di Autori Vari 1
Lo sbarco di Cristoforo Colombo a Guanahani, nelle Antille.
Premessa
1492: un anno importante! Esso segna il completamento della Reconquista con la presa da parte degli eserciti cristiani del regno saraceno di Granada, l'ultima città spagnola rimasta in mano ai mori. Ma è anche l'anno in cui iniziò la Conquista del continente americano, e più precisamente delle Antille, grazie al viaggio intrapreso da Cristoforo Colombo (1451-1506), partito dalla Spagna il 2 agosto e giunto in America il 10 ottobre. Essa fu una ricompensa divina per la Spagna che aveva lottato per diversi secoli prima di poter riconquistare a Cristo Re il suolo occupato dai maomettani.
Il coraggio di questo popolo gli valse il compito, per quanto arduo ed entusiasmante, di civilizzare ed evangelizzare i popoli pagani di quei territori. Mediante la Conquista, gli spagnoli trassero quelle genti dal loro stile di vita primitivo, «dalle tenebre e dall'ombra della morte» (Lc 1, 79) in cui giacevano 2. Al genovese Colombo e alla Spagna era stato assegnato il compito di accendere e di diffondere in quelle contrade il fuoco che Nostro Signore Gesù Cristo è venuto a portare sulla terra (Lc 12, 49).
La motivazione missionaria fu l'anima della Conquista delle Americhe, anche se, per ragioni inconfessabili, certi «storici» attuali fingono di ignorare questo fattore fondamentale. A sentir loro, gli spagnoli avrebbero massacrato delle civiltà le cui virtù non avevano eguali, e la cui quotidianità era costituita dalla pace.
Le civiltà precolombiane
In questa sede, non si tratta di fare una presentazione esauriente di queste civiltà (se è possibile definirle così). Nonostante le indubitabili qualità, questi popoli erano immersi in una tale barbarie che ci si chiede come certi «storici» abbiano potuti presentarli come prestigiose civiltà.
Tutte queste popolazioni adoravano il Sole e una moltitudine di altri dèi, corporei e incorporei, ai quali offrivano molti sacrifici, tra cui numerosi sacrifici umani. Scusate il carattere orribile delle descrizioni che seguono, ma il prestigio di cui godono queste «civiltà» agli occhi del grande pubblico ci impone di fornire al lettore alcuni dettagli della dura realtà.
- Gli aztechi e i maya Presso gli aztechi, i sacrifici umani, pubblici o privati, erano quasi quotidiani e rivestivano varie forme «onde evitare la monotonia» 3. Numerose vittime venivano portate sulle montagne dove gli veniva strappato il cuore ancora palpitante, com'era la regola in tutti i sacrifici, per offrirlo al dio della pioggia. Se i bambini piangevano, veniva considerato come un segno di pioggia imminente. Il sangue delle vittime veniva raccolto e serviva a costruire le statue del dio della guerra.
Sopra: sacrifici umani praticati dagli aztechi.
Esistevano anche dei sacrifici di giovani, cresciuti in modo speciale a questo scopo, a cui veniva strappato il cuore. I corpi decapitati venivano quindi gettati dalla cima dei tempi a forma piramidale, mentre la testa veniva conficcata su di un palo; il resto veniva smembrato e mangiato. Si trattava dunque di sacrifici umani antropofagici. Nei giorni di grande festa, profonde incisioni venivano praticate alle orecchie, alla lingua, alle braccia e al petto di altri giovani.
Quando una grande quantità di sangue era stata raccolta, veniva spruzzata sulle statue degli idoli. Sacrifici di massa di prigionieri erano offerti al Sole. I cuori delle vittime venivano offerti al Sole dal più anziano dei sacerdoti. Dopo lo smembramento, i corpi e il sangue venivano cotti e mangiati dai padroni di questi prigionieri insieme ai loro genitori e amici. Dopo il pasto, i commensali assistevano ad un torneo in cui i combattenti erano vestiti delle pelli dei corpi precedentemente scuoiati.
