IV

L'INSEGNAMENTO E LE

SUE IMPLICAZIONI MORALI

 

 

 Se si analizzano alcuni aspetti dell'Insegnamento visti fin qui, si possono dedurre quali siano le implicazioni morali che conseguono da questa filosofia. Innanzitutto, se l'uomo è una macchina, se non possiede il libero arbitrio, è evidente che l'individuo viene in questo modo de-responsabilizzato, non deve più rispondere delle sue azioni. Chi le ha compiute realmente? Il suo «Io» di adesso o quello prevalente un'ora fa? E se ha compiuto un atto, ne era veramente consapevole o è semplicemente «accaduto»? Tutto questo genera inevitabilmente un relativismo assoluto riguardo all'esistenza e alla morale. In questa nostra epoca il relativismo è divenuto ormai dominante e viene purtroppo accettato da molti senza grosse difficoltà, ma non è sempre stato così: nel corso della storia infatti molti filosofi hanno considerato il concetto di «legge naturale», cioè di un insieme di regole inscritte nel cuore di ogni uomo, indipendentemente dalla sua cultura, razza o religione (si pensi ad esempio a Kant, che dava per scontata l'esistenza di una legge morale valida per tutti e per sempre). gurdjieff2.jpgQueste implicazioni vengono ammesse in maniera piuttosto esplicita dallo stesso Gurdjieff:

 

«Non vi è niente di generale nel concetto di moralità. La moralità è fatta di "ammortizzatori". Non vi è una morale generale. Ciò che è morale in Cina, è immorale in Europa, e ciò che è morale in Europa è immorale in Cina. Ciò che è morale a Pietroburgo è immorale nel Caucaso, e ciò che è morale nel Caucaso non lo è a Pietroburgo. Ciò che è morale per una classe sociale è immorale per un'altra e viceversa. La morale è sempre e dovunque un fenomeno artificiale. Essa è fatta di molteplici "tabù", cioè di restrizioni e di esigenze varie, che talvolta sono sensate nei loro principi, altre volte hanno perduto ogni senso o non ne hanno mai avuto, essendo stabilite su basi false, su un terreno di superstizioni e di terrori immaginari» 1.

 

Il relativismo insito in questi ragionamenti porta a delle gravi conseguenze, facilmente prevedibili, come ad esempio sul modo di distinguere tra morale e coscienza (quest'ultima va qui intesa nel senso di consapevolezza):

 

gurdjieff«Molte persone dicono che non comprendono "il lato morale del vostro insegnamento", disse uno di noi. E altri dicono che "il vostro insegnamento non comporta alcuna morale". "Certamente no", disse G. Le persone amano molto parlare di morale, ma la morale è semplicemente autosuggestione. Ciò che è necessario, è la coscienza. Noi non insegniamo la morale. Insegniamo come si può trovare la coscienza. Le persone non sono contente quando diciamo questo. Dicono che non abbiamo amore. Semplicemente perché non incoraggiamo la debolezza e l'ipocrisia, ma al contrario, strappiamo tutte le maschere. Chi desidera la verità non parlerà mai di amore o di cristianesimo, perché sa quanto ne è lontano. La dottrina cristiana è per i cristiani. E i cristiani sono quelli che vivono secondo il Cristo, vale a dire che fanno tutto secondo i suoi precetti. Possono vivere in conformità con i precetti del Cristo quelli che parlano di amore e di morale? Naturalmente essi non lo possono; ma ci saranno sempre discussioni di questo tipo; ci saranno sempre persone per le quali le parole conteranno più di qualsiasi altra cosa. Ma questo è un segno che non inganna: quelli che parlano così sono uomini vuoti; perciò non vale la pena perdere il proprio tempo con loro.

 

La morale e la coscienza sono cose ben differenti. Una coscienza non può mai contraddire un'altra coscienza, mentre una morale può sempre contraddire e negare un'altra morale. Le morali si distruggono reciprocamente. Un uomo in cui si sono costituiti degli "ammortizzatori" può essere molto morale. Ma gli "ammortizzatori" possono essere differenti; sicché, due uomini moralissimi possono considerarsi l'un l'altro immoralissimi. Di solito, ciò è inevitabile. Più un uomo è "morale", più egli stima "immorali" gli altri uomini che sono "morali" in modo differente.

 

L'idea di morale è connessa all'idea di buona e cattiva condotta. Ma la nozione del bene e del male differisce da un uomo all'altro; essa è sempre soggettiva presso l'uomo 1, 2 o 3; e ogni volta dipende dal momento o dalla situazione. Un uomo soggettivo non può avere una concezione generale del bene e del male. Per un uomo soggettivo, il male è tutto ciò che si oppone ai suoi desideri, ai suoi interessi o alla sua concezione del bene.

