titolo aborto e coscienza

di Mons. Pietro Fiordelli

 

ultima modifica: 19 aprile 2015

 

mamma butta bambino

 

Solitamente, la bugia più pericolosa è quella più somigliante alla verità. Questa constatazione, così ovvia per chi ha esperienza delle cose della vita, non vale per quella enorme bugia che è l'aborto procurato. Chi la pronuncia, infatti, non si cura nemmeno di addolcirne l’aspetto o dimamma moderna nasconderne la radicale differenza dalla verità. Tutt al più, si limita a ricorrere ad alcuni espedienti di carattere linguistico. Si eviterà semmai di parlare di aborto, sostituendo questo vocabolo che potrebbe suonare un po’ sinistro con quello più accattivante di «interruzione di gravidanza»; oppure ci si guarderà dal definire il frutto del concepimento «bambino», chiamandolo magari «feto». Si farà poi in modo che il vero protagonista di questo evento funesto non sia la vittima - cioè il figlio - ma piuttosto il carnefice, ossia la madre. Il dramma deve assolutamente essere solo suo e non di chi viene ingiustamente soppresso. D’altronde, perché nascondercelo: all'uomo dei nostri tempi piace che certe verità scomode per la coscienza, ma comodissime per salvaguardare il proprio «stile di vita», vengano taciute. Se poi nonostante tutta questa sofisticazione della realtà la coscienza sporca della madre dovesse rimordere, le strutture sanitarie provvederanno a fornirle anche uno psicologo che la aiuti a superare quel trauma... Poco importa se suo figlio finirà bruciato nell'inceneritore o in qualche costosa crema da viso per cinquantenni avvizzite.

 

L'aborto, ci dicono, è una conquista sociale, un traguardo nel lungo cammino di emancipazione della donna, un segno di civiltà... Ma siamo proprio sicuri che sia così? Oppure l'aborto è un crimine disgustoso, dettato il più delle volte dall'egoismo più bieco e compiuto con la complicità di uno Stato permissivista che anziché punire l'infanticidio, lo riduce semplicemente ad una questione di scelta, lasciando unicamente alla coscienza dell'individuo il delicato compito di decidere della vita altrui?

 

 Il presente scritto contiene i testi di una serie di conferenze sul tema dell'interruzione di gravidanza tenute nel 1977 (ossia un anno prima che venisse approvata la Legge nº 194-1978) da Mons. Pietro Fiordelli (1916-2004), Vescovo di Prato.

 

 

- «è come se tu avessi ucciso un gatto».

 

Così la radicale Adele Faccio (1920-2007) ad una donna che ha abortito.

 

- «Il nascituro è un parassita».

 

Dalla relazione della Proposta di Legge del Partito Repubblicano.

 

 

PREFAZIONE
 

La divinità dei nostri tempi ha un nome ben preciso: essa si chiama «progresso». Non passa giorno che ai piedi del suo altare stuoli di persone non brucino l’incenso della lode e ne decantino le soavi qualità. I suoi sommi sacerdoti, gli «scienziati», pontificano a tutte le ore del giorno e persino della notte da quel pulpito elevatissimo che sono i mass-media. Da quel formidabile medium che è la televisione ci vengono propinate trasmissioni a ripetizione di informazione medica e scientifica in cui eminenti luminari della medicina, affiancati dai vari Piero Angela di turno - tutti rigorosamente positivisti - informano il telespettatore sulle varie funzioni meravigliose del nostro organismo e sulle cure delle diverse patologie che lo colpiscono. Cosicché, ormai praticamente tutti, dalla parrucchiera al direttore di banca, «catechizzati» nella religione del benessere fisico da queste autorità della scienza, conoscono almeno a grandi linee l'anatomia del corpo umano, il suo sviluppo e il suo funzionamento. Eppure, nonostante questo incessante bombardamento d'informazioni mediche e scientifiche, la maggior parte delle persone è ancora oggi convinta che il risultato dello sviluppo fetale alla 8ª settimana di gravidanza sia niente di più che un «grumo di cellule», una «verruca», unademocrazia cristiana sporca di sangue innocente «masserella informe» senza alcuna individualità. Non dico un medico, ma persino uno studente in medicina sarebbe in grado di dimostrare la falsità di questa convinzione. Bisogna dunque concludere che, almeno per questo aspetto della scienza, il «progresso» e l'informazione incontrano delle difficoltà; anzi, direi di più: delle resistenze. Il motivo è molto semplice da intuire. Se si arrivasse ad ammettere che il frutto del concepimento fin dai primi momenti della sua esistenza è a tutti gli effetti un essere umano, il tanto declamato «progresso» diventerebbe ipso facto fascista e antidemocratico. Un'informazione di questo genere andrebbe a cozzare contro un’altra intoccabile divinità dell’affollato pantheon dell’uomo moderno: la libertà individuale. Ne consegue che le informazioni date agli utenti devono essere in linea con l'«etica» laica dominante, e qualsiasi deviazione da essa non può essere tollerata. Bisogna quindi necessariamente concludere che la discriminante in questa materia non è la scienza, ma le convinzioni ideologiche e filosofiche di chi tiene saldamente nelle proprie mani le redini dell'informazione. D'altronde, le forze politiche che negli anni '70 lottarono in favore della libertà di divorziare e di abortire, non hanno mai fatto mistero della loro concezione godereccia, materialista e orizzontale della vita umana. Perché dunque stupirsi se ora lasciano il popolo bue nelle sue errate convinzioni? E quelli che dovevano essere animati da ben altre convinzioni e che avrebbero dovuto ostacolare l'approvazione di una simile Legge che fecero? Purtroppo, come tutto nel nostro Paese, anche la questione dell'aborto fu vista da chi si proclamava «cristiano» come una battaglia puramente politica, prova ne è che dopo la sconfitta subita alle urne nel 1978 questi sedicenti «cristiani» (Giulio Andreotti, Tina Anselmi, Giovanni Leone, ecc...), moderni eredi del cattolicesimo liberale - sempre pronto al compromesso e al tradimento - firmarono di loro pugno la Legge dell'aborto pur di non perdere la poltrona... (che dopo qualche mese perdettero comunque).

 

Lo stesso dicasi dei vertici del Movimento per la vita, le cui vedute coincidevano in ultima analisi con quelle dei politici saldamente incollati alle loro seggiole. Il risultato? Ecco un dato parziale: nella sola Italia, dal 1978 al 1995, invece di azzerarsi grazie all'introduzione della Legge nº 194, gli «aborti terapeutici» hanno superato i 3.500.000, con una media di poco inferiore ai duecentomila all'anno, e un rapporto annuo che è di un aborto per ogni tre o quattro nati vivi. è per questo motivo che ad oltre vent'anni di distanza da quando furono pronunciate, le vibranti parole di questo coraggioso prelato non hanno perso la loro attualità, ma anzi sembrano scritte ai nostri giorni, perché la verità non teme l'usura del tempo né il capriccio delle mode.

 

  Paolo Baroni

 

I
LA TRISTE STORIA


Diritto o delitto?
 

Uno dei fenomeni «più inquietanti del nostro tempo», hanno giudicato il problema dell'aborto i Vescovi italiani. Esso sta maturando a dimensione mondiale, sul piano legislativo e sul piano del costume. Problema vasto, urgente, grave e delicato. Solo chi abbia perduto il minimo senso morale può vederlo come un qualsiasi problema. Per i suoi risvolti profondi, per gli interrogativi che esso pone, laceranti, per il fatto che c'è di mezzo una vita umana, il problema dell'aborto non può non toccare la coscienza di ciascuno. Ognuno lo risolverà in un modo o in un altro.

 

Ma sarebbe immorale risolverlo senza aver prima interrogato la propria coscienza. È imminente la promulgazione di una Legge da parte del Parlamento. Come faranno questa Legge i legislatori? Come la giudicheremo noi cristiani? E se la Legge verrà, e sventuratamente sarà una Legge permissiva, come continueremo a vedere l’aborto alla luce della coscienza? Lecito o illecito? Un diritto o un delitto?
 

Prima il divorzio, poi l'aborto

loris fortunaQuando i cattolici combattevano in difesa del matrimonio indissolubile contro il divorzio, essi ammonivano che il divorzio sarebbe stato solo un primo passo verso un permissivismo legale sempre più aggressivo e allettante. Dicevano che dopo il divorzio sarebbe venuto l'aborto, poi la liberalizzazione della droga, poi l'eutanasia, cioè la soppressione indolore di persone sofferenti, inguaribili o «inutili». Chi parlava così era accusato di interessato allarmismo. Il divorzio fu approvato il 1º dicembre 1970. Puntualmente, dopo sei mesi precisi, il 18 giugno 1971, veniva presentata al Senato da un gruppo di senatori del Partito Socialista Italiano la Proposta di Legge per legalizzare l'aborto. Il 15 ottobre del medesimo anno, sempre da parte di deputati del PSI, una Proposta di Legge per introdurre l'aborto veniva presentata alla Camera dei Deputati. Ma i due progetti decadevano per lo scioglimento anticipato delle Camere. Con le elezioni del maggio 1972 nasceva la 6ª legislatura. Per iniziativa dell’On. Loris Fortuna (1924-1985) e di altri deputati del PSI, agli inizi del 1973 veniva presentato un nuovo Progetto di Legge per legalizzare l'aborto. Con un senso polemico deteriore, ispirato ad una meschinità e faziosità impressionanti, il Progetto di Legge sull'aborto veniva presentato nella data dell’11 febbraio, anniversario della Conciliazione fra la Santa Sede e l’Italia. Comunque si veda il problema dell’aborto, c'è da chiedersi con quale serietà e senso di umanità si volle collegare il fenomeno pur sempre tremendo e inquietante dell'aborto, della soppressione di piccole vite umane, con il Concordato! L'aver scelto come data di presentazione del Progetto sull’aborto l'11 febbraio non rendeva onore alla serietà del Parlamento italiano.

 

Il Progetto stava dormendo alle Camere, quando, nel gennaio 1975, scoppiò lo scandalo della «clinica degli aborti» a Firenze. Per ingiunzione della Magistratura venne incriminato e arrestato il medico che, aiutato da alcune infermiere e da un idraulico (!), praticava decine di aborti ogni giorno. Intanto la Magistratura scoprì che in Banca, soltanto in uno dei suoi cinque diversi conti correnti il dottore di cui sopra aveva un attivo di oltre 500 milioni 1. Anche i movimenti abortisti, che gli procuravano clienti, ammisero che per ogni aborto egli intascava 100.000 lire, ma forse erano di più.

 

Il triste fatto invece di scoraggiare gli abortisti fece maturare in loro la volontà di portare avanti ad ogni costo una Legge permissiva dell'aborto. Tutti i movimenti radicali, laicisti, femministi, addirittura alcuni altissimi rappresentanti di grandi organizzazioni sindacali, sostenuti da un'incessante campagna di stampa abilmente orchestrata, cominciarono a chiedere a gran voce l'abolizione di qualsiasi norma che vietasse l'aborto. Nacque così la Lega XIII Maggio, che il 2 febbraio 1975 promosse ufficialmente la raccolta delle 500.000 firme necessarie a chiedere il Referendum costituzionale per abolire «le norme fasciste» sull‘aborto e renderlo libero.
 

