Premessa
La Rivoluzione Americana, ancor prima di quella Francese, ha segnato la nascita di un vero e proprio culto della Libertà, con tanto di «sacerdoti» (i massoni) e di «martiri» proprî. A partire da quel momento, la Libertà è divenuto il bene supremo di cui ogni essere umano degno di questo nome deve assolutamente poter godere, e il fine ultimo della vita stessa.
Inseguendo questa irraggiungibile chimera fine a sé stessa, l'uomo moderno si è progressivamente «liberato» da ogni assoggettamento morale e culturale - impostogli soprattutto dalla Chiesa cattolica - e si è finalmente «emancipato». E l'uomo moderno, imbevuto dei principî liberali, aborrisce tutto ciò che trascende la volontà o il capriccio della maggioranza dei votanti, come se quest'ultima fosse espressione infallibile del popolo sovrano.
Naturalmente, questa «liberazione» non è stata indolore, tanto che i più efferati delitti e genocidi di questi ultimi due secoli di Storia sono stati compiuti proprio in nome del binomio Libertà-democrazia. Gli Stati Uniti d'America, terra di elezione di questo culto, si sentono come investiti dell'alto del compito di esportare questa religione antropocentrica (incentrata sull'uomo e non su Dio) e il «Progresso» (!?) al resto del mondo ancora immerso nelle tenebre dell'oppressione, dell'ignoranza e della superstizione... se è necessario anche a costo di scatenare guerre e carneficine!
Introduzione
La libertà è un dogma del mondo moderno. La si esalta, la si mette sullo stesso piano dei grandi beni da amare in questa vita, un bene per cui vale la pena di morire. È per la salvaguardia della libertà che ebbe luogo la Guerra d'Indipendenza americana (1776-1782). È per la libertà che scoppiò la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), ed è dai «Liberty Bonds» 2 che essa fu parzialmente finanziata.
Per molto tempo, sulle nostre monete è stata impressa l'effigie di una donna che personificava la Libertà, sulla cui testa c'era una corona su cui era scritta la parola «Liberty». Questa Miss Liberty portava anche il berretto frigio, un simbolo che figura anche sull'emblema di numerosi Stati dell'Unione (New York, New Jersey e tanti altri). Nel mezzo del porto di New York si stacca la colossale Statua della Libertà, con la torcia in mano, inizialmente denominata «La Libertà che illumina il Mondo».
La bandiera americana, con le sue strisce rosse e bianche, deriva dalla bandiera dei «Figli della Libertà». L'avvocato e patriota Patrick Henry (1736-1799) diceva: «Datemi la libertà o la morte». Fu Thomas Jefferson (1743-1826), terzo presidente degli Stati Uniti, che consacrò la libertà nella Dichiarazione d'Indipendenza mettendola nel numero dei diritti inalienabili: la vita, la libertà, e il perseguimento della felicità.
Questa Dichiarazione esalta la libertà di religione, la libertà di espressione e la libertà di stampa come grandi beni da preservare. Su suggerimento del Presidente (massone) Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), il pittore Norman Rockwell (1894-1978) realizzò un quadro che ne rappresenta i quattro punti essenziali: l'affrancamento dalla miseria, l'emancipazione dal timore, la libertà di culto e la libertà di espressione.
Infine, c'è la Liberty Bell («Campana della Libertà»), oggi diventata una reliquia nazionale e un luogo di pellegrinaggio, che suonò in occasione della Dichiarazione d'Indipendenza. L'attaccamento alla libertà rappresenta una gran parte - se non l'essenza - della cultura americana, e tuttavia questo sentimento non riguarda solamente l'America.
Sopra: la Liberty Bell.
La Francia continua ad incidere sulle sue monete la parola «Liberté» insieme a quelle di «égalité» e di «Fraternité». Quasi tutte le democrazie europee sacralizzano in un modo o in nell'altro il concetto di libertà. Dovendo ogni cultura essere l'oggetto di un esame scrupoloso da parte della fede cattolica, è necessario analizzare brevemente questo culto della libertà che, dal XVIII secolo, fa parte integrante della cultura americana e della cultura occidentale.
Sopra: moneta francese da cento franchi recante il motto Liberté - égalité - Fraternité.
La nozione cattolica di libertà
Ciò che, a prima vista, appare alquanto strano a riguardo del culto della libertà è che esso non esisteva prima del XVIII secolo. Nella grande cultura cattolica, in nessuna parte dell'Europa medievale si trova un culto della libertà. Perché, improvvisamente, nell'Europa del XVIII secolo si trova questo culto spinto al punto di «divinizzare» il concetto tramite la rappresentazione di una donna glorificata? Ogni cattolico un po' versato in Storia dovrebbe vedere questo fatto come un segnale d'allarme.
Infatti, il XVIII secolo è il secolo della Rivoluzione, della Massoneria, del naturalismo (che nega l'esistenza del sovrannaturale) e del razionalismo. È il secolo della ghigliottina. È il secolo del giansenismo 3 che, oltre al fatto di essere, in campo religioso, una forma di protestantesimo, esercitò anche una potente influenza politica a fianco del liberalismo. In breve, il XVIII secolo è stato il secolo del fermento intellettuale contro l'autorità legittima della Chiesa e un secolo di governo dello Stato.
Questo nuovo genere di culto della libertà lasciava intendere che fino a quel momento la Chiesa cattolica e la cultura cattolica avevano in un certo qual modo perso la loro occasione in ciò che riguarda la libertà. È come se qualcosa mancasse alla vita, come se nella vita cattolica ci fossero delle costrizioni di cui bisognava sbarazzarsi. In altre parole, da che cosa cercavano di liberarsi gli adoratori del culto della libertà del XVIII secolo?
La Chiesa cattolica non ha mai trascurato nulla in materia di libertà. Sempre in difesa del libero arbitrio, in particolare contro il protestantesimo, la Chiesa cattolica non ha mai mancato in nessun modo di trattare il problema della libertà della volontà umana negli scritti dei suoi grandi spiriti. Essa ha sempre insegnato che l'uomo è dotato di libero arbitrio, e che di conseguenza è responsabile delle proprie azioni. A causa del suo libero arbitrio, egli è capace di merito, e dunque capace, con l'aiuto della grazia divina, di giungere alla salvezza eterna.
Di conseguenza, è anche capace di demerito, e dunque capace di dannarsi a causa del proprio errore per tutta l'eternità. La filosofia cattolica insegna che la volontà umana è una facoltà cieca che dev'essere informata dall'intelletto su ciò che è bene e ciò che è male. L'intelligenza è quella facoltà dell'anima mediante la quale essa apprende la realtà. L'intelletto informa e comanda la volontà in funzione degli oggetti che deve raggiungere.
Inoltre, la filosofia cattolica insegna che il fondamento della libertà della volontà è l'indifferenza a riguardo dell'oggetto. Ciò significa semplicemente che i beni creati, a differenza di Dio, non hanno un potere di attrazione necessaria sull'anima, come una calamita sul metallo, ma semplicemente un potere di attrazione limitato, che può essere rifiutato dall'intelletto, e dunque dalla volontà. Facciamo un esempio.
