Una delle
conseguenze principali del rifiuto dell'esistenza di un
Creatore, propria del pensiero marxista, è la negazione
del concetto di «natura». Figlia della filosofia
idealista (che per prima ha separato il pensiero dalla
realtà), la dottrina di
Karl Marx non ammette l'esistenza di
comportamenti preordinati insiti nell'animo umano. Tutto ciò
che l'uomo del passato considerava come il risultato di un
disegno o di un progetto ben preciso concepito dalla mente
di Dio, il marxismo lo inquadra come la risultante di
comportamenti accessori dovuti alla cultura imperante.
Poiché per due millenni, la cultura occidentale dominante è
stata quella cristiana, i ruoli dell'uomo e della donna
sarebbero stati forgiati a partire dai fini che la religione
cristiana assegna all'esistenza umana. Alla fine
dell'Ottocento, ma soprattutto da quel grande giro di boa
che sono stati gli anni '60, l'Occidente ha via via
abbandonato la visione cristiana della vita per abbracciare
quella marxista. Facendo proprie le teorie di Darwin e di
Freud, il marxismo ha propugnato una concezione dei
comportamenti umani totalmente intrisa di relativismo:
essi non sarebbero che atteggiamenti intercambiabili a
seconda dello stato psicologico della persona. Il movimento
femminista e quello per i diritti degli omosessuali sono
nati in questo contesto storico, e sono tutt'ora saturi di
questa ideologia, anche a trent'anni dalla caduta del Muro
di Berlino e del crollo dell'impero sovietico. Ed è alla
luce di questa assurda concezione del mondo che bisogna
interpretare l'attuale offensiva in atto contro la famiglia.
Il silenzio sempre più angosciante della Gerarchia cattolica
Mario Palmaro nella sua recente
bella, forte lettera al direttore de La Nuova Bussola Quotidiana,
ha espresso con grande efficacia l'angoscia di noi tutti per il
futuro della Chiesa e dei cattolici, in particolare dei più giovani.
Sul contenuto di questa lettera non si può che concordare in tutto e
per tutto, anche quando denuncia il perdurante silenzio
dell'autorità ecclesiastica di fronte all'offensiva omo e omofila
che sta colpendo il nostro Paese in modo sempre più grave. Questa
offensiva sembra stia per raggiungere l'agognata mèta di leggi
liberticide e corruttrici, quelle che da un lato sanzioneranno
penalmente (sic) chi oserà criticare ancora il vizio
dell'omosessualità in quanto tale, dall'altro imporranno il medesimo
nella società civile facendolo penetrare nelle scuole dall'asilo
all'Università, nell'assistenza sociale, in istituti quali il
matrimonio e le adozioni e in sostanza dappertutto (penetrazione del
resto già in atto sotto la spinta e i finanziamenti di Bruxelles, di
ben note forze politiche nostrane e alte cariche dello Stato,
favorita ora da sentenze allucinanti come la recente pronuncia della
Cassazione sulla legittimità dell'affidamento di minori in
difficoltà a coppie gay). Il quadro generale è sempre più
torbido e cupo, ma la Gerarchia della Chiesa cattolica continua a
tacere, se non per qualche maldestra e ambigua uscita, che manco
a farlo apposta finisce col portare acqua al mulino dell'Avversario
(come quella incredibile del Cardinale
ChristophSchönbrunn, citata da
Palmaro, o quella di papa Bergoglio: «Se un gay è in cerca di
Dio, chi sono io per giudicare»?
Disastrosa perché
interpretata dai media e dai più come se il papa, affermando
di «non giudicare», accettasse l'omosessualità in quanto tale). O
per qualche timido e platonico intervento pubblico isolato nel quale
si afferma che (dopotutto) un bambino avrebbe sempre bisogno di una
padre e una madre, di nascere quindi in una famiglia composta da un
uomo ed una donna. Non si ha nemmeno il coraggio di dire: da una
famiglia normale, secondo natura, come stabilito da Dio. I più
tacciono per paura, credo. Ma ci sono sicuramente anche quelli che
tacciono perché la pensano come il defunto Cardinale Carlo Maria
Martini (1927-2012), il quale (tutti lo ricorderanno) poco prima di morire
disse che la Chiesa, se voleva recuperare «i duecento anni di
ritardo» (sic) che, secondo lui, aveva accumulato rispetto al
mondo moderno, avrebbe dovuto modificare il suo insegnamento e
aprirsi all'opportuno riconoscimento dei (corrotti) costumi
contemporanei, omosessualità inclusa, per la tutela dei supposti
«diritti» della quale, il defunto sembrava mostrare una particolare
sollecitudine.
