di Michel Berger 1
Premessa
Questo scritto non è uno studio esauriente della questione della santa Sindone, per la quale esistono opere più approfondite (alla lettura delle quali rimandiamo), ma al contrario una breve sintesi che ha lo scopo di mettere in luce solo i punti più interessanti.
introduzione
Definizione
La santa Sindone è il lino funebre che avvolse il corpo di Cristo durante la Sua sepoltura, dopo la Sua crocifissione e morte in croce.
Origine
L'esistenza della santa Sindone è raccontata dai quattro evangelisti:
Non viene poi più riportato nulla negli scritti della Chiesa dei primi secoli, a causa delle persecuzioni romane contro i cristiani. Ma essa apparve qualche secolo dopo e viaggiò attraverso l'Impero romano, la Grecia, la Francia, poi l'Italia, dov'è attualmente conservata come una delle principali reliquie della Chiesa cattolica.
La Sindone: IL film della Passione
Descrizione generale
La Sindone è un telo bianco di lino, lungo 4,36 m e largo 1,10 m, che è stato piegato più volte nella sua larghezza e nella sua lunghezza, durante le sue varie conservazioni.
Sopra; la Sindone completamente aperta.
Sopra; vista frontale e vista dorsale della Sindone.
Quello che vediamo
Sulla Sindone, l'occhio percepisce essenzialmente due cose: la sagoma del corpo di un uomo, appena visibile, e delle tracce di bruciature.
La silhouette
Al centro del sudario, il corpo anteriore e posteriore 2, ha lasciato un leggero segno più scuro la cui densità varia a seconda della vicinanza del tessuto al corpo. Le macchie rossastre corrispondono ai flussi sanguigni.
Sopra: le macchie di sangue nella Sindone.
Sopra: la densità dell'immagine varia a seconda della distanza dal corpo che ha avvolto.
Le bruciature
Ciò che colpisce sono due file di pieghe bruciate incorniciate dai fori prodotti dallo scrigno d'argento parzialmente fuso in cui era ripiegata la Sindone durante l'incendio del 1532 della Sainte Chapelle di Chambéry, in Francia.
Grandi anelli d'acqua sono visibili ai bordi del sudario, oltre che tra il viso e la nuca, sul petto e sulle ginocchia (cioè all'altezza delle pieghe), per l'azione di estinzione dell'incendio.
Sopra: due macchie d'acqua a forma romboidale impresse sulla Sindone.
Un'impronta unica nel suo genere
La scienza ha rivelato:
Inoltre:
Un film della Passione
Per gli uomini di tutte le lingue, la Sindone offre una lettura, non delle traduzioni del Vangelo, ma una lettura visiva della Passione. Le macchie di sangue descrivono e illustrano visivamente i supplizi subiti da Gesù di Nazareth, e i loro contorni chiari mostrano che il Suo corpo non è rimasto a lungo in questo lino funebre. Ecco alcuni estratti dal racconto della Passione secondo l'Apostolo San Giovanni:
Sopra: negativo dorsale della Sindone.
Piccole bruciature a forma di «L» (già note noti ai bizantini)
Oltre a questi deterioramenti, sulla Sindone sono visibili quattro serie di piccoli fori carbonizzati a forma di «L» anteriori al 1532 (data dell'incendio a Chambéry) e quindi più antichi. Queste quattro serie di bruciature, ben visibili sulla Sindone, risalgono al periodo bizantino, senza dubbio causate dalla caduta di carboni d'incenso quando il sudario era piegato in quattro parti.
Sopra: le bruciature a forma di «L» sulla Sindone.
Ciò potrebbe far pensare ad un piccolo incidente durante il suo utilizzo come tovaglia su di un altare bizantino, durante la celebrazione di una grande festa religiosa. Ancora oggi, certe immagini (dette «epitaffi») vengono usate dai cristiani ortodossi come lini liturgici, con finissimi ricami in oro o argento, su fondo porpora o bianco, raffiguranti il corpo di Cristo morto adagiato sul sudario.
