di Santaruina 1
Il condizionamento nel Mondo Nuovo e l'esperimento
di Pavlov Nel romanzo Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley (1894-1963), ambientato in un ipotetico futuro, viene descritta una società distopica perfettamente pianificata, una società in cui la stabilità è raggiunta per mezzo dell'ingegneria genetica, del precoce condizionamento attuato sugli individui sin dalla più tenera età e mediante l'annullamento delle libertà personali. In tale società, rigidamente divisa in caste, vi è quindi necessità di una forza lavoro che svolga mansioni con differenti gradi di specializzazione; di conseguenza, per fare in modo che nessuno sia scontento della propria posizione, ad ogni individuo viene riservata sin dalla più tenera età una diversa formazione.
Nei casi delle caste inferiori, i gamma e i delta, questa formazione sarà anche finalizzata nel mantenere basso il quoziente intellettivo dei soggetti, dal momento che coloro che sono preposti allo svolgimento dei lavori più umili è bene che non si rendano conto della loro situazione, e non sviluppino alcun sentimento di invidia nei confronti delle classi privilegiate. Nel romanzo, tra le altre cose, vengono descritti alcuni dei metodi con cui i bambini delta vengono condizionati affinché sviluppino determinate inclinazioni e delle particolari predilezioni. Ad esempio, nei primi mesi di età, vengono posti di fronte a dei libri e a dei fiori, e ogni volta che li toccano vengono investi da una scossa elettrica.
Il regime infatti ritiene sconveniente che i bambini sviluppino interesse per la lettura, dal momento che l'ignoranza è essenziale per mantenere la popolazione sotto controllo; allo stesso modo viene osteggiato un eccessivo amore verso la natura, poiché i cittadini che amano trascorrere il loro tempo all'aria aperta non spendono e non stimolano l'economia. Huxley, nell'immaginare il condizionamento violento per mezzo delle scosse elettriche, si rifà evidentemente ai celebri studi del Dr. Ivan Pavlov (1849-1936).
Pavlov, come è noto, mentre svolgeva degli esperimenti con l'aiuto di un cane aveva osservato come la salivazione dell'animale aumentasse alla vista del cibo, come normalmente ci si poteva aspettare. Il cibo in questo caso venne chiamato stimolo incondizionato, e la salivazione del cane riflesso incondizionato. Nel proseguire con l'esperimento, Pavlov iniziò a suonare un campanellino ogni volta che portava del cibo al suo cane, finché l'animale associò la presenza del cibo con il suono. In seguito, Pavlov scoprì che il suono del campanellino, da solo, era sufficiente per innestare la salivazione del cane, anche senza la presenza del cibo. Il suono del campanello divenne lo stimolo condizionato, mentre la salivazione indotta da questo suono, e non dal cibo, venne detta riflesso condizionato.
è utile qui notare
che la salivazione non è una operazione controllata dalla parte
razionale della mente, ma si tratta invece di un processo inconscio
che si verifica a prescindere dalla volontà dell'individuo, negli
animali così come nell'uomo. L'esperimento di Pavlov, di
conseguenza, registrò in maniera «scientifica» una delle
caratteristiche principali del mondo animale, uomo incluso, ovvero
la capacità della componente inconscia di elaborare i dati del mondo
esterno per «associazione».
Il meccanismo dell'associazione Tutti gli esseri umani sperimentano inconsciamente il meccanismo dell'associazione nella loro vita quotidiana. Quando ad esempio associamo un profumo particolare ad una persona a noi cara, e in seguito il solo odorare quel profumo ci provoca sentimenti positivi. Oppure nell'istintiva repulsione che proviamo nei confronti della sveglia che interrompe il nostro sonno ogni mattino, anche quando è silenziosa, così come nella gioia provata nell'osservare un particolare oggetto, insignificante per gli altri, che abbiamo associato con un momento carico di sensazioni. è importante sottolineare che il processo dell'associazione avviene in maniera del tutto inconscia, e agisce ad un livello molto più profondo dell'attenzione razionale. Occorre ricordare anche che l'apparenza, ovvero il modo in cui la realtà si mostra, gioca un ruolo molto più importante di quanto siamo portati a credere per quanto riguarda la nostra capacità di analizzare il mondo circostante. Quando ad esempio incontriamo una persona, prima di parlarle e conoscerla, la nostra parte inconscia ha già elaborato una sua precisa opinione, sempre attraverso il meccanismo dell'associazione, e la nostra parte razionale e analitica interviene solamente in un secondo momento; se la prima impressione è negativa, dovrà passare molto tempo prima che il «parere» espresso dalla parte razionale possa mutarla, mentre se il primo giudizio è positivo, per lungo tempo i segnali negativi verranno accantonati e sminuiti dalla parte razionale. Questa sorte di giudizio non ha nulla a che fare con l'intelligenza di una persona o con la sua «apertura mentale», tipica di chi è convinto di non giudicare mai dall'apparenza, proprio perché riguarda la nostra parte inconscia e istintiva. Un esempio aiuterà a comprendere meglio questi meccanismi: una conoscente, persona istruita e amabile, trovava insopportabile la vista di un certo telecronista sportivo, giudicandolo persona estremamente antipatica e irritante, senza che il comportamento del giornalista avesse mai dato adito a questo giudizio.