La sentenza della Corte Costituzionale

Nel frattempo si verificò un fatto di grande importanza: un pronunciamento in materia di aborto della Corte Costituzionale. Quest'ultima, con sentenza del 18 febbraio 1975, dichiarò in parte illegittimo l'art. nº 546 del Codice Penale. Queste le grandi affermazioni della Corte:

  • «La tutela del concepito ha fondamento costituzionale»: l'articolo nº 2 della Costituzione repubblicana «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, fra i quali non può non collocarsi, sia pure con caratteristiche sue proprie, la situazione giuridica del concepito».

  • «Il concepito è soggetto di diritti» (vengono richiamati gli art. nº 320, 339, 687 del Codice Civile).

  • Pertanto, il legislatore deve prevedere sanzioni penali per chi viola i diritti del concepito.

  • Ma può avvenire conflitto fra i diritti del nascituro, costituzionalmente protetti, e i diritti della madre, anch'essi costituzionalmente protetti. Nel caso di conflitto tra vita del nascituro e vita della madre prevale il diritto alla vita della madre. Ma anche nel caso di conflitto fra salute della madre e vita del nascituro, prevale il diritto della madre alla salute, sul diritto del nascituro alla vita. Di questa sorprendente conclusione la Corte Costituzionale dà questa giustificazione: «Non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute, proprio di chi è già persona come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare».

La sentenza della Corte Costituzionale venne a creare un grave imbarazzo sia ai fautori dell’aborto sia ai contrari. Per gli abortisti l'affermazione che il concepito è «uomo», e che pertanto ha dei «diritti inviolabili» a norma dell’art. nº 2 della Costituzione, rappresentava un colpo gravissimo ai fini della depenalizzazione e liberalizzazione dell’aborto. Per gli antiabortisti destava sorpresa e sofferenza il fatto che la Corte prima riconosceva nel concepito un essere umano e poi affermava che «a differenza della madre» che è già «persona», il concepito «persona deve ancora diventare». Su quali basi la Corte affermava come un assioma che l’embrione «persona deve ancora diventare»?
 

I Progetti di Legge
 

Lo scandalo di Firenze (abilmente trasformato dagli abortisti in una bandiera e il medico multimilionario presentato come una vittima e un eroe), la sentenza della Corte Costituzionale, e soprattutto il Referendum reclamato misero in moto quasi freneticamente tutti i Partiti. Al Progetto di Legge socialista si aggiunsero i Progetti dei socialdemocratici (6 febbraio 1975), dei comunisti (14 febbraio), dei repubblicani (1º aprile), dei liberali (3 aprile) e dei democristiani (8 aprile). Intanto, sostenuta dalla propaganda abortista di tutta la stampa laica, la Lega XIII Maggio raccolse ben 800.000 firme.

 

Alla Camera dei Deputati, in data 25 settembre 1975, venne costituito un Comitato ristretto, con il compito di redigere un Progetto unitario. Il Comitato lavorò a ritmo intenso. Il 27 novembre la bozza venne presentata alle Commissioni riunite Giustizia e Sanità. In soli venti giorni, lavorando a ritmo frenetico, le Commissioni conclusero i lavori, approvando, con alterne maggioranze, un testo concordato che doveva essere mandato in Aula per la discussione. I cattolici rimasero molto perplessi e anzi scontenti dal testo del concordato. Ma esso, pur andando in aula, non concluse il suo iter. Le prime sedute avvennero in un clima estremamente teso. La Democrazia Cristiana si mostrò molto più dura che in Commissione. Sostenne che l'aborto in ogni caso era reato. Solo si ammisero le attenuanti e la non punibilità in alcuni casi.

 

Si prospettò la caduta del Governo. La discussione sull'aborto procedeva lenta. Maturavano invece i tempi per indire il Referendum. Esso venne indetto. Ma il Governo cadde e anzi il Capo dello Stato decretò lo scioglimento delle Camere. Il Referendum per Legge venne rimandato di un anno. Le elezioni del 20 giugno videro un aumento rilevante della Democrazia Cristiana, ma cambiò il volto del Parlamento. Se prima c'era una maggioranza contraria all'aborto, ora la maggioranza era tenuta dagli abortisti. Le Camere appena aperte si precipitarono a presentare Proposte di Legge per l'aborto: i radicali (5 luglio), i liberali (6 luglio) e i socialisti.

Il dramma di Seveso

A riaccendere in maniera drammatica la polemica sull’aborto scoppiò nell’estate il caso di Seveso. A Seveso, nella Brianza, il 10 luglio nella fabbrica chimica ICMESA avvenne un'esplosione che provocò una fuga di gas altamente tossico: la diossina. Una nube spinta dal vento lo sparseseveso su un vasto territorio. Seguì l'ordine di sgombero della popolazione. Fra le gravi conseguenze dell'accaduto, subito prese consistenza la preoccupazione, oltre che per la salute degli abitanti, anche per la sanità dei nascituri. Immediatamente, i movimenti femministi e radicali reclamarono il diritto di aborto per le donne incinte della zona di Seveso e Meda. Le parlamentari Emma Bonino, del Partito Radicale, e Susanna Agnelli (1922-2009), del Partito Repubblicano, richiesero l'autorizzazione all'aborto dal Ministro della Sanità. Fecero eco tutti gli operatori laicisti dei mezzi di comunicazione sociale. Una propaganda massiccia, violenta e intimidatoria venne messa in atto da una parte per piegare le autorità a iniziare subito indiscriminatamente gli aborti, dall'altra per una specie di costrizione morale su tutte le gestanti della zona inquinata perché si decidessero ad abortire. Il clima salì talmente di tono che su La Stampa di Torino (dell'8 agosto 1976) si chiese che non solo fosse permesso l'aborto, ma diventasse obbligatorio; che non solo le gestanti potessero abortire, ma che fossero obbligate dallo Stato ad abortire. Il Ministro della Giustizia Francesco Paolo Bonifacio (1923-1989) e l'Assessore alla Sanità della Regione Lombarda indicarono come via aperta il dettato della Corte Costituzionale; in presenza di «danno o pericolo grave della salute o fisica o psichica della madre, modicamente accertato» l’aborto è ammissibile. Le forze laiciste si precipitano nelle zone inquinate per compiere opera di intimidazione presso le autorità sanitarie e di pressione psicologica presso le madri. La campagna venne fatta all’insegna del motto «o aborto o mostro».

 

Esemplare ci sembrò il comportamento da parte cattolica: le madri di Seveso non dovevano essere lasciate sole, abbandonate alla loro angoscia e ai loro timori. Il Cardinale di Milano Giovanni Colombo (1902-1992) denunciò pubblicamente la campagna abortista e la strumentalizzazione che si voleva fare della sventura di Seveso per introdurre l’aborto libero in tutto il Paese. Proclamò che la vita è sacra, anche in presenza di timori sulla salute del nascituro, e che rimane sempre moralmente illecito abortire. Tutto il mondo laico reagì, stupito e irritato per la presa di posizione della Chiesa. Emblematico Il Corriere della Sera (del 19 settembre 1976) nell'articolo di fondo dal titolo «Violenza a Seveso», scritto dal direttore: «A Seveso si sta consumando una violenza che forse non ha confronti nel nostro tempo». Altri tacciarono la posizione dei cattolici di «disumanità» e l'accusarono di «terrorismo psicologico».

 

susanna agnelli

francesco paolo bonifacio

cardinale giovanni colombo

Da sinistra: Susanna Agnelli, Francesco Paolo Bonifacio e il Cardinale Colombo.

 

Alla televisione (TG1 del 6 settembre, alle ore 20) la radicale Adele Faccio attaccò la Chiesa perché ricorre «alla banalità (!) della sacralità della vita». Ma alla proclamazione sulla sacralità della vita il Cardinale aggiunse tutta un'azione in favore delle gestanti della zona inquinata. Venne aperto un Consultorio cattolico a Seveso; ogni assistenza della comunità ecclesiale venne offerta alle donne che si rivolgevano ad esso, e venne assicurata ad ogni coppia di genitori che domani non avesse la forza di portare avanti un bambino nato malformato la possibilità di affidarlo in adozione a coppie di sposi che si erano già offerte per adottarlo.

 

Con molta onestà da parte cattolica, come non si negò la possibilità che un nascituro della zona inquinata potesse nascere malformato, così si affermò che scientificamente non si hanno prove per affermare la malformazione del feto. Pochissime le donne che abortirono. Stranamente - e questo va detto a onore dello donne lombarde - la stragrande maggioranza delle gestanti si rifiutò di abortire. Al culmine della sua frenetica campagna in favore dell’aborto a Seveso, Il Corriere della Sera, in data 11 settembre, a sessanta giorni dallo scoppio dell'ICMESA, dovette riconoscere queste cifre: su 1.000 gestanti, solo quindici hanno abortito! Altre, pochissime, hanno chiesto l'aborto.

 

Ma un passo molto grave è avvenuto a Seveso in favore dell'aborto. La Corte Costituzionale aveva riconosciuto la non punibilità solo per l’aborto terapeutico (pericolo o danno grave, medicalmente accertato, per la salute della madre). A Seveso l'aborto era stato concesso per il solo timore che il nascituro potesse venire alla luce malformato. Si è cioè accettato il principio (inutilmente contrastato da medici onesti, messi in disparte), che il solo timore che il bambino possa nascere malformato giustifica la dichiarazione di grave danno psichico per la salute della madre, e quindi l'aborto può e deve essere autorizzato. In questo clima di più vivo chiarimento delle singole prese di posizione pro o contro l'aborto, si arrivò alla vigilia del dibattito parlamentare sulla Legge di interruzione della gravidanza.

 

emma bonino abortista

A sinistra, la radicale Emma Bonino, ex europarlamentare, vicepresidente del Senato della Repubblica, eletta nell'aprile 2008 nelle liste del Partito Democratico, fondatrice della CISA, grande sostenitrice dell'interruzione di gravidanza, mentre pratica nel 1975 uno dei 10.141 aborti illegali da lei promossi servendosi di una pompa da bicicletta (per aspirare il feto dall'utero) e di un vasetto di marmellata (quest'ultimo, diceva, è «un buon motivo per farsi quattro risate»).

 

Il problema dell'aborto ci interpella come uomini e come credenti
 

Il problema dell'aborto ci interpella anzitutto come uomini che credono nella sacralità della vita, di ogni vita, e rifiutano come delitto la soppressione di un essere umano, tanto più se innocente ed indifeso. Ci interpella poi come credenti. Disse già Sant'Ireneo (140-202), il Vescovo martire di Lione del II secolo: «La gloria di Dio è l'uomo che vive» 2. Per il credente in ogni uomo c'è Dio. Per il cristiano in ogni uomo c’è Cristo 3. Chi tocca un essere umano, tanto più se piccolo e indifeso, tocca Cristo, vindice geloso della dignità e inviolabilità di ogni essere umano.

 

La dottrina cattolica, secondo cui l'aborto è una colpa gravissima, è chiara, ininterrotta e inequivocabile. Siamo ancora alle prime generazioni cristiane dopo gli Apostoli e la Didachè, contro la diffusa mentalità pagana, afferma in maniera perentoria: «Tu non ucciderai con l’aborto il frutto del grembo e non farai perire il bimbo già nato» 4. E Tertulliano (160-220): «é un omicidio anticipato impedire di nascere» 5. In data più recente, la Congregazione della Fede, il 18 novembre 1975, pubblicava una Dichiarazione destinata ai cattolici di tutto il mondo, con la quale proclamava assolutamente illecito l'aborto e affermava che questo pronunciamento costituiva «obbligo grave di coscienza per i fedeli» 6. Sull'argomento si sono pronunciati negli ultimi tempi gli Episcopati di tutto il mondo, con magistero unanime.