E ci sono poi quelli come il Vescovo Mons.
Domenico Mogavero, che ha di recente aperto bocca per schierarsi
dalla parte della corruzione dominante allorché, professando
l'incomprensibile nozione di «centralità della persona»,
ha richiesto il riconoscimento statale delle «coppie di fatto» o
«conviventi», in generale e quindi di ogni tipo, perché questo
esigerebbero «la misericordia cristiana e i diritti universali».
Cardinale Schönbrunn
Cardinale Martini
Mons.
Mogavero
Le «convivenze di fatto» rappresentano oggi una delle principali
cause di dissoluzione della famiglia e del matrimonio cristiani,
predicati e difesi dalla Chiesa da due millenni. Quelli come il Mons. Mogavero, chiamati da Dio ad essere i nostri padri spirituali e
i nostri maestri per condurci alla vita eterna, facendo l'apologia
dell'errore e del peccato si pongono esplicitamente contro l'etica
sempre insegnata dalla Chiesa, che riposa sulla Verità rivelata da
Nostro Signore. A costoro, è nostro dovere di cattolici ricordare i
severi ammonimenti del Signore: Guai a voi, cattivi pastori, «che
serrate in faccia agli uomini il regno dei cieli; e non ci entrate
voi né lasciate che c'entrino quelli che ci vogliono entrare» (Mt
23, 13). Cattivi pastori che imperversate da tanti anni ormai senza
che la Suprema Autorità della Chiesa intervenga richiamandovi
all'ordine, non sfuggirete all'ira divina nel giorno del Giudizio!
Anzi, sarete trattati peggio della Sodoma e Gomorra della quale vi
fate oggi paladini (Mt 11, 24).
Un autore tedesco demolisce l'ideologia
di genere
Data la tragica attualità assunta dal
fenomeno, mi sia consentito proporre all'attenzione dei cattolici il
breve ma incisivo saggio del giornalista e pubblicista tedesco
Volker Zastrow, tre edizioni fra il 2006 e il 2010, che analizza
in modo esemplarmente critico la «filosofia di genere»,
l'ideologia partorita dalla pseudocultura femminista e gay
che vaneggia di una supposta natura «sociale» e non
«naturale» del sesso2.
Questa ideologia viene utilizzata, come se fosse una cosa seria, per
giustificare la protezione e la diffusione dell'omosessualità
(maschile e femminile) da parte dei governi. In Germania e Svizzera,
nell'area prossima ai cattolici fedeli alla Tradizione della Chiesa,
si è sviluppata in questi anni una pubblicistica che ha sottoposto a
valide e ben documentate critiche i fondamenti di questa ideologia,
dimostrandone la totale inconsistenza3.
Quest’ottimo saggio fà vedere in particolare l'assoluta falsità
della pretesa dell'omopensiero secondo la quale la
scienza avrebbe dimostrato la natura «sociale», «culturale» e non
naturale del sesso. Il saggio si giova a tal fine di una precisa
ricostruzione dell'atroce «caso Reimer», il ragazzo ebreo vittima
assieme al fratello (si suicidarono entrambi) delle sperimentazioni
della nascente «filosofia di genere». Le pretese della
Genderphilosophie, oltre che al buon senso e alla ragione
rappresentano un'offesa a Dio, che ha creato l'uomo e la donna
affinché si unissero in legittimo matrimonio, procreassero figli in
una famiglia da loro stessi costituita e popolassero la Terra.
Questa offesa sta diventando sempre più grave, dobbiamo pertanto
attenderci che i castighi già in atto diventino ancora più tremendi.
Un esempio dell'aggravarsi delle offese a Dio: in documenti
elettronici di vario tipo, da riempire via internet, non si
legge da qualche tempo, quando si tratta di dichiarare la propria
«identità sessuale», come dicono: «Genere: uomo, donna, altro»?Altro! Addirittura! E questo incredibile «altro» dei
documenti è un frutto della filosofia del «gender mainstreaming».
