di Philippe Bourcier de Carbon 1
Premessa
Tenga ben presente il lettore che questo scritto è stato redatto nel 1999, e che perciò l'istantanea geopolitica che esso presenta è ampiamente superata. Fermo restando che i principî che animano l'élite globalista sono gli stessi, bisogna sottolineare che alcuni eventi che in quegli anni sembravano inevitabili (come l'entrata della Turchia nell'Unione Europea) non si sono realizzati, mentre altri non solo sono stati portati a compimento, ma si è andati ben oltre.
Dopo la destrutturazione della Serbia è stata la volta dell'Iraq, della Libia e della Siria. Come da tabella di marcia, l'oligarchia finanziaria a guida statunitense sta ora cercando di allargare la propria sfera d'influenza ad Est, mediante la colonizzazione dell'Ucraina, allo scopo di indebolire la Russia, un concorrente scomodo.
Sopra: bombardamento statunitense su Baghdad nel 2003.
Naturalmente, i media (proni di fronte al padrone americano) ci raccontano che si tratta di guerre (a volte «preventive») scatenate per «esportare la democrazia» in Paesi dominati dai vari Hitler di turno (Milošević, Saddam Hussein, Gheddafi, Hassan, Putin, ecc...). In realtà, si tratta di conflitti la cui unica finalità è l'annientamento di qualsiasi nazione o forza che possa ostacolare il cammino verso l'acquisizione del potere totale: l'instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale, sotto l'egida dell'élite dell'Alta Finanza.
Prefazione
Il termine «mondialismo» si riferisce ad una concezione politico-culturale di cui si fanno portatori e diffusori potenti gruppi tecnocratico-plutocratici occulti o, quanto meno, defilati, non esposti alle luci dei riflettori - cioè dei mass media sapientemente manovrati - che illuminano la grande ribalta politica internazionale.
Costoro operano tramite istituzioni parimenti occulte o, se si preferisce, semi-pubbliche - (Trilateral Commission, Bilderberg Group, Council on Foreign Relations, Pilgrims Society, Banca Mondiale, ecc...), con l'obiettivo di giungere alla realizzazione di un progetto che prevede l'instaurazione di un unico Governo Mondiale, depositario del potere economico, politico, culturale e religioso.
Le articolazioni strutturali di un simile progetto - già in via di attuazione (si pensi solo all'Unione Europea) - sono fondate sulla integrazione dei grandi insiemi (Stati Uniti - in posizione preminente - Europa Occidentale, Giappone, Russia e relativi satelliti, Cina Popolare e Terzo Mondo), che saranno sottoposti al dominio dei tecnocrati-funzionari dell'apparato di potere plutocratico installato nei consigli di amministrazione delle banche e delle multinazionali.
Sono le strutture operative del comando oligarchico dal quale l'Alta Finanza internazionale pianifica e concretizza l'asservimento dei popoli mediante i diabolici meccanismi della Grande Usura 2. Il mondialismo è la scimmia dell'universalismo cattolico; è la contraffazione dell'idealità universale che ha omogeneamente permeato le costruzioni politiche e ha ispirato le vicende storiche della cristianità.
L'universalità è un sistema di gerarchie ontologiche che configurano un ordine piramidale ascendente lungo un asse verticale, mentre il mondialismo, al contrario, è la materializzazione e la decomposizione internazionalistica in senso orizzontale dell'idea-forma universalistica.
È la reductio ad unum, un processo dissolutivo discendente, il cui tratto distintivo è il riduzionismo, cioè la degradazione dell'umanità ad una poltiglia indifferenziata, secondo i perversi ritmi scanditi da condizionanti e alienanti dinamiche massificatorie. Punto d'arrivo è la serie degli individui-robot che ripetono in maniera demenziale uno stesso tipo dalle bestiali caratteristiche di tesaurizzatore, trafficante e consumatore di cose materiali. Questo obiettivo tattico è perseguito dall'oligarchia mondialista in funzione di una strategia di dominio planetario.
Religione e politica, nazione e popolo, cultura e costume, diventeranno puri nomi carenti di qualsivoglia contenuto; rappresentazioni multicolori da immettere nei mercantili e cosmopoliti circuiti della società mondiale dello spettacolo; allucinazioni collettive che surrogano la realtà, estraendo da ogni organico rapporto di interazione con il mondo interiore dell'uomo, il quale, del resto, dovrà essere ed è sostituito da una scatola vuota riempita, anzi, meglio, ingozzata dai falsi bisogni - ci sono anche idioti che li chiamano aspirazioni (sic!) - indotti dall'alienazione consumistica a fini di conservazione e di potenziamento del sistema capitalistico internazionale.
Ridotto il valore ad interesse, l'individuo diventa schiavo della ricchezza e, conseguentemente, di coloro che la creano, la controllano e se ne servono con diabolica perizia. L'istituzione mondialista è occulta, o, se si preferisce, per dirla con lo studioso francese Jacques Bordiot (1900-1983), «discreta». È quindi necessario l'uso di una metodologia interpretativa storico-politica e sociologico-giuridica che miri all'individuazione di due oggetti o, meglio, di due aree di indagine situate in dimensioni diverse: quella dell'istituzionalità pubblica e quella dell'istituzionalità occulta.