 

I Vescovi italiani hanno emanato tre importanti documenti: il primo del 12 gennaio 1972, dal titolo Il Diritto di nascere; il secondo del 18 gennaio 1974, pubblicato con esplicito riferimento ad un’eventuale Legge del Parlamento italiano, dal titolo: Aborto e Legge di aborto; il terzo del 13 dicembre 1975, una Dichiarazione ufficiale del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, in cui si afferma in maniera categorica: «L'aborto è un crimine, è l'uccisione di un innocente. A nessuno è lecito uccidere e a nessuno è consentito decidere sulla possibilità di sopprimere un essere umano, innocente e indifeso». E questo costante insegnamento della Chiesa non è mutato ed è immutabile.


II
IL NODO DEL PROBLEMA:
IL NASCITURO CHI è
?

 

Tre considerazioni di metodo
 

A questo punto, prima di entrare nel vivo del problema, di cui tutti gli onesti non possono non avvertire la delicatezza e la gravità, vorrei premettere tre considerazioni di metodo.

 

- Tutti, abortisti e antiabortisti, dobbiamo affrontare il problema dell'aborto con un senso di profonda responsabilità. Persone lontanissime dalla Chiesa, seguaci di ideologie atee o addirittura materialiste, hanno condannato certe manifestazioni di inaudita volgarità e leggerezza, effettuate femministea favore della liberalizzazione dell'aborto. Cortei di donne, ma soprattutto di ragazze, spesso giovanissime, hanno sfilato per le vie di varie città, agitandosi in maniera scomposta, lanciando insulti a istituzioni e persone che la maggioranza del popolo italiano considera sacre, invadendo chiese, agitando cartelli su cui erano scritti slogan irripetibili. Tra i meno volgari: «Aborto gratis e subito»; «Aborto spiccio, pratico, indolore»; «L'utero è mio e lo gestisco a modo mio». Altri non sono trascrivibili e ripetibili. Spesse volte in questi cortei, violenti e festosi a un tempo, improntati a un clima di crociata e di baldoria, dove la donna non conserva un minimo di pudore, c'erano adolescenti e persino bambine, strumentalizzate e dissacrate anzitempo da persone interessate all'aborto. «Io sono per la legalizzazione dell’aborto - scrive Natalia Ginzburg (1916-1991), su Il Corriere della Sera, del 7 febbraio 1975 - ma trovo odioso che si parli dell'aborto come se fosse una libera, allegra festa. Trovo odiosa, nella campagna per l’aborto legale, tutta la coreografia che la circonda, il rumore e lo scampanio festoso, tra gagliardo e macabro; odiose le sfilate delle donne con le bamboline appese sulla pancia, odiose le parole “la pancia è mia e ne faccio quello che mi pare”». Ma anche per noi, credenti o non credenti che siamo contro l’aborto, è doveroso procedere non emotivamente, ma portando motivazioni valide, di carattere scientifico per tutti, e di carattere religioso per chi è religioso. é lecito o è illecito sopprimere l'esistenza di un essere concepito e vivente nel seno materno? Per quali motivazioni sarebbe lecito? Per quali motivazioni lo dichiariamo illecito?

 

- Stiamo perdendo i valori? Trent'anni fa, forse venti, dieci anni fa, avevamo quasi vergogna persino a pronunciare la parola «aborto» al di fuori di un discorso scientifico. Innegabilmente la società ha fatto del cammino. In che senso? é ammesso da molti che a monte dell’aborto c'è una realtà molto più vasta e profonda: lo scadimento del costume: individualismo, egoismo, edonismo, soldi, sesso, «sesso selvaggio», divorzio facile, violenza, droga. Nasce un dubbio angoscioso: stiamo perdendo i valori?

 

Sì. Specialmente noi, mondo occidentale, stiamo entrando nell'era della società consumistica, egoista, permissiva, erotica, razzista. Qualche sociologo, esagerando, si è chiesto se per caso il mondo occidentale non stia imbastardendo. Libertà come autonomia da tutto, compresa la coscienza. Libertà come soddisfazione. Tutto è lecito. Faccio quello che voglio. Ai miei interessi o piaceri tutto deve essere sacrificato. L'aborto non è un problema di fonte. é derivato. Nasce da altre tristi premesse.

 

- La Legge «fascista»? Siamo sotto il dominio, direi quasi la violenza dei mass-media, cioè dei mezzi di comunicazione sociale, che operano in maniera spregiudicata e manipolano le menti e le coscienze. é doveroso un giudizio nei loro riguardi. Ogni uomo che esprime in maniera onesta il suo pensiero, sia esso anche diametralmente opposto al mio pensiero, merita, da parte di me credente, sincero ascolto e profondo rispetto. Vorrei essere nell'errore, ma credo di dover dire che in materia di aborto, coloro che hanno in mano le leve dell’opinione pubblica, non abbiano agito e non agiscono onestamente. Mi permetto di fare tre esemplificazioni. Si creò l'opinione che tutto il problema della legislazione sull'aborto si riducesse all'abrogazione delle «norme fasciste» contenute nel Codice Penale «fascista», sotto il titolo «Dei delitti contro la sanità e l’integrità della stirpe». Dalle Relazioni che accompagnavano i Progetti dì Legge, ai comizi, ai cartelloni delle femministe, alle interviste dei grandi «cattedratici» o dei leader di partiti, agli articoli non solo dei rotocalchi, ma di tutti indistintamente i giornali quotidiani anche i più seri (vedi Il Corriere della Sera, La Stampa) è stata tutta una propaganda martellante, ininterrotta, che l’aborto era proibito in Italia a motivo delle leggi «fasciste» e che in definitiva tutto si riduceva ad abolire giuseppe zanardellidoverosamente alcune norme «barbariche e repressive del Codice fascista» 7. é questa la verità? Evidentemente, essendo il Codice Penale in vigore in Italia quello promulgato nel 1930 sotto il regime fascista, a firma del guardasigilli Alfredo Rocco (1875-1935), anche le norme sull'aborto, alla pari di tutte le altre sanzioni penali, quelle contro l’omicidio, la rapina, la circonvenzione d'incapace, ecc..., si trovano nel Codice che si vuol chiamare «fascista». Ma per questo la Legge penale che condanna l’omicidio, la rapina, ecc... la chiameremo una Legge «fascista»? E l'omicidio, la rapina, per il fatto che sono punite dal «codice fascista», le chiameremo azioni oneste? Di «fascista» c'è soltanto il titolo «Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe». Quanto al contenuto della Legge, e cioè gli articoli nº 545-551 del Codice Penale, essi si trovano, più o meno tali e quali (con sole modeste modifiche di aggravamento e a volte di diminuzione delle pene), nel Codice Zanardelli del 30 Giugno 1889! Che Zanardelli non fosse fascista non sarà necessario dimostrarlo. Quanto poi egli fosse cattolico è a tutti noto. Il Ministro Giuseppe Zanardelli (1826-1903) è uno dei più convinti e attivi anticlericali di tutto il Risorgimento. Solo che era un eminente giurista e un uomo rispettoso della vita umana. E sapientemente nel suo Codice egli pose le norme penali contro l’aborto sotto il titolo IX: «Dei delitti contro la persona». Ciò premesso, è pura disonestà affermare che le norme penali contro l'aborto erano da abolire perché «fasciste». Ma è opinione di molti sociologi che se avvenisse, per esempio, il Referendum sull'aborto, la sola qualifica che si tratta di «leggi fasciste» farebbe guadagnare alla tesi dell’aborto libero dal 5 al 10% dei voti. Questo non è onesto!
 

Ventimila donne morte?
 

Fin dalla presentazione della prima Proposta di Legge socialista al Senato (18 giugno 1971), venne pubblicizzato un dato statistico impressionante: ogni anno morivano in Italia circa 20.000 donne per aborto clandestino. Nel successivo Progetto di Legge sempre socialista, presentato il 15 ottobre alla Camera dei Deputati, la cifra veniva ulteriormente elevata: dalle 20 alle 25.000 donne morivano ogni anno in Italia per pratiche abortive clandestine. Da quel momento la cifra divenne come «sacra»: giornali di larghissima diffusione come Il Corriere della Sera l'hanno pubblicata più e più volte. Lo stesso hanno fatto i rotocalchi, a centinaia di migliaia di copie di diffusione: per esempio, Annabella, L'Espresso, Novella 2000, Panorama, Tempo 8.

 

Era sottintesa la conseguenza: se ogni anno morivano per pratiche abortive 20.000 e più donne, era giusto trovare una soluzione, qualunque essa fosse (cioè l’aborto libero e gratuito negli ospedali) per rimediare a tanto scempio. Ma pure questa volta si agiva in modo non onesto. Chiunque può acquistare le pubblicazioni ufficiali dell'Istituto Centrale di Statistica, che è l'Istituto Ufficiale della Repubblica Italiana per le rilevazioni statistiche. Ho sotto gli occhi il Compendio Statistico Italiano, Ed. 1974, pag. 48. Da 14 anni iniziati a 44 finiti (cioè praticamente tutte le donne in età feconda) sono morte, con esattezza, in un anno, 9.914 donne. Morte per qualsiasi malattia: tumori, tisi, investimenti, ecc... E invece, secondo le pubblicazioni di cui sopra, e le Relazioni ai Progetti di Legge, morivano ogni anno 20.000 donne solo per aborti clandestini! é onesto manipolare in maniera così grossolanamente falsa fatti e cifre, per creare un’opinione pubblica a favore dell’aborto?

 

I milioni di aborti
 

I milioni di aborti ogni anno in Italia. Il primo Progetto socialista al Senato parlava di una cifra fra i 200.000 e i 3.000.000 di aborti annui. Il secondo alla Camera, fra 1.500.000 e 2.000.000. Il terzo fra 2.000.000 e 3.000.000. Le medesime cifre si ritrovavano in tutte le pubblicazioni al'espresso sull'aborto tendenza abortista (Il Corriere della Sera, del 10.09.1976: da 1.500.000 a 3.000.000; Il Giorno, del 07.09.1972: da 3.000.000 a 4.000.000; La Stampa, Paese Sera, Il Messaggero; e fra i periodici e rotocalchi: L'Espresso, Annabella, Noi Donne, Novella 2000, Panorama, Selezione, Settegiorni, Tempo, ecc...: 1.000.000, 2.000.000, 3.000.000, 4.000.000 9. Anche qui è evidente lo scopo propagandistico: se gli aborti clandestini erano così enormemente tanti, occorreva trovare ad ogni costo un rimedio legislativo: l'aborto doveva essere regolarizzato o addirittura liberalizzato. Erano attendibili tali cifre? Prendo di nuovo il Compendio Statistico Italiano 1974 (ufficiale) a pag. 26: da 14 anni finiti a 44 finiti c’erano in Italia 11.320.706 donne. Ammettendo 2.000.000 di aborti, ne conseguirebbe che, come media, ogni donna italiana avrebbe abortito cinque volte nella sua vita; ammesso che metà donne abortiscono e metà no, ne conseguirebbe che quella metà di donne italiane che abortiscono farebbero, di media, ciascuna undici aborti! Se poi solo un quarto delle donne italiane commettessero l'aborto, ogni donna di quel quarto abortirebbe ventidue volte! Che se gli aborti annui - come dicono alcuni - fossero 3.000.000, allora ogni donna di quel quarto che abortiscono abortirebbe trentatre volte nella sua vita! Pur ammettendo il triste allargarsi dello squallido fenomeno, la cifra denunciata dagli abortisti, ognuno può facilmente valutare quanto sia stata fantasiosa e ridicola. Siamo allora di nuovo dinanzi alla falsità, anche se ammettiamo che il metodo può tornare utile per impressionare e mutare l'opinione pubblica a favore della tesi abortista. Eppure sono «cifre sacre» che hanno resistito a tutte le smentite. Veramente siamo sotto la violenza dei mass-media, dinanzi ai quali noi cattolici ci troviamo quasi impotenti. Ma dobbiamo denunciare la disinvoltura, la disinformazione, forse la disonestà, che raggiungono persino gli interventi in Parlamento, degli abortisti, i quali si sono serviti di questi rozzi metodi per manipolare l'opinione pubblica e influire sul legislatore.