Che vuol dire «gender
mainstreaming»?
Nessuno lo sa. È una caratteristica
del «politicamente corretto» servirsi di termini ambigui, criptici,
che solo gli iniziati sanno utilizzare ai loro fini. Gli iniziati
sono qui gli ambienti femministi e gay. Il termine, nota
l'Autore, è oscuro anche in inglese ed è intraducibile alla lettera.
E non solo in tedesco. Esso implica l'idea di condurre o ricondurre
qualcuno o qualcosa nella corrente («stream») principale o
maestra («main»), il«main stream» appunto. In
inglese, la parola «mainstream» è usata di frequente come
aggettivo, nel senso di «importante», «principale» o «tradizionale».
Ad esempio, «the mainstream jazz» è la musica del jazz
detto tradizionale; «the mainstream theologians» sono i
teologi più importanti, ecc... Ma è nel linguaggio della
Rivoluzione Sessuale
che tale termine viene soprattutto impiegato come verbo. L'entità
che verrebbe condotta o ricondotta nella «corrente principale»
sarebbe appunto «il genere», maschile e femminile, i due sessi. Ma
può esistere una «corrente maestra» concernente i due sessi, nella
quale meglio situarli? Che significa? Nel sottotitolo dell'opera,
egli ci dà la sua libera traduzione del termine in questione.
Letteralmente: «politico rovesciamento dei sessi». «Mettere nella
corrente principale» il genere significa condurlo-ricondurlo nella
«corrente maestra», rappresentata da che cosa? Lo si intuisce:
dalla perfetta uguaglianza tra i sessi o generi,
rappresentativa della «vera» sessualità. E questa
azione dev'essere condotta dalla politica e quindi mediante la
legislazione statale e sovrastatale (Comunità Europea, ONU).
Si tratta allora di un «radicale rovesciamento ("Umwandlung")
politico del genere». Ossia: «della politica del
rovesciamento o dell'inversione dei sessi». Siffatta incredibile
politica è perseguita attivamente dal governo tedesco, nascosta nei
programmi il cui scopo ufficiale sembra quello di promuovere la
perfetta uguaglianza («Gleichstellung») tra l'uomo e la
donna.
Questi programmi sono sempre elaborati su materiali
femministi. Nei siti web del Ministero della Famiglia
tedesco, la parola «Gender mainstreaming» è usata di
frequente, senza esser tuttavia mai tradotta o spiegata. Ma si
riesce a capire che la nozione del «Gender mainstreaming»
implica la «modificabilità» dei ruoli dei sessi, così
come intesi dal punto di vista sociale e culturale tradizionale4. Questa è
indubbiamente la nozione chiave:
la «modificabilità» dei ruoli tradizionali dei sessi. È ovvio che la
parola inglese «gender» ha acquisito un nuovo significato,
non può esser intesa quale semplice traduzione della parola italiana
«genere» o del suo equivalente tedesco («Geschlecht»): genere
umano, genere (sesso) maschile, femminile. Ma qual è stata l'origine
di questo suo nuovo significato? Questo è un punto che mi sembra
particolarmente importante. Il nuovo significato proviene da
elucubrazioni di psicologi esperti in «psicologia sessuale», che
hanno voluto fabbricare un fondamento «teorico» alle esigenze della
sensibilità dei cosiddetti «transessuali». Vale a dire, di
uomini del tutto normali dal punto di vista biologico, i quali,
volendo tuttavia essere come le donne, sostenevano di sentirsi a
disagio nel loro corpo naturale, che sembrava loro pertanto «falso».
Si trattava evidentemente di individui dalla sensibilità per così
dire anomala. Per accontentarli, alcuni di questi psicologi hanno
inventato la teoria secondo la quale esistono due «generi». E cioè:
il «genere biologico» (il sesso, in inglese) e «il
genere nel senso psichico-emotivo o per così dire
metafisico, nettamente separato ("abgelösten") dal sesso naturale»5. Il genere nel senso «psichico-emotivo»,
sarebbe allora il genere per eccellenza: il «gender». Si
tratta del sesso (o identità sessuale) che uno/una
si fabbricherebbe da sé stesso/sé stessa, secondo i
suoi desideri!