Queste due nozioni sono meri rilievi descrittivi; per quanto riguarda l'aspetto sostanziale, è più appropriato parlare, rispettivamente, di società «strumentalizzate» e di società «strumentalizzanti». Il complesso istituzionale pubblico è il quadro di riferimento giuridico-costituzionale, nel cui ambito si snoda la vita politica ufficiale delle nazioni (governi e parlamenti, partiti e sindacati, dichiarazioni politiche e prese di posizione diplomatiche, ecc...).
L'istituzionalità pubblica presenta dei profili e delle dinamiche esterne, apparenti, palesi, a volte addirittura appariscenti, che si articolano in una serie di atti e di fatti, i quali, ripresi, rilanciati e, soprattutto, gonfiati dai mass media, servono alla fabbricazione delle opinioni che saranno poi propinate come materia di dibattito, nel libero confronto democratico, alle turbe di imbecilli che infestano l'epoca contemporanea.
L'istituzionalità occulta o, per usare un eufemismo, «ufficiosa», è il complesso degli organismi privati (consorterie ebraico-massoniche, dinastie bancarie, multinazionali, Council on Foreign Relations, Trilateral Commission, Bilderberg Group, ecc...), privi di qualsiasi rilievo giuridico-costituzionale, mediante i quali l'oligarchia matura le scelte funzionali alla realizzazione dell'obiettivo strategico ultimo: il raggiungimento del potere mondiale. La corte degli stracci che cela l'esistenza e l'operatività della dimensione istituzionale occulta, è rappresentata dall'istituzionalità pubblica.
Essa provvede all'esecuzione di decisioni e progetti adottati dall'oligarchia mondialista in ambienti esclusivi, ristretti, sottratti a qualunque forma di controllo popolare e in regime di assoluta irresponsabilità. Il complesso istituzionale occulto decide felpatamente al riparo da occhi indiscreti; il complesso istituzionale pubblico esegue tra i grandi clamori e le scintillanti coreografie approntati dagli squallidi giullari dell'informazione del Sistema.
La dimensione occulta è il luogo politico, l'ambito di ricezione e lo spazio di aggregazione delle risultanti del processo di distillazione e condensazione verso l'alto sociale dei soggetti, delle tendenze etiche e delle connotazioni psicologiche che caratterizzano in senso mercantile e materialistico la borghesia e il proletariato.
Siamo di fronte a categorie economiche che, nel corso dell'esercizio della loro prassi di potere, non possono esimersi dal subire un processo di decantazione che proietti ai vertici delle loro società - rispettivamente, all'Ovest come all'Est - l'oligarchia tecno-plutocratica e l'oligarchia tecno-burocratica.
Esse, data l'identità del materiale umano da cui sono formate, delle premesse ideologiche illuministiche da cui muovono e dall'azione di collegamento omogeneizzante sviluppata dalle componenti tecnocratiche, comune ai due sistemi - sono quindi destinate alla fatale convergenza mondialista.
Dunque, da non sottovalutare gli impulsi all'interazione - l'istituzionalità pubblica li definisce «pacifica cooperazione internazionale» - indotti nei due «massimi sistemi» contemporanei dalle tecnocrazie operanti al loro interno, allo scopo di pervenire ad una gestione unitaria, su scala mondiale, dei meccanismi di produzione, al di sopra delle distinzioni politiche e al di fuori dei vincoli di sovranità degli Stati nazionali.
Ma quali sono le origini storico-culturali del mondialismo? A quali referenti culturali di fondo va ricondotto questo fenomeno sovversivo operante ormai da secoli? Universo religioso-culturale dell'ebraismo e della Massoneria - le cui vicende storiche si intrecciano inscindibilmente con quelle dell'ebraismo, il quale, alla fine, ne farà un suo prezioso strumento - sono la cornice teorica nella quale inquadrare il fenomeno mondialista.
Sopra: nel 1913, i banchieri ebrei e i loro rabbini festeggiarono insieme la nascita del Federal Reserve System.
E tale sistema si edificherà nel segreto dei conciliabili bancari, nella Banca del Mondo, centro di emissione dove la Kabbalah degli iniziati trasformerà la carta in oro. Là celebreranno il rito dell'inversione di tutti i valori. Il prodotto che diventa niente; e il niente di uno straccio di carta che diventa valore, oro. Affinché il lavoro produca miseria e la miseria intellettuale dei parassiti si trasformi nel controllo di tutte le ricchezze del mondo.
Sopra: amuleto cabalistico per attrarre il denaro.
Questi accenni vogliono essere un'introduzione e un contributo alla delineazione dello schema culturale di fondo nel quale si inquadra e dal quale procede la fenomenologia mondialista, che nelle istituzioni e nelle strutture del capitalismo internazionale trova le sue più importanti articolazioni organizzative.
La comprensione della cultura del mondialismo è la premessa indispensabile per conferire spessore alla conseguente concreta azione di smascheramento basata sulla puntuale denuncia di nomi, atti e fatti che, altrimenti, se non ricondotti alla logica profonda che li sottende, perderebbero la loro efficacia dimostrativa.
La battaglia culturale di chi si oppone al mondialismo potrà essere condivisa o respinta, ma, ciò che è certo e che più conta, ad essa non potrà essere disconosciuta una inoppugnabile qualificazione culturale ed un indubbio rigore scientifico. È il caso di questo testo pubblicato su La Voix des Français di Philippe Bourcier de Carbon, demografo e Presidente del Comitato d'Onore dell'associazione Voix des Français-Renaissance 95. Questo scritto (redatto nell'ottobre del 1999) si pone sul piano politico.