 

Il nascituro chi è?
 

Prima di considerare le varie motivazioni che giustificherebbero l'aborto, motivazioni terapeutiche, eugenetiche, sociali, demografiche ecc..., è giusto e onesto porsi la domanda: «Cos'è, chi è, il concepito? Chi è il nascituro»? Notiamo di passaggio come dalla formula del vecchio codice Zanardelli «Delitti contro la persona» si è insensibilmente scivolati alla formula dell'ultimo Progetto unificato «interruzione della gravidanza», dove volutamente si mette quasi in dimenticanza l'altro termine dell'operazione aborto: cioè colui che con l'interruzione della gravidanza viene sacrificato, soppresso. Tutta la dialettica degli abortisti, entro e fuori il Parlamento, tendeva ad evitare il problema di fondo: si parlava di libertà della donna, di diritto a gestire il proprio corpo, di salvaguardia della salute fisica o psichica della madre, di difficoltà economiche o sociali, ma si è fatto di tutto per eludere il problema di fondo: chi è il concepito che con l'aborto viene eliminato?

 

é interessante e impressionante notare come nelle Relazioni alle varie Proposte di Legge per introdurre l'aborto, i politici assai raramente hanno toccato la questione. Gli abortisti in genere considerano il feto «una parte del corpo della madre». Altri, sempre però presentando il problema come insignificante e marginale, parlano di «masserella genetica» 10; altri - come Adriano Buzzati Traverso (1913-1983) - di «mucchietto di cellule» 11. Il biologo Jacques Monod (1910-1976) parlò di «progetto» di persona 12. Le femministe sprezzantemente chiamano il feto un «grumo di cellule» 13, un «grumo di sangue», un'«escrescenza» del corpo materno. Per cui Adele Faccio ha scritto: abortire «è come se tu avessi ucciso un gatto» 14. Ora, il problema chi sia il nascituro è troppo grosso per essere ignorato o relegato ai margini della discussione. Nessuna soluzione sull'aborto è concepibile se prima non si è risposto a questo quesito. é un problema di onestà. Eluderlo è disonesto. Ma allora è giusto dire che oggi la scienza medica ha fatto tali progressi a riguardo che non è più lecito fare affermazioni così superficiali e così false come quelle riportate sopra.

 

La biologia, la genetica, l'embriologia sono oggi in grado dì dirci con certezza cosa avviene di un ovulo fecondato; cos'è e quale cammino segue la cellula germinale, dal primo momento della fecondazione. Dal momento in cui un ovulo femminile è stato fecondato è venuto all'esistenza un nuovo piccolo essere, che è un essere umano, ben individuato e singolare, esattamente distinto non solo dal babbo, come è naturale, ma anche dalla mamma. Fin dal concepimento esso ha i caratteri specifici di individualità e di autonomia nella sua realtà profonda (è un individuo a sé stante, è qualcuno, è «lui»). Ha il suo specifico patrimonio genetico. Contiene in codice tutto il suo avvenire. Ivi è scritto con esattezza matematica come sarà domani, maschio o femmina, alto o basso, intelligente o tardo, coi capelli biondi o bruni, con gli occhi neri o celesti. Tutto è già scritto nella cellula germinale, senza alcuna ingerenza o dipendenza ormai più dalla mamma.

 

jacques monod

adriano buzzati traverso

bambino

Da sinistra: Jacques Monod, Adriano Buzzati Traverso e un «grumo di sangue».

 

Dice il Documento pontificio: «Fin dalla fecondazione è iniziata l'avventura della vita umana» 15. Il piccolo essere, legato evidentemente alla mamma per il suo vivere (ma come nei primi giorni dopo il concepimento, così sempre, fino a un minuto prima del parto), è tuttavia assolutamente distinto dalla mamma. Dal momento in cui viene concepito, non riceve più dalla mamma né una cellula, né un tessuto, né una funzione, né un organo, né una goccia di sangue. La madre offre solo alimento all'essere che ha concepito e un terreno caldo e propizio per il suo sviluppo e la sua crescita. Giustamente è stato detto che la madre con il suo seno, dove il piccolo essere, nato da lei, si è «accasato», è «nido e nutrice» per la sua creatura.

 

Con un paragone molto povero, perché toglie tutto il mistero di amore e di spirito della maternità umana, ma abbastanza illuminante, si potrebbe paragonare il piccolo essere concepito a una pianticella che affonda le sue radici in un terreno caldo e nutriente, rimanendo però sempre e solo sé stessa: un’erba, una pianta, un fiore, un giglio, una rosa. Il concepito dal momento del suo concepimento è una precisa unità vitale, è qualcuno, è uno, è una vita umana, è un piccolo essere umano, è un uomo! Dall'istante del concepimento all’8º giorno, al 30º, al 60º giorno, al 3º, 4º, 5º mese, al giorno della nascita, non c'è mai stato per il nascituro un salto qualitativo - cioè da non uomo a uomo - ma soltanto successivi stadi di sviluppo. Anzi è uno sviluppo che inizia dal momento del concepimento, prosegue per tutto il tempo dalla gestazione, neppure si ferma alla nascita, ma prosegue nell'infanzia, nell’adolescenza, nella giovinezza.

 

é il cammino ininterrotto della vita, l'evolversi continuo e progressivo di un essere che continuamente cambia ed è sempre il medesimo. Diversi progetti di Legge prevedono la possibilità di aborto fino al 90° giorno. Al 91° giorno no. é reato. A riflettere bene, si tratta di una cosa quasi ridicola: che è avvenuto alla mezzanotte fra il 90° e il 91° giorno? Il concepito da non uomo è diventato uomo? Su quale base scientifica alle 23,45 del 90° giorno io posso uccidere il feto, a mezzanotte e un minuto compio invece un delitto? é proprio la scienza che ci illumina in una maniera categorica e sorprendente sulla realtà del nascituro.

 

Quel che nasce da uomo è uomo

 

Alla luce di questi dati della scienza sarà agevole giudicare con evidenza la falsità delle affermazioni che il concepito è soltanto «una parte del corpo della madre» (On. Fortuna); è un'«escrescenza» del corpo materno, è «un grumo di sangue», è «un mucchietto di cellule» «di proprietà natalia ginzburgdella madre, per cui essa se ne può liberare a suo piacimento» 16. Egualmente si può comprendere l’ambiguità di chi chiama il concepito «un nato biologico», o usa altre espressioni confutate dalla scienza. Natalia Ginzburg, in un articolo, che pur contiene considerazioni di alto valore, scrive: «Trovo ipocrita affermare che abortire non è uccidere. Abortire è uccidere [...], non già però una persona, ma la possibilità di una persona» 17. La «possibilità» di una persona? Ma il concepito è un essere umano vivente e palpitante. La piccola creatura che viene soppressa con l'aborto è reale, è viva, e coll’aborto viene raschiata, schiacciata, tagliata, fatta a pezzi nel sangue. Più aberranti le espressioni della teologa (!?) Adriana Zarri: «Sento inoltre di dovermi schierare dalla parte del povero e dell'oppresso; che nel caso dell'aborto identifico soprattutto nel bambino incapace ancora di difendersi, nella misura, però, in cui è già bambino e non solo un'ipotesi di bambino» 18. Un'«ipotesi» di bambino? Ma quello che viene soppresso e ucciso con l'aborto è un vero bambino, è un essere umano vivo, nato da padre e da madre, altro che «un'ipotesi» di bambino! Continua la Zarri: «Mi chiedo persino se, e fino a che punto, sia figlio nella pienezza del significato, un nato biologico, che si deve partorire perché lo Stato lo pretende». Per cui se la madre partorisce il bambino solo perché lo Stato non ammette l'aborto, il bambino che la madre porta in seno non è più un bambino, è solo un «nato biologico» che si può tagliare ed espellere come un'escrescenza purulenta del proprio corpo. Sono veri e proprî deliri! Tuttavia, sempre alla luce della scienza, appare immotivata e senza fondamento anche l'affermazione assiomatica della Corte Costituzionale più sopra riportata. La Corte afferma che il nascituro fin dal concepimento è soggetto di diritti e gode della tutela costituzionale.

 

Poi nel caso pratico, afferma che la salute della madre prevale anche sulla vita del feto, perché «la madre è persona» e il feto «persona deve ancora diventare». Su quale base scientifica poggia l'affermazione? Le conclusioni della scienza medica, della biologia, della genetica e della embriologia sono sicure e categoriche: siamo di fronte a un essere umano. Quello che nasce da uomo è uomo. Sempre. Dal concepimento alla morte. E pertanto l'uccisione della piccola vita umana nel seno materno è intervento di tipo omicida; è soppressione criminosa di un essere umano innocente.

 

«Uomo, non ammazzare»!
 

Ci sembra doveroso approfondire la valutazione morale dell'aborto. Riprendiamo le espressioni della Ginzburg: «Trovo ipocrita affermare che abortire non è uccidere. Abortire è uccidere». Ma nessuno può uccidere. Dio solo è padrone della vita! Contro tutti gli assassini, da Caino ad Erode, a Nerone, a Hitler, a Stalin, risuona terribile il comandamento di Dio: «Io sono il Signore [...]. Uomo, non ammazzare». Persino chi non ha fede, alla sola luce della ragione avverte che uccidere l'innocente è uno dei crimini più gravi che possa commettere un essere umano. Al punto che oggi la sensibilità di molti popoli rifiuta la condanna a morte persino dei peggiori criminali. Ma «abortire è uccidere».

 

Anzi, ci sono delle aggravanti. Ad uccidere quella piccola creatura sono proprio la mamma e il papà, coloro che l'hanno chiamata all'esistenza e per questo, quasi per grido insopprimibile di natura, dovrebbero essere portati a fare qualsiasi sacrificio per essa, se necessario dare anche la vita. Invece la uccidono. Inoltre, ci si approfitta che il nascituro è impotente, è inerme, non può capire e non può difendersi, e lo si uccide approfittando precisamente di questa condizione, e compiendo così un atto, sotto ogni aspetto, abominevole e vile. Ecco perché lo Stato, anche quello massonico e anticlericale del Ministro Zanardelli lo ha condannato come «delitto».

 

E la Chiesa addirittura colpisce con la scomunica (canone § 2350 del Codice di Diritto Canonico) mamma, babbo, medico, infermiere, ostetrica, ecc..., che abbiano procurato l'aborto o anche solo vi abbiano collaborato. E anche se il legislatore umano delittuosamente approvasse in Italia una Legge permissiva, l'aborto rimarrebbe sempre delitto e assassinio dinanzi alla Legge di Dio e alla voce della coscienza. E se a commettere l’aborto fosse un cattolico, nonostante qualsiasi Legge permissiva dello Stato, egli sarebbe scomunicato.