L'assurdità dei due «generi»
Il fondamento logico e scientifico di
una simile «teoria», osservo, sfugge a qualsiasi persona dotata di
buon senso e sana di mente. Sfugge, per il semplice motivo che non
esiste. Inevitabilmente, i movimenti omosessuali si sono impadroniti
della «teoria», dalla quale hanno elaborato la nozione del
«gender» come «genere sociale». Il «genere sociale» sarebbe il
genere che la società vuole imporre e che richiede l'eterosessualità6. L'eterosessualità (l'attrazione e la
relazione fisica, affettiva e sentimentale naturale tra i due sessi)
viene allora concepita in modo del tutto erroneo e distorto: essa
non apparterrebbe alla natura, sarebbe costruita e imposta dalla
società, da una certa «cultura» ovviamente «patriarcale»
e «maschilista»! L'eterosessualità sarebbe allora nient'altro
che un'«ideologia», una «costruzione socio-politica»7. La componente lesbica del femminismo,
sempre presente, ma oggi nettamente dominante, si è gettata a corpo
morto nell'elaborazione di questa «teoria», portandola all'estremo.
Le lesbiche gridano oggi in modo sempre più allucinato: «Ogni
donna è bisessuale per natura; essere madri e donne di casa
non è che schiavitù, imposta dalla società sempre dominata
dagli uomini»!8.
L'Autore mette bene in rilievo i legami tra i movimenti delle donne,
il lesbismo e la componente femminile dei quadri dirigenti tedeschi
e internazionali, in particolari di quelli dell'ONU9. Ma da tempo ci si è comunque accorti,
anche al di fuori della Germania, annoto, dell'esistenza di questa
rete omo-femminile-femminista in quasi tutte le organizzazioni
dirigenti e di potere
(culturali e politiche) dei Paesi cosiddetti
«occidentali». Influente sembra anche la rete delle «accademiche»
che popolano le ben retribuite cattedre degli istituti universitari
dediti ai cosiddetti Women's Studies, dal taglio
prevalentemente letterario e sociologico, diffusi (per ora)
soprattutto nel mondo anglosassone; «studi» culturalmente inani se
mai ve ne furono, ma fondamentali nell'elaborazione dell'ideologia
di genere, che essi contribuiscono attivamente a diffondere con
gruppi di studio, ricerche e pubblicazioni che costano nell'insieme
milioni di dollari all'erario dei loro Stati. La subcultura
femminista ed omo si sforza dunque di contrapporre il supposto
«genere» autentico (socio-emotivo) al supposto «genere»
falso (naturale), che sarebbe quello fabbricato dalla società.
L'assurdità dell'impostazione è palese. Nel genere supposto
«autentico», concepito in modo del tutto separato dal suo substrato
biologico sì da poter esser l'espressione di tutte le pulsioni della
nostra soggettività, vi si può immettere tutto ciò che si vuole.
Esso viene a dipendere dal gusto personale di ciascuno. Dobbiamo
pertanto esser considerati tutti come dei «gendernautae»
(sic), dei liberi naviganti nella grande corrente maestra (nel «mainstream»)
della sessualità senza frontiere; cioè nella sessualità
priva di differenze checchessia tra mascolinità e femminilità
(questo è il punto che interessa veramente) poiché le differenze
sarebbero puramente psichiche (o culturali) e nient'affatto
biologiche!10. Ma i movimenti
omosessuali pretendono addirittura di aver trovato nella scienza
medica un valido fondamento a queste loro «teorie». Riportando alla
memoria il terribile «caso Reimer», oggi praticamente caduto
nell'oblio, la seconda parte del saggio di Zastrow si occupa
dettagliatamente di questo aspetto, mettendo bene in luce
l'impostura che vi predomina11.
Il caso Reimer
L'infelice Bruce Reimer e il suo gemello monozigote Brian
erano due israeliti canadesi, nati il 22 agosto 1965. Sette mesi
dopo la nascita, un medico malaccorto, nel circoncidere Bruce con
uno strumento elettrico, ne danneggiò involontariamente ma
seriamente il pene, ustionandolo e riducendolo così ad un moncone12. Per prevenire le frustrazioni che la
cosa avrebbe potuto provocare nel giovane, i suoi genitori ebbero
l'infelice idea di rivolgersi ad uno psicologo neozelandese, tale
John Money (1921-2006), che all'epoca lavorava nella
Johns-Hopkins-Clinic di Baltimora, negli Stati Uniti, e si stava
facendo una certa fama di innovatore nel campo della sessualità,
soprattutto in televisione.