Quando mettete del cibo davanti ad un gatto affamato, il gatto si avvicina necessariamente al cibo, senza nessuna libertà, né deliberazione, perché percepisce solamente il bene sensibile del cibo. Il gatto è attratto dal cibo come il metallo dalla calamita. In questo atto, il gatto non è libero. D'altro canto, se mettete un piatto di cibo davanti ad un uomo affamato, pur essendo molto attratto dalla sua natura sensibile, rimane tuttavia capace di percepire con la sua intelligenza che il cibo è solamente un bene limitato.
Egli è capace di discernere in cosa questo cibo è buono e in cosa è cattivo. Ad esempio, potrebbe percepire che è nutriente, e nello stesso tempo che ha un cattivo gusto. A quel punto deve prendere una decisione deliberata, una decisione libera: o egli sopporta il male che rappresenta il cattivo gusto e mangia l'alimento perché è nutriente, o il male che rappresenta il cattivo gusto lo porta a rigettare l'alimento nutriente. Quindi, anche se è affamato, l'uomo ha la possibilità di rifiutarsi liberamente di mangiare.
L'uomo è dunque libero di fronte ai beni creati limitati; ciò deriva dal fatto che la sua intelligenza è fatta per conoscere l'Essere universale, e la sua volontà è fatta per amare il Bene universale. Quando manca qualcosa al bene per essere universalmente buono, perché è solamente un bene limitato, la volontà rimane libera, vale a dire non costretta davanti a questo oggetto. La volontà può rifiutare liberamente un bene che l'attira in un modo limitato.
I martiri, ad esempio, hanno rinunciato liberamente al bene di preservare la loro vita naturale per possedere un bene più grande: Dio. Nessun animale può fare una cosa simile, poiché nessun animale può comprendere quel bene meraviglioso che è possedere Dio. In effetti, solo la visione di Dio, che è l'Essere Sussistente e il Bene Sussistente, è capace di attrarre necessariamente l'attenzione dell'intelligenza umana e l'adesione della sua volontà.
Sopra: i primi cristiani martirizzati per non aver venerato le false divinità pagane.
Se ora passiamo alla libertà nei campi sociale e politico, è evidente che gli esseri umani dovrebbero essere liberi nelle sfere che sono realmente indifferenti, ma costretti in ciò che riguarda le cose necessarie. Così, l'osservanza della legge di Dio e della legge naturale si ricollegano necessariamente al bene comune, ed è dovere dei governi civili di proscrivere le trasgressioni di queste leggi. Gli uomini non dovrebbero essere «liberi» di disubbidire alla legge di Dio e alla legge naturale.
Così l'omicidio, che è contro queste due leggi, è vietato dalla legge civile. D'altra parte, i governi civili oltrepassano i limiti della loro autorità quando tentano di imporre ai cittadini delle pratiche che non sono necessariamente legate al bene comune, come decidere se le persone devono bere o no delle bevande alcoliche, o se devono allacciare o meno la cintura di sicurezza in automobile. È questa la libertà cui tende il culto della libertà? Tale culto consiste forse nel desiderio di liberare l'uomo dagli eccessi del Governo in materia di regolamentazione della vita dei cittadini?
No, i fatti della Storia ci insegnano tutt'altro. Il mondo non ha mai conosciuto governi più oppressivi, né amministrazioni così gravose come quelle che professano il culto della libertà. Nessun governo si è mai così tanto immischiato nella vita dei cittadini. Dopo l'abolizione delle monarchie e l'instaurazione delle democrazie, l'individuo medio, la famiglia e il lavoro sono diventati oggetto di un'oppressione tirannica, di tassazioni che li esauriscono, di «manovre» economiche e sociali che interessano tutti gli aspetti della vita.
Paragonati alle democrazie degli ultimi due secoli, i regimi monarchici più dittatoriali sembrano delle feste della libertà. Con la democrazia è apparso il tandem del liberalismo e del socialismo, due fonti di oppressione per centinaia di milioni di persone - per non dire di miliardi - lungo tutto il corso di questi ultimi due secoli. Appare dunque evidente che la libertà ricercata dal culto della libertà non è la libertà dell'individuo medio nei confronti delle tentacolari amministrazioni oppressive e tiranniche. È una libertà nei confronti di tutt'altro.
La Massoneria
Nel XVIII secolo, il culto della libertà era intimamente legato alla Massoneria. L'obiettivo politico e sociale della Massoneria era ed è ancora di «liberare» l'uomo della «tirannide» della Chiesa cattolica e da ogni autorità civile non democratica. Per definizione, per il massone una Chiesa o un regime sono «tirannici» se cercano di imporre dei dogmi o di esercitare il potere senza il consenso dei governati.
Perciò, i massoni hanno sempre detestato la Chiesa cattolica romana, perché pretende di avere ricevuto dall'Alto il potere di insegnare dottrine sovrannaturali e di instaurare leggi costrittive alle quali l'umanità intera deve aderire. Allo stesso modo, i massoni si sono sempre opposti ad ogni monarchia che non si sia spogliata da sé stessa del potere (come ha fatto l'attuale monarchia inglese, la cui impotenza è assurda).
Ecco il motivo per cui tutte le monarchie che si sono rifiutate di acconsentire alle esigenze della democrazia socialista - in cui il potere è considerato come proveniente dal popolo e non da Dio - incontrarono la riprovazione solenne della Massoneria. I massoni cominciarono con l'esecuzione di Luigi XVI nel 1793, per non cessare mai più di operare contro le monarchie cattoliche d'Europa e del resto del mondo che non si conformavano ai loro principî.
Sopra: Luigi XVI sale sul patibolo.
Una dopo l'altra, queste monarchie crollarono durante il XIX secolo e fino al termine della Prima Guerra Mondiale (1914-1918) che vide, per finire, la caduta dell'imperatore d'Austria, dello zar di Russia e del kaiser di Germania in quanto capi di Stato che cedettero il posto, come sempre, alle democrazie liberali socialiste, con una curiosa preponderanza di ebrei al governo. «Liberare» il mondo dal «dominio dello zar» e dal «dominio del kaiser», ecco qual'era, se crediamo o meno alla propaganda degli alleati dell'epoca, il motivo della Prima Guerra Mondiale.
Il Presidente statunitense Woodrow Wilson (1856-1924) diceva che la ragione per la quale l'America doveva entrare in guerra contro la Germania era di «salvare il mondo a beneficio della democrazia». Tuttavia, non bisognerebbe dedurre da questi fatti che i regimi monarchici dell'Europa del XIX secolo e dell'inizio del XX secolo fossero assolutamente perfetti.
L'imperatore d'Austria, lo zar e il kaiser avevano causato grosse difficoltà alla Chiesa, ma certamente non tante quante ne causarono le democrazie socialiste in Francia e in Inghilterra. Anche l'Italia aveva perseguitato la Chiesa, e benché rimasta monarchia come l'Inghilterra, era virtualmente democratica, e il suo monarca era nelle mani dei massoni e di altre Società Segrete anti-cattoliche dello stesso genere.