Esse vengono venerate ogni Venerdì Santo, e dopo la Festa di Pasqua vengono deposte sull'altare fino al giorno dell'Ascensione. Gli «epitaffi» sarebbero stati ispirati dal vero sudario di Cristo, di cui riproducono fedelmente l'immagine frontale. Nella chiesa di Saint Gommaire, a Lierre, in Belgio, un dipinto raffigurante la Sindone riprodotto nel 1516, ossia sedici anni prima dell'incendio di Chambéry, riporta queste quattro serie di bruciature.
Già prima del 1194, un copista, colpito dal raggruppamento a forma di «L» di questi quattro forellini carbonizzati, li aveva già fedelmente riprodotti nel Codex Pray, prezioso manoscritto nel museo di Budapest.
II Un sorprendente autoritratto
Un'immagine in negativo
Com'è stata realizzata?
Sopra: il volto dell'Uomo della Sindone in positivo e in negativo.
Nessun artista medievale sarebbe stato in grado di eseguire questo ritratto che risulta dalla convergenza di leggi fisiche e chimiche. Dal 1898, la fotografia, rendendo possibile la stampa in negativo dell'immagine, svela il vero volto del condannato.
Le fotografie monocromatiche della Sindone hanno anche la particolarità unica di contenere informazioni provenienti dalla terza dimensione, cioè quella della profondità, così da consentire ricostruzioni in rilievo del corpo che questo lino funerario aveva avvolto.
Un'immagine in rilievo
Nel 1974, Paul Gastineau, grazie ad un espediente di sua ideazione, riuscì a realizzare una scultura in rilievo del volto del Crocifisso. Nessun'altra immagine può raggiungere questo tipo di risultato.
Sopra: immagine in rilievo ottenuta da Paul Gastineau
Sopra: altre immagini che evidenziano le proprietà tridimensionali della Sindone.
Sopra: un'altra foto che mostra le proprietà tridimensionali della Sindone.
Un'immagine misteriosa
L'immagine sul drappo è un negativo naturale che, attraverso la fotografia, dona un'immagine positiva di grande nobiltà. Numerose analisi fisico-chimiche hanno permesso di conoscere la natura dell'immagine, ma la sua origine è inspiegabile e non sappiamo ancora come riprodurla correttamente, tant'è che tutti i tentativi in questa direzione sono falliti.
Sul lino non è stata rinvenuta nessuna traccia di aggregante, pigmento o pittura. Perfettamente isotropa (priva di una direzione; N.d.T.), la Sindone è un'immagine fatta dal nulla, senza il minimo intervento della mano umana. La sua colorazione giallo-bruno deriva dai composti carbonilici formatisi durante un processo di ossidazione e disidratazione della superficie estrema dei fili di lino (profondità 40 micron) lasciando intatta la cellulosa sottostante.
Sopra: a sinistra, il lino della Sindone; a destra lo stesso lino macchiato di sangue.
III Analisi del tessuto
Un'immagine tratteggiata
L'imbrunimento superficiale interessa solo i fili di trama, dando luogo ad un'immagine formata da una coroncina di punti distinti che seguono la spina di pesce del tessuto. Viste al microscopio, le fibre colorate hanno tutte lo stesso colore, cioè una fibra è colorata o non lo è. Le sfumature non sono dovute al cambiamento di colore, ma alla variazione del numero di fibre colorate per unità di superficie.
Le analisi biochimiche hanno rivelato che le macchie più scure sono in realtà sangue umano - che viste al microscopio risultano di colore rosso carminio - che si è coagulato nelle cavità all'intersezione dei fili di ordito e di trama, ma non sui fili, come se il corpo, scomparendo, avesse portato con sé il sangue che aderiva alla pelle.
Sopra: colature di sangue sulla fronte, sopra l'occhio sinistro.
Sopra: un globulo rosso rinvenuto nel tessuto sindonico.
Le macchie di sangue hanno protetto il lino sottostante - che è rimasto intatto - dal processo di formazione dell'immagine. Ciò si traduce in una combinazione di punti rossi e strisce bianche che danno l'illusione di una sfumatura rosacea. I contorni sono netti, perfettamente integri, senza alterazioni, ed è impossibile spiegare come il corpo possa essersi staccato dal lenzuolo senza il minimo strappo di fibrille di lino o di fibrine ematiche.