Purtroppo costui era un fanatico
precursore della «gender theory». Si occupava di bambini
«intersessuali», detti impropriamente «ermafroditi» (perché alla
nascita non avevano ancora un sesso ben definito, riscontrandosi una
«contraddizione tra i loro organi sessuali e il genere quale
risultava dai cromosomi»). Money ne manipolava chirurgicamente
gli attributi virili, spesso castrandoli, e poi si sforzava di
trasformarli in femmine grazie a cure di ormoni, chirurgia plastica
in quantità ed una manipolazione «pedagogica» appropriata13. Money propagandava «terapie» che
all'epoca erano d'avanguardia, per così dire, quali il «sesso di
gruppo», la bisessualità, i «fucking games» tra
fanciulli («jeux d'enfants» mimanti la fornicazione) e altro14. Diceva che l'«identità di genere»
era cosa del tutto diversa dal «ruolo di genere». Giocando su
questa pretesa «discordanza», sarebbe stato sicuramente possibile,
«fare di un ragazzo una ragazza e di una ragazza un ragazzo»15. Egli applicò queste sue aberranti idee a
Bruce Reimer. A ventidue mesi il poveretto «fu evirato e con la
pelle dei suoi testicoli Money gli fabbricò le labbra rudimentali di
una vagina»16.
Dopo di che, si
cominciò a vestirlo come una bambina, a dirgli ogni giorno che era
una femmina, a chiamarlo «Brenda» e ad educarlo come una bambina. Il
fratello gemello, Brian, fu costretto a partecipare all'impresa come
«osservatore scientifico» del progresso di suo fratello sul cammino
dell'effeminamento. Bruce fu imbottito di ormoni femminili, gli
furono fatte delle operazioni di chirurgia plastica. «Brenda
Reimer – si diceva – sembrava veramente un ragazza
affascinante, dai lunghi capelli» (sic). Money diventò celebre.
Una celebre femminista, la lesbica americana Kate Millet, nel
suo best-seller
Sexual Politics (1970), si appoggiò su
di lui per «dimostrare» che «l'eterosessualità altro non è
che ideologia», essendo il sesso nient'altro che una
creazione della «cultura» e dell'«educazione».
Bruce Reimer
John Money
Kate Millet
Basandosi anch'essa
sull'esperienza di Bruce Reimer, l'autorevole New York Book
Review decretò che «se uno dice ad un ragazzo che è una
ragazza e lo alleva come tale, costui si comporterà in tutto come
una ragazza»17. Il «caso Reimer»
era citato nei libri scientifici. Ancora nel 2004 la letteratura
femminista osava portarlo in palmo di mano quale dimostrazione
vivente delle sue «teorie» sulla natura esclusivamente «culturale»
del «genere»18.
Era tutta un'impostura
Ma nella realtà, come erano andate le
cose? Esattamente all'opposto di quanto diffuso dalla propaganda
femminista. Il povero Bruce rifiutava di mettersi gli abiti da
donna, li stracciava, doveva essere costretto ad indossarli. Come
tutti i ragazzi della sua età voleva giocare con le automobiline e
le armi e non voleva saperne di bambole, gioielli, vestiti. A scuola
«Brenda» era un disastro. Cadeva in preda a crisi di nervi e
diventava violento. Tutti i compagni lo odiavano e lo chiamavano «il
troglodita». Era ovvio che Bruce non voleva diventare «Brenda». A
undici anni, pensò al suicidio19.
Ogni anno i due gemelli erano costretti a recarsi a Baltimora per
subire una visita di controllo da parte del suddetto Money. Per
entrambi questa visita era un incubo spaventoso, come risulta dai
particolari riportati da Zastrow e che risparmio al lettore20. Il loro aguzzino voleva effettuare nuove
operazioni chirurgiche sul povero Bruce per «perfezionare la sua
femminilità». Ma il ragazzo si rifiutò sempre tenacemente.