Bisogna semplicemente notare che ogni potere, ecclesiastico o civile, che pretende di derivare la sua autorità da Dio, e non dipende in un modo o nell'altro dal popolo, ha diritto all'odio della Massoneria. Quest'ultima cerca di «liberare» il popolo sul piano politico e sociale dai «legami» di questo tipo, in modo che esso «possa godere» della «libertà» di un regime democratico.
Questo odio della Massoneria per il Papato e per la monarchia appare molto evidente nei riti d'iniziazione del Cavaliere Kadosh del 30º Grado, nel corso dei quali viene ingiunto al Cavaliere di passare la spada attraverso due crani sovrastati uno dalla Tiara e l'altro dalla corona. Il simbolismo di questo gesto non richiede nessun commento.
Il culto della libertà è sempre stato uno dei temi favoriti della Massoneria. La libertà che i massoni ricercano non è la libertà legittima e dovuta nei confronti delle costrizioni schiaccianti delle amministrazioni socialiste - libertà che un cittadino è perfettamente in diritto di desiderare - ma piuttosto la libertà nei confronti dell'autorità di Dio, la «libertà» del diavolo, la libertà di perdizione, come la chiamava Sant'Agostino (354-430). Essi non desiderano la libertà dei figli di Dio, ma la «libertà» che ci rende schiavi del peccato.
La Statua della Libertà: una dea tutta massonica
La Statua della Libertà è una delle numerose prove dell'esistenza del culto della libertà e anche dell'influenza profonda che esso esercita sulla nostra cultura e sulla nostra mentalità. Questo colosso innalzato nel centro del porto di New York fu concepito dai massoni, e la sua inaugurazione - fatta da massoni - fu l'oggetto di una cerimonia massonica. Fu lo scultore francese Frédéric-Auguste Bartholdi (1834-1904) - anche lui massone - che ne fu l'autore.
Nel 1873, egli aveva già realizzato per la città di New York una statua del marchese de la Lafayette (1757-1834) - un altro massone - in occasione del centenario della firma della Dichiarazione d'Indipendenza.
Sopra: la statua del marchese de la Fayette realizzata da Bartholdi.
Su incitamento dei massoni e di altri spiriti similari in Francia, egli si recò in America con l'idea di proporre il progetto. Secondo il suo biografo - anch'egli massone - Bartholdi non aveva con sé nessun progetto quando prese il mare, ma all'entrata del porto di New York
Miss Liberty
Ritornato in Francia, grazie ad una potente propaganda massonica, lo scultore riuscì a racimolare la somma di 3.500.000 franchi francesi, una grossa somma per l'epoca (1870). Per il volto della sua «dea della Libertà» egli scelse come modello la propria madre. Fu il massone Gustave Eiffel (1832-1923), reso famoso dall'edificazione della torre alta trecento metri che porta il suo nome, che ne ideò l'ossatura.
Sebbene il supporto finanziario fosse stato messo a disposizione dalla Francia, l'America non voleva fornire il denaro necessario per il piedistallo. E fu Joseph Pulitzer (1847-1911), un emigrato ungherese di origine ebraica, proprietario e direttore del New York World (a cui è stato dedicato il famoso Premio Pulitzer per il giornalismo), che si impegnò per trovare la somma di 100.000 dollari per il progetto. Nel 1877, nel giorno del compleanno del massone George Washington (1732-1799), il Congresso accettò la statua in quanto dono del popolo francese.
Per erigerlo, fu scelta l'isola di Bedloe - oggi Isola della Libertà - dal Generale William Tecumseh Sherman (1820-1891), il noto incendiario di Atlanta. Intanto, a Parigi, il lavoro progrediva. Levi Parsons Morton (1824-1920), a quell'epoca ambasciatore in Francia, pose il primo rivetto. Il 21 maggio 1884, la statua fu terminata, e il 4 luglio dello stesso anno venne presentata all'ambasciatore Levi Morton da Ferdinand de Lesseps (1805-1894), il costruttore del Canale di Suez.
Sopra: la Statua della Libertà nel 1884 appena terminata.
Da parte americana, il Presidente del Comitato incaricato di ricevere la statua contattò la Gran Loggia della Massoneria Libera e Accettata dello Stato di New York. Dopo la posa della prima pietra del Campidoglio nel 1793 da parte del massone George Washington in persona, con l'assistenza della Gran Loggia del Maryland, è di tradizione, in America, che la prima pietra degli edifici pubblici e privati di una certa importanza venga «consacrata» secondo tutti i riti massonici. Anche la posa della prima pietra del Monumento di Washington fu realizzata nel corso di una cerimonia massonica.
Sopra: cerimonia massonica negli Stati Uniti, nel 2013, per la posa della prima pietra di un edificio.
La cerimonia per la posa di questa prima pietra fu fissata per il 5 agosto 1884. Pioveva a dirotto. Il vascello Bay Ridge, tutto decorato, trasportò all'isola di Bedloe un centinaio di massoni accompagnati da alcuni ufficiali. Il massone Richard Morris Hunt (1828-1895), architetto principale del piedistallo, diede gli attrezzi ai dignitari massonici. Il massone Edward M. L. Ehlers, Gran Segretario e membro della Loggia Continentale Nº 287, lesse l'elenco dei documenti che dovevano essere depositati nel cofanetto in rame inserito nella pietra, vale a dire:
Sopra: costruzione del piedistallo della Statua.
Si procedette alla tradizionale cerimonia massonica. Dopo aver verificato se la pietra fosse stata ben squadrata, liscia e appiombo, il Gran Maestro applicò la malta e la pietra venne collocata. La colpì allora per tre volte e la pietra fu dichiarata debitamente posata. A quel punto, vennero presentati gli elementi della «consacrazione»: mais, vino e olio. Poi, l'assai Venerabile Gran Maestro pronunciò alcune parole:
Domanda alla quale diede egli stesso questa risposta:
Ma l'allocuzione principale fu fatta dal Gran Maestro Deputato:
La statua giunse negli Stati Uniti nel giugno del 1885, in pezzi staccati. Essa venne ufficialmente inaugurata il 28 ottobre 1886. Il Presidente (massone) Stephen Grover Cleveland (1837-1908) presiedette la cerimonia, e fu il massone Henry Potter (1835-1908), vescovo episcopaliano di New York che fece la dedica. Il massone Bartholdi tolse la bandiera tricolore francese che ricopriva il volto della statua. E fu il massone Chauncey M. Depew (1834-1928), Senatore degli Stati Uniti, che pronunciò il discorso principale.
Sopra: il Gran Maestro dello Stato di New York Calvin C. Bond (1925-2010).
Il berretto frigio
Che la nozione di libertà - intesa come affrancamento dalle leggi di Dio, dalla Chiesa e dal governo civile legittimo - abbia influenzato profondamente la nostra cultura, ne esiste un altro segno. È la rappresentazione del «berretto frigio» su numerosi sigilli ufficiali americani, così come su alcune incisioni del XVIII secolo che riproducono alcune scene della Rivoluzione Americana.