 

Si può dire che per l'uomo soggettivo il male non esiste affatto, esistono per lui soltanto differenti concezioni del bene. Nessuno fa mai deliberatamente qualcosa per servire il male, per amore del male. Ognuno agisce per servire il bene come egli lo intende. Ma ognuno lo intende in modo differente. Per conseguenza, gli uomini si sbranano e si massacrano fra di loro per servire il bene. La ragione è sempre la stessa: la loro ignoranza e il profondo sonno nel quale vivono.

 

Ciò è talmente evidente che sembra strano che le persone non ci pensino. In ogni caso, resta il fatto che non possono arrivare a questa convinzione, e ognuno considera il "suo bene" come il solo bene, e tutto il resto come il male. Sarebbe ingenuo e perfettamente vano nutrire la speranza che gli uomini possano giungere a comprendere e sviluppare in loro un'idea generale e identica del bene» 2.

 

Ci permettiamo qui una banale obiezione. Gurdjieff afferma che non ci può essere una morale comune, né che gli uomini possano condividere tra loro una concezione generale del Bene e del Male. Ma se ci si riflette, i fatti lo smentiscono. Possiamo prendere come esempio qualcuno dei grandi Santi che hanno realmente vissuto in conformità con i precetti del Cristo, come San Francesco Saverio o la beata Madre Teresa di Calcutta, che con la loro dedizione e con l'amore per gli altri hanno portato l'insegnamento cristiano a popoli lontani, con una cultura e una morale molto diversa. È accaduto spesso infatti che, dopo una iniziale ostilità, anche molti non cristiani abbiano compreso la bontà di quegli insegnamenti e senza costrizioni si siano poi convertiti, avendo evidentemente riconosciuto nella religione di Cristo dei valori universali da condividere. Gurdjieff chiarisce ancora meglio la sua idea di Bene e di Male:

 

«"Ma il bene e il male non esistono di per sé stessi, al di fuori dell'uomo"?, domandò una delle persone presenti. "Sì", disse G., soltanto che ciò è molto lontano da noi e non vale la pena perdere il nostro tempo a cercare di comprenderlo ora. Ricordatevi semplicemente questo: la sola possibile idea permanente del bene e del male, per l'uomo, è connessa all'idea dell'evoluzione: non certo all'idea dell'evoluzione meccanica, ma all'idea dello sviluppo dell'uomo per mezzo dei suoi sforzi coscienti, del cambiamento del suo essere, della creazione in lui dell'unità e della formazione di un Io permanente.

 

Un'idea permanente del bene e del male si può formare nell'uomo solo in relazione a uno scopo permanente e a una comprensione permanente. Se un uomo comprende di essere addormentato e se ha desiderio di svegliarsi, tutto ciò che potrà aiutarlo, sarà il bene, e tutto ciò che glielo impedirà, tutto ciò che prolungherà il suo sonno, sarà il male. Nello stesso modo, distinguerà ciò che è bene e ciò che è male per gli altri. Ciò che li aiuta a svegliarsi è il bene, e ciò che glielo impedisce è il male. Ma è così solo per coloro che vogliono svegliarsi, vale a dire per coloro che comprendono di essere addormentati. Gli uomini che non si rendono conto di essere addormentati e che non possono avere il desiderio di svegliarsi, non possono avere la comprensione del bene e del male. E siccome le persone, nella loro immensa maggioranza, non si rendono conto di dormire e non se ne renderanno mai conto, né il bene né il male potranno mai esistere per loro.

 

Ciò contraddice le idee generalmente conosciute. La gente ha l'abitudine di pensare che il bene e il male debbano esser il bene e il male per tutti, e, soprattutto, che il bene e il male esistano per tutti. In realtà, il bene e il male non esistono che per pochi, per coloro che hanno uno scopo e che tendono verso questo scopo. Allora, per costoro, ciò che va contro il loro scopo è il male, e ciò che li aiuta è il bene» 3.

 

relatività - escher

Relatività (1953), di Maurits Cornelis Escher.

 

Il processo di risveglio non è affatto semplice, anzi, il cammino è assai duro e non tutti possono arrivare a destinazione, ma la promessa è che chi giunge alla fine, può diventare una specie di superuomo, posto al di là del bene e del male e che non deve più rispondere alle leggi umane. Siamo ben oltre al Principe di Machiavelli e al Raskolnikov di Delitto e castigo di Dostoevskij.