Una trama rara...
Sopra: tessuto della Sindone a spina di pesce.
Il tessuto di lino della Sindone è assai particolare. È un raro disegno a spina di pesce che è stato tessuto su un primitivo telaio a quattro pedali. Questa rara modalità di tessitura è stata riprodotta intorno al 1348 su un'insegna di piombo (vedi sotto) plasmata in occasione di un pellegrinaggio alla Sindone e conservata al Musée National du Moyen Âge, a Parigi (Cluny).
...riprodotta dai bizantini già nel VII secolo
Alcuni artisti bizantini, ispirati dalla particolarità di questa tessitura, hanno riprodotto la spina di pesce del tessuto su antichi epitaffi.
Sopra: epitaffio bizantino in cui è stata riprodotta la trama del tessuto sindonico a spina di pesce.
Già nel VII secolo, durante il primo regno dell'imperatore Giustiniano II (685-696), i bizantini avevano coniato una moneta d'oro (vedi sotto)ispirata all'impronta sacra.
IV PERIZIA MEDICA DELLA FLAGELLAZIONE
Le ferite
Proprio come in uno specchio, la nostra immagine è invertita. La direzione destra-sinistra dell'impronta del sudario è l'opposto della realtà. Il negativo fotografico, invertendo una seconda volta l'immagine, ripristina la vera direzione destra-sinistra.
I flagelli
È stato ricostituito che i flagellatori dovevano essere posizionati alla distanza di circa un metro dietro la vittima, che aveva le mani legate al supporto che lo immobilizzava e che non poteva proteggersi. Il sudario porta chiaramente i segni sanguinolenti di una terribile fustigazione praticata secondo l'usanza romana e non secondo la legge ebraica.
«Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare» (Gv 19, 1).
Il numero delle ferite da flagellazione supera significativamente i quaranta colpi consentiti dalla legge ebraica. Si possono contare tra le le 100 e le 120 contusioni causate dal terribile flagrum romano, che alle estremità delle strisce di cuoio portava sferette metalliche od ossicini.
Sopra: due tipi di flagrum usati dai romani.
Le tracce dei lividi da flagellazione sono distribuite su tutta la parte dorsale del corpo, dalle spalle ai polpacci. Le ferite alle spalle sembrano essere state schiacciate dal trasporto e dallo sfregamento di un oggetto pesante, come una trave o la croce. Tutte le macchie di sangue, compreso ogni piccolo livido dovuto alla fustigazione, sono circondate da un alone di siero sanguigno che non è visibile ad occhio nudo, ma solo alla luce ultravioletta e alla fluorescenza. Questa osservazione esclude ogni possibilità di imitazione da parte di un artista.
La corona di spine
«Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo» (Mc 15,17).
Sopra: una ricostruzione della corona di spine.
I flussi di sangue (compreso quello che serpeggia sulla fronte) provengono da spine che sono penetrate in profondità nel cuoio capelluto. Alla nuca, i grumi di sangue colati dalla testa sono più marcati nella zona in cui un cerchio di giunchi comprimeva i capelli.
Sopra: colature di sangue nella fronte e nella nuca.
V Perizia medica della crocifissione
I polsi
«Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra» (Lc 23, 33). Il chiodo della crocifissione, che perforava il polso al centro delle ossa carpali lacerando il nervo mediano, provocava un dolore lancinante proiettando il pollice all'interno della mano (il che spiega la ragione per cui solo le altre dita hanno lasciato un'impronta).
E infatti nella Sindone il pollice non si vede perché è all'interno delle mani.
Sopra: anche nel Codex Pray il pollice è all'interno delle mani.
Sopra: anche nell'epitaffio bizantino del VII secolo i pollici sono nascosti.
Osservando attentamente il flusso di sangue dal polso sinistro sulla fotografia di Giuseppe Enrié 4, si vede chiaramente nella parte superiore una zona più chiara di forma quadrata dall'uscita del chiodo.