Il berretto frigio è un copricapo molle, poco profondo, che assomiglia al berretto di lana dello sciatore. La sua origine è molto antica e risale all'epoca in cui si faceva portare questa specie di cappello agli schiavi liberati come segno di emancipazione 4. Da qui il simbolismo: colui che lo porta è stato liberato da un tipo di schiavitù.
Sopra: il berretto frigio, simbolo del radicalismo.
Ma di quale schiavitù si tratta? Nel XVIII secolo, questo berretto veniva indossato dai radicali che propendevano risolutamente per la distruzione delle monarchie in favore di regimi repubblicani o democratici, in accordo con i precetti dei filosofi liberi pensatori e atei di questo stesso secolo. Era un simbolo di rivolta contro l'ordine stabilito, un richiamo ad un Nuovo Ordine, un ordine radicale in cui il potere sarebbe venuto dal popolo e non da Dio.
Si può trovare un equivalente moderno nella falce e martello o nel simbolo della pace degli anni '60. In generale, o il berretto frigio ricopre il capo della «dea della Libertà» (sebbene la dea di New York non lo porti), o più spesso è infilato sulla punta di un picca. È sotto quest'ultima forma che tale simbolo del radicalismo del XVIII secolo appare su un gran numero di sigilli degli Stati Uniti: sul sigillo degli Stati di New York, del New Jersey, della Carolina del Nord, dell'Idaho, delle Hawaii, dell'Iowa, del Colorado, della Virginia dell'Ovest, dell'Arkansas, e della Virginia.
Senza dimenticare i sigilli del Senato e dell'Esercito degli Stati Uniti. Lo si trova anche sulla testa della «dea della Libertà» coniata sul Morgan dollar (una moneta messa in circolazione alla fine del XIX secolo), come sulla «dea della Libertà in marcia» (è così che è rappresentata) che appare sul mezzo dollaro della metà del XX secolo, così come sul decino Mercury (un pezzo da dieci centesimi) dello stesso periodo 5.
Sopra: il berretto frigio sul Morgan dollar.
Durante la Rivoluzione Francese, diventando il copricapo in voga di ogni partigiano favorevole alla Rivoluzione, poi quello dei Giacobini crudeli e sanguinari, capi del Regno del Terrore, il berretto frigio divenne il simbolo del radicalismo. Che tale emblema occupi un posto prestigioso nel simbolismo massonico è fuor di dubbio. La famosa «Marianna», simbolo femminile della Repubblica rivoluzionaria francese, porta il berretto frigio.
Sopra: la Marianna francese.
Nel 1884, il Governo francese - pieno di massoni - fece scolpire alcuni busti di questa donna diabolica che indossa senza alcun pudore sulle spalle una sciarpa massonica con le tre date gloriose per la fraternità malefica: il 1789, data della Rivoluzione Francese; il 1848 e il 1870, date delle rivoluzioni successive in cui i massoni e i loro principî luciferini presero il potere in questa Francia un tempo cattolica. Come al solito, la Marianna indossa il berretto in questione.
Il «Gran Sigillo» degli Stati Uniti
Il Gran Sigillo degli Stati Uniti trabocca di simbolismo massonico. Esso figura sul dorso del biglietto da un dollaro.
Sopra: il Gran Sigillo degli Stati Uniti.
Gli uomini incaricati dal Congresso Continentale di realizzare questo Sigillo degli Stati Uniti erano tutti massoni: Thomas Jefferson, John Adams (1735-1826), e Benjamin Franklin (un dissoluto senza pudore e per giunta un cafone) che ne era il presidente.
Un certo numero di modelli si succedettero prima che fosse adottato l'attuale sigillo che data dal 1782. Fu Jefferson stesso che, nel 1776, aggiunse il Triangolo che contorna l'Occhio Onniveggente, così come l'iscrizione «E Pluribus Unum» («Da molti uno»). Per descrivere fedelmente il simbolismo massonico e occulto contenuto nel Gran Sigillo, occorrerebbe scrivere un articolo a parte.
Lo scopo per cui parlo della presenza di simboli massonici sul Gran Sigillo è solamente quello di fornire altre prove relative alla profonda influenza che la Massoneria ha esercitato sulla cultura americana. Per coloro che dubitano del carattere massonico di questi simboli, mi accontenterò di citare la rivista ufficiale della Massoneria (curiosamente intitolata New Age), che nel numero di aprile del 1960 scriveva:
Sopra: il Gran Sigillo sulla banconota da un dollaro.
Sopra: sigillo del Ministero del Tesoro.
Inutile dire che per la Massoneria, il 13 è un numero sacro.
Anche la bandiera
Nemmeno l'Old Glory (la bandiera americana) è sfuggita all'influenza dei principî massonici di liberazione dall'asservimento a Dio. L'origine delle stelle e delle strisce rimane oscura, ma sappiamo che gli olandesi protestanti furono i primi ad aver adoperato le righe rosse e bianche orizzontali all'epoca della loro ribellione contro la Spagna cattolica.
Queste righe rifecero la loro comparsa inalberate dai vascelli inglesi venuti in soccorso degli ugonotti francesi 6 in lotta contro i loro compatrioti cattolici. Esse riapparvero poi sulla bandiera dei Sons of Liberty («Figli della Libertà»), il gruppo massonico che organizzò il Tea-Party di Boston che è all'origine della rivolta. La bandiera ha dunque anch'essa una parte storica in questa cultura che libera dall'«asservimento» alla Chiesa cattolica, e in definitiva da ogni governo civile non democratico, ovvero da ogni governo che non si accontenta di essere uno strumento della volontà del popolo.
Il problema cattolico americano e del suo attaccamento agli ideali condannati dalla Chiesa
Se ho citato questi esempi dell'influenza della Massoneria sulle istituzioni statunitensi, è per far notare al cattolico americano che i principî estranei alla fede cattolica hanno penetrato profondamente la cultura nella quale viviamo. Negli Stati Uniti è un problema con cui la Chiesa cattolica deve dibattersi e che gli causa grosse difficoltà. Nel XIX secolo, il clero si divideva in due campi: i liberali e gli anti-liberali (usiamo questi termini in mancanza di meglio).
I liberali non vedevano il problema che poneva il fatto di incorporare nel cattolicesimo i principî del culto americano della libertà; gli anti-liberali vedevano invece il problema e denunciavano questi principî che indebolivano la fede cattolica. Alla fine prevalsero i liberali, in particolare con l'emergere di una personalità come il Cardinale James Gibbons (1877-1921), di Baltimora. Lo schieramento liberale poteva contare anche su personaggi importanti come il Cardinale John Murphy Farley (1842-1918), di New York e l'Arcivescovo Mons. John Ireland (1838-1918), di St. Paul (nel Minnesota).
Non bisogna interpretare la parola «liberale» nel senso in cui la si sente oggigiorno. Nell'epoca in cui vivevano questi uomini, essere liberale significava essere convinto che i principî che animano in generale i politici e la mentalità americana sono compatibili con il cattolicesimo. In effetti, questi liberali consideravano il sistema americano dell'indifferenza del governo nei confronti di tutte le religioni come un ideale da seguire per tutte le nazioni.
