di Vignerte 1
L'orgoglio del kshatriya o «guerriero
iniziato»
Sull'esempio del recente numero (37)
della Nouvelle Revue d’Histoire («Nuova Rivista di Storia),
non mancano pubblicazioni o libri che incensino regolarmente un
Julius Evola «araldo della Tradizione», cantore della «rivoluzione
conservatrice», «spregiatore del decadente mondo moderno», e
incarnazione del cavaliere «in piedi in mezzo alle rovine»
del kali yuga, questa «età del ferro» relativa alla
concezione ciclica del tempo propria delle dottrine iniziatiche. Ma
chi era veramente Julius Evola e chi sono i suoi ammiratori?
Il discepolo di René Guénon «Ossessionato dalla grandezza dell'antica Roma, Julius Evola fu un araldo della Tradizione e un feroce nemico del mondo moderno. Contemporaneamente contemplativo e combattente politico, egli fu nel senso pieno del termine un uomo in piedi in mezzo alle rovine [...]. Era ad immagine delle cime innevate che l'affascinavano tanto, potente, gelido e luminoso; in una parola: solare» 2. Quale omaggio rendeva a Julius Evola Bruno Racouchot (1898-1974), l'allora responsabile del servizio di formazione della Fronte Nazionale della Gioventù (1996). Preso tra tanti altri, questo testo è sintomatico di tutta una letteratura edificante, destinata a conferire onore a quel «grande pensatore della decadenza», quel «araldo della Tradizione» che fu Evola, discepolo dell'esoterista René Guénon (1886-1951) ed egli stesso autore di un'opera densa, varia, quanto mai sulfurea, improntata per sempre al tanfo più nauseante del pensiero gnostico. Nel 1928, un aristocratico italiano, plasmato dalla filosofia nietzschiana e appassionato di occultismo, pubblicò il libro Imperialismo pagano, un'opera anticristiana, diligentemente condannata dalle autorità religiose. Adducendo la sua giovane età, la cattiva influenza esercitata dall'ambiente massonico, il suo autore, Julius Evola, rinnegò alcuni anni più tardi questo scritto. Ahimè, tale evoluzione non era il risultato di un'improvvisa conversione, ma unicamente di un approfondimento che Evola aveva fatto, all'inizio degli anni '30, dell'opera di René Guénon.
Il teorico del guerriero iniziato Lo zoccolo del pensiero evoliano era ormai chiaro. Tutti i suoi libri e i suoi articoli furono elaborati a partire dai valori e dai concetti cari ai discepoli di Guénon: dalla necessità di un'iniziazione esoterica riservata ad un'élite, all'esistenza della famosa «Tradizione Primordiale»… Tutto il corpus gnostico è ripreso da Evola che diventa a sua volta un teorico della «Tradizione». Esprimendo talvolta dei punti di disaccordo col suo maestro, Evola si distingue soprattutto da Guénon sviluppando i fondamenti di un'azione politica tradizionale propria della casta kshatriya. Prendendo in prestito questo termine dal vocabolario dalle caste dell'India, il nostro, un po' fanfarone, operò una distinzione tra due tipi di sacralità e di iniziazione: quella cui egli affermava di ricollegarsi era molto più imparentata col tipico guerriero e reale che con il modello sacerdotale e contemplativo del brahmâna Guénon. Da allora, il cavaliere moderno dell'esoterismo si diede per missione di riflettere all'azione che ogni kshatriya deve condurre al fine non solo di completarsi, ma anche di compiere il dovere che è quello di restaurare una «città tradizionale». La città ideale del romano è diretta da un solo capo, assecondato nel suo compito da un'aristocrazia i cui membri sono iniziati e coscienti che il loro potere, lungi dal provenire da Dio, è propriamente divino. Prigioniero delle sue chimere, Evola consiglia in un primo tempo all'élite guerriera e spirituale di ricostituire un Impero appoggiandosi sui partiti di massa «meno decadenti», in cui bisogna introdursi e riformare dall'interno. Egli amoreggia così col ramo più radicale del fascismo italiano, pur avendo stretti contatti con le SS naziste. Assillato dalle sue idee, dopo il 1945, mezzo paralizzato in seguito ad un bombardamento, la sua percezione degli avvenimenti diventò sempre più pessimista. Abbandonando le sue illusioni negli ultimi anni della sua vita, Evola non credeva più all'efficacia dell'azione del kshatriya nella società. Gli ultimi guerrieri devono ricercare la «Conoscenza» (in greco gnôsis) unicamente mediante un'azione rivolta su sé stessi, il passo estremo ancora suscettibile di farli accedere al «sopramondo».