III
ABORTO E LEGGE DI ABORTO

 

Al momento in cui scriviamo, è prossima la discussione in Parlamento della Legge sull'aborto. Sarà ammesso per Legge l'aborto? Ci auguriamo di no, temiamo di si. Ma se anche venisse approvata una Legge permissiva dell'aborto, le considerazioni che stiamo per fare sui doveri dello Stato verso la vita del nascituro rimangono intatte. Ci soffermiamo più sotto sulle motivazioni che vengono addotte perché lo Stato autorizzi l'aborto. Cercheremo di farne una precisa e onesta, cioè motivata, analisi dopo. Per ora vogliamo solo affermare che qualunque sia la motivazione che viene addotta, lo Stato non può dichiarare mai lecito l'aborto.

 

Potrà diminuire le pene, potrà tenere in particolare considerazione motivi gravi e perturbanti che hanno indotto una madre ad abortire, potrà in certi casi non punire, ma non potrà mai dichiarare lecito l'assassinio di un essere umano, tanto più se innocente e indifeso. Dice il Documento dei Vescovi italiani: «I diritti dell'uomo e, a base di tutti, il diritto al rispetto dell’esistenza, sono nativi e inalienabili, sono impressi da Dio tramite la natura umana. Non dipendono pertanto né dai genitori, né dall'individuo, né dallo Stato. Lo Stato non è fonte originaria, bensì garante doveroso dei diritti umani [...]. Suo compito è di riconoscerli, di tutelarli e di promuoverli per il bene di tutti» 19. E il Documento pontificio dice: «Il primo diritto di una persona umana è la sua vita [...], perciò deve essere protetto più di ogni altro. Non spetta alla società, non spetta alla pubblica autorità riconoscere questo diritto ad alcuni e non ad altri» 20.

 

La legge e la moralità
 

Fra i fautori di una Legge permissiva dell'aborto, alcuni, molti, esigono che lo Stato dichiari lecito l'aborto in nome dei «diritti civili», per cui ogni cittadino, nelle cose che riguardano la sfera privata, fà quello che più gli piace. Rifiutiamo come materialistica, e degradante per l'uomo, simile affermazione. L'uomo, a differenza dell'animale, anche nella sfera privata segue la coscienza e non l'istinto o l'interesse o la soddisfazione. Egualmente respingiamo l'affermazione, fatta anche in Parlamento, secondo cui il problema dell'aborto riguarda la sola sfera privata: chi decide, in maniera insindacabile, sarebbe soltanto la madre. No. Come minimo c'è un secondo essere che deve essere interpellato, oltre la madre: è la creatura che dalla madre e dal padre è stata chiamata alla vita.

 

Lo Stato non può non tutelare il diritto alla vita di chi già è stato chiamato all'esistenza. Giustamente la Corte Costituzionale ha riconosciuto che il nascituro fin dal momento del concepimento gode della tutela costituzionale 21. Quanto alla conclamata promozione dei «diritti civili», diciamo che si tratta di un'aperta manipolazione della verità, di un inganno grossolano teso al popolo meno istruito: uccidere un innocente non è la conquista di un «diritto civile», è solo un degradarsi, un macchiarsi la coscienza di sangue innocente. La vera promozione dei diritti civili è tutelare la vita di ogni creatura umana, di una o altra stirpe, colore, sesso, età, ecc... e fornirle tutti i mezzi per il suo pieno sviluppo.

 

orgoglio abortista

Orgoglio abortista: nella prima foto da sinistra, l'attivista femminista statunitense Jennifer Baumgardner (bisessuale e newager) ha lanciato la moda di una maglietta su cui è scritto I had an abortionHo avuto un aborto»).

 

Il principio del male minore
 

Altri pochi, affermano che si tratta del «minor male». Dinanzi alle varie e molte motivazioni che vengono addotte, al pericolo di gravi malformazioni del nascituro, alla squallida realtà sempre crescente degli aborti clandestini, lo Stato - dicono essi - non approva l'aborto, ma lo permette come minor male, per evitare mali maggiori. Chi parla così è già a un livello più alto di coscienza e di civiltà. I Vescovi hanno considerato la cosa, hanno anche ammesso il principio del minor male, per cui lo Stato sopporta cose che di per sé non approva 22, come ad esempio la prostituzione, il concubinato, ma hanno concluso che nel caso in esame non si poteva applicare il principio e hanno addotto tre motivi:

  • il rispetto e la promozione di ogni vita umana restano sempre il caposaldo della convivenza civile.

  • le gravissime ripercussioni: una Legge permissiva dell'aborto suona praticamente come invito all'aborto, che cade per di più su esseri psicologicamente deboli e in un momento in cui egoisticamente l'aborto farebbe comodo per risolvere problemi inquietanti.

  • la regolamentazione dell'aborto non raggiunge gli scopi per i quali era stata invocata. Ad esempio, una volta introdotto per Legge l'aborto, il numero complessivo degli aborti non diminuisce, ma aumenta. Permangono quelli clandestini e si aggiungono quelli legali. Infatti la Legge permissiva dell'aborto suona come un invito ad abortire, crea la mentalità dell'aborto. é infine da notare la differenza che corre fra la «sopportazione» della prostituzione, del concubinato ecc... e la legalizzazione dell'aborto. Nel caso dell'aborto, lo Stato non soltanto «sopporta» e si astiene dal punire, ma positivamente offre la sua collaborazione per uccidere la piccola vita innocente. Lo Stato offre le sue cliniche, offre i suoi chirurghi allo scopo di uccidere. Lo Stato si fa così complice di assassinio.

manifestazioni abortiste degli anni settanta
 

La Legge e la coscienza
 

Infine ci sono dei cattolici che dicono: a noi, alla Chiesa non deve interessare la Legge statale. Lo Stato faccia pure le Leggi che vuole. Importante per la Chiesa è formare le coscienze, portare gli uomini alla moralità. Se saranno morali, anche in presenza di una Legge permissiva, non commetteranno aborti. Se invece non avranno una coscienza formata, al momento in cui avranno interesse, commetteranno l'aborto clandestino, in barba alla Legge che lo proibisce. Un simile modo di pensare ha del vero e ha del falso, a nostro giudizio. Sì, conveniamo: la moralità non è la Legge e la Legge non è la moralità. La moralità si basa sulla coscienza.

 

Quello che deve importare alla Chiesa è formare le coscienze. Giustissimo. Però la Legge influisce sulle coscienze, specialmente della massa del popolo, specialmente dei giovani. La Legge ha un alto scopo pedagogico. La Legge è una luce, è un punto di riferimento, è un modello di comportamento. Ed è un invito, è un'esortazione ad agire con senso morale. é un fatto psicologico ammesso da tutti gli studiosi: dalla permissione legale insensibilmente e fatalmente, si passa al permissivismo morale e il costume decade. Quando poi il costume è decaduto, alcuni generosi rimarranno fedeli, ma la massa viene travolta. Pertanto, la Legge non può ammettere la liceità dell'aborto. Lo deve considerare un reato con tutte le attenuanti di alcuni casi particolari. La coscienza ha diritto di essere illuminata dalla Legge. Certo: guai se la Legge non venisse recepita dalla coscienza. Ci vuole la Legge e ci vuole la coscienza. L'ideale di una società è che la Legge sia onesta, e che la coscienza dei cittadini la recepisca e vi si adegui con intima convinzione.


IV
LE MOTIVAZIONI

DEGLI ABORTISTI
 

Le motivazioni che si adducono per giustificare l'aborto sono varie: alcune meritano considerazione, comprensione e rispetto, non per giustificare l'aborto, ma per interventi doverosi che aiutino ad evitarlo. Altre motivazioni invece non meritano questa considerazione, ma solo riprovazione, perché in realtà sono soltanto a servizio dell'egoismo e del libertinaggio sessuale.
 

La più squallida delle motivazioni
 

si nasce solo se lei vuoleLa più cruda e squallida delle motivazioni è quella addotta dai cosiddetti «movimenti femministi». Ha scritto Adele Faccio, la loro Presidente, parlando da una tribuna molto elevata, da dove la voce arriva a tutta Italia (vedi Il Corriere della Sera, del 24 gennaio 1976): «é ora di farla finita di predicare la falsità [...]. La sessualità è lessenza stessa della vita». E per sessualità intendeva il soddisfacimento di ogni istinto: in particolare, masturbazione, omosessualità, rapporti sessuali prima e fuori del matrimonio, eliminazione di gravidanze non desiderate. L'articolo, infatti, era scritto in polemica (meglio si direbbe «in odio», talmente lo scritto della Faccio è viscerale e orripilante) contro la Dichiarazione Pontificia sull'Etica Sessuale. L'articolo si chiudeva con un attacco violentissimo alla Chiesa, la quale, condannando tali «libertà» sessuali, si qualifica come «un potere ormai completamente antistorico, anticulturale e antiumano (!) che va combattuto come il peggior nemico della libertà, della felicità e della realtà». La donna è sesso. Pertanto fa parte della sua liberazione e promozione il diritto a poter fare ogni esperienza sessuale, come vuole, quando vuole, giovane, adulta, libera, sposata. Se nella ricerca del piacere capita che nel seno nasca una vita, essa ha il sacrosanto diritto di eliminare questa vita, questo essere indesiderato che le è soltanto di peso: eliminarlo senza paure, senza dolori, senza spese. «Aborto libero, gratis, subito»; «Aborto spiccio, pratico, indolore». Le femministe e i radicali sono giunti a tal punto da definire «parassita» il piccolo essere umano nato nel seno della donna, e da concludere che se è un «parassita» la donna ha il sacrosanto diritto di sopprimerlo quando e come vuole. E questo lo hanno scritto addirittura nella Relazione alla Proposta di Legge presentata alla Camera dei Deputati (vedi Proposta di Legge Adele Faccio, Emma Bonino, Marco Pannella, Gianfranco Spadaccia, depositata alla Camera il 6 luglio 1976, pag. 3).

 

Per la stima che portiamo alla donna ci nasce un senso di ripugnanza. La donna è un essere meraviglioso. Per le femministe invece la donna è la «femmina». Ma chi vede nella donna soltanto la «femmina», la umilia e la avvilisce come «donna». Fra noi e le femministe la lontananza è abissale. Ebbene: le femministe esigono libertà di aborto, per assicurare alla donna il libertinaggio sessuale, senza dover portare il peso di un eventuale «parassita».
 

L'aborto facile
 

Non vanno molto lontano dalle motivazioni delle femministe le motivazioni di coloro che vedono nell’aborto il mezzo facile e sbrigativo per eliminare una gravidanza indesiderata. Ragazze anche giovanissime, rimaste incinte, fidanzate che ancora non vogliono o non possono sposarsi, gravidanze da rapporti extraconiugali, o comunque gravidanze impreviste: nell'aborto c’è una soluzione facile. Si fà l'aborto e tutto è rimediato. Assassinio a buon mercato. E per questi autentici assassinî, per di più fatti per motivi fallaci o squallidi, lo Stato ci apra le sue cliniche e ci paghi anche le spese.


I partiti e le femministe

 

Concludiamo con due brevi ma ben tristi considerazioni.
 

- Si calcola che almeno due terzi degli aborti vengono perpetrati per questi meschini o addirittura abbietti motivi.

- Il fatto che persino alcuni partiti politici si siano schierati a fianco delle femministe e conducono la loro battaglia a difesa e promozione di questo tipo di «aborto», cioè di assassinio, voluto freddamente a tutela del libertinaggio sessuale e solo per evitare noie e pesi, è un fatto che ci offende e che ci umilia anche solo come cittadini italiani.

