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Presentazione
1
L'omosessualità, o sodomia, sempre
considerata dalla coscienza cristiana e occidentale come un vizio
obbrobrioso, rivendica oggi visibilità e diritti nella società.
Secondo i fautori della nuova ideologia omosessualista, la coscienza
civile, che un tempo bollava il peccato contro natura
come
abominevole, dovrebbe ora riconoscerlo come un bene in sé meritevole
di tutela e protezione giuridica. La legge, che un tempo reprimeva
l'omosessualità, dovrebbe invece promuoverla, castigando coloro che
la rifiutano e la combattono pubblicamente. L'omosessualità, in
questa prospettiva, non sarebbe un vizio, e neppure una malattia o
deviazione di qualsiasi genere, ma una naturale tendenza umana, da
assecondare e garantire, senza porsi il problema della sua moralità.
Il Magistero della Chiesa cattolica si situa agli antipodi di questo
nefasto relativismo. La Chiesa ha infatti come missione divina di
insegnare la verità nel campo della fede e della morale, illuminata
dalle parole di Gesù Cristo: «La mia dottrina non è mia, ma di
colui che mi ha mandato» (Gv 7, 16). L'ambito del suo
Magistero non è ristretto agli articoli di fede, ma investe il vasto
campo della morale e del diritto naturale. Infatti, come avvertiva
San Pio X, «tutte le azioni del cristiano sottostanno al
giudizio e alla giurisdizione della Chiesa in quanto sono buone o
cattive dal punto di vista morale, cioè in quanto concordano o
contrastano col diritto naturale e divino» 2.
In materia di fede e di costumi, perciò il Magistero della Chiesa è
«norma prossima e universale di verità» 3.
Il relativismo nega invece il carattere assoluto della Verità e del
Bene, per porre come unico criterio quello soggettivo
dell'arbitrio
umano, presentato come «autodeterminazione» e «liberazione» da ogni
vincolo religioso, morale e perfino razionale. L'uomo, in tale
prospettiva, è ridotto alla sua istintiva animalità, mera pulsione
di istinti, «materia senziente», priva del lume della ragione. Le
radici di questa concezione affondano nell'Umanesimo rinascimentale,
nel «libero esame» protestante, nelle ideologie illuministe e
marxiste, fasi diverse di quel proteiforme processo rivoluzionario
che ha come mèta la distruzione totale della Civiltà cristiana e
l'instaurazione dell' anarchia. Questo processo rivoluzionario ha
oggi un'espressione parossistica nella pretesa di promuovere
l'omosessualità come un valore, e successivamente di imporla come
modello di comportamento alla società intera. Tale è il significato
della risoluzione approvata a Strasburgo l'8 febbraio 1994, con la
quale il Parlamento Europeo chiede agli Stati membri di «aprire
alle coppie omosessuali tutti gli istituti giuridici a disposizione
di quelli eterosessuali» e di «intraprendere campagne
[...] contro tutte le forme di discriminazione». La Chiesa
insegna, al contrario, che tra la verità e l'errore, tra il bene e
il male, la discriminazione e il confine deve essere netto, così
come, tra la visione cattolica e quella relativista, figlia di tutte
le grandi correnti eversive della storia, l'antitesi è totale. La
raccolta di testi che segue, prima nel suo genere, dimostra come la
condanna dell'omosessualità da parte della Chiesa è costante e inequivoca. Questa condanna, nel corso dei secoli, è stata recepita
e tradotta in leggi dal diritto europeo e ha permeato la coscienza
collettiva dell'Occidente cristiano. Mai, in alcun modo, la Chiesa
ha legittimato il vizio omosessuale.
Meno che mai può oggi
accettarne la legalizzazione, che costituisce in sé un peccato
ancora più grave della pratica privata dell'omosessualità. Per la
Chiesa cattolica, l'omosessualità è un «crimine nefando» (San
Pio V) che attira la collera divina e grida vendetta al cospetto di
Dio (San Pio X). La ragione per cui Dio condannò alla distruzione le
città di Sodoma e di Gomorra, immerse nel vizio contro natura fu,
come ricorda san Pietro, perché ciò restasse nei secoli di esempio e
divino ammonimento (2 Pt 2, 6-9). Come dimenticare il tragico
destino di quelle città corrotte, nel momento in cui un Parlamento
che presume di rappresentare la voce di tutti gli europei giunge
dove neppure Sodoma e Gomorra erano arrivate, pretendendo di
includere il peccato contro natura nella pubblica legislazione?
I
LA CONDANNA DELLA
SACRA SCRITTURA
L'«abominio» del peccato
contro natura
La Sacra Scrittura condanna
ripetutamente, e con la massima severità, il peccato contro natura.
Nell'Antico Testamento, ad esempio, il Libro del Levitico,
che contiene le prescrizioni legali dettate da Dio a Mosé per
preservare il popolo eletto dalla corruzione della fede e dei
costumi, contiene una severa condanna della pratica omosessuale
definita come «abominio» e prescrive per i colpevoli la pena di
morte.
«Non accoppiarti con un maschio come si fà con la donna:
è cosa abominevole [...]. Tutti quelli che
commetteranno tali azioni abominevoli, verranno sterminati di
mezzo al popolo» (Lv 18, 22 e 29). «Se un
maschio giace con un altro maschio come si fà con la donna,
entrambi hanno commesso un abominio: vengano messi a morte,
e il loro sangue ricada su di loro» (Lv 20,13).
Analoga riprovazione viene espressa dai Profeti di Israele, come
testimonia il successivo passo tratto da Isaia. «Il loro aspetto
testimonia contro di loro: essi manifestano i loro peccati, come
fece Sodoma, anziché nasconderli. Guai a loro! Essi si preparano la
loro rovina»! (Is 3, 9).
Il castigo divino di Sodoma e Gomorra
La condanna della Bibbia non rimane a
un livello meramente teorico, ma si manifesta nella punizione dei
peccatori. L'esempio più noto e significativo è quello, tratto dal
primo libro dell'Antico Testamento (il Genesi), in cui Dio
invia due suoi angeli, in sembianze umane, per distruggere le città
di Sodoma e di Gomorra, ormai corrose dal vizio contro natura,
salvando il solo Loth con la sua famiglia. «Disse dunque il
Signore (ad Abramo): "Il clamore delle colpe che mi giunge da
Sodoma e da Gomorra è grande, e molto grave è il loro peccato"
[...]. Poi quei due (angeli) dissero a Loth: [...]