Sopra: sacrifici e cannibalismo presso gli aztechi.
I sacrifici offerti al dio del fuoco vedevano i prigionieri interamente ricoperti da uno strato di marijuana che faceva perdere loro conoscenza. A quel punto, con i piedi e le mani legate, venivano gettati su un grande mucchio di braci dove arrostivano a lungo. Li si traeva da quel supplizio prima che morissero per strappare loro il cuore ancora battente.
Poi si mangiavano i corpi «arrostiti alla brace, una riuscita variante degli abituali spezzatini di sangue» 4. Altre pratiche consistevano nel pungersi le gambe con le spine di maguey (vedi figura sotto) o nel bucarsi la lingua con un piccolo coltello per farci passare delle paglie di graminacee; il numero di paglie era proporzionale alla devozione di ciascuno.
I sacerdoti non si lavavano mai e avevano lunghi capelli costantemente insudiciati del sangue delle vittime. Di conseguenza, i sacerdoti, gli idoli, i templi e le pietre sacrificali erano costantemente cinti di sciami di «milioni di mosche rombonti», come raccontarono gli stessi conquistador. In questo modo, ogni anno 20.000 vittime venivano sacrificate, ma ci furono alcuni eventi eccezionali come l'inaugurazione del tempio di Città del Messico che vide in quattro giorni 20.000 sacrifici umani (che, secondo alcune fonti 5, giunsero fino ad 80.000).
A questo scopo sanguinario, sia molti bambini e giovani del popolo azteco che dei popoli vassalli (cempoaltechi, totonachi, tlazcaltechi, texcucani, ecc...) venivano ridotti in schiavitù; i prigionieri provenivano da diverse guerre, dette «guerre fiorite», condotte in modo speciale a questo scopo dagli aztechi contro i loro vicini.
Nessuno si stupirà del fatto che questi popoli vicini accolsero a braccia aperte gli spagnoli e divennero volontariamente i loro alleati. I maya avevano le stesse pratiche alle quali aggiungevano l'annegamento nei pozzi riservati al culto, e la decapitazione rituale. Quando gli spagnoli sbarcarono, questa civiltà era quasi scomparsa a causa della sua religione disumana. E sarebbe successa la stessa cosa agli aztechi se la Conquista non l'avesse impedito.
- Gli incas L'impero inca è forse l'applicazione più spinta che si sia mai vista in quei tempi del socialismo. Infatti, la legge regolamentava tutti i dettagli dell'esistenza quotidiana. Due esempi sufficientemente eloquenti provano questo assunto 6: l'uso delle sedie era proibito, solo le panche dovevano essere utilizzate; l'abbigliamento doveva essere diverso in ogni regione, ma all'interno di una determinata zona tutti gli uomini da un lato e tutte le donne dell'altro erano vestiti in modo rigorosamente identico con la proibizione di modificare la forma o il colore degli abiti. La vita era molto abitudinaria e tutto ciò che era fuori dal comune era aborrito.
Questa sorveglianza totale - che aveva ridotto gli inca ad automi privi di attrattiva per la loro società - spiega la vittoria ottenuta solamente da duecento spagnoli armati di fucili e di cavalli su questo grandissimo impero, diversamente da ciò che accadde agli araucan del Cile, che resistettero agli spagnoli per due secoli. Regnanti semi-divini sedevano a capo di questo impero con un seguito che li accompagnava ovunque. Ogni cortigiano aveva una funzione come quella, ad esempio, che consisteva nel raccogliere la saliva del re che non doveva toccare il suolo. La moglie del re era sua sorella maggiore; quando moriva lo si seppelliva con alcuni servitori e domestiche vivi!
Gli incas non erano gli unici a praticare questo genere di funerali. Anche gli inca praticavano sacrifici umani antropofagici, sebbene non fossero così importanti come presso gli aztechi. Tuttavia, un'educazione speciale veniva impartita dai sacerdoti a certi bambini affinché fossero offerti in sacrificio all'età di quindici anni, un sacrificio che veniva annunciato loro un anno prima...