Esso sarebbe da completare dal punto di vista religioso, spiegando che l'avanzata dei «cattivi» si spiega soprattutto con la debolezza dei «buoni», ossia per il fatto che molti cattolici non sono più cattolici.
I
Un secolo fa, il regno vittoriano, il più vasto impero della Storia, dominava il mondo. Tramite le loro alleanze con le famiglie dell'élite WASP 3, le caste dirigenti britanniche di questo impero favorirono l'ingresso degli Stati Uniti nella scena mondiale, entrati deliberatamente in guerra nel 1898 contro la Spagna dopo l'esplosione, più che sospetta, della corazzata americana Maine nel porto de L'Avana, a Cuba.
Già allora, i dirigenti degli Stati Uniti nascondevano la loro cinica sete di egemonia e le loro brutali ambizioni imperiali dietro un discorso che strumentalizzava, magnificandoli, i valori della democrazia, della libertà e del diritto, come i più alti principî umanitari, così come ha ricordato Henry Kissinger 4 nel suo ultimo libro intitolato Diplomacy («Diplomazia»; 1994).
Sopra: Henry Kissinger e il suo libro Diplomacy.
Furono queste stesse élite anglosassoni che, dopo aver organizzato la terribile crisi monetaria del 1907 negli Stati Uniti, come rivelò il Premio Nobel Milton Friedman (1912-2006) 5, gettarono le basi del loro nuovo impero mondiale imponendo all'opinione pubblica, nel 1913, la creazione della Banca Centrale degli Stati Uniti, il Federal Reserve System 6 di cui da allora detengono il totale controllo.
Sopra: Milton Friedman e il logo del Federal Reserve System.
Inoltre, in quella stessa epoca, essi crearono, sul modello della Round Table e della Fabian Society (altri clan mondialisti dell'impero vittoriano), numerose organizzazioni, riunendo discretamente le persone più influenti degli ambienti finanziari, politici, mediatici, industriali, sindacali, intellettuali e universitari più potenti del pianeta
Sopra: i loghi della Round Table e della Fabian Society.
Fondarono così, tra gli altri, sotto la guida del «Colonnello» Edward Mandell House (1858-1938), mentore del Presidente Woodrow Wilson (1856-1924), il Council on Foreign Relations (CFR), a New York, e il Royal Institute of International Affairs (RIIA), a Londra (detto anche Chatham House), che in seguito sfornò altre organizzazioni similari in molti altri Paesi.
Sopra: da sinistra, i loghi del Council on Foreign Relations e del Royal Institute of International Affairs.
Al termine della Prima Guerra Mondiale, fu ancora la «diplomazia» degli Stati Uniti che impose agli Stati europei la nuova suddivisione degli imperi centrali sconfitti, riparandosi dietro i famosi «quattordici punti», attribuiti da innumerevoli ingenui al presidente Woodrow Wilson.
Un quarto di secolo più tardi, il Council on Foreign Relations e il Royal Institute of International Affairs hanno potuto nuovamente esercitare la loro influenza all'epoca della spartizione dell'Europa e del mondo così com'era stata stabilita dalle conferenze di Yalta e di Postdam, dopo la sconfitta delle forze dell'Asse. Le opere del Professor Carroll Quigley (1910-1977) 7, al quale il presidente Bill Clinton ha reso pubblicamente omaggio in occasione del suo discorso di investitura, sono ormai un'autorità sull'argomento.
II
Sebbene sia sconosciuto dal grande pubblico, il Council on Foreign Relations di New York, socio del suo omologo britannico, il Royal Institute of International Affairs di Londra, continua a gestire, dai primi decenni del secolo, il destino e la vita politica degli Stati Uniti, e pretende di comandare il mondo intero imponendo ora il suo Nuovo Ordine Mondiale, conforme alle concezioni, e soprattutto agli interessi e alla sete di potere dei suoi capi.
Del resto, da una trentina d'anni a questa parte, queste organizzazioni hanno sfornato molteplici cerchi «esterni» sovranazionali, di cui certi (come il Bilderberg Group, nel 1954, la Trilateral Commission, nel 1973, o il Forum di Davos, nel 1978) sono ormai conosciuti anche dal grande pubblico, anche se i media ne parlano con reticenza e solamente in certe occasioni.
Sopra: da sinistra, i loghi della Trilateral Commission e del World Economic Forum di Davos.
Nel suo discorso inaugurale alla sessione di giugno del 1991 del Bilderberg Group, David Rockefeller (1915-2017), presidente della Chase Manhattan Bank, figlio del grande John Davidson Rockefeller Jr. (1874-1960), uno dei fondatori del Council on Foreign Relations (che in seguito è stato presieduto da suo figlio), fondatore e attuale presidente della Trilateral Commission, accoglieva così a Baden-Baden le personalità venute dal mondo intero per partecipare ai lavori:
Sottolineiamo en passant che i Rockefeller, padre e figlio, si sono, almeno dagli anni '30, eretti a padrini del malthusianesimo mondiale e della lotta contro la fecondità umana. Grazie alle ricerche che hanno finanziato con perseveranza, ai nostri giorni le loro aziende possiedono i brevetti delle pillole contraccettive a estrogeni, così come quelli delle prime spirali abortive.
Inoltre, le loro immense ricchezze e le molteplici fondazioni private esentasse - come il Population Council - che hanno creato negli Stati Uniti, hanno loro permesso di esercitare in questo settore fin dagli anni '50 un vero e proprio «magistero» sulle organizzazioni internazionali, e in particolare sul sistema delle Nazioni Unite.