I nemici dei nostri nemici non sono
necessariamente nostri amici L'immagine di questo combattente virile, che esalta il distacco nei confronti delle sue passioni, che lotta contro la decadenza e combatte per restaurare una «città tradizionale», avrebbe di che sedurre un gioventù oziosa e senza ideali. L'ostilità messa in mostra da Evola contro le ideologie liberali e marxiste, e i suoi attacchi incessanti contro la Massoneria, potrebbero attirare la simpatia di molti cattolici. Perciò occorre essere chiari: Evola criticava la Massoneria per la sola ragione che, a suo avviso (sulla scia di Guénon), quest'ultima era una società iniziatica degenerata la cui l'azione è diventata nefasta. Tuttavia, non basta ad un pensatore essere antimassonico per essere raccomandabile. Per convincercene, esaminiamo la posizione di Evola nei confronti della Chiesa cattolica. Egli lascia intendere in maniera ipocrita che l'élite guerriera ha il dovere di rispettarla in quanto supporto storicamente superato di un frammento della «Tradizione». Ma non si tratta che di un rispetto di circostanza, non obbligando per nulla il «fior fiore» gnostico a prendere le difese di una «delle tradizioni più esclusive, per non dire assertrici, e più lontane dalla coscienza sopratradizionale» 3. La Chiesa non ha sempre negato di accettare l'esistenza di una spiritualità superiore alla sua? L'autore della Metafisica del sesso rimproverava anche al cristianesimo di avere adottato una morale restrittiva, dimenticando che «il "male" è solamente un termine generico dal contenuto variabile a causa dei condizionamenti sociologici e storici» 4. Nel 1971, Evola accusò ancora la Chiesa di avere elaborato una teologia riduttiva non tenendo in considerazione del «Principio Supremo» che il suo elemento creatore, senza tenere conto del suo altro polo, quello distruttore che tuttavia rientra nella dialettica del divino.
La conclusione è scevra da ambiguità: «L'idea occidentale e cristiana di Satana corrisponde semplicemente a quella di un'altra faccia di Dio» 5. Questa stupefacente teologia condusse Evola a consigliare al kshatriya di non rigettare a priori nessun mezzo per entrare in contatto col «mondo soprasensible». Al di là del bene e del male, malgrado tutti i pericoli che queste pratiche possono comportare, il guerriero gnostico deve essere in grado di sperimentare l'«Alta Magia», l'Alchimia, la Magia Nera o la stregoneria, assicurando in maniera illusoria che queste due ultime pratiche non hanno un carattere blasfemo contro il polo creatore.
Alcuni discepoli sempre attivi e
pericolosi Nel 1974, secondo le sue ultime volontà, le ceneri di Evola furono portate dai suoi amici sulla vetta del Monte Rosa e disperse in un ghiacciaio. Dopo un lavoro accanito durato oltre vent'anni, i fedeli del pensatore italiano sono riusciti ad introdurre in Francia le teorie fumose di un uomo senza scrupoli in seno agli ambienti più diversi. Essi si ingegnano a fare credere ai cattolici che Evola è un difensore della Tradizione, un cavaliere dei tempi moderni. Dal turiferaio del pensiero gnostico Arnaud Guyot-Jeannin 6 al nazionalista-rivoluzionario Christian Bouchet 7, e più recentemente Dominique Venner nella sua Nouvelle Revue d’Histoire 8, questi uomini hanno in comune di gravitare negli ambienti della Nuova Destra francese (una veloce ricerca di questi nomi in rete ve lo confermerà).
Ora, contrariamente a ciò che ha affermato Serge de Beketch nel suo Libre Journal, questo discepolo di Guénon non è un «ribelle mago mattiniero, uno dei Risvegliatori provvidenzialmente sovversivi di questa fine di secolo dall'andatura di "fine ciclo"» 9. La «tradizione» difesa da Evola, strettamente legato all'occultismo, è fondamentalmente anticristiana; il suo modello del guerriero gnostico è un'orrenda caricatura del cavaliere cristiano. No! Nulla di decente può essere scritto in onore del kshatriya.
Note
1 Traduzione dall'originale francese Julius Evola, héraut de la «Tradition initiatique» (1898-1974), a cura di Paolo Baroni. Scritto reperibile alla pagina web http://www.viveleroy.fr/article59.html?artpage=1-3 2 Cfr. «Evola, le Romain» («Evola, il romano»), in Français d’abord, supplemento n° 240, luglio 1996, pagg. 4-6. 3 Cfr. J. Evola, Les hommes au milieu des ruines («Gli uomini in mezzo alle rovine»), éd. Guy Trédaniel/Pardès, Parigi 1984, pag. 142. 4 Cfr. J. Evola, Masque et visage du spiritualisme contemporain («Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo»), éd. Pardès, 1991, pag. 191. 5 Ibid. 6 Cfr. Evola et la Tradition («Evola e la Tradizione»), Ed. Ars Magna, 2000. 7 Cfr. Les liaisons dangereuses de Julius Evola: A. Crowley, G. B. Gardner et M. de Naglovska («I legami pericolosi di Julius Evola: A. Crowley, G. B. Gardner et M. de Naglovska»), Ed. Ars Magna, 2003. Christian Bouchet è uno dei principali redattori del blog voxnr.com, in cui si trova una presentazione molto interessante di questa pagina. 8 Cfr. «Evola. Philosophie et action directe» («Evola. Filosofia e azione diretta»), in Nouvelle Revue d’Histoire, n°37, luglio-agosto 2008. 9 Cfr. Le Libre Journal de la France Courtoise, n° 147, del 13 marzo 1998. Introduzione al dossier Tradition et quête spirituelle («Tradizione e ricerca spirituale»).
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