Un giorno, rivedendo le immagini di una tragedia successa
molti anni addietro in una partita di calcio, la conoscente
riconobbe la voce del telecronista, e si rese conto che la sua
avversione nei suoi confronti era provocata dal fatto che aveva
associato la sua voce alle tragiche immagini che da bambina aveva
osservato alla televisione. Rifacendoci alla terminologia utilizzata
da Ivan Pavlov, possiamo affermare che in questo caso la tragedia è
lo stimolo incondizionato (quello che per il cane era la
visione del cibo), la voce del telecronista è lo stimolo
condizionato (il suono del campanellino), e il sentimento di
repulsione all'udire il giornalista è il riflesso condizionato.
Ovviamente, questo processo psicologico non rappresenta una scoperta
di Pavlov, ma a lui va il merito di averlo dimostrato
«scientificamente», ovvero secondo i parametri della ricerca
moderna.
L'apporto della psicanalisi,
da Freud a Le Bon Pochi anni prima di Pavlov, un'altra disciplina propriamente moderna, ovvero la psicanalisi, sulla cui qualità scientifica è lecito dubitare, tentò di studiare le modalità attraverso le quali funzionava la psiche degli esseri umani, ponendo l'attenzione su quella sua componente che da allora venne chiamata «inconscio». L'idea di fondo di tale disciplina sosteneva che la maggior parte dei problemi psicologici delle persone era originata da traumi irrisolti, vissuti dall'individuo e rimossi dalla componente cosciente della psiche, ma ancora presenti a livello inconscio.
Si pensava che aiutando il paziente nel ricordare e «far riemergere» il trauma si potesse dargli la possibilità di affrontarlo e risolverlo definitivamente. L'opera di Sigmund Freud (1856-1939) e del suo allievo dissidente Carl Gustav Jung (1875-1961) ebbe un enorme diffusione nel XX secolo, e influenzò in maniera decisiva il pensiero e l'immaginario collettivo. La psicanalisi gode tuttora di enorme popolarità, e gode anche dello status di «disciplina scientifica», nonostante molti si dichiarino scettici riguardo la sua reale efficacia.
Ma se l'aspetto curativo di questa scienza suscitò sin dalla sua nascita enormi perplessità, ad una parte dell'apparato teorico della psicanalisi venne invece riservata una grande attenzione da persone che occupavano posizioni di grandi responsabilità, persone che avevano interesse nel comprendere come effettivamente la psiche e la mente umana funzionano. Fu questo il caso di Edward Bernays (1892-1995), nipote di Sigmund Freud, uno dei pensatori che maggiormente contribuì a plasmare la mentalità dell'uomo contemporaneo. Bernays, rifacendosi all'opera di Freud e di Gustave Le Bon (1841-1931), un altro studioso che diede un enorme apporto alla comprensione di questi meccanismi, operò affinché tali studi potessero trovare una applicazione pratica su vasta scala.
Occorre quindi, prima di procedere con l'analisi
dell'opera di Bernays, ricordare la grande importanza, ancora troppo
poco nota, che ebbero le ricerche dello psicologo Gustave le Bon,
che nel 1895 diede alle stampe il fondamentale
Psicologia delle
folle. In tale scritto, Le Bon analizzava il comportamento
sviluppato dalle persone nel momento in cui formano dei gruppi più o
meno numerosi, arrivando a sostenere che all'interno di una folla
emerge e prende il soppravvento una sorta di «coscienza collettiva»
indipendente da quella dei singoli che la compongono, una coscienza
che risponde a dettami «inconsci», sentimenti che possono essere
abilmente guidati da personalità carismatiche che sono in grado di
comunicare direttamente con questa enorme «coscienza». L'opera di Le
Bon venne attentamente studiata dai maggiori dittatori del XX
secolo: Mussolini riteneva Psicologia delle folle un
testo imprescindibile per un leader di governo, così come
Hitler e Stalin. Edward Bernays, quindi, dopo aver a
studiato i testi di Freud e di Le Bon, sul finire dell'ottocento si
trasferì in America e si dedicò al perfezionamento della scienza
della persuasione nota come «propaganda».