Queste pratiche abominevoli continuarono in modo clandestino per tutto il XVI secolo, anche se gli spagnoli li avevano proibiti. Ciò che invece è incomprensibile è l'elogio che i nostri contemporanei fanno di queste civiltà. Tali pratiche sono molto simili alle leggi introdotte dalla modernità: l'aborto dei bambini innocenti, l'eutanasia dei malati incurabili (per il momento praticata illegalmente in molti Stati...).
La Conquista spagnola
Se il lettore è rimasto giustamente inorridito da questi sacrifici, immaginate quanto lo furono gli spagnoli che li scoprirono! Le popolazioni che vivevano vicino agli aztechi, che per secoli avevano subito questa crudeltà religiosa, accolsero con gioia ciò che gli spagnoli gli portarono: la civiltà e il Vangelo. Ci furono battesimi in massa. Bisognava dunque applicare i principî cristiani in questa terra rinnovata.
- Poteri e legislazioni Ferdinando e Isabella, i re Cattolici, in questo periodo della cristianità collaborarono in una certa misura con il Papa. Prima di esaminare l'azione di questi Papi e quella dei loro successori, occorre dunque indicare i documenti pontifici dell'epoca relativa alla Conquista.
- I documenti pontifici Per ben comprendere la Conquista del Nuovo Mondo, bisogna avere in mente due cose: da una parte le parole di Gesù Cristo ai suoi Apostoli prima dell'Ascensione:
«Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni...».
Dall'altra parte, Egli ha detto a Pietro, e dunque ai suoi successori, di pascere i Suoi agnelli e le Sue pecore (Gv 21, 15-17), sapendo queste due categorie rappresentano i fedeli e i pastori. La dottrina del Vangelo presiedette dunque ad ogni scoperta del nuovo continente e si espresse negli atti dei Sommi Pontefici dell'epoca. Così, Papa Alessandro VI (1431-1503) decise di affidare la maggior parte dall'evangelizzazione alla Spagna, e una parte minore al Portogallo.
E dunque, gli indios sarebbero stati cittadini spagnoli; era quindi un compito dei sovrani di questo Paese di inviare in quelle terre dei missionari e di finanziarli. È ciò che risulta della Bolla Inter Cœtera, del 3 maggio 1493, confermata nello stesso anno dalla Bolla Puis Fidelium. Questi nuovi poteri dei re di Spagna furono accresciuti da altre Bolle che confermavano le precedenti decisioni: Papa Giulio II (1443-1513), con Eximiæ devotionis, nel 1503, e Universalis ecclesiæ, nel 1508; poi un'altra Bolla nel 1513; Papa Leone X (1475-1521), nel 1518; Papa Adriano VI (1459-1523), con Omnimoda, nel 1522; Papa Paolo III (1468-1549), nel 1535 e nel 1547; Papa Paolo IV (1476-1559), nel 1555; Papa Urbano VIII (1568-1644), nel 1639; e Benedetto XIV (1675-1758), nel 1741.
Tuttavia, questa continuità venne interrotta solamente sotto il pontificato di Papa Paolo III, ingannato dal domenicano Bernardino de Minaya che si opponeva alla colonizzazione, e dunque all'evangelizzazione. Giacché egli stimava che l'evangelizzazione doveva compiersi senza una protezione militare, i missionari furono facile preda degli indios.
Per combattere la colonizzazione, questo religioso e molti suoi confratelli accusarono i conquistador di ogni crimine e dichiararono che gli indios erano meno sanguinari prima dell'arrivo degli spagnoli. Ad esempio, poco dopo le leggi del 1513, il domenicano Pedro de Córdoba (1460–1525) scrive a Ferdinando il Cattolico:
Sopra: Padre Pedro de Córdoba e re Ferdinando il Cattolico.