Tale formazione potrebbe essere spiegata dal fatto che quando è stato staccato il corpo dalla croce ed è stato messo in posizione orizzontale, il sangue ha iniziato ad entrare all'interno del foro. Possiamo così schematizzare il flusso di sangue dai polsi 5:
A: passaggio del chiodo: C e D: i due flussi sanguigni paralleli separati dalla protuberanza B, formata dalla testa dell'ulna.
I piedi
Come le mani, anche i piedi furono perforati da chiodi poggiando sui quali il crocifisso poteva alzarsi e respirare.
Parte superiore del piede destro (dal negativo frontale).
Parte inferiore del piede destro (dal negativo dorsale).
Le colature di sangue
Sopra: colature di sangue lungo gli avambracci nell'immagine in positivo.
Quando il crocifisso era appeso alla croce, il sangue delle ferite situate sui polsi si riversava sugli avambracci. L'angolo del flusso sanguigno rispetto all'asse degli avambracci non è costante. L'angolo dei flussi di sangue rispetto all'asse degli avambracci rivela le trazioni del crocifisso in lotta contro la morte. Infatti, per evitare la morte per asfissia, i crocifissi dovevano alzarsi continuamente per liberare il petto appoggiandosi sui chiodi dei piedi. Questo movimento era obbligatorio per poter espirare l'aria che era diventata stantia e inspirare aria nuova.
La rottura delle gambe (crucifragio) del crocifisso portava alla rapida morte per asfissia rimuovendo l'essenziale punto di appoggio che gli permetteva di sollevarsi per respirare. Nel caso del crocifisso della Sindone, questa pratica non è stata applicata perché era già morto.
Sopra: impronte del braccio destro e sinistro (nel positivo) nelle posizioni assunte durante la crocifissione.
L'angolo dei flussi sanguigni ci dà la posizione delle due braccia rispetto alla trave orizzontale della croce. Disegnando un raggio virtuale in modo che i flussi di sangue dal braccio sinistro siano perpendicolari ad esso, possiamo trovare la posizione reale del braccio. Si può anche osservare dove il sangue, proveniente dall'interno del polso, comincia a scorrere lungo il braccio al limite del legno del braccio orizzontale della croce.
Possiamo ricostruire la posizione del braccio destro allo stesso modo. Partendo da queste osservazioni possiamo determinare la posizione del Crocifisso inchiodato al legno della croce. In questo secondo caso, la perpendicolarità del flusso sanguigno e l'allontanamento dal bordo del legno ci permettono di determinare l'angolo del braccio.
VI Perizia medica del colpo di lancia
«Uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19, 34).
Sopra: ferita toracica al fianco destro.
Sul costato destro, da una ferita lunga 48 mm rimasta spalancata, il sangue è colato sul petto. I bordi di questa ferita, non essendo vicini, ma a 15 mm di distanza l'uno dall'altro, attestano una lesione post mortem.
Lo studio anatomico della ferita toracica provocata da una lancia romana mostra che la lancia ha perforato il quinto spazio intercostale, perforando la pleura e il pericardio, che contengono i liquidi pleurici e pericardici, dello stesso aspetto dell'acqua. Seguendo la stessa traiettoria, la lancia ha poi aperto l'atrio destro del cuore, da cui è uscito il sangue.
La pleura e il pericardio si sarebbero riempiti di siero per l'estremo esaurimento del crocifisso. Questo fluido sieroso è stato drenato anche dalla ferita laterale. L'apostolo Giovanni, testimone oculare della crocifissione di Gesù, riporta questo particolare nel suo Vangelo.
VII La sepoltura
Ricostruzione storica
«Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i giudei» (Gv 19, 40).
Si acquistarono lini funebri e i profumi, ma la sepoltura era appena iniziata (le erbe non erano state ancora applicate). Il corpo del condannato venne adagiato su una metà del sudario dove lasciò la sua impronta dorsale. Durante la sepoltura, un flusso sanguinante dalla ferita del costato andò a circondare i reni. L'altra metà della tela venne ripiegata sul corpo e ricevette l'impronta frontale.