«Quelli che manipolano il
meccanismo nascosto della società costituiscono un governo
invisibile che è il vero potere che controlla. Noi siamo
governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono
formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini
di cui non abbiamo mai nemmeno sentito parlare. Questo è il logico
risultato del modo in cui la nostra società democratica è
organizzata. Un vasto numero di esseri umani deve cooperare in
questa maniera se si vuole vivere insieme come società che funziona
in modo tranquillo. In quasi tutte le azioni della nostra vita, sia
in ambito politico o negli affari o nella nostra condotta sociale o
nel nostro pensiero morale, siamo dominati da un relativamente
piccolo numero di persone che comprendono i processi mentali e i
modelli di comportamento delle masse. Sono loro che tirano i fili
che controllano la mente delle persone [...]. Coloro che
hanno in mano questo meccanismo, costituiscono il vero potere
esecutivo del Paese» 2. Bernays
lavorò per il governo americano e per l'apparato industriale, e nel
campo della propaganda e della pubblicità ottenne i suoi più grandi
successi, perfezionando quel particolare meccanismo tuttora usato
dai creatori d'opinione. Prima di Bernays, la
pubblicità si concentrava nell'elencare le qualità e i benefici dei
prodotti reclamizzati: di una bibita si diceva che fosse dissetante,
di un abito che era resistente, di un particolare attrezzo si
elencavano i modi d'uso, e così via. Ci si rivolgeva, in altre
parole, alla parte razionale, cosciente, della mente del
consumatore. Edward Bernays rivoluzionò questo meccanismo, e
comprese che un prodotto avrebbe potuto essere maggiormente venduto
se si rendeva appetibile al consumatore rivolgendosi alla sua parte
«inconscia». Il prodotto, quindi, non doveva essere
presentato per le sue intrinseche qualità, ma doveva essere proposto
in associazione con un sentimento positivo, con una
promessa di felicità, con uno stile di vita agognato. Nel
pubblicizzare un biscotto
non bisognava soffermarsi sulla sua bontà
o sulle sue qualità nutritive, ma occorreva mostrare una famiglia
felice in una bella casa che con quel biscotto prendeva la sua prima
colazione. Di una automobile non si doveva fare una lista delle sue
prestazioni, ma ritrarla in un paesaggio aperto e solare che
suggerisse un senso di libertà. Bernays, in altre parole, non fece
altro che unire gli studi di Freud e di Le Bon con le scoperte del
professor Ivan Pavlov a proposito dei riflessi condizionati. Così
come il cane del professore sbavava all'udire il suono del
campanellino, associato inconsciamente al cibo, il nuovo
consumatore venne abituato ad associare ai prodotti reclamizzati un
determinato sentimento. Nella pubblicità del biscotto, ad
esempio, viene mostrata una famiglia felice, in una bella casa. Per
il consumatore tale condizione, la felicità, è l'equivalente di
quello che per il cane di Pavlov era il cibo, lo stimolo
incondizionato, ovvero il suo bisogno primario. Il biscotto,
associato all'immagine della felicità, è lo stimolo condizionato,
quello che per il cane era il suono del campanellino. Quando poi il
consumatore al momento di fare la spesa si troverà di fronte a quel
particolare biscotto, entrerà in funzione il meccanismo di
associazione, inconsciamente, e sarà portato a scegliere quel
prodotto - riflesso condizionato - nello stesso modo in cui
la salivazione del cane aumentava al suono del campanellino.
è essenziale notare
ancora una volta come su tale processo non influiscono le qualità
intellettive del consumatore, dal momento che il tutto avviene a
livello inconscio. L'associazione biscotto-felicità è ormai
acquisita. Il successo, indiscutibile, di tale meccanismo, è testimoniato dal fatto che ancora oggi le strategie promozionali ricalcano esattamente le modalità teorizzate da Edward Bernays: le pubblicità attualmente puntano inevitabilmente su concetti semplici che richiamano i bisogni primari di ogni persona: il successo, il senso di libertà e il sesso. Per reclamizzare una pasta sigillante si mostra una ragazza nuda, un assorbente è associato ad una giovane donna che si lancia col paracadute, le macchine percorrono paesaggi suggestivi oppure si muovono eteree in paesaggi urbani «addomesticati», mentre gli spaghetti sono sempre accompagnati da famiglie impeccabili e sorridenti che si amano, famiglie perfette.
Quando poi il consumatore si reca nel supermercato e si trova davanti a quel sigillante, ecco che dentro di sé prova una strana sensazione piacevole, senza rendersi conto che la sua psiche nello stesso momento sta immaginando una bella donna nuda immersa in una vasca trasparente. Tutto questo, però, non sarebbe possibile senza la presenza di un altro fattore, egualmente importante e necessario: la ripetizione. Nella pubblicità, come nella propaganda, il messaggio va ripetuto più e più volte, perché, e anche questo è ormai provato, la mente umana tende a considerare veritiere le informazioni ricevute più volte in diverse condizioni. All'ennesima ripetizione di un concetto, quest'ultimo sarà considerato vero in maniera automatica, e ciò è valido sia sul piano cosciente che a livello inconscio. Associazione, appello ai bisogni primari, ripetizione: questi, in sintesi, i fondamenti della manipolazione del pensiero.
Note
1 Scritto reperibile alla pagina web http://santaruina.it/la-scienza-della-persuasione 2 Cfr. E. Bernays, Propaganda, 1929.
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