"Fà uscire da questo luogo generi, figli e figlie e tutti i tuoi
parenti che si trovano in questa città, perché noi siamo giunti per
distruggerla: grande è infatti il clamore dei peccati che da essa si
è innalzato verso il Signore, e il Signore ci ha inviati per
distruggerla" [...]. Allora il Signore fece piovere dal
cielo zolfo e fuoco su Sodoma e su Gomorra, e distrusse quelle
città e tutta la pianura e tutti gli abitanti della città e ogni
sorta di piante [...]. Abramo intanto si era alzato di buon
mattino per andare sul luogo dove prima si era fermato davanti al
Signore, e, volgendo lo sguardo verso Sodoma e Gomorra e su tutta la
regione di quella pianura, vide che dalla terra si alzava un fuoco
simile al fumo di una fornace» (Gn 18, 20; 19, 12-13; 19,
24-28).
Commentando questo passo della Bibbia, molti Padri della
Chiesa, al seguito di Tertulliano (155-230)
4 e dello storico Paolo Orosio (375-420)
5 testimoniarono poi che nella pianura in cui
giacevano le due nefande città, e che oggi coincide col Mar Morto,
«la terra puzza ancora d'incendio», per ammonire le generazioni
future a non dimenticare la punizione divina. «Nel corso dei miei
viaggi - affermò davanti ai suoi giudici il martire San
Pionio († 250) - ho attraversato tutta la Giudea, ho
oltrepassato il Giordano ed ho potuto contemplare quella terra che
fino ai nostri giorni porta i segni della collera divina [...].
Ho visto il fumo che ancor oggi sale dalle sue rovine e il suolo che
il fuoco aveva ridotto in cenere, ho visto quella terra ormai
colpita da siccità e sterilità. Ho visto il Mar Morto con la sua
acqua che ha cambiato natura: si è atrofizzato per timore di Dio e
non può più nutrire esseri viventi» 6.
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Tertulliano |
Paolo Orosio |
San
Pionio |
L'Apostolo San Paolo esclude i
sodomiti dalla salvezza
Il Nuovo Testamento non fà che
confermare, con parole ancor più vigorose, questa condanna. In
alcuni passi tratti dalle sue Lettere, San Paolo, l'Apostolo delle
Genti, ci da una spiegazione profonda della rovina di Sodoma e
Gomorra, collegando l'omosessualità con l'empietà, l'idolatria e
l'omicidio. «Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i
desideri del loro cuore, fino al punto di disonorarsi a vicenda i
corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e
hanno venerato la creatura al posto del Creatore benedetto nei
secoli. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami: le loro
donne hanno mutato le unioni secondo natura quelle contro natura;
allo stesso modo gli uomini, lasciando l'unione naturale con le
donne, si sono accesi di passione fra maschi, ricevendo così in loro
stessi la punizione che si addice al loro traviamento [...].
E pur conoscendo il giudizio di Dio, che condanna a morte chi
commette tali azioni, essi non solo le commettono, ma persino
approvano chi le compie» (Rm 1, 24-32). «La Legge non
è fatta per il giusto, bensì per i cattivi e i ribelli, gli empi e i
peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, i parricidi e i
matricidi, gli impudichi e i sodomiti [...] e per
qualunque altro vizio contrario alla sana dottrina» (1 Tm
1, 9-10). Escludendo dalla salvezza coloro che praticano il vizio
contro natura, l'Apostolo pronuncia per loro una condanna ben più
grave della morte fisica: quella della morte eterna. «Non
illudetevi! Né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né
gli effeminati, né i sodomiti [...]
erediteranno il Regno di Dio»! (1 Cor, 6, 9-10).
San Pietro e San Giuda rievocano come divino ammonimento la
distruzione di Sodoma
Analoga condanna viene espressa anche
dal primo Papa, San Pietro, e dall'Apostolo San Giuda, che rievocano
la distruzione di Sodoma e Gomorra presentandola come un divino
ammonimento che serve a intimorire gli empi e a confortare i fedeli.
«Se Dio condannò alla distruzione e ridusse in cenere le città di
Sodoma e di Gomorra, lo fece perché ciò fosse di ammonizione per
tutti i perversi in avvenire; e se liberò Lot, che era rattristato
per la condotta di quegli uomini sfrenatamente dissoluti [...],
il Signore lo fece perché sa liberare dalla prova gli uomini pii e
sa riservare gli empi alla punizione nel giorno del giudizio» (2
Pt 2, 6-9). «Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si
erano abbandonate alla lussuria ed ai vizi contro natura, vengono
portate come esempio per aver subito la pena del fuoco eterno» (Gd
7).
II
LA CONDANNA DEI PADRI
E DEI DOTTORI DELLA CHIESA
Sant'Agostino: «I delitti
compiuti dai sodomiti devono essere condannati ovunque e sempre»
Fin dalle origini, la Chiesa, facendo
eco alla maledizione delle Sacre Scritture, ha condannato la pratica
omosessuale per bocca dei santi Padri, scrittori ecclesiastici
antichi riconosciuti come testimoni della Tradizione Divina. Fra i
primi a pronunciarsi, fu il sommo Sant'Agostino (354
430), Vescovo d'Ippona e Dottore della Chiesa: «I delitti che
vanno contro natura, ad esempio quelli compiuti dai sodomiti, devono
essere condannati e puniti ovunque e sempre. Quand'anche tutti gli
uomini li commettessero, verrebbero tutti coinvolti nella stessa
condanna divina: Dio infatti non ha creato gli uomini perché
commettessero un tale abuso di loro stessi. Quando, mossi da una
perversa passione, si profana la natura stessa che Dio ha creato, è
la stessa unione che deve esistere fra Dio e noi a venire violata»
7.
San Gregorio Magno: «Era giusto
che i sodomiti perissero per mezzo del fuoco e dello zolfo»
San Gregorio I Papa (540-604), detto
«Magno», Dottore della Chiesa, ravvisa nello zolfo, che si rovesciò
su Sodoma il peccato della carne degli omosessuali. «Che lo zolfo
evochi i fetori della carne, lo conferma la storia stessa della
Sacra Scrittura, quando parla della pioggia di fuoco e zolfo versata
su Sodoma dal. Signore. Egli aveva deciso di punire in essa i
crimini della carne, e il tipo stesso del suo castigo metteva in
risalto l'onta di quel crimine. Perché lo zolfo emana fetore, il
fuoco arde. Era quindi giusto che i Sodomiti, ardendo di desideri
perversi originati dal fetore della carne, perissero ad un tempo per
mezzo del fuoco e dello zolfo, affinché dal giusto castigo si
rendessero conto del male compiuto sotto la spinta di un desiderio
perverso» 8.