 

I motivi di carattere medico
 

- L'aborto terapeutico

Altre motivazioni richiedono invece attenzione e riflessione, pur essendo noi contrari all'aborto per i motivi che abbiamo esposto sopra. L'aborto terapeutico: è quando ci si trova dinanzi alla scelta drammatica: salvare la vita della madre o la vita del feto? Se non si interviene sul feto, la madre corre il pericolo di morire. Vogliamo dare una risposta sul puro piano civile. In virtù dell’art. nº 54 del Codice Penale, che contempla il cosiddetto «stato di necessità», in questo drammatico caso, secondo la Legge italiana il medico può intervenire. Per cui per il caso dell'aborto terapeutico non occorrono leggi nuove. Ma c’è un'altra considerazione da fare: il caso dell'aborto terapeutico classico, «o la madre o il bambino»: «se non si fà l'aborto muore la madre», è un caso ormai, grazie ai progressi della medicina, pressoché scomparso.

 

Il Prof. De Biasi, al Convegno di Deontologia Sanitaria tenuto a Modena nel 1971, affermò che in nove anni di esercizio della sua professione a Genova, nella Clinica Universitaria di cui è Direttore, su 16.216 ricoveri ostetrici, gli si erano presentati in tutto sette casi, pari a un caso su 2.323 parti 23. Che questo caso sia ormai quasi scomparso lo riconoscono anche i fautori dell'aborto, come il Prof. Francesco D'Ambrosio, della Clinica Mangiagalli di Milano, il quale scrive: «Oggi, difficilmente ci si potrà trovare nella condizione di dover praticare l'aborto per salvare la vita della donna. Le conoscenze scientifiche e tecniche, infatti, non pongono per fortuna all’ostetrico questo dilemma da molti anni» 24.

 

aborti
 

- Aborto terapeutico in senso lato

Ma oggi si è voluto estendere il concetto di aborto terapeutico. E questa estensione la si ritrova in quasi tutte le Proposte di Legge. Non si guarda più soltanto alla vita della madre, messa in pericolo grave e immediato dalla prosecuzione della gravidanza, ma anche alla sua salute, qualora ne derivi un «serio pregiudizio». C'è di più. Non è contemplata soltanto la salute fisica, ma anche la salute psichica. C'è ancora di più: il «serio pregiudizio» alla salute fisica o psichica, non occorre che sia in atto; basta che possa essere «previsto». E non solo a motivo della gestazione, ma anche del parto, nonché del periodo successivo al parto.

 

E non solo per motivazioni sanitarie, ma anche «in relazione alle condizioni economiche, sociali e familiari della gestante»! Ma qui ci rientra tutto. Una motivazione simile apre la porta a ogni arbitrio. Ogni aborto sarà considerato «terapeutico». Difatti, è ormai pacifico per molti abortisti che il solo fatto che la gravidanza è indesiderata, costituisce motivo di «serio pregiudizio» per la salute psichica della madre. Una simile estensione dell’aborto terapeutico rientra fra le motivazioni false e futili. é una beffa. Tanto vale allora parlare apertamente di liberalizzazione dell'aborto.

 

- L'aborto eugenetico

Esso viene invocato quando durante il periodo della gestazione si può prevedere che il bambino nascerà affetto da gravi anomalie e malformazioni che lo renderanno più o meno infelice per tutta la vita. Dobbiamo confessare che questo è veramente il caso più drammatico, che richiede tutta la nostra considerazione e comprensione, salvi sempre i grandi principî morali circa la vita umana. é doveroso però fare al riguardo le seguenti considerazioni:

  • Il numero dei casi per cui si vorrebbe invocare l'aborto eugenetico è minimo. Studiosi molto seri affermano che, a livello mondiale, gli aborti fatti per motivazioni mediche non superano il 5% del totale 25. Di questo 5%, a giudizio dell'insigne studioso Prof. Bompiani, «un'aliquota estremamente rara è dovuta all’individuazione precoce» di malformazioni del nascituro 26. Onestà vuole che si dica apertamente se è perpiedi di un bambino alla 22ª settinana questa «aliquota estremamente rara» che si chiede una Legge di aborto. Oppure questi casi sono soltanto una scusa, un'esca per introdurre l'aborto facile.

  • Fino a quale limite la «previsione» di malformazioni del nascituro può essere certa? é noto che attraverso un procedimento chiamato «amniocentesi», alla 16ª settimana circa (metà del quarto mese) si può ottenere con quasi certezza una diagnosi che dice se il nascituro sarà veramente anormale oppure normale. Ebbene, riferisce il Prof. Bompiani, che da una indagine scientifica condotta su 1.020 nascituri sottoposti ad amniocentesi in quanto si sospettava che sarebbero nati infelici, ben 899 risultarono e nacquero perfettamente sani. Se per il solo «dubbio», per la sola «previsione», di malformazioni, si fosse proceduto all'aborto, ben 839 vite umane perfettamente sane sarebbero state soppresse 27. Come si può allora solo nel «dubbio», solo nel «timore» uccidere il piccolo essere umano?

  • Oggi alcune possibili malformazioni possono essere curate non solo dopo la nascita, ma anche prima della nascita, nel periodo della vita endouterina. Occorre che, a carico della società, tutti i possibili interventi siano realizzati (esami, terapie anche le più costose, assistenze, ecc....) per eliminare o attenuare le temute anomalie.

  • Rimane tuttavia il problema morale: e se per qualche caso almeno rimane la certezza che il nascituro verrà alla luce infelice? Pur nella condivisione della drammaticità e estrema sofferenza del caso, sentiamo che non si può venir meno al grande principio della vita e che uccidere non è mai lecito. Ma questa affermazione deve essere fatta ed accolta all'interno di quello che diremo poi sul mistero del dolore e della sofferenza nella vita dell’uomo e della società: mistero del dolore, che è pur pieno di luce e stimolante per la crescita morale dell’individuo e del mondo. A questo caso daremo dunque risposta nelle pagine seguenti.

- La madre nubile

Altro caso per giustificare l'aborto: quando una ragazza rimane incinta, e colui che l'ha resa madre la rifiuta e l'abbandona. La ragazza, secondo gli abortisti, ha diritto di abortire: per salvare il suo «onore»; perché è ancora così giovane; perché con un bambino al collo difficilmente troverà un uomo che la sposi; perché solo a prezzo di gravi sacrifici e di umiliazioni potranno affrontare la vita, lei e il suo bambino. Mi sembra giusto fare queste considerazioni:

  • L'uomo che ha messo incinta una giovane e poi l'abbandona, per andare forse a sposarne un’altra, salvo cause particolarissime, è un essere indegno e inqualificabile.

  • Occorre sapere che il bambino che nasce ha diritto per Legge ad essere riconosciuto dal padre naturale, ad avere come dalla madre così dal padre tutto il necessario per la vita, la salute, l'istruzione, l'educazione. E domani avrà diritto all'eredità, alla pari dei figli legittimi. Così stabilisce la Legge di Riforma del Diritto di Famiglia.

  • La donna diventata madre nubile ha diritto a tutta la nostra fraternità e comprensione, e al nostro rispetto. Se essa, educata alla scuola dell'umiltà e del dolore, cambia vita, vive e si sacrifica per il figlio, conduce un'esistenza esemplare, questa donna merita la nostra stima sincera e la nostra ammirazione. E deve trovare nella comunità sia civile, sia - e soprattutto - ecclesiale, un clima per riaprirsi alla speranza e al coraggio e l'occasione per riscoprire, nonostante tutto, il disegno divino d'amore sulla sua vita e su quella del figlio 28.

Se invece ricorresse all'aborto, essa, alla colpa di aver trasgredito la Legge morale della sessualità, aggiungerebbe un delitto: l'atroce delitto di aver soppresso il frutto delle sue viscere, di essere diventata madre assassina della propria creatura.

 

feto abortito vicino a 200 lire
 

Motivazioni di violenza o incesto
 

Siamo ancora di fronte ai dolorosi, terribili casi che pur offre la vita. Una donna può diventare madre per violenza di un bruto, può essere ingannata, o traviata, e condotta alla maternità entro le mura di casa sua. La donna a volte è colpevole, a volte è innocente. All'offesa, all'atroce sofferenza del momento, si aggiungono conseguenze sociali enormi, drammatiche, che turberanno e rivoluzioneranno tutta la sua vita.

 

Qui non parlo della colpevolezza soggettiva: ci sono casi in cui la donna e chi le sta vicino facilmente possono perdere la capacità di riflettere e di agire secondo una luce. Oggettivamente, però, persino in questo caso limite non si può sopprimere una vita. Il delitto di un bruto non può essere fatto pagare a un piccolo essere fragile e innocente. Alcune delle ammirevoli ed eroiche suore violentate nel Congo divennero madri, e i Superiori le lasciarono accanto ai loro bambini mulatti. Non per questo esse furono meno sante e meno suore.
 

Le motivazioni sociali
 

- «Siamo in troppi»

Dicono gli abortisti: siamo in troppi. Il rimedio allora è semplice: «Eliminiamone alcuni»! Perché ad essere eliminato non ti offri tu che fai l'obiezione? No. Tu ti rifiuti di essere ucciso per il fatto che «siamo in troppi» e dici: «Uccidete i bambini non nati». Magari, se neppure questo bastasse, da buon razzista dirai: uccidete i malati, uccidete i negri, uccidete i vecchi o i poveri. Sono ragionamenti questi? Vedete come è orribile chiedere l'uccisione di qualcuno perché «siamo in troppi»? Non è lecito diventare assassini perché «siamo in troppi». Il problema rimane sempre quello che noi abbiamo messo da principio: «chi è il nascituro»? Se è un essere umano, egli mai può essere ucciso. Premesso questo, faccio alcune brevi osservazioni:

  • Occorre dare ai giovani concetti chiari e onesti sulla procreazione cosciente e responsabile.

  • Per quanto riguarda l'Occidente, per quanto riguarda l'Italia, il cosiddetto «problema demografico» va scomparendo. Stiamo diventando una nazione a media o quasi bassa natalità: sedici nati ogni 1.000 abitanti. Ha destato impressione l'invito rivolto recentemente dal Presidente della Repubblica francese alle coppie di sposi di Francia di mettere al mondo almeno tre figli. Perché? Per motivi religiosi o moralistici? No. Per motivi sociali, economici: altrimenti la Francia diverrà una nazione di vecchi e di pensionati, e neppure economicamente potrebbe resistere. Ma l'Italia oggi è scesa come natalità alla pari della Francia, al di sotto degli Stati Uniti. Dal 31,4‰ del 1910 siamo scesi in Italia al 18,4‰ del 1960, al 16,4‰ del 1973 29.

bambino alla decima settimana

A sinistra: su di una t-shirt diffusa dagli ambientalisti americani, convinti che la Terra sia sovrappopolata, è scritto: Save the Earth: abort a child Salva la Terra: abortisci un bambino»). A destra, i resti di un feto ucciso alla 10ª settimana di gestazione.

 

Condizioni economiche e sociali disagiate

 

Altra motivazione, che merita considerazione, è lo stato di disagio economico e sociale, più o meno grave, in cui versano certe donne rimaste incinte: disoccupazione, malattie, mancanza di casa, altri figli ancora piccoli, emigrazione, ecc... Per esse gli abortisti chiedono e consigliano l'aborto. Risponderemo più sotto a queste obiezioni, quando presenteremo la nostra soluzione. Qui solo due osservazioni desideriamo fare:

  • Sono proprio i poveri, i disagiati, quelli che hanno conosciuto le strettezze e le sofferenze dell'esistenza, i più disponibili a un discorso che si appella al rispetto della vita, alla voce della coscienza. Non le donne milionarie o miliardarie, siano esse attrici o scrittrici o ricche borghesi o politicanti, che vanno ad abortire nelle cliniche svizzere o inglesi, e poi credono di rifarsi una coscienza (!) inducendo altre donne, quelle povere, a seguire il loro esempio e a uccidere la creatura che portano in seno.