Questa influenza assume oggi tutto il suo senso in Europa, i cui popoli a crescita demografica zero sono strenuamente impegnati da oltre venticinque anni in un processo cumulativo mortale di implosione demografica che rovescia le piramidi delle età. Tutti questi gruppi, i cui dirigenti determinano già ampiamente e de facto gli affari mondiali, tentano oggi più che mai di congiungere i loro sforzi per imporre a tutti i popoli del mondo la nascita e l'edificazione de jure di un Governo Mondiale che si sostituirà alle singole nazioni, e specialmente agli Stati-nazione storici, destinati ad essere dissolti e che tuttavia esistono ancora.
Alla luce di queste influenze, i testi dei recenti trattati europei imposti alle opinioni pubbliche europee, come L'Atto Unico (1986), il Trattato di Maastricht (1992) e il Trattato di Amsterdam (1998), assumono un senso completamente diverso, e costituiscono altrettante tappe decisive verso il raggiungimento di questo obiettivo: un Governo Mondiale che dovrà disporre assai rapidamente di una moneta mondiale 8, e di una polizia mondiale simile alla NATO, il braccio armato dei padrini mondialisti che si è cimentato nel suo nuovo ruolo distruggendo la Serbia, l'Iraq, la Libia e la Siria per imporre con la forza e con il terrore il Nuovo Ordine Mondiale dei vari Rockefeller ai popoli recalcitranti.
III
Anche se l'opinione pubblica è sempre tenuta all'oscuro di certe manovre, lo stato di cose degli affari del mondo non è più (al di là delle cerchie di iniziati) totalmente sconosciuto dalla maggioranza delle persone. Così, ad esempio, recentemente Le Figaro, nella sua rubrica Opinions («Opinioni»), ha parlato delle varie posizioni facendo precise allusioni a questo argomento: il 30 marzo 1999, lo storico Dominique Venner (1935-2013) ha pubblicato un vasto articolo sulla guerra alla Serbia con un titolo assai eloquente: «Qui commande le monde»? («Chi comanda il mondo»?).
Ma soprattutto, il 18 gennaio 1999, in un articolo intitolato «Vers une Europe américaine: Amsterdam est l'aboutissement d’une politique hégémonique destinée à faire disparaître les Nations européennes» («Verso un'Europa americana: Amsterdam è la conclusione di una politica egemonica destinata a far scomparire le nazioni europee»). L'ex ambasciatore di Francia, Albert Chambon (1909-2002), ha rivelato i retroscena del Trattato di Amsterdam, in cui è direttamente implicata l'azione del Council on Foreign Relations e della Commissione Trilaterale.
È interessante osservare che, in risposta all'articolo di Albert Chambon, che ha così spezzato il velo di omertà rivelando all'opinione pubblica francese il ruolo primario del Council on Foreign Relations e della Commissione Trilaterale nell'elaborazione del Trattato di Amsterdam, il polacco-americano Zbigniew Brzezinski (1928-2017), consigliere di David Rockefeller e di numerosi presidenti degli Stati Uniti, si è sentito in obbligo di pubblicare sulle stesse colonne de Le Figaro, il 26 gennaio 1999, un articolo intitolato «Défense de la Trilatérale. Il n'y a aucun "complot"» («In difesa della Trilaterale. Non c'è alcun "complotto"»).
Ora, è questo stesso personaggio che, alcuni mesi più tardi, sulla prima pagina del giornale Le Monde, del 17 aprile 1999, in un articolo intitolato «Guerre totale contre Milosevic»! («Guerra totale contro Milosevic»!), espressione impiegata per la prima volta dal ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels (1897-1945), ha riportato con arroganza le ultime consegne dei veri dirigenti, ricordando allora Presidente della Repubblica francese, Jacques Chirac (1932-2019), e al suo Primo Ministro, Lionel Jospin, e ai vari caporioni francesi, la fedeltà ai loro obblighi, dopo quasi un mese di bombardamenti aerei della NATO sulla Serbia.
I drammi, le atrocità e i crimini di guerra di ogni genere che hanno accompagnato dal 1991 lo smembramento dell'ex Iugoslavia nella Bosnia serbo-musulmana, nella Slovenia serbo-croata e nel Kosovo serbo-albanese, nascondono utilmente alle varie opinioni pubbliche delle «grandi democrazie» occidentali le vere mète geopolitiche di questa guerra, mète che in realtà riguardano l'avvenire stesso dell'indipendenza e della libertà di un'Europa sottomessa ai vari diktat dei dirigenti mondialisti americani e alla loro inestinguibile sete di potere.
Sopra: bombardamento statunitense su Belgrado nel 1999.