San Giovanni Crisostomo: la passione
omosessuale è diabolica
Il Padre della Chiesa che condannò con
maggior frequenza l'abuso contro natura fu San Giovanni Crisostomo
(344-407), Patriarca di Costantinopoli e Dottore della Chiesa, di
cui riportiamo passi di un'omelia di commento all'Epistola di San
Paolo ai Romani: «Le passioni sono tutte disonorevoli, perché
l'anima viene più danneggiata e degradata dai peccati di quanto il
corpo lo venga dalle malattie; ma la peggiore fra tutte le
passioni è la bramosia fra maschi [...]. I peccati contro
natura sono più difficili e meno remunerativi, tanto che non si può
nemmeno affermare che essi procurino piacere, perché il vero piacere
è solo quello che si accorda con la natura. Ma quando Dio ha
abbandonato qualcuno, tutto è invertito! Perciò non solo le loro
(degli omosessuali; N.d.R.) passioni sono sataniche, ma le
loro vite sono diaboliche [...]. Perciò io ti dico che
costoro sono anche peggiori degli omicidi, e che sarebbe
meglio morire che vivere disonorati in questo modo. L'omicida
separa solo l'anima dal corpo, mentre costoro distruggono l'anima
all'interno del corpo. Qualsiasi peccato tu nomini, non ne nominerai
nessuno che sia uguale a questo, e se quelli che lo patiscono si
accorgessero veramente di quello che sta loro accadendo,
preferirebbero morire mille volte piuttosto che sottostarvi. Non
c'è nulla, assolutamente nulla di più folle o dannoso
di questa perversità» 9.
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Sant'Agostino |
San Gregorio Magno |
Il Crisostomo |
San Pier Damiani: «Questo vizio
supera per gravità tutti gli altri vizi»
Durante tutto il Medioevo, ossia nel
periodo di formazione della civiltà cristiana occidentale, la Chiesa
non ha mai smesso di promuovere la virtù della temperanza e di
rinnovare la condanna del vizio contro natura; in tal modo riuscì a
ridurlo ad un fenomeno rarissimo e marginale. Fra i Santi che
combatterono il vizio omosessuale nel Medioevo, uno dei più grandi
fu San Pier Damiani (1007-1072), Dottore della Chiesa,
riformatore dell'Ordine benedettino e sommo scrittore e predicatore.
Nel suo Liber Gomorrhanus, scritto verso il 1051 per
Papa
San Leone IX (1002-1054), egli denuncia con grande vigore la
rovina spirituale alla quale si condanna chi pratica tale vizio.
«Si va diffondendo dalle nostre parti un vizio così gravemente
nefasto e ignominioso, che se non vi si opporrà al più presto uno
zelante intervento punitore, di certo la spada dell'ira divina
infierirà enormemente annientando molti [...]. Questa
turpitudine viene giustamente considerato il peggiore fra i crimini,
poiché sta scritto che l'onnipotente Iddio l'ebbe in odio sempre e
allo stesso modo, tanto che mentre per gli altri vizi stabilì dei
freni mediante il precetto legale, questo vizio volle condannarlo
con la punizione della più rigorosa vendetta. Non si può nascondere
infatti che Egli distrusse le due famigerate città di Sodoma e
Gomorra, e tutte le zone confinanti, inviando dal cielo la pioggia
di fuoco e zolfo [...]. Ed è ben giusto che coloro che,
contro la legge di natura e contro l'ordine dell'umana ragione,
consegnano ai demoni la loro carne per godere di rapporti così
schifosi, condividano con i demoni la cella della loro
preghiera. Poiché infatti l'umana natura resiste profondamente a
questi mali, aborrendo la mancanza del sesso opposto, e più chiaro
della luce del sole che essa non gusterebbe mai di cose tanto
perverse ed estranee se i sodomiti, divenuti quasi vasi d'ira
destinati alla rovina, non fossero totalmente posseduti dallo
spirito d'iniquità; e difatti questo spirito, dal momento
in cui s'impadronisce di loro, ne riempie gli animi così gravemente
di tutta la sua infernale malvagità, che essi bramano a bocca
spalancata non ciò che viene sollecitato dal naturale appetito
carnale, ma solo ciò che egli propone loro nella sua diabolica
sollecitudine. Quando dunque il meschino si slancia in questo
peccato d'impurità con un altro maschio, non lo fà per il naturale
stimolo della carne, ma solo per diabolico impulso [...].
Questo vizio non va affatto considerato come un vizio ordinario,
perché supera per gravità tutti gli altri vizi. Esso infatti uccide
il corpo, rovina l'anima, contamina la carne, estingue la luce
dell'intelletto, scaccia lo Spirito Santo dal tempio dell'anima, vi
introduce il demonio istigatore della lussuria, induce nell'errore,
svelle in radice la verità dalla mente ingannata, prepara insidie al
viatore, lo getta in un abisso, ve lo chiude per non farlo più
uscire, gli apre l'inferno, gli serra la porta del Paradiso, lo
trasforma da cittadino della celeste Gerusalemme in erede
dell'infernale Babilonia, da stella del cielo in paglia destinata al
fuoco eterno, lo separa dalla comunione della Chiesa e lo getta nel
vorace e ribollente fuoco infernale. Questo vizio si sforza di
scardinare le mura della Patria celeste e di riparare quelle della
combusta e rediviva Sodoma. Esso infatti viola l'austerità, estingue
il pudore,
schiavizza la castità, uccide l'irrecuperabile verginità
col pugnale di un impuro contagio, insozza tutto, macchia tutto,
contamina tutto, e per quanto può non permette che sopravviva nulla
di puro, di casto, di estraneo al sudiciume [...]. Questa
pestilenziale tirannia di Sodoma rende gli uomini turpi e spinge
all'odio verso Dio; trama nefaste guerre contro Dio; schiaccia i
suoi schiavi sotto il peso dello spirito d'iniquità, recide il loro
legame con gli angeli, sottrae l'infelice anima alla sua nobiltà
sottomettendola al giogo del proprio dominio. Essa priva i suoi
schiavi delle armi della virtù e li espone ad essere trapassati
dalle saette di tutti i vizi. Essa li fa umiliare nella Chiesa, li
fa condannare dalla giustizia, li contamina nel segreto, li rende
ipocriti in pubblico, ne rode la coscienza come un verme, ne brucia
le carni come un fuoco [...]. Questa peste scuote il
fondamento della fede, snerva la forza della speranza, dissipa il
vincolo della carità, elimina la giustizia, scalza la fortezza,
sottrae la temperanza, smorza l'acume della prudenza; e una volta
che ha espulso ogni cuneo delle virtù dalla curia del cuore umano,
vi intromette ogni barbarie di vizi [...]. Non appena dunque
uno cade in quest'abisso di estrema rovina, egli viene esiliato
dalla Patria celeste, separato dal Corpo di Cristo, confutato
dall'autorità della Chiesa universale, condannato dal giudizio dei
santi Padri, disprezzato dagli uomini e respinto dalla comunione dei
santi [...]. Imparino dunque questi sciagurati a reprimere
una così detestabile peste del vizio, a domare virilmente
l'insidiosa lascivia della libidine, a trattenere i fastidiosi
incentivi della carne, a temere visceralmente il terribile giudizio
del divino rigore, tenendo sempre presente alla memoria quella
minacciosa sentenza dell'Apostolo (Paolo) che esclama: "É
terribile cadere nelle mani del Dio vivente" (Eb 10) [...].