Al momento dell'acquisto del sudario, ne è stata prelevata una striscia larga circa 8 cm per tutta la sua lunghezza. Questa fascia, lunga più di 4 metri, era fondamentale legata al sudario alla cintura e ai piedi, e racchiudeva la parte superiore del corpo. Le macchie di sangue sulla pianta dei piedi e sotto il gomito destro attestano che il corpo del condannato è stato stretto all'interno del sudario.
Gli ebrei francesi praticano ancora oggi l'uso di questo nastro. Gli esperti hanno scoperto che la fascia non è rimasta separata a lungo dal sudario, a cui è stata rapidamente e accuratamente ricucita nella sua posizione originale.
Sopra: striscia tagliata e utilizzata per legare il sudario.
La mattina di Pasqua
«Allora entrò (nel sepolcro) anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette» (Gv 20, 8).
Secondo il racconto del Vangelo di San Giovanni, egli, entrando nel sepolcro, vide che il corpo non era più nel lino (lenzuolo e benda). Questi panni erano semplicemente crollati sulla roccia senza essere stati sciolti o spostati.
Nessuna traccia di decomposizione. Se Colui che era stato deposto in questo sudario fosse rimasto lì, la domenica mattina non avremmo questo tessuto secolare ineguagliabile. La Sindone, testimone del Vangelo, pone la domanda che Cristo fece ai Suoi Apostoli: «Ma voi chi dite che io sia»? (Lc 9, 20).
«Surrexit Dominus vere. Alleluia, alleluia».
Conclusione
Dunque, la Sindone permette di affermare:
● l'impronta del viso e del corpo sulla Sindone in modo non riproducibile; ● l'assenza di residui e di tracce di carne o di pelle, soprattutto dove le ferite avrebbero dovuto appiccicarsi al sudario.
La reliquia della Sindone è quindi un'ulteriore prova della veridicità del Vangelo da un lato e della realtà della risurrezione di Cristo dall'altro 6.
APPENDICE I Breve storia della Sindone di Torino
Conosciuta da diciannove secoli come la Sindone di Cristo che reca un'immagine «non fatta da mano d'uomo», questo lino funerario, oggi custodito nel Duomo di Torino, è stato venerato dai cristiani fin dalle origini, come testimoniano molteplici documenti storici e artistici. Dopo la scomparsa del corpo di Cristo dalla Sua tomba, il Suo sudario sarebbe stato recuperato dalla prima Chiesa di Gerusalemme.
Quest'ultima, dopo essere stata avvertita dalla profezia di Cristo stesso che nell'anno 70 Gerusalemme sarebbe stata devastata e che il Tempio sarebbe stato distrutto, lasciò questa città circa nell'anno 65, per recarsi in Siria al sicuro dal potere romano, portando con sé la preziosa Sindone che sarebbe stata poi nascosta in un luogo segreto (ad Edessa, in Turchia), perché in seguito i cristiani furono perseguitati in tutto l'impero romano.
La Sindone sembra essere ricomparsa nell'impero bizantino all'inizio del VI secolo, per poi rimanere a lungo a Costantinopoli, capitale dell'impero. Nel 1204, questa città fu saccheggiata dai soldati della Quarta Crociata che depredarono la città, sequestrando molte reliquie. Si dice che uno dei capi della Quarta Crociata, Ottone de la Roche († 1234), abbia acquistato la Sindone e l'abbia portata con sé ad Atene.
Sopra: particolare del quadro dipinto da Giovan Battista della Rovere (1561-1627).
Nel 1215, il Concilio Lateranense IV decretò che per tutti i cristiani il furto delle reliquie costituiva una colpa grave. È probabilmente per questo motivo che la Sindone fu segretamente custodita nel castello di Ray-sur-Saône per poi riapparire in pieno giorno in Francia 150 anni dopo, nel 1357, presso la collegiale di Lirey, fondata da Goffredo di Charny (1305-1356). La Sindone fu poi ceduta ai canonici dalla moglie Giovanna di Vergy († 1428), discendente diretta di Ottone de la Roche.
Sopra: un cavaliere templare con la Sindone in una vetrata di una chiesa francese.