In un tale sistema - dicevano essi - la Chiesa può e deve svilupparsi, perché non incontrerà sul suo cammino la resistenza di un governo ostile. Ecco un'idea che suonava bene alle orecchie di questa sponda dell'Atlantico. Da un secolo giungevano loro dall'Europa orribili storie di governi civili che osteggiano la Chiesa cattolica. Il sistema americano del «non toccare le religioni» sembrava un po' migliore.
Se è vero che la Chiesa cattolica è infatti sbocciata in questi Paesi il cui governo professava una sedicente indifferenza nei confronti delle religioni, bisogna riconoscere che questa «libertà di sviluppo» gli è costata cara. Il prezzo fu l'oblio della dottrina cattolica sull'unione della Chiesa e dello Stato, l'abbandono del dovere del governo di professare la sola ed unica fede, e l'assenza totale di repressione nei confronti delle religioni non-cattoliche.
Si diceva ai cattolici che il sistema americano di libertà di religione era il sistema ideale, e i cattolici portavano ben radicata nella loro testa l'idea che ognuno aveva civilmente il diritto di essere protestante, ebreo, musulmano o anche satanista, poiché la religione non ha niente a che vedere con lo Stato, e viceversa. Ma questa opinione fu condannata da Papa Gregorio XVI (1765-1846) e da Papa Pio IX (1792-1878):
Da questi testi emerge chiaramente che la Chiesa cattolica condanna la libertà di coscienza, la libertà religiosa, la libertà di espressione e la libertà di stampa. Tuttavia, queste «libertà» sono considerate come sacrosante dalla cultura americana. Nei suoi sforzi per non sembrare anti-americano, il clero cattolico degli Stati Uniti, nel suo insieme, ha trascurato queste condanne, come ha dimenticato l'insegnamento della Sacra Scrittura, quello della Chiesa e dei Padri della Chiesa che ne sono il supporto.
Inutile cercare nei catechismi cattolici anteriori al Concilio Vaticano II (1962-1965), anche in quelli destinati ai licei, l'insegnamento della Chiesa sui doveri degli Stati verso la religione cattolica. La maggior parte dei catechismi cattolici e dei manuali di Storia preconciliari o mantengono un silenzio completo sull'argomento, o esaltano il sistema americano dell'indifferenza verso tutte le religioni, della libertà di coscienza, della libertà di religione, della libertà di espressione e della libertà di stampa.
Perché? Perché questi insegnamenti e queste condanne sono state volontariamente ignorati dal clero cattolico di questo Paese, al tal punto che alla fine di dodici o sedici anni passati nelle scuole cattoliche, gli studenti non ne sapevano nulla? La risposta è che i cattolici del XIX secolo e dell'inizio del XX provavano un bisogno urgente di convincere l'establishment protestante di questo Paese che i cattolici erano dei buoni americani, e che non avevano nessuno problema ad accettare la mentalità e la cultura americana.
Gli immigrati irlandesi, tedeschi e italiani - per la maggior parte cattolici - erano estremamente desiderosi di assicurare alla Chiesa pace e prosperità in un Paese popolato da persone che, in grande parte, erano fuggite dall'Europa per sfuggire all'influenza cattolica. E poiché il culto della libertà, l'attaccamento alla libertà religiosa, alla libertà di espressione, alla libertà di stampa e alla libertà di coscienza era di un'importanza suprema nella cultura protestante e massonica preesistente in America, i cattolici consideravano come una necessità sposare in qualche modo il loro cattolicesimo con il culto della libertà.
La conseguenza fu l'abbandono, tramite un silenzio quasi totale, degli importantissimi insegnamenti della morale della Chiesa cattolica romana. Inoltre, bisognava epurare, bistrattare, allargare, e in breve adattare i fatti storici e gli avvenimenti del XVIII e del XIX secolo per dar loro un'apparenza di compatibilità con i principî cattolici. L'Arcivescovo Mons. Ireland, figura di primo piano di quell'epoca, fu la personificazione di tutta questa mentalità. Egli era talmente imbevuto di queste idee che, in un discorso intitolato «Cattolicesimo e americanismo», pronunciato a Milwaukee nel 1913, fu capace di fare le seguenti dichiarazioni:
Se fossi stato nell'uditorio, avrei chiesto:
Che cosa avrebbe risposto l'Arcivescovo a questa domanda? Si freme solo a pensarci. Più oltre egli affermò:
Inchinati davanti alla «predominanza della coscienza individuale»? Gli direi:
Che un Vescovo cattolico, vivente nel 1913, abbia potuto proferire tali parole è una cosa che ha dell'incredibile. Qual è lo scopo della Chiesa cattolica se deve inchinarsi davanti alla «predominanza della coscienza individuale»? L'origine di una simile idea è completamente protestante e massonica. È a questo principio - secondo cui la coscienza individuale è al di sopra dell'autorità della Chiesa - che Martin Lutero (1486-1546) fece ricorso nella sua eresia e nella sua rivolta contro la Chiesa cattolica. Altrove, lo stesso Arcivescovo dichiarava:
No? Gli chiederei:
A questa domanda egli rispondeva:
Disgrazie al cattolicesimo? Gli direi:
È impossibile conciliare queste dichiarazioni con le condanne di Papa Pio IX nell'Enciclica Quanta Cura che ho citato poc'anzi. Egli condannò dall'alto della sua autorità apostolica la proposizione secondo cui
Sopra: la Lettera Enciclica Quanta cura e Il Sillabo, dell'8 dicembre 1864.
Mons. Ireland sarebbe assolutamente d'accordo con questa proposizione condannata. Ciò che rende il problema terribile, è che Mons. Ireland non era semplicemente un «insensato», ma rappresentava tutto un sistema di pensiero in voga in gran parte del clero cattolico americano. Tale matrimonio del cattolicesimo con il culto della libertà doveva essere condotto a tal punto da essere sancito come «dottrina cattolica» dal Vaticano II nel Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanæ («La dignità umana»).
Nulla di sorprendente nel fatto che questo Dichiarazione sia stata preparata da sacerdoti americani, e che abbia ottenuto l'appoggio dei Vescovi americani nel loro insieme, capeggiati dal Cardinale Francis Spellman (1889-1967), Arcivescovo di New York.
Sopra: il Cardinale Francis Spellman e la Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanæ, sulla libertà religiosa.
Il vergognoso compromesso di dottrina cattolica di Mons. Ireland aveva ottenuto la vittoria nella Basilica del Vaticano. È precisamente questa dottrina della libertà religiosa che ha screditato il Vaticano II. Questa disgraziata assemblea aveva prodotto altre dottrine eretiche, certamente, e persino più profonde e di maggiore portata di questa. Ma la libertà religiosa porta tuttavia un marchio distintivo: quello di essere stata condannata in modo speciale da Papa Pio IX. Risultato? La coscienza cattolica rimane perplessa:
È su questo dilemma e su questa contraddizione che si basa tutto il problema sollevato dal Vaticano II.
Libertà religiosa contro tolleranza religiosa
Bisogna qui distinguere tra libertà religiosa e tolleranza religiosa.