Come dice Mosè, "se c'è qualcuno che sta dalla parte di Dio, si
unisca a me"! (Es 32). Se cioè qualcuno si riconosce come soldato di
Dio, si accinga con fervore a confondere questo vizio, non trascuri
di annientarlo con tutte le sue forze; e dovunque lo si sarà
scoperto, si scagli contro di esso per trapassarlo ed eliminarlo con
la acutissime frecce della parola» 10.
San Tommaso d'Aquino: l'omosessualità
«offende Dio stesso come ordinatore della natura»
San
Tommaso d'Aquino (1224-1274), il
grande teologo domenicano proclamato dalla Chiesa «Dottore comune
della cristianità, descrive nella sua eccelsa Summa Theologica
l'omosessualità come il vizio contro natura più grave,
equiparandolo al cannibalismo e alla bestialità. «L'intemperanza è sommamente riprovevole, per due ragioni.
Innanzitutto perché ripugna sommamente all'umana eccellenza,
trattandosi di piaceri che abbiamo in comune coi bruti [...].
Secondariamente, perché ripugna sommamente alla nobiltà e al decoro,
in quanto cioè nei piaceri riguardanti l'intemperanza viene
offuscata la luce della ragione, dalla quale deriva tutta la nobiltà
e la bellezza della virtù [...]. I vizi della carne che riguardano
l'intemperanza, benché siano meno gravi quanto alla colpa, sono però
più gravi quanto all'infamia. Infatti, la gravità della colpa
riguarda il traviamento dal fine, mentre l'infamia riguarda la
turpitudine, che viene valutata soprattutto quanto all'indecenza
del peccato [...]. Ma i vizi che violano la regola dell'umana natura
sono ancor più riprovevoli. Essi vanno ricondotti a quel tipo di
intemperanza che ne costituisce in un certo modo l'eccesso: è questo
il caso di coloro che godono nel cibarsi di carne umana, o
nell'accoppiamento con bestie, o in quello sodomitico»
11. Insomma, se l'ordine della retta ragione
viene dall'uomo, invece l'ordine della natura proviene direttamente
da Dio stesso. Pertanto, «nei peccati contro natura in cui viene
violato l'ordine naturale, viene offeso Dio stesso in qualità di
ordinatore della natura» 12.
Santa Caterina da Siena: vizio maledetto schifato dagli
stessi demoni
Anche la grande Santa Caterina da
Siena (1347-1380), maestra di spiritualità, condannò in maniera
veemente l'omosessualità. Nel suo Dialogo della divina
Provvidenza, in cui riferisce gli insegnamenti ricevuti da Gesù
stesso, ella così si esprime sul vizio contro natura: «Non solo
essi hanno quell'immondezza e fragilità, alla quale siete inclinati
per la vostra fragile natura (benché la ragione, quando lo vuole il
libero arbitrio, faccia star quieta questa ribellione), ma quei
miseri non raffrenano quella fragilità: anzi fanno peggio,
commettendo il maledetto peccato contro natura. Quali ciechi e
stolti, essendo offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono
il fetore e la miseria in cui sono; poiché non solo essa fà schifo a
Me, che sono somma ed eterna purità (a cui è tanto abominevole, che
per questo solo peccato cinque città sprofondarono per mio divino
giudizio, non volendo più oltre sopportarle la mia giustizia), ma
dispiace anche ai demoni, che di quei miseri si sono fatti signori.
Non è che ai demoni dispiaccia il male, quasi che a loro piaccia un
qualche bene, ma perché la loro natura è angelica, e perciò schiva
di vedere o di stare a veder commettere quell'enorme peccato»
13.
San Bonaventura: nella notte di Natale «tutti i
sodomiti morirono su tutta la terra»
Il francescano San Bonaventura
(12171274), Dottore della Chiesa con il titolo di Doctor
Seraphicus, illustrando alcuni fatti miracolosi accaduti nel
momento del Santo Natale afferma che: «Tutti i sodomiti, uomini e
donne, morirono su tutta la terra, secondo quanto ricordò San
Gerolamo commentando il salmo, "É nata una luce per il giusto", per
evidenziare che Colui che stava nascendo veniva a riformare la
natura e a promuovere la castità» 14.
San Bernardino da Siena: «La sodomia maledetta
[...] sconvolge l'intelletto»
Fra coloro che in quell'epoca
parlarono e scrissero contro il risorgere di questo vizio, il più
importante è forse il francescano San Bernardino da Siena
(13801444), celebre predicatore insigne per dottrina e per santità.
