di Yann Le Coz 1
I
Uno stato
d'animo
Il letto di Procuste
La mitologia greca ha lasciato ai posteri il personaggio di Procuste. Terrore dell'Attica, questo brigante, braccato ed eliminato da Teseo, distendeva i viaggiatori catturati su un letto di ferro: se erano troppo alti, tagliava loro i piedi; se invece erano troppo piccoli, li allungava fino a che non toccavano la testata e il piede del letto. Questo esempio illustra efficacemente la mentalità tecnocratica: ciò che non rientra nel sistema dev'essere eliminato.
Sopra: il mitologico
Procuste. L'intelligenza dissociata dalla realtà
La tecnocrazia deriva soprattutto da una mentalità caratterizzata da una rottura, spinta fino all'assurdo, tra le idee e la realtà, tra l'intelligenza e la vita al quotidiano. Essa può derivare dalla mancata conoscenza, dal disprezzo o dal rifiuto della realtà. Tuttavia, separata dal concreto, dall'esperienza e dai fatti, l'intelligenza genera solo astrazioni e sistemi.
L'intelligenza è prima di tutto la facoltà di «leggere dentro» (dal latino «intui legere»), di cogliere la realtà, di preferire le persone e le cose - nei loro aspetti infinitamente multiformi e complessi - alle proprie idee. Significa diffidare delle formule che pretendono di dare una soluzione a tutti i casi che si presentano. È esercitare la propria intelligenza sulla base delle realtà. Realismo e tecnocrazia sono quindi antagonisti. E quando diventa azione... la tecnocrazia mutila il reale. Gli uomini non rientrano mai completamente in categorie, statuti, griglie, norme e classificazioni.
Sopra: l'equazione presentata da Bill Gates al TED Talk del 2010 che spiega (!?) come ridurre l'emissione di anidride carbonica... Pura astrazione!
Lo spirito del sistema e i suoi frutti
A voler applicare a tutte le cose, a qualsiasi situazione, o peggio, ad ogni persona la soluzione miracolosa, il sistema infallibile, il regolamento, la norma... ovviamente si cade nell'assurdo. L'illogicità di amministrazioni irrazionali, di tecnocrazie, di ideologie e delle dittature che ne derivano.
Queste sono solo le diverse manifestazioni dello stesso stato d'animo. Le idee più brillanti sconnesse dai fatti e dalla realtà si chiamano sogni, chimere, utopie e illusioni. Purtroppo tutte le chimere degli ultimi decenni non sono state prive di effetto. Quanti dei nostri contemporanei hanno perduto il senso del possibile e il gusto della responsabilità, vinti dallo scoraggiamento, da un sentimento di insicurezza psicologica e morale, o dalla sensazione di non poter far nulla?
Il risultato è l'inefficacia e la sterilità degli uomini, delle loro comunità e delle loro istituzioni. Illusioni, chimere che hanno anche generato le peggiori situazioni che gli uomini e le società hanno dovuto sopportare: sradicamenti, segregazioni, deportazioni, terrorismi, gulag, lager, ospedali psichiatrici... Ora sappiamo che la selezione eugenetica e l'eutanasia, praticate dai nazisti, non sono poi così lontane. Ci stiamo arrivando lentamente! Le utopie degli esperti possono diventare incubi.
II Un modo di «governare»
Negli ultimi due secoli lo Stato ha aumentato il numero delle sue prerogative. Questo movimento è il frutto di una concezione arretrata dell'uomo e della società. L'ex direttore dell'École Nationale d'Administration (ENA), François Gazier (1919-2005), ha spiegato:
In nome della Libertà
Infatti, La Rivoluzione Francese è stata fatta in nome della Libertà; promuovere la libertà individuale equivale a sopprimere ogni autorità, ogni potere e ogni comunità intermedia tra l'individuo e lo Stato. La Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, del 26 agosto 1789, lo conferma:
Sopra: rappresentazione pittorica della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo infarcita di simboli massonici.
Sulla scia di questa mentalità, le leggi
rivoluzionarie elaborarono solo una serie di divieti. Il decreto d'Allarde
(marzo 1791) e la legge Le Chapelier (giugno 1791) lo
illustrano: tutto ciò che fino ad allora era di iniziativa privata e
compito delle varie comunità sociali, divenne di competenza dello Stato. Per compensare
l'incapacità dei cittadini di «regolare i proprî affari», lo Stato
intervenne progressivamente sempre di più. Affermando di risolvere
le difficoltà, esso prese il posto della società e degli individui,
attivando esperti e tecnici.