Ad esempio, una ragione sufficiente per tollerare un male così grande sarebbe la necessità di evitare un male più grande come la guerra civile. Il termine stesso di «tolleranza» implica un male, e di conseguenza non parliamo di un diritto di professare le false religioni, poiché ogni diritto è sempre fondato su Dio.
È inconcepibile che Dio conceda a qualcuno il diritto di essere falsi: il diritto, ad esempio, di dire che Sua Madre Immacolata è una prostituta, o che Cristo è un adultero. La Chiesa ha sempre riconosciuto la prudenza della tolleranza in certe circostanze, e la situazione degli Stati Uniti è certo una di queste circostanze. Papa Leone XIII (1810-1903) insegna:
Sul territorio degli Stati Uniti, che ricoprono una vasta superficie e includono miriadi di religioni, è permesso al suo Governo di tollerare, per prudenza, numerose religioni. Ma la tolleranza religiosa non dispensa un governo dall'obbligo di professare l'unica vera fede, di riconoscere Cristo come il solo vero Dio e la Chiesa cattolica romana come la Sua unica vera Chiesa.
È su questo punto che risiede l'errore-chiave dei sostenitori del culto della libertà. Essi non predicano la prudenza della tolleranza religiosa per evitare una guerra civile, ma esaltano piuttosto l'indifferenza stessa del governo verso ogni religione, come se l'indifferentismo fosse una delle grandi virtù della Costituzione.
Essi decantano il diritto di ogni uomo ad aprire la bocca per dire tutto ciò che vuole e scrivere tutto ciò che desidera, o farne un film, a credere e a praticare la religione che gli piace, qualunque essa sia. Tale è, secondo i campioni del culto della libertà, il diritto che deve reggere la società. Sotto i regimi monarchici, quando la Chiesa cattolica era riconosciuta come l'unica vera religione, gli esseri umani erano «oppressi».
La Libertà: una cosa fine a sé stessa
Come ho detto già, la Chiesa cattolica non è mai stata nemica della libertà, ma al contrario, essa è sempre stata un difensore accanito della dottrina del libero arbitrio contro un gran numero di persone che la negavano. Essa non ha mai neanche favorito né i tiranni, né i regimi oppressivi. San Luigi IX (1215-1270), re di Francia, all'apogeo dell'«oppressivo» Medioevo, fu ammonito da un Papa perché castigava troppo severamente i blasfemi.
Laddove la Chiesa e i sostenitori del culto della libertà sono in disaccordo è quando la Chiesa insegna che la libertà umana è un mezzo per giungere ad una fine, mentre i paladini del culto della libertà vedono la libertà umana come una cosa fine a sé stessa. La Chiesa insegna che la libertà o il libero arbitrio sono una facoltà il cui oggetto è scegliere i buoni mezzi per arrivare ad un fine predeterminato. Per noi cattolici il fine è già fissato: è quel Bene universale che è solamente Dio.
Il mezzo che tende a questo fine è l'osservanza della Legge di Dio: la Legge eterna, la Legge naturale, i Dieci Comandamenti, le Leggi di Cristo, la Legge morale, le Leggi della Chiesa. È compito del nostro libero arbitrio, così come è stato voluto da Dio, di scegliere liberamente di ubbidire a queste Leggi in modo tale da raggiungere il fine che ci è stato assegnato. Quando dico «scegliere liberamente», non voglio dire che per noi sia facoltativo scegliere di ubbidire o meno.
«Non serviam tibi» («Non ti servirò»).
Voglio dire che siamo tenuti a scegliere per libera elezione, e non per semplice meccanismo o istinto, come fanno le altre creature seguendo la legge stabilita da Dio. Dio ha voluto così, perché l'amore che gli manifesta una creatura gli procura più gloria di una semplice ubbidienza meccanica o istintiva alla Sua Legge, come quella delle rocce o degli animali. Dunque, il fatto che possiamo ingannarci non scegliendo i mezzi idonei per raggiungere il nostro fine, è un difetto della libertà.
La libertà non può essere definita quindi come l'attitudine a scegliere tra il bene e il male, perché se tale fosse la sua definizione, dovremmo dire che Dio non è libero, poiché non può scegliere il male. I sostenitori del culto della libertà hanno un'idea completamente distorta della libertà. A Dio, hanno sostituito la libertà umana. Per loro, il fine dell'uomo consiste nell'essere libero. Poco importa ciò che fa, dal momento che lo fa liberamente e senza costrizione.
Un solo comandamento: la Libertà!
La «libertà di scelta» è la più grande qualità dell'essere umano, derivante dalla sua stessa dignità in quanto persona umana, e dev'essere preservata a qualsiasi costo. Perciò, la libertà non è più la facoltà di scegliere i mezzi più idonei per raggiungere un fine, ma un fine in sé stessa. Sostituiamo la parola «mangiare» a quella di «libertà» e vedremo a qual punto questa nozione sia assurda.
L'attitudine a mangiare e a digerire è una facoltà che hanno gli esseri umani di nutrirsi. Il fatto di mangiare è moralmente buono se è ordinato ad un fine buono e moralmente cattivo se ordinato ad un fine cattivo. Se mangiamo un cibo sano con moderazione, l'esercizio della nostra facoltà di mangiare partecipa dell'eccellenza del fine che è la salute del corpo. Così, se al contrario mangiamo qualcosa di nocivo per noi, o se abusiamo di qualcosa di buono, il fatto di mangiare diventa moralmente cattivo, poiché partecipa a questo fine cattivo.
Immaginate che qualcuno vi dica: «Poco importa ciò che mangiate o in che quantità mangiate; ciò che è buono è il fatto che mangiate». Mediante la sua illogicità, questo esempio mostra l'assurdità del liberalismo, secondo cui il libero arbitrio dell'uomo è il bene più eccellente; ciò che l'uomo sceglie di fare è secondario; ciò che è di somma importanza è che esso sceglie liberamente ciò che sta facendo.
Il culto della Libertà, causa del crollo morale
Le uniche costrizioni che i campioni del culto della libertà impongono alla loro dea Libertà risiedono nel fatto di impedire alle persone di assassinare o di rubare, almeno per il momento. Dico «almeno per il momento», perché abbiamo già legalizzato l'omicidio legalizzando l'aborto. Difatti, in nome della libertà di scelta, abbiamo assistito allo scioglimento, di una dopo l'altra, delle costrizioni imposte dalle leggi in vigore cinquant'anni fa negli Stati Uniti o in altri Paesi.
Nel 1920, ad esempio, un farmacista poteva essere arrestato per la vendita di mezzi o di farmaci contraccettivi. Attualmente, egli rischia il carcere se non ne vende, e questi prodotti demoniaci hanno il loro posto negli annunci pubblicitari teletrasmessi tra i cornflakes e i detersivi, sono esposti in primo piano nei supermercati accanto all'aspirina e agli shampoo, in modo tale che gli adolescenti possono entrare e acquistarli senza nessun disagio. In nome della libertà, è più facile per le future madri entrare nelle cliniche abortive per uccidere il loro bambino che andare dal parrucchiere. A mia conoscenza, stando alle ultime stime, siamo giunti a qualcosa come 25.000.000 di aborti l'anno. In questo Paese, ogni giorno 4.000 bambini vengono assassinati.