 

«"È necessario il sacrificio", disse G. Se niente è sacrificato, niente può essere ottenuto, ed è indispensabile sacrificare ciò che è prezioso al momento stesso, sacrificare molto e per molto tempo. Tuttavia, non per sempre. Questo di solito non è capito, invece è importantissimo. Occorrono sacrifici, ma quando il processo di cristallizzazione è compiuto, le rinunce, le privazioni e i sacrifici non sono più necessari. Un uomo può allora avere tutto ciò che vuole. Per lui non vi è più legge: egli è per se stesso la propria legge» 4.

 

In pratica, tutto viene giudicato in base ai propri scopi e alla propria utilità. E se non esistono né una morale, né una legge naturale, se il bene è solo ciò che serve a risvegliarsi e il male ciò che lo impedisce, ovvio che anche il concetto di «verità» viene a cadere:

 

«L'idea del bene e del male è talvolta legata all'idea della verità e della menzogna. Ma come il bene e il male non esistono per l'uomo ordinario, così non esistono verità e menzogna. La verità permanente e la menzogna permanente non possono esistere che per l'uomo permanente. Se un uomo cambia continuamente, per lui anche la verità e la menzogna cambieranno continuamente. E se, ad ogni momento, gli uomini sono tutti in uno stato differente, i loro concetti della verità dovranno essere differenti quanto i loro concetti del bene.

 

Un uomo non nota mai in quale modo incomincia a considerare come vero ciò che considerava ieri come falso, e viceversa. Egli non nota questi cambiamenti come non nota il passaggio da uno dei suoi "io" ad un altro. Nella vita dell'uomo ordinario, la verità e la menzogna non hanno alcun valore morale, perché un uomo non può mai attenersi ad una sola verità. La sua verità cambia. Se per un certo tempo, essa non cambia, è semplicemente perché è trattenuta dagli "ammortizzatori". Un uomo non può mai dire la verità. Qualche volta, "qualcosa dice" la verità, qualche volta "qualcosa dice" una menzogna. Così la sua verità e la sua menzogna sono egualmente prive di valore. Né l'una, né l'altra dipendono da lui; esse dipendono tutte e due da cause accidentali. Questo è altrettanto vero per ciò che concerne le parole dell'uomo, i suoi pensieri, i suoi sentimenti, e i suoi concetti di verità e di menzogna.

 

Per comprendere la relazione tra verità e menzogna, nella sua vita, un uomo deve arrivare a comprendere la sua menzogna interiore, le incessanti menzogne che egli dice a sé stesso» 5.

 

bivio bene e male

 

È naturale a questo punto che, se l'unico scopo è quello di «ricordarsi di sé», senza porsi alcun problema sulla moralità del proprio agire, tutto quello che non serve a questo fine allora diventa inutile, se non dannoso. Chi vuole risvegliarsi, pur senza vivere da asceta, deve mantenere un cinico distacco dal mondo e dai suoi problemi.

 

«Abbiamo già abbastanza parlato della "nascita". Nascere sta a significare l'inizio di una nuova crescita dell'essenza, l'inizio della formazione dell'individualità, l'inizio dell'apparizione di un "Io" indivisibile.

 

Ma per essere capaci di giungervi o perlomeno di intraprendere questa via, l'uomo deve morire; questo vuoi dire che deve liberarsi da una moltitudine di attaccamenti e identificazioni che lo mantengono nella situazione in cui è. Nella sua vita egli è attaccato a tutto, attaccato alla sua immaginazione, attaccato alla sua stupidità, attaccato persino alle sue sofferenze, forse più alle sue sofferenze che ad ogni altra cosa. Egli deve liberarsi da questo attaccamento. L'attaccamento alle cose, l'identificazione con le cose, tengono vivi nell'uomo migliaia di "Io" inutili. Questi "Io" devono morire, perché il grande Io possa nascere. Ma come si possono far morire? Essi non lo vogliono. È qui che la possibilità di svegliarsi viene in nostro aiuto. Svegliarsi significa realizzare la propria nullità, cioè realizzare la propria meccanicità, completa e assoluta, e la propria impotenza, non meno completa, non meno assoluta» 6.

 

E coerentemente con questi principi, si arriva ad affermazioni piuttosto spietate come queste:

 

«Tra gli scopi formulati, il più giusto è senz'altro quello di essere padrone di sé, perché, senza questo, nient'altro è possibile. E, in confronto a questo scopo, tutti gli altri non sono che sogni infantili, desideri di cui un uomo non potrebbe fare alcun uso, anche se fossero esauditi.