Quindi, la tecnocrazia è strettamente collegata ai nostri sistemi «democratici». Affermazione paradossale quando sappiamo che nelle nostre moderne «democrazie» il popolo è «sovrano»! Yves Cannac, un alto funzionario che per anni ha gestito una società di proprietà statale, lo spiega nel suoi libro Le juste pouvoir:
Sopra: Yves Cannac e il suo libro Le juste pouvoir.
Lo Stato: trastullo degli esperti...
...è soggetto alle rivalità dei gruppi di pressione, che esercitano il potere reale
Disordine sociale
La vita sociale non è altro che l'oggetto di lotte interne per il potere, rivalità tra scuole di pensiero e scontri ideologici. Con il pretesto di una possibile «arbitrarietà», i poteri furono confiscati: oggi tutti soffocano sotto un arbitrio centrale, senza speranza di ricorrere a nessuno.
Un potere tentacolare
«Una società in cui tutte le relazioni sono governate dall'autorità pubblica è una società che muore». Queste parole di un professore universitario hanno inaugurato, con sorpresa degli studenti, un corso di Diritto Pubblico: una sapiente lezione tratta dall'osservazione e dallo studio della Storia delle società e dei modi di funzionamento delle istituzioni.
Anno dopo anno, il Consiglio di Stato stigmatizza l'inflazione legislativa e normativa che interessa tutti gli ambiti della vita della nostra società. Ci sono sempre più leggi, sempre più lunghe e complicate. Gli ambiti di intervento delle autorità pubbliche non conoscono confini: dai luoghi in cui è vietato fumare ai luoghi in cui i nostri giovani possono ottenere preservativi e pillole abortive; dal controllo dell'allevamento suino a quello delle famiglie che fino ad allora pensavano di poter educare i loro figli come volevano.
Guida, inondazioni di fiumi, formazione degli adulti, stato delle funivie, campi scout, cinture di sicurezza, tempo libero, orario di lavoro... Nessun aspetto della nostra vita sociale o privata sfugge all'attenzione dello Stato. Al di là dei governi che si succedono, lo Stato diventa sempre più onnipresente e onnipotente. Ẻ la statolatria.
Una frenesia normativa
La vita sociale è concepita come un gigantesco meccanismo di cui i governanti muovono gli ingranaggi come desiderano, secondo un piano. Questa visione puramente materiale e materialistica della società si traduce nella creazione di una macchina enorme. Lo scrittore Aldous Huxley (1894-1963), nel suo romanzo Brave New World (1932), e George Orwell (1903-1950), nel suo altrettanto famoso romanzo distopico 1984 (1948) hanno immaginato la schiavitù dell'uomo moderno da parte di un regime mostruoso dotato di una tecnologia manipolatrice e di una fitta rete di funzionari.
Sopra: Aldous Huxley e il suo romanzo Brave New World.
Sopra: George Orwell e il suo romanzo 1984.
La legge penetra nelle parti più intime della vita delle persone e delle società per regolarne il ritmo e il funzionamento. Tutto è soggetto a procedure, a regolamenti e, di conseguenza, viene messo in atto un dispositivo di «controllo»: si moltiplicano i promemoria, i rapporti, le statistiche, le commissioni, le circolari e le sanzioni. L'amministrazione prolifera.
Dissociazione tra potere e responsabilità...
Il potere, al di fuori del quale nulla può esistere, assorbe tutte le attività che contribuiscono alla vita sociale. È l'organizzazione centralizzata e monolitica in cui tutte le decisioni sono pensate, preparate e prese «in alto», non sappiamo veramente dove o da chi; altrove, questo è certo, e non dalle persone principalmente interessate.
Quando ci sono difficoltà, la tecnocrazia non manca mai di inventare gadget che in nessun modo curano il male, se non lo peggiorano; si intensificano le riforme e si rafforzano le strutture (ad esempio, nel settore dell'istruzione). In tutti i casi, questi interventi finiscono praticamente per depredare gli interessati - affidati a comunità più grandi - dei poteri che potrebbero esercitare da soli, un'azione logica, ma che potrebbe generre gravi conseguenze. Gli uomini e le comunità in cui vivono sono privati dei loro poteri e delle loro libertà.