Egli proclamò nella sua Predica XXXIX: «Non vi è peccato al mondo
che più tenga l'anima, che quello della sodomia maledetta; il quale
peccato è stato detestato sempre da tutti quelli che sono vissuti
secondo Iddio [...]. La passione per delle forme indebite è
prossima alla pazzia; questo vizio sconvolge l'intelletto,
spezza l'animo elevato e generoso, trascina dai grandi pensieri agli
infimi, rende pusillanimi, iracondi, ostinati e induriti,
servilmente blandi e incapaci di tutto; inoltre, essendo l'animo
agitato da insaziabile bramosia di godere, non segue la ragione ma
il furore [...]. La ragione si è perché essi sono accecati, e
dove arebbono i pensieri loro alle cose alte e grandi, come quelle
che hanno l'animo magno, gli rompe e gli fracassa e riduceli a vili
cose e a disutili e fracide e putride, e mai questi tali non si
possono contentare [...]. Come della gloria di Dio ne
partecipa più uno che un altro, così in inferno vi sono luoghi dove
v'è più pene, e più ne sente uno che un altro. Più pena sente uno
che sia vissuto con questo vizio della sodomia che un altro, poiché
questo è maggior peccato che sia» 15.
San Pietro Canisio: i sodomiti
violano la legge naturale e divina
Nel suo celebre Catechismo, il
gesuita San Pietro Canisio (1521-1597), Dottore della Chiesa, così
sintetizzava l'insegnamento della Chiesa: «Come dice la Sacra
Scrittura, i sodomiti erano pessima gente e fin troppo peccatori.
San Pietro e San Paolo condannano questo nefasto e turpe peccato.
Difatti, la Scrittura denuncia l'enormità di una tale sconcezza con
queste parole: "Lo scandalo dei sodomiti e dei gomorrani si è
moltiplicato e il loro peccato si è troppo aggravato". Pertanto gli
angeli dissero al giusto Loth, che aborriva massimamente le
turpitudini dei sodomiti: "Abbandoniamo questa città..." [...].
La Sacra Scrittura non tace le cause che spinsero i sodomiti a
questo gravissimo peccato e che possono spingere anche altri.
Leggiamo infatti nel libro di Ezechiele: "Questa fu l'iniquità di
Sodoma: la superbia, la sazietà di cibo ed abbondanza di beni, e
l'ozio loro e delle loro figlie; non aiutarono il povero e il
bisognoso, ma insuperbirono e fecero ciò che è abominevole al mio
cospetto; per questo Io la distrussi" (Ez 16, 49-50). Di questa
turpitudine mai abbastanza esecrata sono schiavi coloro che non si
vergognano di violare la legge divina e naturale»
16.
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S. Caterina da Siena |
San Bonaventura |
San Pietro Canisio |
III
LE CONDANNE DEI PAPI,
DEI CONCILî
E DEL DIRITTO CANONICO
Alla condanna dei Padri e dei Dottori
della Chiesa, si aggiunse, fin dai primi secoli, quella, costante,
dei Concilî, dei Papi e del Diritto Canonico. Fin dal 305, il
Concilio di Elvira in Spagna dispose, al Canone 71, che agli
«stupratori di ragazzi» venisse negata la santa Comunione anche
se in punto di morte 17. Le pene
canoniche di penitenza vennero poi stabilite nel 314 dal Concilio di
Ancyra, al Canone 16. Il XVI Concilio di Toledo, tenutosi nel 693,
al Canone § 3 condannò la pratica omosessuale come un vero e proprio
crimine punibile con sanzioni giuridiche: il chierico veniva ridotto
allo stato laicale e condannato all'esilio perpetuo, mentre il laico
veniva scomunicato e, dopo aver subito la pena delle verghe, veniva
anch'esso esiliato 18.
Successivamente,
nel Concilio di Naplusa, tenutosi in Terrasanta nel 1120, vennero
stabilite minuziose pene per i colpevoli di crimini contro natura,
dalle più miti fino al rogo previsto per i recidivi
19. Più autorevole ancora fu il
pronunciamento del Concilio Ecumenico Lateranense III, tenutosi nel
1179, il quale, al Canone § 11, stabilì che «chiunque venga
sorpreso a commettere quel peccato che è contro natura e a causa del
quale "la collera di Dio piombò sui figli della disobbedienza" (Ef.
5, 6), se è chierico, venga decaduto dal suo stato e venga rinchiuso
in un monastero a far penitenza; se è laico, venga scomunicato e
rigorosamente tenuto lontano dalla comunità dei fedeli»
20.
San Pio V: «L'esecrabile vizio libidinoso contro
natura»
Se lo spirito dell'Umanesimo e del
Rinascimento aveva risuscitato le pratiche omosessuali, la riforma
della Chiesa promossa dal Papato nel secolo XVI (più nota come
Controriforma) provocò una tale riscossa delle virtù di fede e di
purezza da risanare quasi dovunque gli ambienti, sia ecclesiastici
che laici, che ne erano stati pervasi. Fra gli interventi del
Magistero ecclesiastico al riguardo, il più solenne è quello di San
Pio V (1504-1572), il grande Papa domenicano che in due Costituzioni
condannò solennemente e proibì severamente il peccato contro natura.
«Avendo noi rivolto il nostro animo a rimuovere tutto quanto può
offendere in qualche modo la divina maestà, abbiamo stabilito di
punire innanzitutto e senza indugi quelle cose che, sia con
l'autorità delle Sacre Scritture che con gravissimi esempi,
risultano essere spiacenti a Dio più di ogni altro e che lo spingono
all'ira: ossia la trascuratezza del culto divino, la rovinosa
simonia, il crimine della bestemmia e l'esecrabile vizio
libidinoso contro natura; colpe per le quali i popoli e le
nazioni vengono flagellati da Dio, a giusta condanna, con sciagure,
guerre, fame e pestilenze [...]. Sappiano i magistrati che,
se anche dopo questa nostra Costituzione saranno negligenti nel
punire questi delitti, ne saranno colpevoli al cospetto del giudizio
divino, e incorreranno anche nella nostra indignazione [...].
Se qualcuno compirà quel nefando crimine contro natura, per
colpa del quale l'ira divina piombò su figli dell'iniquità, verrà
consegnato per punizione al braccio secolare, e se chierico, verrà
sottoposto ad analoga pena dopo essere stato privato di ogni grado»
21. «Quell'orrendo crimine, per
colpa del quale le città corrotte e oscene (di Sodoma e Gomorra,
N.d.R.) vennero bruciate dalla divina condanna, marchia di
acerbissimo dolore e scuote fortemente il nostro animo, spingendoci
a reprimere tale crimine col massimo zelo possibile.