  • La seconda osservazione molto concreta: vi sono coppie di sposi senza figli che sospirano un bimbo da adottare, ma non lo trovano. Perché tra le richieste che vengono fatte e i bambini disponibili per un’adozione la differenza è enorme. Praticamente, su cento coppie di sposi che chiedono un bambino da adottare, vi sono solo tre o quattro bambini disponibili. Il Giudice del Tribunale dei Minorenni di Firenze, dott. Meucci, ha dichiarato che nella Cancelleria del suo Tribunale giacciono circa 2.500 domande di coniugi che chiedono ardentemente di adottare un bambino. Dice il dott. Meucci che potrà accontentare una coppia su quaranta, al massimo una coppia su trenta, cioè su 2.500 domande di adozione, oltre 2.400 saranno respinte 30.

é onesto allora consigliare la soppressione, l'uccisione del nascituro a una donna che per motivi di carattere economico o sociale è in trepidazione per l'arrivo di un bimbo? Essa porti la sua creatura fino alla nascita. Se poi proprio non potrà allevarla, permetta alle autorità che la dia in adozione a una coppia di sposi, selezionati, buoni, che la sospirano, che non le faranno mancare nulla nella vita, né i necessari mezzi economici, né l’istruzione, né soprattutto affetto e dedizione.
 

La discriminazione fra ricchi e poveri

 

Altra obiezione che viene sollevata, e che fà presa, per giustificare l'aborto è la discriminazione in atto fra una donna ricca e una donna povera che voglia abortire. La donna ricca rimasta incinta ha facile modo di sbarazzarsi del frutto indesiderato del suo seno. A suon di quattrini trova subito il medico e la clinica compiacenti, dove con tutta la segretezza e l'assistenza medica del caso, potrà abortire; oppure va in Svizzera o a Londra e, pagando, ottiene senza pericoli e dolori lo scopo desiderato. Invece la donna povera, che non ha le duecento, seicento, novecentomila lire o i due o tre milioni, per abortire così, deve ricorrere all'aborto clandestino, con tutte le umiliazioni, le sofferenze, i rischi, a volte addirittura il pericolo di morire (e qui si tirano fuori, con tutta la falsità di cui si è detto sopra, le 20.000 (!) donne che morirebbero ogni anno per pratiche abortive clandestine).

 

Dicono gli abortisti: «E allora aborto per tutti, nelle cliniche, gratis». Quanto sia falso e ingannatore questo modo di ragionare, che invece fà tanta presa per una società che sente tanto, e giustamente, l'iniquità delle disparità sociali, ognuno agevolmente può rendersene conto. Se l'aborto è l'uccisione di un essere umano, se l'aborto è un delitto, nessuno lo deve compiere, né il ricco, né il povero. E chi incita il povero a diventare assassino, perché il ricco è assassino, disonora il povero e compie opera di istigazione a delinquere. Dunque, né i ricchi, né i poveri devono abortire. Se mai la società smascheri e punisca queste ricche donne, queste attrici o scrittrici, supermilionarie o miliardarie, che si vantano di aver abortito in cliniche compiacenti o all’estero. E ai medici che per vile guadagno compiono gli aborti tolga l'iscrizione all’albo professionale, e chiuda le cliniche dove avvengono questi delitti. E soprattutto si faccia opera di educazione al rispetto della vita nei riguardi di tutti, perché ogni donna, ricca o povera, non violi la sua coscienza, sopprimendo una vita umana, nata da lei.

 

aborto e marxismo

Tre immagini - due italiane e una spagnola - da cui si evince in modo chiaro l'analisi marxista (in termini di «lotta di classe») applicata dai movimenti di sinistra al dramma dell'aborto, considerato un lusso riservato ai capitalisti.

 

Gli aborti clandestini

 

Abbiamo parlato sopra degli aborti clandestini, con tutte le conseguenze derivanti dal modo in cui vengono praticati. Dicono gli abortisti: «è pericoloso, è indegno abortire in quelle condizioni: si renda libero l’aborto e la donna abortisca nelle cliniche, gratis, con ogni assistenza medica del caso». Con tutta la comprensione per il dramma di ogni madre che porta una gravidanza indesiderata, denunciamo però la fallacia del ragionamento riferito sopra, e reclamizzato con ogni mezzo presso tutte le categorie del popolo italiano.

 

Se l'aborto è un delitto esso non deve essere fatto, né clandestino, né autorizzato presso cliniche o ospedali. Occorre propagandare non l'aborto nelle cliniche, ma il dovere di ogni donna prima a una maternità responsabile e poi, se rimane madre, ad assumersi le sue responsabilità e mai ricorrere a un delitto. Fatta questa premessa di ordine morale, ci chiediamo due cose:

  • é vero che l'aborto fatto in ospedale non porta alcun danno alla donna che ha abortito, né fisico, né psichico? Neppure questo è sempre vero. Certo, alcuni gravi rischi per la salute della madre, che potrebbero derivare da aborti fatti da «praticoni» non si avranno. Resta però il rischio di «innegabili e documentati effetti nocivi a più o meno lunga scadenza, per la madre e per eventuali altri figli» 31. Sotto l'aspetto psichico, sarà proprio vero che nella donna, in cui il senso della maternità è innato, l'interruzione violenta della gravidanza, non produrrà alcun effetto di carattere psichico? Tanto più che ammettendo l'aborto legale, non saranno poche le ragazze giovanissime che vi ricorreranno.

  • Ci chiediamo poi se è vero che una volta ammesso l'aborto legale, scompaiano gli aborti clandestini. Oggi, per alcune nazioni abbiamo degli studi seri fatti sull'argomento. Li riportiamo da una rivista la cui serietà è universalmente ammessa: La Civiltà Cattolica 32. Riguardano Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Giappone, Olanda, Russia, ecc... Ci limitiamo ad un esame di quella che è stata l'esperienza inglese. In Inghilterra, il 27 aprile 1968 diviene operativo l'Abortion Act, la Legge che introduce l'aborto legale. Si sono fatti studi comparativi fra il 1968 e il 1973.

Riportiamo da La Civiltà Cattolica che ne fà un esame sereno:

 

- «Primo effetto: aumento pauroso degli aborti legali, dai 23.641 del 1968 si sale ai 169.362 del 1973: aumento del 730%.

- Secondo effetto: grande aumento degli aborti clandestini, forse un 300.000, "praticati per lo più da persone non qualificate". Per cui la Commissione Governativa (favorevole all'aborto) chiede che si inaspriscano le pene pecuniarie e detentive per gli aborti clandestini.

- Altre conseguenze: aumentano i decessi a motivo di aborto. Aumentano, nonostante gli aborti, i nati illegittimi. Aumentano i bambini abbandonati, affidati all'assistenza pubblica» 33.

 

Come si spiega tutto ciò? Ammesso l'aborto legale sarebbe naturale che scomparissero gli aborti clandestini, i nati illegittimi, i bambini abbandonati, le morti delle madri per causa di aborto, ecc... Non è vero. é vero il contrario! La Legge crea la «mentalità abortistica». Per uno o altro motivo non si può o non si stima opportuno ricorrere all’aborto legale? Si ricorre a quello clandestino. Così, di anno in anno aumentano gli uni e aumentano gli altri, e le coscienze, specialmente nelle nuove generazioni, fanno il callo al delitto di sopprimere una vita umana.

 

panda e bambino

 

L'industria dell'aborto

 

C'è di peggio: in Inghilterra, a motivo della Legge che ha liberalizzato l'aborto, è nata «l'industria dell'aborto». Sull'esistenza e sul dilagare di questa realtà abbietta nessuno più dubita. C'è tutta un'organizzazione «industriale» per convogliare le «clienti» a determinate cliniche, per fare esperimento su bambino vivopressione sulla donna incinta ancora dubbiosa se abortire, per toglierle ogni incertezza o scrupolo pur di far soldi! Una giornalista non sospetta, su un giornale di tendenza abortista 34 scrive dopo una lunga indagine condotta di persona a Londra: «Interrompere una gravidanza in questo Paese, è ancora oggi, malgrado la liberalizzazione della Legge, difficile, angoscioso, umiliante, spesso costoso». Impressionante a questo proposito il libro Bambini da bruciare (del 1974) risultato di un'indagine svolta minuziosamente presso cliniche e medici di Londra da due giornalisti, in partenza favorevoli all'aborto. Medici, ostetriche, infermiere, assistenti sociali, direttori di cliniche specializzate, in Londra, tutti ben collegati fra loro in una sapiente organizzazione per accaparrarsi le donne che vogliono abortire, o per indurle all'aborto se hanno esitazione. I medesimi due giornalisti denunciano con sdegno quello che avviene dentro e attorno alle cliniche statali o private dove si pratica l'aborto: aborti concessi senza alcun motivo, circonvenzione di gestanti, sordidi interessi economici, nascituri vitali venduti come «cavie» a ditte farmaceutiche per fare esperimenti, oppure venduti a ditte di cosmetici, per farci saponi! Uno dei due giornalisti si presenta a un professore che fà gli aborti e gli chiede di poter acquistare i feti estratti. Dice il professore al giornalista: «Molti dei bambini che ottengo sono già belli e completi e vanno avanti a vivere per un po', prima che li eliminiamo. Una mattina ce n'erano quattro, uno vicino all'altro, che strillavano come disperati. Non ho avuto il tempo di ucciderli nell'inceneritore; c'era tanto di quel grasso animale che avrebbe potuto essere commerciato» 35.

 

Quando si parte col disprezzo della vita umana, non si sa dove si arriva. Per questo anche si spiega perché, quasi in ogni nazione, da principio si vara una Legge che ammette l'aborto solo per le prima settimane, poi si allarga sempre di più. Negli Stati Uniti, la Corte Suprema di Giustizia, con sentenza del 22 gennaio 1973, è giunta ad ammettere l'aborto fino a sei mesi, ossia quando ormai il corpicino è formato in tutti i suoi organi (mani, piedi, viso, occhi, cuore) 36. In Italia già le prime Proposte di Legge partono con coraggio: fino al 90° giorno la madre può uccidere «tranquillamente» (il cuore batte già da due mesi). Per motivi poi eugenetici non c'è limite di tempo per abortire: anche nascituri di sei, sette, otto mesi possono essere legalmente uccisi.


V
LA SOLUZIONE è A MONTE

 

Dunque non si uccide. é troppo facile dinanzi alle difficoltà dire: eliminiamo il nascituro. é troppo facile, è delittuoso, è vile. A nessuno è lecito uccidere. E a nessuno è lecito autorizzare altri ad uccidere, tanto meno al legislatore. La soluzione alla problematica dell'aborto, che si fà ogni giorno più vasta e inquietante, va cercata altrove che in una Legge di morte.
 