Nel nome della conoscenza e della competenza
La caratteristica di questi interventi è che sono sempre situati ad un livello diverso da quello in cui sono impegnate le responsabilità dirette. Sono esclusi gli uomini dotati di personalità, di pensiero critico e di originalità creativa. La tecnocrazia non sopporta le persone che si fanno notare. L'uguaglianza postula l'uniformità.
Gli uomini in carne ed ossa interessano solo nella misura in cui possono essere «classificati». Le situazioni particolari, lungi dall'essere un vantaggio, sono altrettante anomalie che turbano la visione tecnocratica dell'azienda, a cui deve conformarsi tutta la realtà. Il potere appartiene a «direttori» e capi di servizio all'interno dei vari ministeri, che nominano una profusione di commissioni di esperti, di gruppi di ricerca, ecc... Il potere diventa anonimo, quindi irresponsabile.
Inoltre, poiché le decisioni non sono adeguate alle difficoltà incontrate o alle circostanze particolari, ognuno, oggetto a tali misure, cerca di sfuggire alla crescente influenza della comunità. Il senso del «noi» comune, del bene comune, si sta offuscando. Ognuno per sé: è il regno degli intrallazzi, degli imbrogli, degli scandali. «Chi fa la legge crea l'inciucio», dice un proverbio spagnolo.
Il tessuto sociale si sta sgretolando, poiché il senso di
iniziativa, il gusto per la responsabilità, la coesione e la
solidarietà reale stanno gradualmente scomparendo. Uomini e comunità
non esistono più se non per impulsi che provengono dall'esterno
11. Le persone si sono
trasformate in una massa amorfa e manipolabile.
IV Un necessario ritorno al reale
L'ex dissidente russo Aleksandr Solženicyn (1918-2008), nel suo discorso all'Università di Harvard, ha affermato:
Egli ha inoltre evidenziato le cause della crisi della nostra società e le conseguenze, sia collettive che personali. Crisi spirituale di una società che, per orgoglio, rifiuta e combatte ogni trascendenza. «Non abbiamo altro re che Cesare...» (Mt 27, 15). Quindi, Cesare ha stabilito il suo regno; mediante la violenza o l'indottrinamento, a seconda dei tempi o delle ideologie.
Il grande pensatore francese Augustin Cochin (1876-1916) ha osservato: «Più la fede perde terreno, più la legge avanza, più le norme si estendono e si complicano». In tutti i casi, l'asservimento del corpo e della mente può essere spinto molto lontano, poiché l'uomo è solo un oggetto sociale, un atomo della collettività
Un orgoglio, che offusca l'intelligenza e le impedisce di sottomettersi alle realtà naturali, accertabili da ogni uomo di buona volontà. Il principio e il fondamento di tutta la vita tracciato da Sant'Ignazio di Loyola (1491-1556) viene ignorato:
L'applicazione di questo principio è
sufficiente a «raddrizzare completamente la società», come
disse con forza Papa Leone XIII (1810-1903). Il principio di sussidiarietà...
Occorre recuperare, perché c'è stato un tempo in cui la società ha accolto con favore i benefici dell'azione civilizzatrice del cattolicesimo. Questa società non era perfetta, ma permetteva a tutti, attraverso il funzionamento delle istituzioni, di sviluppare i proprî talenti e facilitare il raggiungimento della propria salvezza. Essa assicurava che ogni organizzazione fosse orientata all'utilità dei suoi membri: comunità intermedie e individui:
...è l'unica possibile risposta alla mentalità tecnocratica...
...giacché operare al contrario «sarebbe commettere un'ingiustizia e allo stesso tempo turbare in modo dannoso l'ordine sociale» 14. Il mancato rispetto di queste verità prime, che gli esperti in organizzazione d'impresa 15 non hanno esitato a qualificare come fondamentale, è sempre fonte di ingiustizia, agitazione sociale e sterilità.
Si rafforza la società che mira a rafforzare l'autonomia delle persone. Un modo per sviluppare le persone è di consentire loro di acquisire convinzioni ferme, rendendole consapevoli dei proprî doveri e consentendo loro di esercitare iniziativa e potere nelle aree in cui ne sopportano le conseguenze, ossia dove vengono esercitate le responsabilità.