A buon diritto
il Concilio Lateranense V (1512-1517) stabilisce per decreto che
qualunque membro del clero, che sia stato sorpreso in quel vizio
contro natura per via del quale l'ira divina cadde sui figli
dell'empietà, venga allontanato dall'ordine clericale, oppure venga
costretto a far penitenza in un monastero (c. 4, X, V, 31).
Affinché il contagio di un così grave flagello non progredisca con
maggior audacia approfittandosi di quell'impunità che è il massimo
incitamento al peccato, e per castigare più severamente i chierici
colpevoli di questo nefasto crimine che non sono atterriti dalla
morte dell'anima, abbiamo deciso che vengano atterriti dall'autorità
secolare, vindice della legge civile. Pertanto, volendo proseguire
con maggior vigore quanto abbiamo decretato fin dal principio del
Nostro Pontificato (Costituzione Cum primum; N.d.R.),
stabiliamo che qualunque sacerdote o membro del clero sia secolare
che regolare, di qualunque grado e dignità, che pratichi un così
orribile crimine, in forza della presente legge venga privato di
ogni privilegio clericale, di ogni incarico, dignità e beneficio
ecclesiastico, e poi, una volta degradato dal Giudice ecclesiastico,
venga subito consegnato all'autorità secolare, affinché lo destini a
quel supplizio, previsto dalla legge come opportuna punizione, che
colpisce i laici scivolati in questo abisso»
22.
San Pio X: il peccato contro natura grida vendetta al
cospetto di Dio
Durante l'Ottocento, la sensibilità
esasperatamente sentimentale ed erotica, diffusa prima dal
Romanticismo e poi più gravemente dal decadentismo, contribuì ad un
certo risorgere dell'omosessualità, che però sembrava tenuto a freno
da una convenzionale «morale laica» e si diffondeva nascondendosi
ipocritamente sotto il velo dell'arte e della moda sensuali. Con
l'inizio del nostro secolo, gli argini di questa «morale», ben
presto destinati a crollare, cominciarono a cedere sotto il
crescente impatto delle passioni sregolate, che influenzavano sempre
più le classi colte e ricche e cominciavano a pretendere una
legittimazione pubblica. La Chiesa pertanto ritenne necessario
ribadire la condanna dei peccati risorgenti, compreso quello
omosessuale. Segnaliamo al riguardo due fondamentali documenti
promossi dal grande Pontefice San Pio X (1835-1914). Nel suo
Catechismo del 1910, infatti, il «peccato impuro contro
natura» è classificato per gravità come secondo, dopo l'omicidio
volontario, fra i peccati che «gridano vendetta al cospetto di
Dio» 23. «Questi peccati
- spiega il Catechismo - si dicono gridare al cospetto di
Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e perché la loro iniquità è
così grave e manifesta che provoca Dio a punirli con più severi
castighi» 24.
Il Diritto Canonico prevedeva la pena dell'«infamia»
Nel Codice di Diritto Canonico,
promosso da San Pio X, ma pubblicato da
Benedetto XV
(1854-1922) nel 1917, la sodomia è trattata tra i «delitti contro
il sesto Comandamento» accanto all'incesto e ad altri delitti
tra i quali la bestialità 25. Il reato
di sodomia è punito quanto ai laici con la pena dell'infamia ipso
facto e con altre sanzioni da infliggersi a prudente giudizio
del Vescovo in relazione alla gravità dei singoli casi (Canone
2357); e quanto agli ecclesiastici e ai religiosi, se si tratti di
clerici minores (cioè di grado inferiore al diacono) con pene
diverse, commisurate alla gravità della colpa, che possono arrivare
fino alla dimissione dallo stato clericale (Canone 2358), e se si
tratti di clerici maiores (cioè di diaconi, sacerdoti o
Vescovi) con lo stabilire che «vengano sospesi, dichiarandoli
infami, da ogni ufficio, beneficio, dignità, vengano privati
dell'eventuale stipendio e, nei casi più gravi, vengano deposti»
26.
IV
LA CONDANNA DELLA CHIESA
RECEPITA
DALLA LEGISLAZIONE EUROPEA
Fin dalle sue origini, la Chiesa non
si è limitata a condannare l'omosessualità o a prescrivere penitenze
spirituali per chi la praticasse; essa ha anche usato tutta la sua
influenza affinché le autorità civili adoperassero tutti i mezzi
legali per evitare il diffondersi di tale peccato. La Chiesa ha
agito in questo modo per obbligo di stretta fedeltà alla divina
Rivelazione, che le impone di annunciare ai capi delle nazioni, ai
governi ed agli Stati il loro preciso dovere di conformare le
legislazioni e la concreta politica alla dottrina morale e sociale
contenuta nelle Sacre Scritture e particolarmente nel Nuovo
Testamento.
In concreto, ciò significa che secondo la Chiesa gli
Stati hanno l'obbligo morale di condannare come crimine ciò che la
Rivelazione condanna come peccato sociale, altrimenti sia i popoli
che i loro capi dovranno subire le dure conseguenze della
disobbedienza alla Legge divina; secondo le parole della Sapienza:
«Ascoltate dunque, o sovrani, e sforzatevi di capire! Imparate, o
capi dei popoli, e udite, voi che dominate le moltitudini e che vi
gloriate di comandare a un gran numero di popoli! É dal Signore che
ricevete il potere, e dall'Altissimo che vi è affidata la sovranità.
Egli vaglierà le vostre opere e scruterà i vostri progetti, poiché
voi, ministri del Suo regno, non avete ben governato né osservata la
Legge né operato secondo i suoi santi decreti. Egli piomberà su di
voi, terribile e inatteso, perché un severo giudizio è riservato a
chi sta in alto. I piccoli sono degni di compassione e di clemenza,
ma un esame ben più severo sovrasta i potenti» (Sap 6,
1-6).
Nel corso dei secoli, quindi, il diritto europeo si è
rapidamente armonizzato con le disposizioni morali e canoniche della
Chiesa, stabilendo che il peccato di sodomia andava considerato come
un vero e proprio crimine, degno di essere non solo proibito dalla
legge ma anche perseguito penalmente dalla autorità pubblica e dal
potere civile.