Nel 1471, Papa Sisto IV (1414-1484) riconobbe la reliquia come l'autentica Sindone di Gesù Cristo e ne stabilì un culto liturgico. La Sindone ha poi beneficiato di regolari ostensioni religiose solenni. Infine, nel 1578, essa venne trasferita a Torino dove è rimasta fino ad oggi. La fotografia fu inventata nel 1830 e nel 1898 la prima fotografia dell'impronta facciale della Sindone da parte di Secondo Pia, un fotografo dilettante, rivelò, in fase di sviluppo, un ritratto straordinario.
La scoperta generò uno stupore generale perché l'immagine su questo lenzuolo di lino era un negativo che dava, grazie alla foto, un positivo di grande bellezza. Iniziò così un secolo di ricerca scientifica e forense. Questo pezzo archeologico unico è l'oggetto più studiato al mondo da scienziati di tutte le discipline. Nel 1988, i test di datazione al radiocarbonio conferirono alla Sindone un'età medievale, ma i risultati di questi test furono considerati da molti scienziati inaffidabili.
Un metodico lavoro di organizzazione logica di tutti i risultati ottenuti dai vari studi di ricerca scientifica ha permesso di dimostrare che la Sindone «non può non essere» la vera testimonianza «non falsificabile» del racconto della Passione di Gesù Cristo come riportato dai Vangeli. Il Simposio Scientifico Internazionale di Roma, riunitosi nel giugno 1993, ha preso atto del fatto che se la scienza sottopone la valutazione della Sindone allo stesso livello di esigenza epistemologica di quella che viene abitualmente utilizzata nella scienza per identificare i fenomeni fisici, alla luce dei risultati già acquisiti, non può che concludere che essa è scientificamente autentica, ossia che il crocifisso della Sindone è proprio Gesù di Nazareth.
Mettendo da parte volutamente le tante congetture gratuite o fantasiose (sarebbe stata realizzata da Leonardo da Vinci...), per richiamare l'attenzione su alcuni elementi essenziali e su ciò che è necessario sapere, questo piccolo articolo si propone di consentire al lettore in buona fede di rileggere i Vangeli guardando la Sindone, per constatare e concludere.
APPENDICE II La datazione mediante il carbonio 14 7
Premessa
Il 21 aprile 1988 è stato prelevato un nuovo campione dalla Sindone di Torino per effettuare una datazione del tessuto mediante il dosaggio di radiocarbonio C 14 incorporato nella struttura molecolare della cellulosa. Queste operazioni sono state eseguite da tre laboratori (Oxford, Tucson e Zurigo), sotto la supervisione e il coordinamento del dr. Michael Tite, direttore del British Museum Research Laboratory.
Sopra: un campione della Sindone viene prelevato per eseguire i test con il Carbonio 14.
I risultati ufficiali sono stati pubblicati nel febbraio 1989 sulla rivista inglese Nature. Paradossalmente, questi ultimi lavori sembrano datare il «confezionamento» della Sindone nel Medioevo: «1260-1390»!, come è stato scritto durante una conferenza stampa al British Museum (14 ottobre 1988), con un punto esclamativo che non sappiamo se esprima stupore, derisione o trionfo (degli avversari dell'autenticità).
Tuttavia, questi risultati portano a conclusioni assolutamente incompatibili e opposte a quelle che la precedente ricerca scientifica, condotta dalle varie branche coinvolte negli studi di questo reperto.
Che cos'è il Carbonio 14?
Il carbonio è un elemento chimico molto comune in natura. In particolare, esso serve come base per i composti organici, da cui il nome di chimica organica dedicata allo studio dei derivati del carbonio. Il carbonio ordinario e più comune è il Carbonio 12. Trattasi di un elemento costante il cui nucleo è composto da sei protoni e sei neutroni ed è è il sesto corpo della classificazione del chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev (1834-1907) 8.