Questo modo di presentare le cose non finì con lui 7. Gli scritti dei domenicani Antonio de Montesinos (1475-1545) e Bartolomeo Las Casas (1484-1566) - del quale il suo confratello Domingo de Soto (1494-1560) denunciò le esagerazioni e le inesattezze - e di alcuni religiosi appartenenti ad altri Ordini, assomigliano fortemente a quelli eterodossi dei padri della teologia della liberazione e alle calunnie lanciate ai nostri giorni contro la Chiesa.
Queste menzogne ingannarono Papa Paolo III che, con il suo Breve del 29 maggio 1537 Pastorale officium e con la Bolla del 2 giugno 1537 Sublimis Deus, criticò i responsabili spagnoli con veemenza, ma senza aver sentito la loro campana, e prese certe misure di una straordinaria severità, come la scomunica latæ sententiæ (ossia senza dichiarazione nominativa, latente), totalmente ingiustificate. Accorgendosi di essere stato imbrogliato, il Papa revocò con collera i documenti che gli erano stati estorti con il Breve Non incendens videtur, del 19 giugno 1538 8.
- La legislazione spagnola Malgrado tutto ciò, i sovrani spagnoli non avevano atteso tanto tempo prima di legiferare in favore degli indios; lo avevano fatto fin dall'inizio. Le prime istruzioni date a Cristoforo Colombo dai re Cattolici a Barcellona, il 29 maggio 1493, raccomandavano di «trattare bene e con amore gli indios, senza far loro alcun male, in modo che con essi abbiano molte conversazioni e familiarità, facendo loro le migliori opere possibili». Il tono è questo e non cambierà più. Nella stessa linea, Isabella la Cattolica (1451-1504) vietò la schiavitù fin dal 6 giugno 1495, condanna che reiterò nel 1499.
In seguito, essa proseguì in questa direzione, inviando nel 1501 alcune nuove istruzioni al governatore delle Antille, Nicolàs de Ovando (1460-1511). Esse stabilivano che gli indios erano uomini liberi, sudditi naturali della Corona come gli altri spagnoli. Queste istruzioni esigevano che le donne e le ragazze che erano state catturate dovevano essere liberate, e che i loro beni fossero loro restituiti. Il loro lavoro doveva essere retribuito e le tasse dovevano essere fissate insieme ai loro capi, tasse che dovevano essere riviste al ribasso. Infine, le istruzioni ricordavano l'imperiosa necessità di insegnare agli indios le verità della fede.
Ma queste misure erano prive di una portata sociale reale, lasciando gli indios senza una vera organizzazione politica. A quel punto, la regina inviò istruzioni supplementari che sopperivano a questa mancanza. Nel 1503 e nel 1504, oltre ad estendere la loro protezione contro la rapacità degli avventurieri europei, Isabella volle che gli indiani fossero raggruppati nei villaggi e affidati ad uno spagnolo, «una persona buona», per essere protetti, governati e civilizzati. Ogni capo-famiglia era pienamente proprietario di una casa e dei campi in cui coltivare o allevare il bestiame. Infine, in ogni villaggio un sacerdote si doveva occupare della chiesa e della scuola. Questo sistema elaborato dalla regina venne chiamato «encomienda».
Esso si rivelò assai benefico, ed è per questa ragione che i nemici della Conquista lo criticano in modo particolare. Ma Isabella si spinse ben più lontano e ordinò ad Ovando di costruire degli ospedali-ospizi dove furono accolti sia i poveri indios che gli spagnoli. Cinque furono costruiti nelle Antille quasi esclusivamente a spese della regina. L'encomienda perdurò sino alla fine del XVIII secolo, con alcune modifiche, e fu per gli indios una sorgente di benefici temporali, di conversioni e di autentica vita cristiana. Il solo rimprovero che si può muovere contro questa istituzione è che fu messa in pratica in pochi luoghi.
Sopra: l'encomienda.