Così, le «masse» - l'accostamento di individui simili - vengono così sostituite da un «popolo»: persone, raggruppate all'interno di comunità, che si scambiano molteplici servizi tra loro, perché diverse e quindi complementari. Queste relazioni creano un sentimento di appartenenza di ciascuno ad una «comunità di destino», alla quale si sente legato, perché da essa riceve molto e può dare molto.
Non illudiamoci. Non ci sarà una vera ripresa a meno che non si rinunci al naturalismo politico e al materialismo sociale. Nessuna stabilità politica è possibile finché Nostro Signore viene allontanato dall'organizzazione sociale, ribatté in sostanza il Cardinale Louis-Edouard-François-Desiré Pie (1815-1880) a Napoleone III (1808-1873) che gli obiettava che non era giunta l'ora del ritorno ad una società cristiana. È alla nostra portata illuminare le intelligenze.
Impegniamoci innanzitutto ad un'attenta osservazione di tutte le realtà umane e sociali. Da lì, obblighiamoci a riflettere sulle condizioni politiche 16 che permettono a ciascuno di dare il meglio di sé e, come disse Papa Pio XII (1876-1958), «a condurre una vita degna dell'uomo e del cristiano». Dall'osservazione e dalla riflessione, seguendo l'insegnamento della Chiesa, è possibile individuare i principî guida che danno sostanza alla vita sociale e ne ispirano la condotta. E agire nell'ambito della nostra area di responsabilità e nella misura delle risorse a nostra disposizione.
Gli apostoli e gli «esperti»
Le prime generazioni di cristiani non si sono accontentate di propagare la loro fede attraverso la preghiera e l'apostolato, il che è caratteristico dell'attivismo religioso. Essi hanno moltiplicato le istituzioni di carità, abbozzi e i semi della futura società cristiana. Questo era attivismo sociale.
Ma una volta che l'impero si convertì al cristianesimo, la Chiesa, affidandosi ai laici, non cessò di eliminare dalle leggi e dalle istituzioni le vestigia dei costumi e delle tradizioni pagane, e di continuare la cristianizzazione delle anime, amplificandola con la cristianizzazione della società. Questo era attivismo politico. Così, nel tempo, la Chiesa è riuscita ad erigere, sulle rovine del paganesimo, la costruzione di una società cattolica. Tutto è iniziato con la scelta di dodici uomini, apostoli, non esperti...
APPENDICE I Procuste o lo spirito del sistema 17
di
Jean du Genêt
Procuste è sopraffatto dalla stanchezza. Un nuovo mattino sorge per lui dopo una notte di lavoro. Egli non dorme quasi mai; ha perso il sonno da quando insegue incessantemente tutto ciò che può nuocere alla felicità del genere umano i cui sogni lo perseguitano e non lasciano mai in pace. Poiché Procuste è nato nella terra di Cartesio (1596-1650) e questi umani che fuggono costantemente dalla società ideale che lui, Procuste, ha ideato per loro, essi rappresentano per lui una sfida alla sua mente razionale.
Procuste pensa in grande: perché preoccuparsi del destino di un uomo quando il cervello progetta un vasto programma di cambiamenti destinati al mondo intero per un'era di beatitudine paradisiaca? Quindi Procuste è decisamente un mondialista. Procuste, in tutta modestia e benevolenza, si riconosce prontamente come un filantropo in generale, ma è molto spesso misantropo in casi particolari.
La personalità di Procuste è complessa. C'è in lui il farmacista, una passione compulsiva per il pesare, il quantificare, il codificare e il classificare. Ma c'è anche il predicatore itinerante che investe se stesso della missione di convertire questo mondo di bipedi ciechi per dare loro le chiavi universali che consentiranno di entrare finalmente nel regno asettico dove tutti agiranno «come un sol uomo».
Ma in Procuste c'è anche un soldato: bisogna che tutto funzioni senza discussioni, senza scrupoli e senza finezze. Non oserà mai ammettere o confessare che si sente molto lusingato quando viene onorato con il nome di «capo», un riconoscimento conferito alla sua autorità sistematica; egli gode dell'autoritarismo che ritiene strettamente necessario affinché il sistema funzioni. Potremmo aggiungere ancora un pizzico di illusionismo.
Quando la massa non si piega bisogna addomesticarla...