Le disposizioni degli imperatori Costanzo, Costante e
Teodosio
Il primo intervento legislativo contro
l'omosessualità sancito da un'autorità politica cristiana, sembra
essere stato emesso dagli imperatori Costanzo (317-361) e
Costante (320-350), che nel IV secolo si erano divisi il comando
dell'Impero romano di Occidente e d'Oriente. In una disposizione
promulgata il 16 dicembre 342, essi scrissero in tono accorato:
«Quando l'uomo si accoppia unendosi a maschi come se fosse una
femmina cosa mai si brama, dato che il sesso sbaglia il suo oggetto?
Che c'è una scelleratezza che non giova conoscere?, che l'amore
viene invertito in altra forma?, che l'amore ricercato non può
essere trovato? Comandiamo quindi che insorgano le leggi e che si
armi il braccio della giustizia vendicatrice, affinché gli infami
che sono o saranno colpevoli di tale delitto subiscano le pene più
severe» 27.
Questa condanna venne
poi recepita ed aggravata dall'imperatore Teodosio il Grande
(347-395), discepolo di
Sant'Ambrogio (339-397), che
in una disposizione del suo Codex Theodosianus, datata al
390, stabilisce per i colpevoli la pena del rogo: «Tutti coloro
che hanno la vergognosa abitudine di condannare il proprio corpo
maschile alla sofferenza di un sesso diverso, facendogli svolgere un
ruolo femminile (essi difatti in apparenza non sono diversi dalle
donne), dovranno espiare un così grave crimine nelle fiamme
vendicatrici» 28.
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Costanzo |
Costante |
Teodosio il Grande |
La punizione degli omosessuali secondo la legislazione di
Giustiniano
La prima legislazione civile
sistematica che si adeguò alla condanna sancita dal Diritto Canonico
fu quella dell'imperatore d'Oriente Giustiniano (527-565).
Nelle sue celebri Istituzioni di diritto civile, nelle quali
riordinò e semplificò la legislazione romana antica riformandola
alla luce del Vangelo, egli inserì una disposizione, sancita nel
538, in cui riprendeva la condanna dell'omosessualità già espressa
dalla Lex Julia de adulteris, e prevedeva una severa
repressione di tale vizio. «Poiché taluni, posseduti dalla forza
del demonio, si abbandonarono alle più gravi nefandezze
e fecero
cose contrarie alla stessa natura, anche a costoro imponiamo di
ospitare nel loro animo il timor di Dio e del giudizio venturo, e di
astenersi da queste diaboliche e sconvenienti turpitudini, affinché
a causa di tali empie azioni non vengano colpiti dalla giusta ira
divina e le città non vengano fatte perire assieme ai loro abitanti.
Ci insegnano infatti le Sacre Scritture che, per colpa di tali empie
azioni, sono andate in rovina le intere città assieme ai singoli
uomini [...]. Per colpa di tali crimini, infatti, avvengono
carestie, terremoti e pestilenze, e per questo ammoniamo costoro ad
astenersi da tali delitti, per non perdere la loro anima. Se
infatti, anche dopo questo nostro avvertimento, alcuni verranno
colti nell'ostinarsi in questi delitti, ebbene, per prima cosa essi
si renderanno indegni della clemenza di Dio, e inoltre dovranno
anche subire i castighi previsti dalle leggi. Abbiamo infatti
ordinato [...] di catturare chi si ostina in tali
sconvenienti ed empie azioni e di sottoporlo all'estremo supplizio,
allo scopo di evitare che le città e lo Stato debbano subire danni a
causa nella negligenza messa nel punire tali nefandezze»
29. Il diritto europeo ha sempre punito
l'omosessualità «dall'epoca medievale più antica fino all'età
moderna». Così il noto giurista Pietro Agostino d'Avack
(1905-1982) riassume l'evoluzione della legislazione europea che,
dal diritto romano fino alle soglie dell'epoca moderna, ha sempre
represso la pratica omosessuale: «Il diritto romano aveva fin da
epoca antica formalmente condannato e punito l'omosessualità. Già
sulla fine dell'età repubblicana, infatti, era stata emanata
un'apposita legge, la Lex Scantinia, contro gli abusi maschili "inter
ingenuos" [...]. Leggi non meno
severe é duramente repressive
di tale aberrazione sessuale si riscontrano emanate nei secoli
successivi da tutte le autorità civili dall'epoca medioevale più
antica fino all'età moderna. Così, la "Lex Visigothica" condannava
quelli "che si accoppiano con maschi o coloro che vi saranno
sottomessi consenzienti" alla castrazione e al carcere duro e, se
coniugati, all'immediata successione dei beni a favore dei
propri figli ed eredi 30, e
successivamente, oltre sempre la "castratio virium", addirittura
alla pena capitale 31 [...]. A sua
volta, nella nota collezione dei Capitolari Franchi di Ansegisio e
Benedetto Levita [...], sia coloro che avessero commercio
sessuale con animali, sia quelli che si rendessero colpevoli di
incesto, sia infine "coloro che si accoppiano fra maschi", erano
puniti con la pena capitale e, se eventualmente perdonati per via
d'indulto, tenuti a sottoporsi alle penitenze canoniche imposte
dalla Chiesa 32. In un
successivo Capitolare di Ludovico il Pio, poi, mentre si ribadiva
per tali reati la pena del rogo richiamandosi alla legislazione
romana, si giustificava tale severa sanzione in nome della stessa
"salvezza della repubblica", onde evitare cioè "che per colpa di
tali peccati anche noi cadiamo col regno, e che perisca la gloria
dell'intero regno" 33 [...]. Nei
secoli successivi, tale legislazione penale laica rimase
sostanzialmente inalterata e fu, dal più al meno, quasi ovunque
identica sia in Italia sia negli altri Stati europei, come ne fanno
fede gli Statuti di Bologna del 1561, quelli di Ferrara del 1566,
quelli di Milano, di Roma, delle Marche, ecc..., del secolo XVII, i
Bandi fiorentini del 1542, del 1558 e del 1699, le Prammatiche
siciliane del 1504, la Costituzione criminale carolina di Carlo V,
quella teresiana di Maria Teresa, l'Ordinanza Regia portoghese, la
Nova Recopilation spagnola, ecc... [...]. A loro volta, gli
Statuti Fiorentini, "aborrendo la putredine di quell'enorme crimine
che è il vizio sodomitico, e volendo provvedere all'estirpazione di
questo crimine, avevano sancito l'istituzione di otto Officiales
Honestatis, i quali duravano in carica sei mesi ed erano
specificamente deputati alla repressione di tale reato»
34.