Nel XIX secolo essa venne sostituita dall'hacienda, una struttura di ispirazione liberale e laicista in cui gli indios erano effettivamente privati delle loro proprietà. Nel 1504, Isabella scrisse nel codicillo del suo testamento che agli indios doveva essere riservato un buon trattamento e il risarcimento dei torti causati, richieste che del resto non ha mai smesso di fare nelle sue istruzioni. In seguito, ossia fin dal 1512, fu Ferdinando II di Aragona (1452-1516), reggente di Castiglia, che si interessò delle vicende americane, dopo che i dominicani di cui abbiamo parlato si erano lamentati della sorte degli indios, specialmente mediante i sermoni di Montesinos.
Sopra: Cristoforo Colombo presenta ai re Cattolici alcuni indios venuti in Spagna.
Il reggente riunì un certo numero di consiglieri. Il loro parere comune fu all'origine delle leggi di Burgos, del gennaio 1513, che rafforzarono particolarmente la protezione degli indios quanto al rispetto obbligatorio dei periodi di riposo. Inoltre, per conoscere più a fondo la situazione, Ferdinando chiese dei rapporti a quattro specialisti. Occorre notare che gli interventi dei suddetti religiosi dominicani, soprattutto quelli di Cordoba, erano in contrasto con i rapporti piuttosto favorevoli relativi al sistema. Il re cattolico promulgò nuove leggi a Valladolid, sei mesi dopo quelle di Burgos, per proteggere specialmente le donne, le ragazze, i giovani, i bambini e i lavoratori delle miniere che beneficiarono di tre mesi all'anno di sosta per poter coltivare le loro terre.
Il solo difetto delle leggi di Burgos, pregiudicato da quelle di Valladolid, concerne i repartimientos. Questi ultimi riguardavano le ripartizioni di incarichi personali di lavoro dati agli indiani in cambio di uno stipendio. A quanto pare, i domenicani denunciarono l'appesantimento eccessivo dei carichi di lavoro che le leggi limitavano rigorosamente! Essi ne approfittarono per gettare tutta la responsabilità sul funzionamento dell'encomienda, che avevano in orrore. Las Casas riuscì a farla sopprimere da Carlo V (1500-1558) mediante le leggi promulgate il 20 novembre 1542.
Sopra: l'imperatore Carlo V.
Fortunatamente, questa soppressione non venne mai applicata, essendo stata rifiutata da tutto il continente americano. Carlo V annullò queste disposizioni mediante due decreti: uno promulgata a Malines, il 20 ottobre 1545, e l'altro a Ratisbona, il 6 aprile 1546. Las Casas fu sconfessato su tutta la linea, salvo le questioni concernenti la schiavitù 9. Infatti, a partire dal 1534, la Corona aveva autorizzato la schiavitù in due casi: secondo i costumi indigeni, i prigionieri di guerra potevano diventare schiavi, ed era possibile prendere come schiavo una persona che lo era già.
Ma nel 1542, ossia otto anni dopo la loro autorizzazione, questi due casi di schiavitù vennero vietati. Il Messico contava allora 3.000 schiavi su una popolazione di 6-7 milioni di persone. Gli ultimi furono liberati nel 1561. Quanto al Perù, secondo vice-regno d'America, semplicemente non c'erano schiavi. Dunque, l'apparato legislativo fu velocemente elaborato per proteggere, civilizzare ed evangelizzare gli indios e sanzionare le trasgressioni dei coloni.
- L'applicazione dei principî Del resto, le infrazioni e gli abusi furono sanzionati perché esistevano. Ciò che è falso è conferire a questo trasgressioni un valore di principî ed esagerarne di molto il numero. A dire il vero, la cupidigia non era un vizio di tutti i conquistador. Inoltre, nel 1560 l'Arcivescovo domenicano di Lima (in Perù), di concerto con tutti i suoi religiosi, prese l'eccellente iniziativa di rifiutare l'assoluzione dei loro peccati a tutti quelli che, essendosi impossessati indebitamente dei beni o avendo causato qualche danno, non avevano indennizzato le vittime o restituiti i beni sottratti.
