha; la tradizione attribuisce la redazione di questo Talmud a Rav Mouna e a Rav Yossi nel 350; - il Talmud di Babilonia (Talmud Bavli), che comprende la Mishnah e la Ghemara babilonese, la cui compilazione è attribuita a due saggi babilonesi, Rav Achi (presidente dell'accademia di Sura dal 375 a 427), e Ravina. Mentre il Talmud Yerushalmi è spesso frammentario e scarno, anche per il talmudista esperto, la redazione del Talmud Bavli è più precisa e lavorata, anche se la legge esposta nelle due compilazioni è globalmente identica. 3 Esiste una relazione in latino e in ebraico della disputatio tra Nicolas Donin e Yechiel di Parigi, che ebbe luogo dal 25 al 27 giugno 1240, formata da due testi: Extractiones de Talmud, redatta per ordine di Eudes de Châteauroux, e la versione ebraica Wikkuah Rabbenu Yehiel mi Paris (cfr. Le brûlement du Talmud a Paris 1242-1244, Nouvelle Gallia Judaïca, Cerf, 1999). 4 Prædictum abusionis librum [...] coram Clero et populo, incendio concremarint». 5 «Ipsi enim ingrati Domino Jesu Christo [...] nec reverentes honorem fidei Christianæ, omissis [...] lege Mosaica et Prophetis, quasdam traditiones suorum seniorum sequuntur». 6 «Sunt blasphemiæ in Deum e Christum ejus, ac beatam Virginem manifestæ, abusiones erroneæ, ac stultitiæ inauditæ». 7 Cfr. Martino V, Sedes Apostolica, 1425. 8 «Damnaverint ed igneo comburi fecerint». 9 «Debitis poenis, tam pecuniariis [...] quam si eorum contumacia, aut qualitas delicti exegerit, corporis». 10 «Perfida et ingrata suum Redemptorem indigna morte peremptum impie reprobarit». 11 «Fœdas et infames artes, quibus famem tolerare possit». 12 «Sortilegiis, incantationibus, magicisque superstitionibus et maleficiis dediti, quamplurimos incautos atque infirmos, Sathanæ praestigiis inducunt». 13 «Antiqua Judæorum improbitas tanto execratior consistit filiis, quanto ipsi ad cumulandam patrum suorum mensuram in Dei Filio repudiando, ejusque in mortem nefarie conspirando, gravius deliquerunt». 14 «Non maiorem in cuiusquam ditione clementiam, quam in Christianorum Provinciis maxime vero in Apostolicæ pietatis gremio invenerunt». 15 La Bolla Cæca et Obdurata (25, II, 1593) comincia con queste parole: «La perfidia cieca e insensibile degli ebrei non solo è ingrata verso il Signore e Redentore della specie umana, che fu loro promesso loro e nacque dal seme di Davide, ma anche perché non riconosce la misericordia verso di essi della Chiesa che aspetta pazientemente la loro conversione» («Cæca et obdurata hebræorum perfidia, non solum ingrata est in Dominum, ac Redemptorem humani generis Iesum Christum Dei Filium ipsis promissum, et ex semine David secundum carnem natum, sed neque etiam sanctae Matris Ecclesiae, ipsorum conversionem, patienter expectantis, magnam erga eos misericordiam agnoscit»). Il Papa ricorda le Bolle Cum nimis absurdum, di Paolo IV, ed Hebræorum gens, del San Pio V, mediante la quale gli ebrei furono espulsi di tutti i territori degli Stati pontifici, eccetto Roma e Ancona. Accusando gli ebrei di avere strappato ai suoi predecessori alcuni permessi e di averne abusato, il Papa spiega che essi hanno rovinato e assediato molti cittadini e abitanti degli Stati pontifici, e li hanno privati dei loro beni («plurimos cives et incolas ditionis temporalis ecclesiasticæ, ubi commorantur, misere exhauserint, circumvenerint, bonis spoliaverint»), e hanno fatto tutto ciò contro le leggi divine, naturali e umane per mezzo dell'usura presso