 

Qualcuno ha detto, per esempio, che voleva aiutare gli altri. Per essere capaci di aiutare gli altri, occorre innanzitutto imparare ad aiutare sé stessi. Un gran numero di persone, di fronte all'idea di portare un aiuto agli altri, si lasciano prendere da ogni sorta di pensieri e di sentimenti, semplicemente per pigrizia. Sono troppo pigri per lavorare su sé stessi, però li lusinga il pensare di essere capaci di aiutare gli altri. È un modo di essere ipocrita e falso verso sé stessi. Quando un uomo si vede realmente qual'è, non gli viene in mente di aiutare gli altri - si vergognerebbe di questo pensiero. L'amore per l'umanità, l'altruismo, sono delle belle parole, ma non hanno senso che quando un uomo è capace, seguendo la sua propria scelta e la sua propria decisione, di amare o di non amare, d'essere altruista o egoista. Allora la sua scelta ha un valore. Ma se non ha scelta, se non può fare diversamente, se è soltanto ciò che il caso ha fatto o sta facendo, oggi altruista, domani egoista e di nuovo altruista dopodomani, che valore può avere? Per aiutare gli altri, un uomo deve imparare per prima cosa ad essere egoista, un egoista cosciente. Soltanto un egoista cosciente può aiutare gli altri. Così come siamo, non possiamo fare nulla. Un uomo decide di essere egoista, ed ecco che regala la sua ultima camicia. Avendo poi deciso di dare la sua camicia, prende quella dell'uomo al quale voleva darla. Oppure, avendo deciso di dare la sua camicia, vuole dare quella di un altro e va su tutte le furie se l'altro gliela rifiuta. E così va la vita.

 

Per fare ciò che è difficile, occorre innanzitutto imparare a fare ciò che è facile. Non si può cominciare dal più difficile» 7.

 

Per concludere, il discorso sulla morale e sulla responsabilità delle proprie azioni, è doveroso riportare almeno un accenno ad una teoria cosmologica assai complessa formulata da Gurdjieff (rimandando al testo di Ouspensky per una trattazione più sistematica). La tesi in questione considera i corpi celesti come esseri viventi, posti in un ordine gerarchico particolare e di conseguenza sottoposti ad un numero diverso di leggi. Tra queste le due fondamentali sono la Legge del Tre, secondo la quale ogni azione sarebbe il risultato dell'azione di tre forze (positiva, negativa e neutralizzante) e la Legge del Sette o dell'ottava, secondo la quale l'Universo consiste di vibrazioni che si sviluppano in modo non uniforme. In questa gerarchia di mondi, la Luna pur occupando il ruolo più basso, allo stesso tempo eserciterebbe un influsso assai negativo per l'intera razza umana:

 

«La Luna è un gigantesco essere vivente che si nutre di tutto ciò che respira, di tutto ciò che germoglia sulla terra […]. La liberazione che viene con la crescita dei poteri e delle facoltà mentali è una liberazione dal giogo della Luna. La parte meccanica della nostra vita dipende dalla Luna, è soggetta alla Luna. Ma se noi sviluppiamo in noi stessi la coscienza e la volontà e sottomettiamo ad esse la nostra vita meccanica e tutte le nostre manifestazioni meccaniche, sfuggiremo al potere della Luna» 8.

 

Alla fine Gurdjieff arriva a delle conclusioni che lasciano a dir poco perplessi:

 

«Per esempio, l'evoluzione dell'umanità oltre un certo limite, o più esattamente oltre una certa percentuale, sarebbe fatale alla Luna. Attualmente la Luna si nutre della vita organica, si nutre dell'umanità. L'umanità è una parte della vita organica; questo significa che l'umanità è un nutrimento per la Luna. Se tutti gli uomini divenissero troppo intelligenti, non vorrebbero più essere mangiati dalla Luna» 9.

 

luna

 

E la de-responsabilizzazione dell'agire umano diviene pressoché assoluta:

 

«C'era una domanda intorno alla guerra: Come impedire le guerre? Non si possono impedire le guerre. La guerra è il risultato della schiavitù nella quale gli uomini vivono. Ad essere esatti, le guerre non avvengono per colpa degli uomini. Alla loro origine stanno forze cosmiche, influenze planetarie. Ma negli uomini non vi è alcuna resistenza a quelle influenze, e non vi può essere, perché gli uomini sono schiavi. Se fossero degli uomini, se fossero capaci di "fare", sarebbero capaci di resistere a queste influenze, e di trattenersi dall'uccidersi l'un l'altro» 10.

 

pianeti

 

  terza parte

quinta parte 

 

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Note

 

1 Cfr. P. D. Ouspensky, op. cit., pag. 174.

2 Ibid., pagg. 175-176.

3 Ibid., pag. 176.

4 Ibid., pag. 40.

5 Ibid., pag. 177.

6 Ibid., pag. 242.

7 Ibid., pagg. 116-117.

8 Ibid., pagg. 97-98.

9 Ibid., pag. 67.

10 Ibid., pag. 117.

 

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