Diceva apertamente che non voleva diventare una femmina21. Quando raggiunse i tredici anni d'età le
visite a Baltimora ebbero finalmente termine. Nonostante la
somministrazione di grandi quantità di ormoni femminili, Bruce ebbe
una pubertà da maschio. Si affidò allora agli ormoni maschili.
Cambiò il suo nome in quello di David perché si sentiva come Davide
contro Golia. Recuperò per quanto possibile l'uso dei suoi genitali
e si sposò.
Ma era ossessionato da un profondo senso di vergogna,
per tutto quello che aveva dovuto subire, e alla fine la
disperazione ebbe purtroppo il sopravvento. Nel 2004 si uccise con
un fucile da caccia, all’età di trentanove anni. L’anno precedente
il suo gemello si era anch'egli suicidato, ingerendo sonniferi22. A partire dal 1980, Money non menzionò
più il caso Reimer nelle sue pubblicazioni. Ma continuò a sostenere
la validità delle sue teorie, unitamente alle femministe, com'era
ovvio. Ma «l'esperimento» che avrebbe dovuto provare la validità
della teoria (ossia che essere uomo o donna dipende solamente
dall'educazione, dalla «cultura») aveva nei fatti dimostrato che la
teoria era del tutto fallace. La ciarlataneria di Money diventava
sempre più evidente. I suoi metodi «terapeutici» furono contestati,
la Gender Identity Clinic chiusa nel 1979. Si abbandonò il
metodo disumano di intervenire immediatamente per via chirurgica sui
cosiddetti «ermafroditi». Oggi, per fortuna, si è diventati molto
più prudenti. Si aspetta che essi raggiungano la pubertà, il cui
esatto sviluppo non può esser previsto. Gli interventi chirurgici
sono limitati al minimo e solo con il consenso degli interessati23. Quando la vera storia del povero David
Reimer venne alla luce, Money fu subissato di critiche. Si difese
replicando che tutte le critiche altro non erano che un mucchio di
«pregiudizi antifemministi». A suo dire, tutti coloro che
sostenevano essere la differenza tra uomini e donne
«geneticamente fissata», volevano solo «rinchiudere le
donne nel loro ruolo tradizionale, ancorato al letto e alla
cucina»24. Le risposte di
Money erano puramente polemiche, prive di qualsiasi spessore
scientifico, per evidenti motivi. E tuttavia l'influenza pubblica
delle teorie di Money, sottolinea Zastrow, ha continuato a farsi
sentire per lo meno sino alla fine del secolo appena trascorso.
«Senza il lavoro precorritore di Money, la "Gender Theory" ben
difficilmente si sarebbe profilata all'orizzonte del femminismo
mondiale, sino a venir adottata dall'odierno linguaggio burocratico
della Repubblica Federale Tedesca. Ciò che Money propagandava nel
1965, lo si può ritrovare oggi nel sito web della Ministra tedesca
per le questioni femminili, ove si legge: "All'opposto del genere
biologico, i ruoli dei generi si possono apprendere solamente (nella
società)"»25.
Sarebbero appunto
frutto della «cultura», non della «natura». E lo si ritrova oggi,
aggiungo da parte mia, nelle incredibili Linee guida per
un'informazione rispettosa delle persone LBGT, manualetto
pubblicato nel 2013 a cura del Dipartimento per le pari opportunità
(altro prodotto della «filosofia di genere»), alla pag. 7
dell'edizione on-line, con esplicito richiamo ai Women's
Studies quale laboratorio intellettuale di questa falsità. Il
dictum della ministra, come dimostra il brillante e coraggioso
studio di Zastrow, è costruito interamente sul vuoto; anzi, su di
una colossale menzogna, quella stessa, a ben vedere, diffusa
dall'icona del femminismo mondiale, la corrottissima Simone de
Beauvoir (1908-1986), l'amante bisessuale del famoso filosofo
esistenzialista, l'erotomane Jean-Paul Sartre
(1905-1980): «Donne non si nasce, si diventa»26. Ormai sappiamo per lunga esperienza
che la menzogna è il pane quotidiano del «politicamente corretto».