Il Carbonio 14 è un isotopo del precedente, cioè ha le stesse proprietà chimiche, ma il suo nucleo è più pesante perché è composto da sei protoni, ma associato ad otto neutroni anziché sei. Esso è instabile e si trasforma lentamente in azoto (nitrogeno) emettendo radiazioni Beta. Gli scienziati hanno scoperto che è radioattivo. La radioattività si trova all'interno del nucleo, e - secondo i sostenitori del Carbonio 14 - sarebbe insensibile ad agenti fisici e chimici, e l'esperienza dimostra che il numero di disintegrazioni al secondo sia proporzionale al numero di atomi radioattivi presenti nel campione in esame.
Ciò si traduce in un decadimento (esponenziale) della radioattività caratterizzato dalla durata al termine della quale la metà degli atomi radioattivi è scomparsa. Per il Carbonio 14 questa durata è di 5.760 anni. Questo particolare tipo di carbonio è prodotto dall'azione delle radiazioni cosmiche sull'azoto dell'atmosfera superiore, e forse da altre cause.
Una volta prodotto, esso si combina con l'ossigeno per produrre anidride carbonica che si diffonde nel suolo. Il nostro ambiente contiene permanentemente una certa quantità di Carbonio 14, risultante dall'equilibrio tra la produzione da bombardamento cosmico e la scomparsa per decadimento radioattivo.
Attraverso l'assimilazione della clorofilla, le piante assorbono il gas anidride carbonica che fissa il carbonio e rifiuta l'ossigeno; gli esseri viventi che si nutrono di piante o di altri animali erbivori assorbono il carbonio, lo fissano nel loro organismo tanto che possiamo stimare che il loro livello di carbonio 14 9 sia prossimo a quello presente nell'ambiente.
I materiali inerti o morti non assorbirebbero nulla e il loro tasso di Carbonio 14 decrescerebbe secondo la legge esponenziale sopra citata. Il principio della datazione con il Carbonio 14 consiste nel confrontare il livello di questo isotopo presente oggi a quello che si presume esistesse al momento della morte, per poi dedurre il tempo trascorso dalla morte.
È un metodo che ha un certo valore purché si sia ben consapevoli dei presupposti su cui si basa e della precisione che ci si può aspettare date le concentrazioni molto deboli che sono coinvolte. Chi è interessato a tale soggetto può leggere con molto interesse lo studio svolto da Georges Salet sulla questione, e in particolare a riguardo dei possibili errori di calcolo 10.
Ciò che si può notare nel presente caso è la fretta con cui è stata annunciata la notizia che la santa Sindone sarebbe un falso ancor prima della pubblicazione su Nature delle misurazioni effettuate dai laboratori. D'altronde, nessuno ignora l'accanimento - non scientifico - di certi ambienti laicisti che vorrebbero dimostrare a priori che la Sindone sarebbe un falso.
Lo studio di Frère Bruno Bonnet-Eymard 11, intitolato Le Saint Suaire est Authentique («Il santo Sudario è autentico»; 1988), che riassume le argomentazioni realmente scientifiche a favore dell'autenticità, è entusiasmante, in particolare per quanto riguarda la scoperta delle impronte dei lepton, le monete fatte coniare da Ponzio Pilato che le fotografie mostrano sulle palpebre di Cristo.
Sopra: i lepton sulla Sindone.
Nella sua conclusione, egli giunge a chiedersi se il test del Carbonio 14 sia stato eseguito sul campione della santa Sindone o su quello di un campione risalente all'epoca con cui voleva datare a tutti i costi la Sindone...
Sopra: Frère Bruno Bonnet-Eymard e il suo libro Le Saint Suaire est Authentique.
NOTA SULLA DATAZIONE CON IL CARBONIO 14 A CURA DEL CENTRO CULTURALE SAN GIORGIO
Quando nel 1988, gli studiosi del British Museum rivelarono al mondo intero che, stando ai risultati ottenuti nei tre laboratori, la Sindone sarebbe stata confezionata nel Medioevo, la stampa laica ne gioì e relegò la Sindone tra i falsi della Storia. Tuttavia, permetteteci di farvi notare che questi ricercatori al momento dei test effettuati sul campione prelevato dalla Sindone non hanno tenuto in considerazione tutte le scoperte fatte in altri campi fino a quel momento da altri stimati ricercatori, ignorandoli totalmente. E in particolare, essi non hanno saputo spiegare:
Oltre a tutto ciò, essi si sono ben guardati dal dire che la datazione con il Carbonio 14 può dare luogo a degli errori grossolani, soprattutto se il reperto da datare è stato esposto ad elementi «inquinanti» che possono rendere impossibile una datazione precisa.