Tuttavia, eravamo stati solennemente avvertiti almeno da un paio d’anni: mentre l'ebreo Félix Rohatyn (1928-2019), uno dei dirigenti del Gruppo Lazard Brothers di New York, e uno dei gestori di fondi più potenti dello Stock Exchange di New York, accettava di allontanarsi dai suoi uffici di Manhattan per sostituire l'ambasciatrice degli Stati Uniti a Parigi, Pamela Harriman (1920-1997), deceduta improvvisamente, l'ebreo Jacques Attali, molto vicino al gruppo Lazard e a Félix Rohatyn, ex consigliere e sherpa del Presidente francese François Mitterrand (1916-1996), oggi dirigente di un gabinetto di consiglio internazionale finanziato dal Gruppo Lazard, firmava un clamoroso articolo su Le Monde, del 4 marzo 1997, intitolato «Géopolitique de l'immigration» («Geopolitica dell’immigrazione»). Anche lui, con arroganza, fedele eco delle volontà dei «cenacoli» superiori, metteva severamente in guardia i responsabili francesi:
Nondimeno, Jacques Attali si è ben guardato dall’avvisare i lettori di Le Monde del contributo essenziale che aveva da poco apportato un altro articolo intitolato «For a New Political Order» («Per un nuovo ordine politico»), apparso sul numero speciale (Inverno 1996) che la rivista americana Time aveva consacrato alcuni mesi prima all'Europa e al suo avvenire. In esso, venivano esposte, con condiscendenza, le previsioni globaliste e megalomani per i prossimi cinquant'anni dei veri dirigenti degli affari del globo.
L'articolo di Attali, apparso in seguito su Le Monde ad uso dei soli lettori francesi, non era che una semplice applicazione localizzata e provinciale dell'esposizione generale del grande disegno e della Grande Opera dei nuovi padroni del mondo pubblicata dal Time. Tra queste considerazioni ammirevoli e imperative, emerge, nell'articolo di Attali, il rigoroso obbligo americano fatto agli Stati membri dell'Unione Europea di integrare, in un non lontano avvenire, la Turchia, alleata strategica degli Stati Uniti, come membro a pieno titolo dell'Unione Europea, obbligo di cui, del resto, il Presidente Jacques Chirac se ne era, già da alcuni anni a questa parte, fatto portavoce e zelante sostenitore in Europa.
Del resto, la stessa idea era stata esposta senza mezzi termini e con un cinismo ingenuo da Zbigniew Brzezinski, a pag. 68 del suo libro, intitolato The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives («La Grande scacchiera: la supremazia americana e i suoi imperativi geo-strategici»; 1997), un'opera che tutti i cittadini dei Paesi europei avrebbero il dovere di leggere meticolosamente e di meditare, giacché espone le condizioni del mantenimento per i prossimi cinquant'anni dell'egemonia mondiale alla quale gli Stati Uniti sono giunti ai nostri giorni:
È possibile misurare fino a che punto i sacrosanti principî della democrazia, dei Diritti dell'Uomo e degli altri diritti dei popoli all'autodeterminazione, così come i fondamenti solenni della Carta delle Nazioni Unite, siano assenti, e addirittura negati, perché divenuti più che inopportuni.
IV
In realtà, l'egemonia americana non si è potuta stabilire nel XX secolo, e non potrà perpetuarsi in avvenire, se non privando deliberatamente l'Europa - principale serbatoio mondiale delle risorse umane, culturali, scientifiche e tecniche - dei giganteschi serbatoi mondiali di materie prime costituiti da una parte dalla Russia-Siberia, e dall'altra dall'Africa, entrambe geograficamente limitrofe o vicine all'Europa.
Storicamente, sono i primi due conflitti mondiali che, immergendo la Russia nella paralisi del comunismo, e separandola in seguito dall'Europa mediante la Cortina di Ferro, privandola così delle ricchezze dell'Est, hanno consolidato il dominio degli Stati Uniti sul nostro continente durante questo secolo. È dunque possibile misurare ciò che l'attuale egemonia americana deve al comunismo e alle due guerre mondiali...
«L'America per prima».
Il sostegno degli Stati Uniti al processo di decolonizzazione nel dopoguerra, che ha sprofondato il continente africano nel marasma e nelle guerre etniche, il finanziamento che l'America ha assicurato al Fronte di Liberazione Nazionale algerino nella lotta contro la Francia negli anni '50, la condotta nordamericana in Africa Centrale e Australe, illustrano a meraviglia la loro costante preoccupazione di cacciare l'Europa dalle sue posizioni africane, per privarla di questi serbatoi di materie prime.
Tuttavia, il cedimento interno del comunismo all'Est e la disgregazione dell'impero sovietico, nonostante i disperati sforzi diplomatici del Presidente americano George Bush (1924-2018) e del suo alleato, il Presidente russo Mikhaïl Gorbachev, costituiscono ormai una minaccia di natura tale da rimettere in causa a breve termine l'odierna supremazia dei dirigenti degli Stati Uniti sul mondo, ed è suscettibile di mandare in rovina, quand'anche sembrassero a portata di mano, i loro sogni mondialisti.
Il libro di Alexandre del Valle intitolato Islamisme et États-Unis: une alliance contre l'Europe («Islamismo e Stati Uniti: un'alleanza contro l'Europa»), pubblicato nel 1997, proietta nuova luce sulla strategia del ricambio, messa in atto da una ventina d'anni a questa parte dai dirigenti mondialisti americani per far fronte a questo nuovo stato di cose.
Sopra: Alexandre del Valle e la sua opera Islamisme et États-Unis: une alliance contre l'Europe.
L'Autore constata che, dall'Iraq all'Afghanistan, passando dall'Iran e dal Pakistan, così come da altri Paesi musulmani, e in particolare nell'Africa Settentrionale, la politica e la diplomazia americana, grazie anche a losche manovre dell'Arabia Saudita, la loro protetta, si ingegnano a suscitare e a promuovere deliberatamente i regimi islamici più retrogradi, più facili da controllare mediante la corruzione dei loro dirigenti implicati nel traffico internazionale di droga, e a distruggere i regimi laici di questi Paesi fondati sull'idea nazionale, incitando così gli islamici più estremisti contro le cristianità europee e slave cui sono geograficamente vicini.