La progressiva vanificazione della repressione legale
Nel corso dei secoli, le prescrizioni
contro l'omosessualità, adeguandosi al suo diffondersi o
estinguersi, diventarono di volta in volta più o meno severe, ma
sempre efficaci. Nella nostra epoca però, col diffondersi della
mentalità relativista e di una nuova morale libertaria e
permissiva, le
leggi in difesa della pubblica moralità sono state
via via sempre più disattese, fino a diventare quasi del tutto
inefficaci; in molte legislazioni sono state addirittura
ufficialmente abrogate. In particolare, le prescrizioni riguardanti
il peccato contro natura sono oggi quasi dappertutto scomparse, e la
pratica omosessuale non è più considerata, per sé, come penalmente
perseguibile. Non si era mai arrivati tuttavia ad un capovolgimento
della della tradizione giuridica dell'Occidente cristiano simile a
quello operato dal Parlamento Europeo con la risoluzione A3-0028/94
approvata l'8 febbraio 1994 nella quale l'Assemblea di Strasburgo
chiede agli Stati Membri di «aprire alle coppie omosessuali tutti
gli istituti giuridici a disposizione di quelle eterosessuali»
compresi i diritti e i privilegi del matrimonio e la possibilità di
adottare i bambini. La risoluzione invita inoltre gli Stati Membri a
«intraprendere campagne in cooperazione con le organizzazioni
nazionali delle lesbiche e dei gay, contro tutte le forme di
discriminazione sociale nei confronti degli omosessuali».
L'omosessualità cessa di essere una infrazione alla legge positiva e
naturale, per divenire uno stile di vita e un modello di
comportamento da estendere progressivamente a tutte le società. La
promozione pubblica dell'omosessualità costituisce secondo la morale
cattolica una colpa molto più grave della sua pratica privata. Essa
rappresenta infatti l'approvazione ufficiale, da parte della
autorità civile, di un peccato che dovrebbe essere invece
pubblicamente condannato in nome del bene comune. Se nel passato gli
ambienti omosessuali si limitavano a praticare il loro vizio, senza
aspirare ad una giustificazione morale o ad una pubblica
legalizzazione, è proprio questo che oggi essi pretendono di
ottenere dai governi e persino dalla Chiesa.
Fattisi forti della
tolleranza ottenuta nel corso del nostro secolo, tolleranza che ne
ha aumentato il numero e l'influenza anche politica, oggi i circoli
omosessuali organizzati pretendono di conquistare una posizione
giuridica che consentirebbe loro di imporre all'opinione pubblica
l'accoppiamento contro natura come una «scelta di vita» che deve
godere di dignità, propaganda e favori pari a quelli finora
tributati alla sola unione secondo natura. Il Magistero della
Chiesa, nel condannare espressamente e ripetutamente la pratica
omosessuale, a maggior ragione respinge con sdegno la proposta di
legalizzare in qualsiasi forma le unioni contro natura.
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Note
1
Estratto dall'opera Chiesa e omosessualità, CCL, Roma 1995, a
cura di Fabio Bernabei.
2
Cfr. San Pio X,
Lettera Enciclica Singulari quadam.
3
Cfr. Pio XII, Lettera
Enciclica Humani Generis.
4
Cfr. Tertulliano,
Apologetico, § 40.
5
Cfr. P. Orosio,
Historiæ eccles., I, 5.
6
Cfr. Pionio, Le gesta dei martiri, pagg. 112-113.
7
Cfr. Sant'Agostino,
Confessioni, cap. III, pag. 8.
8
Cfr. San Gregorio Magno,
Commento morale a Giobbe, XIV, 23, vol. II, pag .371.
9
Cfr. San Giovanni Crisostomo,
Homilia IV in Epistula Pauli ad Romanos; cfr. Patrologia
Graeca, vol. XXXXVII, coll. 360-362.
10
Cfr. San Pier Damiani o.s.b.,
Liber Gomorrhanus, in Patrologia Latina, vol. CXXXV,
coll. 159-190.
11
Cfr. San Tommaso d'Aquino
o.p., Summa Theologica, II-II, q. 142, a. 4.
12
Ibid., q. 154, a. 12.
13
Cfr. Santa Caterina da Siena,
Dialogo della divina Provvidenza, cap. 124.
14
Cfr. San Bonaventura,
Sermone XXI, In Nativitate Domini, pronunciato nella chiesa
di Santa Maria della Porziuncola, in Opera Omnia, vol. IX,
pag. 123.
15
Cfr. San Bernardino da Siena
o.f.m., Predica XXXIX, in Prediche volgari,
pagg. 896-897 e 915.
16
Cfr. San Pietro Canisio s.j.,
Summa Doctrina Christianæ, III a/b, pag. 455.
17
Cfr. Canones Apostolorum et Conciliorum, pars altera,
pag. 11.
18
Cfr. Conciliorum œcumenicorum collectio, vol. XII, col. 71.
19
Ibid., vol. XII, col. 264.
20
Ibid., vol. XXII, coll. 224 e ss.
21
Cfr. San Pio V,
Costituzione Cum primum, del 1° aprile 1566, in Bullarium
Romanum, vol. IV, cap. II, pagg. 284-286.
22
Cfr. San Pio V,
Costituzione Horrendum illud scelus, del 30 agosto 1568, in
Bullarium Romanum, vol. IV, cap. III, pag. 33.
23
Cfr. San Pio X,
Catechismo maggiore, nº 966.
24
Ibid., nº 967.
25
Cfr. R. Naz, Traité
de Droit Canonique, vol. IV, lib. V, pag. 761.
26
Cfr. Canone 2359, § 2; R. Naz,
op. cit., vol. VII, coll. 1064-1065.
27
Cfr. Corpo del Diritto, vol. II, 1. 9, § 31.
28
Cfr. Codex Theodosianus, IX, 7, 6.
29
Cfr. Giustiniano imperatore,
Institutiones juris civilis, nov. LXXVII, c. 1, proemio e §§
1-2.
30
Cfr. Monumenta Germaniæ Historica, lib. III, tit. V, cap. 5.
31
Ibid., cap. 7.
32
Ibid., lib. VII, cap. 273.
33
Add. IV, c. 21.
34
Cfr. P. A. D'Avack,
«L'omosessualità nel Diritto Canonico», in Ulisse, Anno
VII, fasc. 18, primavera 1953, pagg. 682-685.