Questa misura concreta fu di un'efficacia inaudita perché, a quell'epoca, le persone cercavano con prudenza di conseguire la loro salvezza eterna. I religiosi furono all'origine di altri benefici, e in particolare dell'educazione. Ad esempio, ogni convento si occupava di una scuola (non se ne contavano meno di 300 in Messico). Va anche detto che gli spagnoli, oltre a proibire i sacrifici umani, l'antropofagia e a ristabilire la pace tra i vari popoli, portarono il ferro, la ruota (che gli indiani non conoscevano), il grano, l'orzo, i cavalli, i muli, gli asini, i buoi, le pecore, le capre, i maiali, una moltitudine di alberi e una vera agricoltura. Gli spagnoli costruirono dei ospedali, dei collegi per ragazzi e per ragazze, e sopratutto fecero loro il dono inestimabile della fede.
Sopra: i religiosi francescani battezzano i piccoli indios.
Ad esempio, il francescano Martìn de Valencia (1474-1534), giunto nelle Americhe nel 1493, nel 1525 distrusse tutte le statue degli idoli del regno tarasco, rompendole prima di gettarle in fondo al lago, comprese quelle d'oro, d'argento o ornate di pietre preziose 10, e bruciando le altre. Egli giunse fino a chiedere ai taraschi di distruggere essi stessi i loro templi. Anche il conquistador Hernan Cortès (1485-1547), invitato dall'imperatore azteco, ancora regnante, a visitarlo a Città del Messico, ordinò ai suoi 130 uomini di gettarsi sugli idoli per distruggerli, pur essendo circondati da tutto l'esercito azteco pronto al combattimento.
Sopra: divinità azteche dall'aspetto demoniaco. Da sinistra: due immagini di Xochipilli, il dio dell'estasi e della musica. A destra: Quetzacoatl, il Serpente piumato, la maggiore divinità del pantheon azteco cui venivano offerti sacrifici umani.
Questi fatti manifestano il vero scopo della Conquista: la conversione delle nazioni e non l'arricchimento dei navigatori, la carità e non la cupidigia. Se da allora degli indios sono morti ingiustamente a causa di cattivi trattamenti o per altre iniquità, si trattò di fatti marginali. Purtroppo, molti di essi morirono a causa di epidemie virali o microbiche. Le autorità, sia quelle locali che quelle spagnole, vegliavano e sanzionavano tutti gli abusi. Così i viceré del Portogallo e del Messico dedicavano due giorni alla settimana per ascoltare i reclami che gli indios venivano a sottoporre.
Sopra: i conquistador distruggono gli idoli aztechi.
I capi dei tlaxcaltechi potevano, in ragione degli stretti legami che li univano agli spagnoli, recarsi nella stessa Spagna per formulare le loro richieste. Ed essi lo fecero di tanto in tanto. Del resto, l'imperatore, preoccupato per il rispetto della giustizia, il 16 aprile 1550 sospese ogni conquista affinché potesse avere luogo la famosa «controversia di Valladolid» durante la quale, davanti a quindici giudici, si affrontarono Las Casas e lo scrittore spagnolo Juan Ginés de Sepùlveda (1490-1573), i quali dibatterono sul vero bene e sul modo di conquistare.
Juan Ginés de Sepùlveda.
Sépulveda l'ebbe vinta e le conquiste ripresero sempre sotto la stessa legislazione. Questa politica non cambiò più fino all'indipendenza dell'America del Nord nel XIX secolo. Allora i nemici della Chiesa iniziarono ad accusarla (insieme alla Spagna) di crimini di cui era innocente, mentre essi stessi li stavano commettendo a spese dei nativi americani 11, e così si forgiò la «leggenda nera della Conquista».
Conclusione
Ecco i fatti reali, come li riporta la Storia, della Conquista delle Americhe da parte della Spagna cattolica. Essi sono sufficienti per rispondere alle menzogne ripetute da una feroce propaganda anti-cristiana. I sovrani spagnoli misero in piedi una legislazione eccezionale adatta alla valorizzazione delle immense terre scoperte. Certamente ci furono delle guerre tribali, delle rivolte indiane, degli sfruttamenti degli indigeni da parte di coloni poco scrupolosi. Il paradiso non è di questa terra; tali disgrazie sono inevitabilmente legate ad ogni società umana.