Destinata, certamente, a sollevare i Paesi musulmani dell'Africa, questa potenziale ostilità è di natura tale da sottrarre sempre all'Europa le ricchezze naturali dell'Africa. In un libro pubblicato lo stesso anno (1998), intitolato Le Syndrome de l'ortolan («La Sindrome dell'ortolano»), in cui spiegava la strategia mediatica di accecamento dell'opinione pubblica europea, Arnaud-Aaron Upinsky ricordava opportunamente questa citazione impressionante, estratta da un'intervista del Presidente François Mitterrand concessa al giornalista Georges-Marc Benamou:
Sopra: Arnaud-Aaron Upinsky e il suo libro Le Syndrome de l'ortolan.
Nel suo libro The Clash of Civilizations («Lo scontro di civiltà») 10, apparso sempre lo stesso anno, il professore americano Samuel Phillips Huntington (1927-2008) ha insistito lungamente sulle opportunità geopolitiche offerte dal divario storico e culturale che divide la cristianità europea, tra i popoli slavi e ortodossi da una parte, e i Paesi cattolici e protestanti dall'altra.
Sopra: Samuel Phillips Huntington e il suo libroThe Clash of Civilizations.
V FAVORIRE LA TURCHIA E DIFFONDERE L'ISLAM
Alla luce di quanto detto, la strategia dei cenacoli mondialisti americani e le loro intenzioni nei Balcani si fanno più chiare. Madeleine Albright (nata Marie Jana Korbelová), Segretario di Stato del governo Clinton, un'ebrea di origine ceca legatissima a Brzezinski, ha imperiosamente preteso da parte degli alleati europei la distruzione della Serbia, pianificata già da parecchi anni da Washington perché ostacola la realizzazione dei loro piani.
Tale distruzione, attuata insieme alle forze dell'Unione Europea e alla NATO, ha permesso in un colpo solo il raggiungimento di numerosi obiettivi: infatti, la disintegrazione deliberata della Serbia sotto i bombardamenti della NATO, seguita dall'impegno dei contingenti europei sul suolo serbo, programmato probabilmente per l'estate prossima 11, nel momento in cui le popolazioni delle «grandi democrazie» si recano sulle spiagge per trascorrervi le vacanze estive, anestetizzando così l'opinione pubblica occidentale, ha permesso innanzi tutto da una parte di scavare un fossato irrimediabile tra i popoli slavi e ortodossi e quelli dell'Europa occidentale, e dall'altra di privare in particolare la Francia degli alleati tradizionali della sua diplomazia all'Est.
Sopra: il logo della NATO.
Inoltre, questo fossato ha ristabilito la separazione che un tempo il comunismo aveva stabilito in Europa, e che rendeva impossibile a quest'ultima l'accesso alle ricchezze dell'impero russo. Inoltre, la distruzione spietata della Serbia è servita da esempio per dissuadere i popoli europei da ogni velleità di ritorno alla loro antica indipendenza nazionale, nel momento in cui si sta completando l'Unione Europea federale, sotto il «protettorato» degli Stati Uniti, la base decisiva della realizzazione del sogno mondialista dei suoi dirigenti.
L'annichilimento della Serbia ha avuto inoltre l'effetto di diminuire l'influenza della Grecia nella regione, e conseguentemente di rimuovere l'ostacolo greco all'entrata della Turchia nell'Unione Europea. Come ha denunciato, con ostinazione e con altrettanta pertinenza, il Generale Pierre-Marie Gallois (1911-2010) - al quale il Generale Charles de Gaulle (1890-1970) aveva un tempo affidato il compito di elaborare la dottrina dell'impiego della forza di dissuasione francese - autore dei due libri Le Sang du pétrole («Il Sangue del petrolio»), e che ha scritto la prefazione dell'opera Islamisme et États-Unis, i dirigenti americani vogliono re-islamizzare i Balcani.
Sopra: Pierre-Marie Gallois e il suo libroLe Sang du pétrole.
Gli accordi di Dayton hanno già permesso agli americani di stabilire in Bosnia, dopo avere cacciato i serbi, la prima repubblica islamica in Europa, guidata dal fondamentalista musulmano Itzac Begovic. La distruzione della Serbia permetterà agli Stati Uniti di realizzare prossimamente una grande Albania islamica, posta sotto il loro protettorato, e sul cui territorio, come su quello della loro protetta musulmana del Golfo - l'Arabia Saudita - potranno disporre di basi militari navali e terrestri permanenti, installando, come in Arabia Saudita, materiale pesante e truppe stanziate.
Tali repubbliche islamiche, installate nei Balcani, diventerebbero le «clienti» naturali della Turchia, prossimo membro, per volontà americana, dell'Unione Europea. Il resto dei Balcani, che restano sotto l'influenza tedesca, l'insieme della zona, così come gli alleati privilegiati turchi e tedeschi degli Stati Uniti, rimarrà sotto il controllo di questi ultimi in seno all'Unione Europea.