i poveri e i bisognosi, grazie a monopoli illeciti, a frodi e ad astuzie nella raccolta (dell'usura). Così essi hanno ridotto soprattutto delle persone semplici e degli interi villaggi all'estrema privazione e alla miseria, e quasi alla schiavitù («tenuis potissimum fortunæ homines, præsertim rusticos et simplices, non solum ad extremam inopiam et mendicitatem, sed propemodum in servitutem redegerint»). Motivato da queste gravissime ragioni, il Papa decide di allontanare dai suoi popoli una simile nazione dalla quale l'esperienza mostra che ci deve aspettare molto più il male che il bene («huiusmodi nationem a plerisque ex nostris Populis, apud quos experientia docuit eam multo plus detrimenti afferre, quam boni ab ipsa sperari queat, censuimus omnino expellendam»). Apprendendo quale pia e benigna indulgenza fu data agli ebrei dai suoi predecessori che avevano sperato di rispondere così alla malizia ebraica contro i fedeli, Papa Clemente VIII decide di revocare, abolire e annullare i privilegi e i permessi concessi da Sisto V e da altri predecessori nella parte in cui contraddicono le lettere di Clemente VIII, di Paolo IV o di San Pio V. Il Papa accorda agli ebrei tre mesi per lasciare tutti i territori degli Stati pontifici, ed esorta quelli che restano a Roma ad osservare le costituzioni di Paolo IV e di San Pio V. Le disposizioni della Bolla Cum Hebræorum malitia sono di grande severità: «§ 6 Gli ebrei, ma anche i tipografi e i commercianti, che possiedono, stampano, leggono, descrivono, vendono questi scritti o li danno come esempio, incorrono nel rischio di punizioni corporali, della scomunica e della confisca dei beni. § 7 Coloro che offrono consigli od offrono il loro aiuto agli ebrei affinché trasportino, leggano, scrivano o stampino tali libri, incorrono negli stessi rischi. § 8 Il Papa ordina agli inquisitori di cercare questi libri (perquisire), personalmente o mediante le persone che inviano, scrupolosamente nei luoghi dove abitano gli ebrei, nelle sinagoghe e nei luoghi pubblici, ma anche nei focolari privati e nei laboratori o nelle biblioteche cristiane; e di procedere contro quelli che saranno stati trovato colpevoli per le suddette o per altri, tanto gravi, misure a loro avviso. § 11 Il Papa dichiara che sarà vietato violare queste interdizioni, derogazioni e annullamenti, o di procedere contrariamente al loro contenuto. Se qualcuno oserà farlo, incorrerà nell'indignazione dell'onnipotente Dio e degli Apostoli Pietro e Paolo». 16 «Qui sæpius impium illud Thalmud nuncuparunt, et alia similia reprobata et detestanda scripta et volumina damnarunt, et retineri prohibuerunt, seu alias ex Christiani Orbis Provinciis et Regnis pro zelo exterminarunt». 17 «Cum Hebræorum malitia novas in dies excogitet fraudes, quibus perniciosa volumina, librosque impios, ac plane detestabiles, tum antiquitus damnatos, tum recens conscriptos in vulgus proferat». 18 «Omnes vero et quascumque facultates, litteras, permissiones, indulta, tolerantias legendi, tenendi [...] prohibita scripta, volumina, libros et alia supradicta [...] revocamus, irritamus et annullamus, ac pro revocatis, irritis et penitus infectis in perpetuum haberi volumus». 