Procuste, infatti, manipola così bene le astrazioni, si destreggia così abilmente con le parole e opera giochi di prestigio regolamentari con un tale virtuosismo che seduce, con la magia della sua arte, la maggior parte delle élite del suo paese. Se Procuste fosse un giardiniere, sarebbe un allievo dell'architetto André Le Nôtre (1613-1700): addomesticherebbe la natura selvaggia, incrociandola, squadrandola, rastrellandola con un bel pettine, per non lasciare alcuna possibilità agli indisciplinati di disturbare l'ordine delle sue vaste prospettive lisce e vuote. Sì, si potrebbe dire, in tutta buona fede, che Procuste è una specie di esteta.
Ma riflettiamo un attimo per meglio comprendere il nostro personaggio. Se fosse una parte del corpo, sarebbe il cervello. Se fosse un animale sarebbe una formica o un'ape operaia, a meno che non fosse un polpo. Se fosse una pianta, sarebbe un'edera, una pianta rampicante o una liana. Se fosse un monumento, sarebbe la Piramide del Louvre. Se fosse un minerale: marmo o granito. Se fosse... Ma chi è Procuste?
Procuste è un neofita della «chiesa della Nuova Era»; non si riconosce in nessuna denominazione religiosa, ma l'inesorabilità con cui conduce la sua lotta prende il posto della fede e del culto. Segni particolari: sorride poco, ride ancor meno, è estraneo a qualsiasi forma di umorismo, un'incongruenza che presuppone una fantasia fuori luogo di cui non ha idea.
Sopra: David Rockefeller (1915-2017), uno dei volti più noti dell'élite globalista . Egli è grave, serio, assorto come si addice ad un uomo che nutre l'ambizione di progetti generosi e giganteschi. Il suo vocabolario è contrassegnato da una piccola curiosità: egli sembra ignorare certi termini e preferisce usare «tutti» invece di «ciascuno»; gli piace l'impersonale; nella sua bocca, le persone non si distinguono per la loro funzione, il loro titolo o il loro posto nella società. Conosce solo «agenti economici». E se parla di «bene comune», attenzione a non sbagliare: si tratta di un «bene» che ha elaborato e standardizzato per tutti.
Procuste è forse uno scrittore, un maestro spirituale, un medico, uno scienziato o un politologo? Anzi! Alcuni direbbero ferocemente che è un tecnocretino. Procuste è da compatire. Egli è il discepolo e lo schiavo della dea Technos, fredda, distante, implacabile e versatile. Non troverà mai riposo o pace e non lascerà mai che gli altri possano trovare questi beni. Maledizione! Procuste è un tecnocrate.
Note
1 Traduzione dall'originale francese La technocratie (Action Familiale et Scolaire, Parigi, 2ª Ed., 2019), a cura di Paolo Baroni. 2 Cfr. Les Institutions Administratives Françaises (Corsi di Diritto 1966-1967). 3 Cfr. Y. Cannac, Le juste pouvoir («Il giusto potere»), Lattès, 1983, pagg. 10-11. 4 Ibid., pag. 171. 5 Ibid., pagg.30-31. 6 Ibid., pagg. 42-43. 7 Ibid., pagg. 178-179. 8 Ibid., pag. 129. 9 Ibid., pag. 177. 10 Ibid., pag. 241. Yves Cannac chiama «democrazia civile» il modo di governo che rispetta gli ambiti di responsabilità e le competenze, che favorisce la vita delle comunità subordinate rispetto allo Stato, perché sono luoghi di nascita e sviluppo di iniziative e libertà personali (N.d.A.). 11 Cfr. Pio XII, radiomessaggio del 24 dicembre 1944, Benignitas et Humanitas. 12 Cfr. A. de Saint-Exupéry, Lettre au général X («Lettera al Generale X»). 13 Cfr. Sant'Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, «Principio e fondamento». 14 Cfr. Pio XI, Enciclica Quadragesimo anno (del 15 maggio 1931), sul principio di sussidiarietà. 15 Le aziende sono oggi un campo privilegiato per l'applicazione del principio di sussidiarietà... ovviamente, laddove i manager hanno riflettuto sulle condizioni per un'efficienza duratura. 16 Politica: l'arte di dare vita alla società. Dirigere è un'arte, e tutta l'arte obbedisce a delle regole precise.
17
Estratto dalla rivista Action Familiale et Scolaire, nº 125.
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