Questa presenza turco-islamica nel cuore dell'Europa, sotto il ferreo controllo dei dirigenti globalisti americani, garantirebbe agli Stati Uniti la perennità della loro supremazia mondiale per i prossimi cinquant'anni: per sua natura, infatti, a dominare l'incertezza russa che, nel suo libro, Zbigniew Brzezinski chiama «il buco nero», neutralizzando definitivamente la Russia, questa installazione del nemico storico e culturale turco sulle sue frontiere a Sud-Ovest, completerebbe il suo accerchiamento a Sud ad opera delle repubbliche musulmane turcofone, dove le diplomazie americane e israeliane, attratte dalla ricchezza del loro sottosuolo e dalla loro posizione strategica, sono già molto attive.
Inoltre, la Turchia, divenuta Stato membro dell'Unione Europea, potrebbe pesare molto rapidamente in maniera decisiva sulla politica migratoria e sull'apertura delle frontiere europee ai popoli musulmani del Vicino e Medio Oriente e dell'Africa, nel momento in cui gli effettivi delle popolazioni della cristianità europea e del mondo ortodosso hanno già iniziato il loro rapido declino.
Dopo più di venticinque anni segnati da una fecondità sempre più lontana dalla soglia di sostituzione delle vecchie generazioni, le popolazioni europee autoctone, che invecchiano velocemente, si sono di fatto imbarcate in un processo di implosione demografica irreversibile.
Sopra: culle vuote in un ospedale italiano; gli europei si devono estinguere in quanto non adatti al Nuovo Ordine Mondiale...
In esse, è già ampiamente iniziato il capovolgimento delle piramidi delle età, un processo destinato ad accelerare nei prossimi tre decenni. Al contrario, nello stesso periodo, da Dakar ad Alma-Ata, le giovani popolazioni musulmane, vicine dell'Europa e della Russia, giungeranno ben presto all'apogeo della loro crescita demografica raddoppiando i loro effettivi.
VI CONCLUSIONE
I dirigenti mondialisti degli Stati Uniti che, perseverando nella loro crociata malthusiana da una cinquantina d'anni a questa parte, hanno spinto i popoli europei in questo processo di implosione demografica, che oggi è sul punto di divenire incontrollabile, sfruttano cinicamente questa nuova distribuzione geo-strategica, perfettamente prevedibile, che sconvolge il confronto tra le cristianità europee e slave e il mondo musulmano dell'Africa e del Medio Oriente, agevolando deliberatamente la rapida islamizzazione dell'Europa e della Russia nei primi decenni del XXI secolo, per tentare di canalizzarla in favore dei loro interessi e dei loro progetti.
Questo nuovo stato di cose, garantendo a questi dirigenti, per almeno un'altra generazione, il dominio assoluto degli affari del mondo, è di natura tale da aprir loro la non lontana prospettiva di realizzare infine il loro sogno di imporre a tutti i popoli del mondo un Governo Mondiale, di cui potrebbero sperare di conservare il controllo durante il XXI secolo, a patto di riuscire a convincere i dirigenti della Cina e dell'India a spartire tale controllo. Tale, almeno, è la visione generale dei dirigenti mondialisti, come emerge dalla lettura dei libri e degli articoli recenti dei loro principali portavoce.
APPENDICE di Paul Lambert 12
Il New York Times, del 20 febbraio 2000, con un articolo a firma del suo corrispondente a Vienna, Roger Cohen, ci ha ragguagliato del fatto che il governo americano ha chiesto delle spiegazioni al cancelliere austriaco Wolfgang Schüssel sulla politica che contava di mettere in atto in materia di immigrazione.
Quest'ultimo ha risposto che aveva costretto il Freiheitlichen Partei Österreichs (FPÖ) di Jörg Haider (1950-2008) a rinunciare al suo progetto politico di «immigrazione zero», e che l'Austria perseguiva la sua precedente politica di accettazione di una quota di circa 10.000 immigrati all'anno, ai quali si aggiungono 10.000 lavoratori stagionali.
Il cancelliere Schüssel ha poi aggiunto che l'Austria è un piccolo Paese di meno di dieci milioni di abitanti, che non poteva fare di più, e che la sua era una posizione ragionevole di apertura limitata, non avendo nulla a che vedere con la xenofobia. La prima delle domande da porsi è la seguente: in che cosa la politica immigratoria dell'Austria può riguardare gli Stati Uniti, al punto che questo interrogativo è stato trattato in un articolo di un American Benchmark, vale a dire in qualche modo di un «esame di ammissione» imposto dagli americani?
La risposta a tale domanda si trova probabilmente in questa dichiarazione fatta nel luglio del 1999 dal Generale Wesley Clark, Comandante in capo della NATO, nel corso di un'intervista sul Kosovo diffusa dall'emittente televisiva CNN:
E perché gli Stati Uniti vogliono trasformare l'Europa in una comunità multi-etnica?
Sopra: la società multietnica, l'arma usata dai globalisti per distruggere l'identità dei popoli europei.
Sopra: islamici in preghiera a Milano sul sagrato del Duomo.
Questi elementi di risposta formano dunque un quadro ben preciso: i dirigenti globalisti del Council on Foreign Relations vogliono instaurare un Governo Mondiale, guidato dai loro banchieri e dalle multinazionali, e per riuscirvi devono distruggere le nazioni europee che sono le uniche in grado di far loro concorrenza in campo economico, e fare dell'Europa un insieme multi-confessionale e multi-etnico sottomesso al loro potere.