Libertà di uccidere il parassita!
Lo ripeto: cinquant'anni fa, queste madri sarebbero state arrestate e perseguite dalla giustizia, in compagnia degli abortisti illegali. Persino per quel che riguarda il divorzio, benché questo Paese fosse protestante, è stato necessario addurre una «ragione sufficiente» per introdurlo. Cinquant'anni fa il divorzio, sebbene legalizzato, era considerato come qualcosa di scandaloso, persino tra i protestanti. Per i cattolici non esisteva nemmeno. Oggi non è più una colpa. Cinquant'anni fa, potevate essere arrestati per comportamento omosessuale o perché portavate i vestiti del sesso opposto.
Libertà dal vincolo matrimoniale.
Recentemente a San Francisco è passato un Decreto che vieta la discriminazione contro i travestiti. In altre parole, se il vicepresidente della vostra compagnia decide di indossare un abito femminile, i tacchi a spillo, di mettersi del rossetto e del profumo, non potete fare nulla. Mi chiedo se il massone Patrick Henry pensasse a tutto questo quando dichiarava: «Datemi la libertà o datemi la morte»!
Sopra: in una scuola materna americana, un transgender insegna la fluidità di genere ad una bambina.
La ragione per la quale queste costrizioni venivano imposte, una cinquantina d'anni fa, è che la popolazione, naturalmente conservatrice, insisteva in modo illogico su queste costrizioni. Dico «illogico», perché, una volta che avete posto il principio del culto della libertà, non si può più far nulla per fermare la libertà di scelta, qualunque essa sia. Se si invoca la legge naturale contro gli abortisti, gli omosessuali, i divorziati o quelli che praticano il controllo delle nascite, semplicemente vi si risponde: «Non crediamo alla legge naturale».
A questa risposta, i difensori del culto della libertà non possono rispondere nulla poiché in virtù del principio della libertà di coscienza e della libertà di espressione; le persone hanno il diritto civile di rifiutare la legge naturale. Civilmente, hanno il diritto di professare l'ateismo, di dire che la Madonna era una prostituta, che Nostro Signore era un fornicatore, che i bambini possono essere uccisi nel ventre della loro madre, che l'omosessualità vale tanto quanto l'eterosessualità, o che poco importa il modo di cui vi vestite, se da uomo o da donna.
Quale legge possono invocare i sostenitori del culto della libertà contro queste persone, dal momento che da duecento anni il «vangelo» della libertà di coscienza, della libertà di religione, di espressione e di stampa non ha cessato di essere predicato ovunque, presentando queste libertà come ciò che c'è di più elevato e di più nobile in materia di qualità della vita umana? A questo punto, si potrebbe forse obiettare che né la cultura, né la Costituzione americana intendono arrivare ad un tale abuso della libertà umana, ma che si sforzano solamente di fare rispettare le libertà vere e buone.
È questo l'argomento che il conservatore oppone al liberale che gli rinfaccia il culto della libertà. Ma vediamo dove trovare il fondamento di una tale obiezione. Dov'è deliberato nella Costituzione o in ogni altro documento importante degli Stati Uniti d'America che le libertà garantite ai suoi cittadini devono essere limitate dalla Legge eterna di Dio o dalla Legge naturale? Dove, in questi documenti, si trova una semplice menzione a Nostro Signore Gesù Cristo?
Dove è detto nella Costituzione americana che la Legge naturale esiste, e che il Congresso, il Presidente e la Corte Suprema sono tenuti ad osservare la Legge naturale nei loro rispettivi atti legislativi, di promulgazione delle leggi o nella loro interpretazione? Da nessuna parte. Queste tre entità sono tre agenti liberi che non sono vincolati da nessuna legge, ma che sono essi stessi la legge. No, il tentativo del conservatore di limitare la libertà così cara per la cultura americana è fallace.
Nessun Congresso, né alcun corpo legislativo di Stato possono porre logicamente un freno a queste cose, poiché una simile restrizione equivarrebbe ad un diniego arbitrario del diritto alla libertà di un individuo. Gli effetti di questo culto della libertà sono disastrosi. Tanto tempo fa, il popolo americano - naturalmente conservatore, probo e religioso - era sufficientemente d'accordo sulle questioni morali e religiose per contenere almeno la marea dei mali più gravi.
Anche fino a non tanto tempo addietro, prima del 1960, o meglio ancora prima dell’avvento di Roosevelt, la maggior parte dei conservatori americani sognava di poter realizzare le proprie idee politiche. Ma questi tempi sono passati. Ora viviamo nel regno di Satana, regno in cui le persone si sono dedicate ad una dissolutezza indescrivibile, con un'assenza sfrontata di riguardo verso le Leggi di Dio e persino verso la legge naturale, un egoismo e una durezza che arrivano a giustificare l'omicidio dei bambini non desiderati e all'eutanasia.
Sopra: l'eutanasia attiva, ossia la libertà di suicidio o di togliere la vita altrui.
Nella via in cui si è incamminata questa popolazione senza Dio non ci sono più possibilità di ripristinare le restrizioni che erano in vigore cinquant'anni fa. Una sola cosa resta da sperare per i conservatori: il risveglio morale degli Stati Uniti. Ad esempio, recentemente c'è stata in questo Paese la cosiddetta rinascita «conservatrice» che ha concentrato quasi tutti i suoi sforzi sui problemi economici.
Si vuole reprimere la «sicurezza sociale». Bene, ma perché non sopprimere l'aborto? I «diritti» degli omosessuali? Il controllo delle nascite e i mezzi contraccettivi? L'educazione sessuale? I film pornografici alla TV? La liberazione della donna? L'umanesimo laico nelle scuole? Queste sono le vere piaghe della società americana, e non nelle tasse troppo elevate o nella sicurezza sociale, e queste malattie sono l'effetto del cedimento generale dei costumi. E il problema è che non c'è modo di sradicare legalmente e logicamente queste infezioni se non per principio, un principio che limiti la libertà umana agli oggetti che sono buoni.
Siccome il culto della libertà regna da molto tempo, queste influenze perniciose e altre ancora che pesano sulla nostra vita quotidiana devono perpetuarsi sotto il tetto protettivo della libertà umana. Il principio che ci manca è la Legge di Dio. Ma dato che il Congresso statunitense ha deciso di non stabilire nulla in materia di religione, non si possono applicare i Dieci Comandamenti di Dio alle nostre vite, non si può menzionare il nostro Re e Signore Gesù Cristo, e meno ancora la Chiesa cattolica romana.
No, il nostro Paese è condannato a rendere culto alla dea massonica Libertà, e perciò ad essere immerso nella corruzione morale e condotto alla distruzione finale. L'America - e ogni Paese che rende culto alla dea Libertà - non potrà evitare questa distruzione se non abbandonerà tale culto.