La soluzione è altrove
 

Nello stesso tempo però sentiamo il dovere di dire che neppure basta lottare contro una Legge permissiva dell'aborto per sentirsi tranquilli in coscienza. Non basta esigere che l'aborto venga per Legge dichiarato «reato» e poi disinteressarci se clandestinamente si commettono tanti aborti; oppure non preoccuparci di andare incontro per altra via all'angoscia di una madre che porta una gravidanza indesiderata. Anche qui la soluzione è a monte. Crediamo, in forma sintetica, di poterla delineare così:

  • Occorre che i genitori diano ai loro figli un'illuminata educazione sessuale: rispettosa, ma chiara; delicata, positiva, attraente, che discopra il disegno mirabile del Creatore sulla sessualità umana. Occorre dare agli uomini e alle donne, ai giovani e alle giovani, il senso della sacralità della procreazione, e insieme idee esatte sulla paternità cosciente e responsabile. E occorre offrire a tutti i cittadini indistintamente la possibilità di rivolgersi ai consultori prematrimoniali e matrimoniali, professionalmente validi e che siano rispettosi dei sentimenti morali e religiosi di chi vi ricorre: consultori quindi sia pubblici sia privati, meglio detti liberi.

  • Evidentemente poi non basta la prevenzione. Stato, scuola, famiglia, così come la Chiesa, devono soprattutto preoccuparsi di dare un'educazione morale, di formare delle coscienze. Altro che «l'utero è mio e lo gestisco come voglio io», come dicono le femministe. Altro che «sesso selvaggio». Non solo ai fini religiosi, ma anche sociali, occorre educare tutti, ma specialmente i giovani, al vero senso dell'amore; al rispetto della dignità di ogni essere umano; a riscoprire nella donna non «la femmina», ma un essere meraviglioso per la sua natura e il suo ruolo nella vita, nella famiglia e nella società. Occorre che i giovani tornino a vedere nella vera luce il matrimonio e la famiglia, realtà tra le più stupende e sante per l'essere umano; tornino a rivalutare la coscienza e a sentire profondo il senso della «sacralità della vita», di ogni vita.

A ogni bambino che nasce sia resa possibile, sempre e dappertutto un accoglienza degna. Questa esigenza interpella tutti, in primo luogo la comunità civile. Ne nascono due conseguenze

  • L'obbligo di una sincera, concreta e coraggiosa politica sociale. Prima di qualsiasi altra forma di benessere sociale, occorre assicurare il lavoro per tutti, uno stipendio adeguato, una casa sicura, sufficientemente accogliente, tutta l'assistenza medica, scolastica, ricreativa per i bambini, dal periodo prenatale al parto, alla prima infanzia, all’adolescenza.

  • Se un bambino nascesse malformato, o addirittura prima ancora che nasca si avesse una prognosi di malformazione, occorre assolutamente che il bambino non sia a carico soltanto di due genitori traumatizzati e sofferenti, ma sia preso doverosamente e amorosamente a carico di tutta la comunità: esami, terapie specialistiche anche le più costose, assistenze di ogni genere, tutto quello che è necessario o utile per il recupero e la rieducazione dev'essere assicurato. Infine la stima, la vicinanza, l'amore. E tutto questo non come elemosina, ma come obbligo della comunità verso i suoi membri particolarmente bisognosi. Questo che diciamo dev'essere un'impostazione doverosa, obbligatoria per i responsabili a tutti i livelli: a livello nazionale, regionale, di Enti locali, ecc...

Questa è politica sincera, pura. E ogni cittadino deve sentirsi coinvolto, il credente in particolare. Qualora se ne disinteressasse, allora sarebbe veramente ipocrita la sua preoccupazione che l'Italia continui a considerare e a punire l'aborto come delitto.
 

- I centri di accoglienza. Quando una donna, per qualsiasi motivo, è in sofferenza per una gravidanza inattesa, deve sapere che la comunità civile e la comunità ecclesiale le offrono dei centri dove essa si può rivolgere e sarà ascoltata, aiutata, con senso di rispetto e di fraternità. Questi centri, diffusi capillarmente in tutta Italia, dovrebbero essere in grado di fornire tutte le indicazioni atte ad alleviare - se non sempre a risolvere - la sofferenza e a volte l'angoscia della donna che inaspettatamente scopre di portare in grembo un bambino.é criminoso che in qualche centro essa debba sentirsi consigliare: «Sopprimi la tua creatura e hai risolto il tuo problema». Noi temiamo che sorgeranno centri sovvenzionati dagli Enti pubblici con questa triste missione, anzi forse sono già sorti.

 

Il centro dovrebbe compiere opera di chiarificazione onesta e di sostegno. Dovrebbe indicare alla donna incinta tutte le provvidenze che sono a sua disposizione per iniziativa dello Stato, della Chiesa, e di Enti pubblici o privati, per risolvere in tutto o in parte il suo caso. Penso ai rischi per la salute fisica o psichica della madre, penso ai bambini nati malformati. Penso a madri povere o a famiglie dove c'è la disoccupazione. Questi centri dovrebbero concretamente assistere la madre per trovare delle soluzioni, avvalendosi di tutte le possibilità che sono a disposizione. Penso anche a giovanissime rimaste incinte, a madri nubili, a ragazze o donne che assolutamente non vogliono che si sappia della loro maternità, e ad altri casi disperati. In questi centri esse dovrebbero trovare la possibilità di essere indirizzate in case accoglienti, dove potranno essere ospitate con assoluto segreto, se povere potranno essere aiutate, se bisognose di cure potranno essere curate, se decise a non tenere il bambino potranno farlo adottare appena nato.

 

- Il mistero del dolore. Tutto quanto detto è doveroso. E chiunque sente con sofferenza la gravità del delitto di aborto, deve impegnarsi, come cittadino e come cristiano, affinché diventi realtà. Tuttavia, nessuna politica sociale anche nei Paesi più prosperi e progrediti, nessungesù cristo crocifisso centro di assistenza, potranno completamente eliminare nel campo delle gravidanze e delle nascite il mistero del dolore. Una gravidanza in un caso può essere motivo della più grande felicità per due genitori, e in un altro caso può essere fonte della più grande ansia, sofferenza, angoscia. In modo particolare ci riferiamo al caso di una prole nata fisicamente o psichicamente infelice. é il mistero del dolore. Esso non può davvero essere affrontato con poche e superficiali considerazioni. Ma una parola vogliamo dire. Sul piano umano: ci piace citare quello che ha scritto una donna, nata per la sua cultura e sensibilità, e non appartenente alla nostra fede: Natalia Ginzburg, che pure abbiamo sopra criticato. Dice la Ginzburg, parlando proprio dell'aborto: «L'idea dell'aborto conduce a chiedersi quale sia il significato della vita [...]. Ma amare la vita e crederci, vuol dire anche amare il dolore» 37. In una visione globale dell’uomo e del mondo, c'è un posto anche per il dolore, un posto non piccolo. Sociologi e psicologi ci avvertono con allarme che l’umanità, specialmente nel mondo occidentale, sta slittando verso una società individualistica, consumistica, egoista e violenta. Forse, perché questo non avvenga c'è bisogno del dolore. Il dolore è duro, ma ha la capacità di stimolare e mettere in circolazione nel corpo sociale delle vitamine morali; richiama ed educa ai grandi valori, che sono basilari per la vita associata: l'uscire dall'io, la fraternità, il sacrificio per gli altri, un senso da dare all’esistenza, la spiritualità, l'amore. La storia, la vera storia umana, non è fatta di guerre vittoriose, o di scoperte scientifiche che hanno aperto ere nuove per il progresso materiale, o di traguardi raggiunti di ordine puramente economico, ma è una progressiva promozione spirituale dell'uomo, ottenuta attraverso sacrifici ed eroismi piccoli o grandi, noti o nascosti.

 

Storia, civiltà, famiglia, amore, si sono sempre alimentate di altruismo e di abnegazione. Siamo profondamente convinti che la società, specialmente la nostra società, ha bisogno anche del dolore per riscoprire ed esprimere le virtù sociali e così come rinsanguarsi. Per i credenti poi, sul piano della fede, si aprono i misteriosi orizzonti del messaggio evangelico. Due genitori ai quali il Signore chiede di accogliere un bimbo parzialmente o anche totalmente infelice sono da Lui chiamati a comunicare in maniera singolare al Suo mistero pasquale, che è mistero di dolore e di amore, di sacrificio e di fecondità per la salvezza universale.

 

Dalla parte di Abele
 

Visto il problema nel suo insieme, considerando che il 95% degli aborti vengono consumati per evitare un peso o un fastidio, non è esagerato il dire che gli italiani sono chiamati a scegliere, se stare dalla parte di Caino o dalla parte di Abele. Caino o Abele. Tu per chi stai? Queste pagine sono state scritte perché ognuno, nelle sue possibilità, faccia sì che la Legge permissiva del delitto d'aborto non venga, ma se venisse la Legge, resti almeno la coscienza.

 

caino uccide abele per invidia

 

banner centro culturale san giorgio

 

Note

 

1 Cfr. La Nazione, del 15 gennaio 1975.

2 Cfr. Sant'Ireneo, Adversus hæreses, IV, 20, 7.

3 Mt 25, 40.

4 Cfr. Didachè, cap. V, 2.

5 Cfr. Tertulliano, Apologeticum, 9, 8.

6 Cfr. Dichiarazione sull’aborto procurato, § 4.

7 Così il Segretario del Partito Comunista Enrico Berlinguer a Palermo (cfr. La Nazione, del 29.03.1975).

8 Cfr. G. Perico, Il problema dell'aborto, pag. 117 e ss.

9 Ibid.

10 Cfr. Progetto Fortuna alla Camera dei Deputati, dell'11 febbario 1973, Relazione, pag. 13.

11 Cfr. A. Buzzati Traverso, Contro l’aborto di classe, Roma 1975, pag. 163.

12 Cfr. Proposta di Legge sull'aborto, dicembre 1975, alla Camera dei Deputati, Relazione, pag. 7.

13 Cfr. Liberazione Notizie, del 4 agosto 1971, pag. 8.

14 Cfr. A. Faccio, Le mie ragioni, pag. 32.

15 Cfr. Dichiarazione sull'aborto procurato, § 13.

16 Cfr. Liberazione Notizie, del 4 agosto 1971, pag. 8.

17 Cfr. Il Corriere della Sera, del 19 febbraio 1975.

18 Cfr. L'Espresso, del 23 febbraio 1975, pag. 21.

19 Cfr. Aborto e Legge di aborto, § 13.

20 Ibid., § 11.

21 Vedi La sentenza della Corte Costituzionale a pag. 9.

22 Cfr. Il diritto a nascere, § 5.

23 Cfr. G. Perico, op. cit., pag. 24.

24 Cfr. Il Corriere della Sera, del 19 febbraio 1975.

25 Cfr. G. Campanini, Dibattito sull'aborto, pag. 22.

26 Ibid., pag. 47.

27 Ibid., pag. 55.

28 Cfr. Il diritto a nascere, § 11.

29 Cfr. Istituto Centrale di Statistica, Compendio 1974, pag. 17.

30 Cfr. Messaggero di Sant'Antonio, 1975, nº 3, pag. 24.

31 Cfr. La Civiltà Cattolica, del 7 settembre 1974, pag. 407; del 6 marzo 1976, pag. 464; Medicina e Morale, 1974, II, pagg. 277-292.

32 Cfr. La Civiltà Cattolica, del 7 settembre 1974, pagg. 404-415.

33 Ibid., pag. 406.

34 Maria Aspesi su Il Giorno, del 22 e 27 marzo 1973.

35 Cfr. M. Litchfield-S. Kentish, Bambini da bruciare, pag. 179.

36 Cfr. Graviss. Educ., § 1.

37 Cfr. Il Corriere della Sera, del 7 febbraio 1975.

 

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