19 «A quibus postmodum nulla interposita mora comburantur». Se numerosi rabbini e commentatori moderni sostengono, per evidente malafede, che non c'è relazione nel Talmud tra Yeshu e Gesù, Juda Halevi e Mosé Maimonide, due eruditi ebrei, considerano ed affermano al contrario che questi riferimenti a Yeshu si riferiscono positivamente e senza alcuna contestazione possibile, a Gesù Cristo. Ci si vuol far credere che nella letteratura midrashica classica, scritta tra il 200 e il 700 della nostra era, Yeshu potrebbe essere un acronimo dell'espressione ebraica «yemach shemo vezichro» («che il suo nome e la sua memoria siano cancellati»). Ma le numerose menzioni di Edom, che nel Talmud si riferiscono alla cristianità, e che mettono in relazione Yeshua, che non è un termine generico per designare i «seduttori» che attirano gli ebrei fuori dal giudaismo, e la cui la «madre» sarebbe «stata stuprata da un generale greco» (sic), il cui nome sarebbe ben Stada, nome che è riportato dagli halakhot eretici, non sono altro che designazioni che identificano chiaramente Gesù in modo blasfemo: «Gesù ha sedotto gli israeliti, li ha corrotti e ha distrutto Israele». (Sanhedrin 107b); «Nazareno è colui che segue gli insegnamenti fallaci di quell'uomo (Gesù) che ha insegnato loro a celebrare il primo giorno dopo lo Shabbath». (Abhodah Zarah 6a). 20 Cfr. Sanhedrin 107b, Sotah 47a, Sanhedrin 43a, Sanhedrin 103a, Abhodah Zarah 16b-17a. 21 Cfr. Mishnéh Toràh, Hilkhot Melakhim 11, 4. 22 Cfr. Iggeret Teiman, Lettera allo Yemen, 1172. 23 Ibid. 24 I passi che facevano riferimento ai cristiani furono sostituiti da vocaboli che si riferivano ai popoli pagani scomparsi da molto tempo, cosicché gli ebrei pretendevano che questi passi non fossero diretti contro i cristiani, ma riguardassero gli «idolatri politeisti». 25 Cfr. Keritot 6b, affermazione reiterata in Yebamot 61a. 26 Cfr. Kerithot 6b, in Il Talmud smascherato, Tipografia Imperiale delle Scienze, 1892, pag. 28. 27 Cfr. Sanhedrin 67a, MS Hébr. 1280, fol. 123 v, BNF. 28 Cfr. Sanhédrin 43a. La prima menzione della messa a morte di Gesù nel Talmud si trova in Sanhedrin 43a, dopo la Mishnah. I due Baraitot che gli fanno seguito sono stati censurati ma sono presenti altrove. È agevole verificarlo nell'unico manoscritto completo del Talmud, di origine francese, conservato allo Staatsbibliothek di Monaco (BSB Cod hebr. 95), datato, secondo il colofone, nel 1342. D'altronde, i trentacinque capi d'accusa contro il Talmud all'epoca del processo del 1240 sono stati messi per iscritto nell'opera Extractiones de Talmud, il che permette di conoscere certi passi condannati da Innocenzo IV: - X. «Tra di essi, scribi e dottori del Talmud, ce n'è uno che è dato per legge: "Il migliore dei cristiani uccidilo"! [...]. Rabbi Siméon dice: "Il migliore dei cristiani, uccidilo; il migliore dei serpenti, schiacciagli la testa" [...]. Il migliore dei cristiani può dunque essere ucciso come un empio». - XII. «"Un cristiano può essere ingannato, con l'astuzia o l'artificio, senza peccato"!: Questo si legge nell'ordine Yeschuot, trattato Baba-Kama (fol. 38a), capitolo Schor [...]; nella Mishnah [...]. Per tale ragione i dottori provano e dicono che Dio ha consegnato tutti i beni delle altre nazioni agli ebrei». - XXX. «Tre volte al giorno, nella preghiera che ritengono tra le più importanti, essi maledicono i ministri della Chiesa, i re e tutti gli altri, anche quegli ebrei che sono nemici degli israeliti» (cfr. Le brûlement du Talmud a Paris 1242-1244). 29 Cfr. San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 10, art. 10. 30 Cfr. Papa Niccolò IV, Bolla Turbato corde, del 5 settembre 1288.
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