Per giungere a questo scopo, il mezzo più sicuro è quello di sommergere i popoli europei con un'ondata migratoria di cultura musulmana che li sommergerà, li disintegrerà, ne distruggerà la cultura, l'identità e le radici. In tutto ciò non c'è la minima preoccupazione umanistica di voler rimediare alla miseria e alla carestia che regna nei Paesi sottosviluppati, allo sradicamento drammatico degli emigrati che fuggono da questa situazione, all'inadattabilità totale di questi immigrati che arrivano nei Paesi sviluppati d'Europa che hanno bisogno di una manodopera culturalmente evoluta.
Sopra: gli europei verranno sostituiti da popolazioni prive di una cultura che possano ostacolare i piani dell'oligarchia mondialista.
E quando questi immigrati sono culturalmente sviluppati, il loro Paese d'origine perde drammaticamente, con essi, la sua sostanza vitale. Gli immigrati serviranno solamente da strumento per distruggere le nazioni europee onde permettere ai banchieri e alle multinazionali americane di asservire il mondo.
Note
1 Traduzione dall'originale francese Mondialisme et nouvel ordre mondial, a cura di Paolo Baroni. Articolo apparso sulla rivista Le Sel de la Terre, nº 13, Estate 1995. 2 Vedi G. Auriti, L'ordinamento internazionale del sistema monetario, Marino Solfanelli Editore, Chieti 1987. 3 Acronimo di White, Anglo-Saxon, Protestant, ossia «bianco, anglosassone e protestante». 4 Heinz Alfred Kissinger (nato a Furth, in Baviera, nel 1923), è stato Segretario di Stato sotto la presidenza di Richard Nixon e Gerald Ford. Nato da una famiglia tedesca di origine ebraica, si trasferì negli Stati Uniti nel 1938, per sfuggire alle persecuzioni razziali. Laureatosi all'Università di Harvard, prestò servizio nell'Esercito statunitense durante la Seconda Guerra Mondiale; negli anni Cinquanta e Sessanta, divenne consulente di politica estera per i presidenti Dwight Eisenhower, John F. Kennedy e Lyndon Johnson. Rappresentò gli USA ai negoziati per la risoluzione della guerra del Vietnam e i suoi sforzi sfociarono nell'accordo per il cessate il fuoco (gennaio del 1973), che gli valse il Premio Nobel per la Pace, condiviso con il diplomatico vietnamita Le Duc Tho. Nominato (1973) Segretario di Stato da Nixon e in seguito anche dal presidente Ford (1974-1976), alla fine del 1973 negoziò un Trattato di distensione fra Israele ed Egitto, ratificato poi alla conferenza di Ginevra dello stesso anno. Mondialista convinto, Kissinger appartiene anche al Bohemian Club, un clan esclusivo americano di cui fa parte l'élite politico-finanziaria di Washington e di Wall Street, e che si raduna ogni anno nelle zone rurali della California. Chi vi partecipa darebbe luogo ad una specie di «saturnale» notturno tra gli alberi del Bohemian Grove («boschetto dei boemi») in costume da antichi druidi al cui culto si ispirerebbe (cfr. Epiphanius, Massoneria e sètte segrete: la faccia occulta della Storia, Ed. Ichthys, Albano Laziale, s.d., pagg. 101-102). 5 Israelita, marxista, esponente di spicco di circoli mondialisti come l'Hoover Institution di Stanford e la Mont Pelerin Society, è stato uno dei più ardenti partigiani della liberalizzazione della droga e del più sfrenato liberismo economico (cfr. Epiphanius, op. cit., pag. 211). 6 La FED, ossia la Banca Centrale degli Stati Uniti d'America (privata e con sede a Puerto Rico), oltre ad essere la più potente e influente al mondo, è costituita da un gruppo di dodici banche chiamato Federal Reserve System. Tale banca o sistema di banche è letteralmente ed economicamente nelle mani dei seguenti gruppi bancari privati: Rothschild Bank di Londra e Berlino, Warburg Bank di Amburgo e Amsterdam, Lehman Brothers di New York, Lazard Brothers di Parigi, Kuhn & Loeb di New York, Israel Moses Seif Bank d'Italia, Goldman Sachs di New York, e Chase Manhattan Bank di New York, dell'impero Rockefeller! Per tanto, pochissime persone, oggi come ieri, controllano la banca più influente del pianeta! Impadronendosi della produzione del denaro, il Federal Reserve System ha continuato a stampare banconote nonostante sia stato eliminato il controvalore aureo o argenteo, prestando a costo zero il denaro agli Stati ed esigendo tassi di interesse altissimi. 7 Vedi, ad esempio, Tragedy and Hope («Tragedia e speranza») o The Anglo-American Establishment («La classe dirigente angloamericana»). 8 Forse questa nuova moneta sarà virtuale, permettendone il controllo totale della circolazione. 9 I numerosi disordini e incendi d'auto ad opera di immigrati islamici che hanno per così dire animato le notti dei banlieueu parigini alla fine del 2005 sono un eloquente esempio e una conferma di questa spada di Damocle che pende sulla testa dei francesi e dell'Europa intera (N.d.T.). 10 Il titolo originale di questa opera in lingua inglese è The Clash of Civilitzations and the Remaking of World Order («Lo scontro di civiltà e la riconfigurazione dell'ordine mondiale»). 11 Ricordiamo che questo testo è stato redatto all'inizio di maggio del 1999 (N.d.T.). 12 Per completare lo scritto di Philippe Bourcier de Carbon, pubblichiamo questo articolo di Paul Lambert, Presidente di Voix des Français-Renaissance 95, apparso nel nº 256, del 25 marzo 2000, di Les 4 Vérités hebdo.
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