Non dimentichiamo che nel 1532 la Sindone è stata esposta ad un incendio, all'argento fuso, all'acqua usata per spegnere il suddetto incendio, ai carboni d'incenso, ai fumi dello stesso, alla cera delle candele, senza contare che nel corso dei secoli è stata toccata e baciata da migliaia di persone, ecc...
E come spiegare, d'altronde, il ritrovamento sulla superficie Sindone di polline appartenente a piante tipiche della Palestina (oltre che delle altre aeree in cui è passata la Sindone) grazie alle ricerche del dr. Max Frei-Sulzer (1913-1983), biologo e criminologo svizzero di alto profilo scientifico?
E infine, gli esperti del British Museum non hanno tenuto in nessun conto i risultati degli studi condotti nel 1978 dallo Shroud of Turin Research Project (STURP), un team di scienziati americani (comprendente esperti della NASA) che effettuò ampie ricerche sulla Sindone durate oltre due anni!
Sopra: gli scienziati dello STURP esaminano la Sindone.
Se non c'è stata malafede, c'è stata sicuramente superficialità.
Note
1 Traduzione dall’originale francese Le saint Suaire (Action Familiale et Scolaire, Parigi 2018, 2ª ed.), a cura di Paolo Baroni. 2 Essendo originariamente realizzato in un unico pezzo, il sudario copriva il defunto coprendo la schiena per metà della sua lunghezza e la parte anteriore del corpo per l'altra metà, piegando il lino sul corpo all'altezza della testa; da qui la sua dimensione di oltre 4 metri. 3 Secondo Pia, avvocato e fotografo dilettante, fu autorizzato a fotografare per la prima volta la Sacra Sindone, durante un'ostensione pubblica. Il negativo della foto scattata il 28 maggio 1898 rivelò all'occhio umano un'immagine molto più significativa di quella della Sindone, il che significava che l'impronta del sudario era già un negativo. 4 Giuseppe Enrié (1886-1961) era un fotografo italiano che nel 1931 scattò alcune fotografie più precise delle precedenti. 5 Lo studio del polso sinistro è di Aldo Guerreschi al Congresso di Sindonologia tenutosi ad Orvieto nel 2000. 6 Da qui i molteplici tentativi da parte dei nemici della Chiesa di cercare di ridurne la portata mediante menzogne e falsificazioni. Tentativi che d'altronde non fanno altro che rafforzare l'importanza del sudario, attaccandosi il nemico a particolari privi di valore. 7 Cfr. L. d’Anselme, La datation par le carbone 14, rivista Action Familiale et Scolaire, nº 82, aprile 1989, pagg. 7-8. La premessa che abbiamo inserito a mo' di cappello è stata scritta da Rémi Fontaine, ed è stata estratta dal nº 86 (dicembre 1989) della rivista Action Familiale et Scolaire. 8 Mendeleiev elencò gli elementi chimici in ordine di massa atomica crescente, in cui il numero di classificazione corrisponde al numero di protoni nel nucleo, dando luogo a: 1 idrogeno, 2 elio, 3 litio, 4 berillio, 5 boro, 6 carbonio, 7 azoto, 8 ossigeno, ecc... 9 Il contenuto di carbonio 14 di un campione è il rapporto tra la massa di C 14 a quello di C 12. Questo tasso è molto basso, dell'ordine di grandezza di 10-12. 10 Vedi in particolare il suo articolo «Le linceul de Turin», apparso sulla rivista De Rome et d’ailleurs, nº 91, novembre-dicembre 1988, pagg. 19-24, dove si parla della datazione mediante il carbonio 14. 11 Cfr. «La réhabilitation scientifïque du Saint Suaire de Turin», in La Contre réforme catholique, nº 250, Natale 1988.
|