Sopra: immagine propagandistica americana in cui è scritto: «Vendicate Pearl Harbor. Lo faranno le nostre pallottole».
Cinquant'anni fa, il 7 dicembre 1941 3, una forza navale giapponese attaccò di sorpresa la base americana di Pearl Harbor, nelle Isole Hawaii 4. Ciò provocò l'entrata in guerra degli Stati Uniti, a fianco della Gran Bretagna e dell'Unione Sovietica, contro le forze dell'asse (Giappone, Germania e Italia). Di questo avvenimento capitale della Storia contemporanea, il grande pubblico conserva in generale la seguente immagine: i giapponesi hanno attaccato a tradimento gli americani; quattro anni più tardi, essi sono stati puniti per il loro misfatto con una sconfitta esemplare. Un'immagine in parte inesatta e che è il risultato di una notevole opera di disinformazione.
È utile sostituirla con la realtà dei fatti, come si evidenzia dalle inchieste e dagli studi storici effettuati fin dal 1941; emergono così certe spiegazioni preziose sugli obiettivi della politica americana durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale e sugli inizi della marcia verso il mondialismo. Ora esamineremo i fatti, la spiegazione dei fatti e le lezioni che possono essere tratte da questa vicenda.
I I FATTI
Dal 1941 al 1946, otto inchieste ufficiali su Pearl Harbor furono intraprese dalle autorità militari o civili. Esse sembrano essere state condotte nell'intento di nascondere certi fatti. Col tempo, certe realtà ignorate finiscono per liberarsi del camuffamento che hanno subìto; i testimoni parlano; le loro testimonianze vengono raccolte. Nel caso di Pearl Harbor, alcuni libri come quello dell'Ammiraglio Robert A. Theobald (1884-1957), intitolato The Final Secret of Pearl Harbor (1954) 8, o quello - già citato - di John R. Toland (1912-2004) intitolato Infamy: Pearl Harbor and its Aftermath (1982) 9, permettono di comprendere meglio ciò che è realmente accaduto 10.
Parecchi mesi prima di Pearl Harbor, i servizi speciali americani e britannici avevano decodificato i principali codici di comunicazione giapponese (battezzati «Purple», J-19 e AN dagli americani, e corrispondenti al codice diplomatico, al codice dei consolati e al codice della marina). Le informazioni così ottenute avevano presso gli americani il nome «Magic». Dunque, Roosevelt e il suo Stato Maggiore conoscevano nel dettaglio i piani giapponesi e potevano seguirne l'esecuzione e le modifiche giorno per giorno.
Essi furono informati in particolare delle istruzioni giapponesi del 4 dicembre 1941 che davano alle ambasciate e ai consolati giapponesi localizzati negli Stati Uniti e in Inghilterra l'ordine di distruggere i loro codici, il che significava una decisione di entrare in guerra a brevissimo termine. Grazie agli ascolti radio effettuati dalle navi commerciali, essi poterono seguire la marcia della forza navale Kido Butai 11. E dunque, per i dirigenti di Washington l'attacco su Pearl Harbour non poteva essere una sorpresa.
l Le notizie di cui disponeva il comando delle Isole Hawaii
Non andava allo stesso modo nelle Isole Hawaii. I capi militari locali, l'Ammiraglio Husband E. Kimmel (1882-1968) e il Generale Walter Campbell Short (1880-1949), furono tenuti sistematicamente all'oscuro sullo stato delle discussioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e il Giappone, sulle misure prese dal Giappone in previsione di un attacco e sui movimenti della forza navale Kido Butai.
Essi applicarono le consegne provenienti da Washington che gli ingiungevano essenzialmente di proteggersi contro eventuali sabotaggi, di preparare un intervento della flotta nel Sud-Est asiatico e di non prendere nessuna misura che potesse mettere in subbuglio la popolazione locale 12; tutto questo li condusse ad adottare le disposizioni già segnalate... il che facilitò il compito dei giapponesi:
Citiamo la testimonianza dell'Ammiraglio della flotta William Frederick Halsey (1882-1959) 13, che nel dicembre 1941 era uno dei tre principali subordinati dell'Ammiraglio Kimmel: «Tutte le informazioni di cui disponevamo mostravano la probabilità di un attacco giapponese nelle Filippine, nella parte meridionale della Malaysia o nell'Indonesia. Anche se l'ipotesi di un attacco su Pearl Harbor non era esclusa, l'insieme delle notizie che c'era stato comunicato indicava un'altra direzione. Se fossimo stati avvertiti del continuo e scrupoloso interesse di cui facevano prova i giapponesi per le aree esatte e per i movimenti delle nostre navi a Pearl Harbor, interesse manifestato dai messaggi "Magic", non comunicati al comando locale, avremmo evidentemente concentrato le nostre riflessioni sull'atteggiamento pratico da tenere di fronte ad un attacco certo della base» 14.
I dirigenti di Washington - il presidente Roosevelt, l'Ammiraglio Harold Rainsford Stark (1880-1972), capo delle operazioni navali, il Generale George Catlett Marshall (1880-1959), capo di Stato Maggiore dell'esercito - cercarono di coprirsi a vicenda nascondendo i fatti (lo stato di guerra facilitava un tale camuffamento) e lasciando accusare di grave negligenza nel servizio («dereliction of duty») l'Ammiraglio Kimmel e il Generale Short. Tutti i mezzi furono utilizzati: commissioni d'inchiesta oltraggiosamente parziali, testimoni essenziali scartati o sui quali vennero esercitate pressioni affinché non parlassero...
La storia di queste falsificazioni della giustizia ordinata dall'autorità suprema è dettagliatamente descritta nel libro di John Toland; essa porta una prova supplementare - e sorprendente - della realtà dei fatti. L'Ammiraglio Halsey conclude così la prefazione che ha fatto per il succitato libro dell'Ammiraglio Theobald The Final Secret of Pearl Harbor («Il segreto finale di Pearl Harbor»): «Ho sempre considerato l'Ammiraglio Kimmel e il Generale Short come ottimi ufficiali che furono gettati in pasto ai lupi come capri espiatori per avvenimenti che non dipendevano da loro. Essi agirono in base a quanto era stato dato loro di sapere. Sono i nostri martiri militari "fuori serie"» 15.
Il presidente Roosevelt conosceva in
anticipo l'operazione messa in moto dai giapponesi contro Pearl
Harbor, un'operazione rischiosa (l'obiettivo era localizzo a più di
6000 km dal loro punto di partenza) 16,
e che poteva riuscire solamente se la base fosse stata colta di
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