Nell'accusare il regime sovietico che fu, Aleksandr Solženicyn
(1918-2008)disse, in una celebre conferenza, che né i popoli
né gli individui possono «vivere nella menzogna». La nostra
decadente democrazia euro-americana propala oggi le peggiori
menzogne, tra le quali il «gender mainstreaming», occupa
sicuramente un posto d'onore. E chi, se non il demonio, è «il
padre della menzogna» (Gv 8, 44)?
Simone de
Beauvoir
Jean-Paul Sartre
Aleksandr Solženicyn
La «gender theory»
nega l'evidenza fornita dalla natura
Alcune riflessioni finali, senza
pretesa di completezza, si impongono. Le differenze naturali tra
maschi e femmine non sarebbero per l'appunto un prodotto della
natura, ma della «cultura» socialmente dominante, onde il vero sesso
sarebbe il «genere» al quale l'individuo vuole scegliere di
appartenere, etero, omo, trans, ecc... che sia? Una simile «tesi»
implica l'assunto che in natura i caratteri sessuali non siano ben
marcati e distinti nel maschio e nella femmina, né dal punto di
vista fisiologico né da quello anatomico. Ma ciò è insostenibile
perché contro l'evidenza più
elementare. Gli apparati sessuali di
uomini e donne sono costruiti diversamente, ma in modo da essere
interdipendenti nel senso di complementari gli uni agli altri, dal
momento che si integrano perfettamente ai fini del concepimento
della prole. Sono così per opera della natura, evidentemente, dato
che maschi e femmine nascono in quel modo sin da quando esiste il
genere umano. Tale complementarità risulta non solo dalla
fisiologia, ma anche dall'anatomia. L'utero della donna è costruito
in modo da poter esser penetrato dal membro maschile per esser
fecondato e dar luogo alla formazione del feto e del bambino.
Invece, la parte finale dell'intestino che chiamiamo il retto, con
la sua propria struttura muscolare (lo sfintere), mostra l'anatomia
di un organo costruito unicamente per poter evacuare le feci, non
per altri usi. E se lo si utilizza a fini sessuali, sia che ciò
avvenga tra maschi o tra maschi e femmine, si tratta evidentemente e
comunque di un uso contro-natura, come si è sempre
giustamente ritenuto. Contro-natura, non solo per il carattere
ripugnante della cosa, ma già per il fatto di sfogare la propria
concupiscenza mediante un organo che la natura non ha destinato a
quell'uso, ma all'evacuazione, come risulta inequivocabilmente dalla
nostra anatomia. Scegliere il retto al posto dell'utero, costituisce
pertanto scelta contraria a quella della natura e quindi
contro-natura. Questa scelta viola l'anatomia di una determinata
parte (quella rettale) della nostra costituzione fisica, la quale è
evidentemente un prodotto della sola natura. La condanna morale ed
estetica di questo uso perverso si fonda pertanto in primo luogo già
sul fatto obiettivo della costituzione anatomica dell'essere umano.
E quindi sulla natura dello stesso, così com'è in sé, come Dio l'ha
fatta, nella sua perfetta e compiuta anatomia. Nessuna persona
sensata può infatti sostenere che la nostra anatomia di esseri umani
sia un prodotto della «cultura».
Gli apparati riproduttivi degli
esseri umani sono simili a quelli degli altri mammiferi. Ci rendono
simili agli animali, dal lato appunto della natura, costituita in
modo da potersi riprodurre e perpetuare. L'istinto della
riproduzione, che, utilizzando il desiderio del piacere carnale,
spinge all'accoppiamento tra maschi e femmine, ce l'abbiamo o no, in
quanto puro istinto, allo stesso modo degli animali? E negli animali
deve considerarsi un prodotto della natura o della «cultura»? Gli
animali non hanno né società né «cultura»; quindi è la loro natura
che, sotto forma di istinto, li spinge all'accoppiamento tra maschi
e femmine per la riproduzione. E ciò che qui vale per gli animali
non vale anche per noi, per quella parte della nostra natura che è
appunto animale, intendendosi il termine in senso puramente
biologico? Inoltre, la natura non può aver creato una tendenza
omosessuale naturale negli esseri umani da essa forniti di apparati
riproduttivi tra loro complementari, nelle due forme del maschio e
della femmina: non può perché l'omosessualità è per
definizione intrinsecamente sterile. Dire che la natura l'ha
posta in noi come tendenza naturale allo stesso modo
dell'eterosessualità, in modo che potessimo scegliere a seconda dei
gusti, equivale a dire che la natura avrebbe programmato la
propria estinzione, in quanto natura. Il che non è razionalmente
sostenibile. E se la natura ha posto come naturali in noi tendenze
omo, per qual motivo ci ha allora fornito dei due apparati
riproduttivi tra loro complementari e nello stesso tempo così ben
differenziati nei due tipi che costituiscono il maschio e la
femmina? Tanto per perder tempo? Se le tendenze omo fossero
naturali, la natura sarebbe in sé stessa contraddittoria perché da
un lato avrebbe costruito gli individui come maschio e femmina in
modo da renderli fisiologicamente e anatomicamente atti a soddisfare
l'istinto naturale della riproduzione, istinto vitale; dall'altro,
li avrebbe simultaneamente forniti di un istinto del tutto opposto o
istinto di morte, consistente nel sottrarsi all'istinto
vitale utilizzando i loro organi sessuali in attività omosessuali,
non conformi alla loro fisiologia e anatomia, create queste ultime
sempre dalla natura.