Ma - ed ecco il segno di una sana organizzazione politica - i governanti tentarono sempre di mettere fine a queste tribolazioni per il bene comune di tutti. Essi giunsero e non solo gli indios dell'America Centrale e del Sud furono liberati del giogo che li asserviva alle civiltà precolombiane, ma sorse una nuova città in cui si fusero - sotto l'egida del cattolicesimo e nella pace - i coloni europei, gli indios liberati e i neri portati dall'Africa: la civiltà latino-americana era sorta, nata dalla colonizzazione, e per questa ragione, unica e grande riuscita nella storia mondiale delle missioni.
Secondo il racconto tradizionale, tra il 9 e il 12 dicembre 1531, sulla collina del Tepeyac, a Nord di Città del Messico, Maria sarebbe apparsa più volte a Juan Diego Cuauhtlatoatzin, un azteco convertito al cristianesimo.
Note
1 Traduzione dell'originale francese del capitolo «La conquête des Amériques ou la Croix prêchée» (pagg. 145-155), estratto dall'opera Croisades, Inquisition... Faut-il demander pardon? (éditions du M.J.C.F., Parigi 2001). 2 Per civilizzarli ed evangelizzarli occorreva integrarli in una sana struttura politica. Inoltre, è impossibile parlare di scoperta; la tradizione riporta infatti che un Apostolo, San Tommaso o San Barnaba, si era già recato presso le Americhe per predicare il Vangelo; peraltro, sappiamo che fin dal X secolo il navigatore islandese Leif aveva costeggiato le coste di questo continente fino all'altezza degli attuali Stati Uniti. La prova ci è data dalla scoperta a Newport, sull'isola di Rhodes-Island, dei resti di una chiesa in pietra che risale al XI secolo. 3 Cfr. J. Dumont, La vraie controverse de Valladolid («La vera controversia di Valladolid»), Critérion, 1995, pag. 235. 4 Ibid. 5 Cfr. AA.VV., La Messe a-t-elle une histoire? («La Messa ha una storia»), éditions du M.J.C.F., 1997, pag. 14. 6 Queste informazioni provengono dall'opera di Igor' Rostislavovič Šafarevič intitolata Le phénomène socialiste («Il fenomeno socialista»), éditions du Seuil, 1977. 7 Cordoba sembra qui preoccuparsi degli spagnoli, mentre il suo unico interesse riguardava la partenza dei conquistador. Si noterà en passant il poco zelo di cui dà prova per la salvezza degli indiani credendo che sia impossibile che essi possano salvarsi. 8 La delegazione apostolica di cui beneficiavano i sovrani spagnoli era totalmente confermata; da qui la responsabilità che essi avevano davanti a Dio e la loro preoccupazione costante per le Americhe. 9 Su questo punto la sua moralità resta largamente paradossale e anche contraddittoria, visto che denunciò la schiavitù pur utilizzando a sua volta degli schiavi! Dopo essere stato nominato Vescovo della Diocesi messicana di Chiapas nel marzo 1545, dovette lasciare il suo incarico nel febbraio 1546 essendo stato contestato da tutti i religiosi del Paese. 10 E dunque non li conservò per cupidigia. 11 In verità, molte cose resterebbero da dire sulla conquista del Nordamerica da parte dell'Inghilterra anglicana o sui possessi dell'Olanda protestante in Oriente e in America del Sud (vedi l'opera di G. Jennings, Azteca, Atheneum, New York 1980). L'autore ha lavorato dieci anni nella giungla, tra le rovine della civiltà azteca, in biblioteca per scrivere il suo libro in cui non nasconde i barbari costumi di questa civiltà, pure essendo violentemente anti-cattolico.
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