Una politica veramente cattolica
Non intendo affatto distogliere le persone dal lavorare attivamente contro l'aborto, così come ad eliminare dalla loro vita le altre influenze liberali. Tuttavia, penso che un cattolico dovrebbe comprendere i principî politici e morali che sono in gioco nella cultura americana. Non c'è da sperare in una pace permanente di «legge e ordine» finché il culto della libertà dominerà la mentalità del popolo americano, o del popolo di ogni altra nazione.
Penso che i conservatori cattolici americani non devono sostenere, in quanto ideale, il sistema stesso del culto della libertà chi ci ha causato questo problema spaventoso che è l'aborto, i «diritti» degli omosessuali, l'educazione sessuale, la pornografia e tutto il resto. Sul piano politico, la sola posizione veramente cattolica consiste nel desiderare per il proprio Paese una Costituzione che riconosca Nostro Signore Gesù Cristo come Re e la Chiesa cattolica romana come la sola e unica vera Chiesa di Cristo, una Costituzione che sottometta la nazione alle Leggi di Cristo, vale a dire alle Leggi promulgate dalla Sua Chiesa.
Per quanto lontano e impossibile possa sembrare questo stato di cose, tale dev'essere tuttavia, per definizione, l'ideale cattolico. Dico per definizione, perché non ci si può dire cattolici se non si desidera questo stato di cose per il proprio Paese. Tutto ciò che è al di sotto non è un ideale, ma una semplice mezza misura, un miglioramento che tuttavia non è ancora sufficiente. Soprattutto, i politici cattolici dovrebbero opporsi con tenacia ad ogni sistema di governo che postula il culto della libertà umana e vorrebbe porre su un piedistallo l'indifferenza dello Stato in materia di religione. Perché un tale sistema conduce logicamente e precisamente a ciò che vediamo oggi: all'anarchia dei costumi.
Sopra: durante un gay pride negli Stati Uniti ha sfilato un Cristo di carta pesta con i colori dei diritti LGBT.
Tuttavia, lungi dal perdere speranza ed energia, i cattolici dovrebbero lottare con tutte le loro forze per mantenere la linea di rettitudine morale nelle leggi locali e nazionali. Perché se è vero che il culto della libertà conduce inevitabilmente all'anarchia dei costumi, è altrettanto vero che i popoli non sono sempre conseguenti e logici. Una forte pressione da parte dei cattolici e di persone che credono almeno nella Legge naturale, potrebbe infatti apportare alcuni cambiamenti considerevoli in favore del bene.
La mia sola preoccupazione è che la mentalità del cattolico non sia avvelenata dagli ideali protestanti e massonici concernenti la libertà umana e lo Stato laicista e non religioso. E poiché stiamo trattando questo argomento, vorrei approfittare di questa opportunità per fare una messa in guardia contro l'animatore di una trasmissione mandata in onda da una radio nazionale «conservatrice».
Se i commenti di questo individuo sui liberali sono francamente divertenti, una cosa in lui mi disturba: egli interpreta tutto in modo malizioso, e fa delle battute oscene su tutto ciò che c'è di più ripugnante. È due volte divorziato, tre volte «sposato», e questo non corrisponde all'idea che mi faccio di un «conservatore».
Noto anche che con lui le questioni morali sono messe da parte a vantaggio dei problemi economici, i veri temi emergenti. Quest'uomo è purtroppo rappresentativo di un gran numero di conservatori: persone che, come ogni liberale, hanno fatto bancarotta sul piano morale, persone alla ricerca di denaro e di successo che desiderano semplicemente tenere il governo fuori dai loro affari.
Un'altra cosa allarmante, su un certo numero di punti, è il «globalista». Temo che egli educhi i conservatori unicamente per farne delle persone a sua immagine: alcuni adepti così accaniti del culto della libertà, moralmente pervertita, degli egoisti che cercano di tenere alla larga il Governo dalla loro strada verso la felicità, una felicità che consiste nel denaro, nel prestigio e nel successo.
Denigrazione dell'America?
Ora devo rispondere all'obiezione che ho suscitato denigrando l'America. Il termine stesso implica che non c'è nulla che funzioni veramente nel sistema americano. Implica che in sé stessa l'America sia grande e bella, e che i suoi problemi provengano solamente dal fatto che il popolo americano - in particolare i politici - abbiano abbandonato l'ideale americano originario. In realtà, affermo che c'è nel sistema americano qualcosa di molto imperfetto, nel senso che è un Paese che non professa alcuna religione. Un Paese che ritiene di essere senza religione.
Fiero del fatto che le sue leggi non siano regolate da un principio superiore. Fiero di non riconoscere Nostro Signore Gesù Cristo come Re. Ai miei occhi, questa è un'abominazione, un carattere che il popolo americano ha in comune con la folla urlante dei perfidi ebrei nel Pretorio di Pilato. Persino Pilato, benché pagano e pauroso, ebbe il coraggio di far porre sulla croce l'iscrizione «Gesù Nazareno Re dei giudei».
E quando il sommo sacerdote protestò chiedendo che piuttosto fosse scritto «diceva "Sono il Re dei giudei"», per proteggere evidentemente la libertà religiosa del giudaismo, Pilato ebbe il coraggio di rispondergli: «Ciò che ho scritto ho scritto», un modo molto eloquente e molto romano di zittire.
Parimenti, a mio avviso, gli americani dovrebbero porre al di sotto della parola «America» questa iscrizione: «Gesù Nazareno, Re degli Stati Uniti d'America». E se fossero accusati di denigrare l'America (sarebbe infatti un schiaffo alla dea Libertà), penso che dovrebbero avere il coraggio di rispondere: «Ciò che abbiamo scritto, abbiamo scritto». Perché non è in alcun modo contrario alla giustizia dovuta in particolare al proprio Paese segnalare i suoi errori, questi errori sistematici che rischiano di provocare la sua distruzione. Peraltro, sarebbe erroneo amare - sia in un Paese che in un individuo - ciò che in esso è peccato, ciò che in esso non è di Dio.
Nessuno mi convincerà mai che l'indifferenza del Governo americano e della cultura americana nei confronti Dio sia una cosa che gli aggrada. Leone XIII ha detto: «Senza religione, una società ben regolata è impossibile». Tutti noi abbiamo il dovere di essere legati alla nostra patria, sorgente di un così gran numero di beni nella vita di ciascuno. La patria è un'estensione della nostra famiglia; ecco perché dovrebbe essere sempre considerata con rispetto, amore, lealtà e ammirazione.
Ma come è nostro dovere di carità far notare i loro gravi errori ai membri della nostra famiglia, così è nostro dovere di carità segnalare gli errori importanti del nostro Paese. Per l'America - e per tutte le altre nazioni occidentali - si tratta di una mancanza molto importante: essa si gloria della sua indifferenza verso Cristo Re. I cattolici non possono relegare questo flagrante errore classificandolo come un semplice divario politico. Essi devono desiderare per il loro Paese ciò che la loro fede cattolica desidera: il ripudio del culto massonico della Libertà e il riconoscimento pubblico di Cristo Re e della Sua santa Chiesa cattolica.
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