Una natura minata da una contraddizione del
genere non avrebbe in realtà potuto mantenersi a lungo ed anzi,
a ben vedere, nemmeno esistere. Dire che il sesso non
esiste in natura perché è una libera scelta dell'individuo, quale
essa sia, che lo Stato si deve limitare a riconoscere, perché in
natura al posto del maschio e della femmina (dei due sessi)
esisterebbe invece un «genere» del tutto psicologico, in sé
indeterminato, che ricomprenderebbe mascolinità e femminilità o
«altro» come semplici possibilità da esplorare a piacere: pensare
questo significa in primo luogo avere un'idea del tutto sbagliata
della natura e del suo modo di operare, oggi ampiamente illustrato
dalla scienza, che conferma l'esistenza in essa di un ordine basato,
per ciò che riguarda il mondo animale, sulla complementarità feconda
e ineliminabile dei due sessi, maschile e femminile, la cui
reciproca, istintiva attrazione soddisfa quella fondamentale
esigenza di riproduzione, mediante la quale la natura stessa esiste
e si perpetua.
La Dr.ssa
Elisabetta Frezza, giurista, rivela magistralmente in
questo video come dietro la facciata della lotta alla
discriminazione, si nasconda in realtà un oscuro disegno,
attuato dai grandi gruppi del potere economico-finanziario.
Descrive accuratamente che cos'è l'ideologia gender,
come è nata, la sua presenza nei documenti internazionali e
nella legislazione italiana, illustra i progetti concreti
già avviati nelle scuole. Per scaricare questo video
clicca qui.
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Cfr. V. Zastrow,
Gender. Politische Geschlechtsumwandlung, mit Zeichnungen von Anke
Feuchtenberger («Genere. La politica dell’inversione dei sessi.
Incisioni di Anke Feuchtenberger»), Edition Sonderwege bei
Manuscriptum, Waltrop und Leipzig, 2010, pagg. 58. In forma più
ridotta una mia recensione a questo lavoro è apparsa sul trimestrale
francese Catholica, nº 112, Estate 2011, pagg. 92-96, con il
titolo: «Le mensonge diabolique du Gender mainstreaming». Il
testo è stato da me interamente rivisto e ampliato, modificato in
più punti. Ringrazio la direzione della rivista per aver gentilmente
consentito a questa riedizione in italiano.
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Vedi, tra gli altri: M.
Spreng–H. Seubert
(a cura di A. Späth),
Vergewaltigung der menschlichen Identität. Ueber die Irrtümer der
Gender-Ideologie («La falsificazione dell'identità umana. Sugli
errori dell'ideologia di genere»), Verlag Logos Editions, Ansbach,
2012, pagg. 110; I. M.
Thürkauf, Gender Mainstreaming. Multikultur und die Neue
Weltordnung («Gender mainstreaming. Multiculturalità e Nuovo
Ordine Mondiale»), Schweizerzeit-Schriftenreihe, nº 55,
Schweizerzeit Verlag, Flaach, 2013, pagg. 47.
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Traduco letteralmente. Il testo dice: «Kastrierte und aus der
Haut seines Hodensacks rudimentäre Schamlippen formte»; cfr. V. Zastrow,
op. cit., pag. 42.