di Solange Hertz 1
Prefazione
Tra tutti gli eventi storici che hanno contribuito alla nascita delle attuali democrazie moderne, è indubbio che la Rivoluzione Francese (1789-1793) occupi un posto di primaria importanza. È un fatto innegabile che i principî che oggi reggono la nostra società siano gli stessi scaturiti da quella svolta epocale e dalla Francia esportati in tutto il mondo. Essa segnò non solo la fine delle monarchie cattoliche (di nome più che di fatto), ma diede vita per la prima volta nella Storia dell'umanità ad uno Stato laico, ossia ad uno Stato indifferente in materia di religione, e quindi di fatto ateo.
Se tutte le religioni sono buone, nessuna è vera e quindi meritevole di un particolare riguardo. Misconoscendo il principio di sussidiarietà dello Stato e la superiorità della Chiesa su quest'ultimo, a causa del fine soprannaturale dell'uomo (la salvezza eterna dell'anima) che, come dice la parola stessa, è superiore al fine naturale (il bene comune) a cui deve provvedere l'autorità secolare, la Rivoluzione Francese creò un nuovo prototipo di consorzio umano imperniato non più sul rispetto dei Dieci Comandamenti e della Chiesa di Roma (i Diritti di Dio), ma sui «Diritti dell'Uomo».
In realtà, fin dagli esordi, lo Stato laico, nonostante la neutralità dichiarata in materia di religione, ha perseguitato - talvolta anche con toni feroci - il cattolicesimo strappandogli dalle mani l'educazione della prole (la scuola laica), privandolo dei beni materiali necessari al proprio sostentamento (la confisca degli immobili ecclesiastici), giungendo persino alla messa la bando degli Ordini religiosi.
Questi e tanti altri soprusi sono il frutto di una mentalità che vede nella Chiesa cattolica un temibile avversario e un ostacolo alla realizzazione di un'utopistica Repubblica Universale dove l'uomo, sciolto dai vincoli di qualsiasi legge immutabile, possa finalmente dare libero sfogo ai proprî istinti e seguire senza impedimenti le proprie inclinazioni.
Questa smisurata fiducia riposta nella bontà innata dell'essere umano (predicata da Jean-Jacques Rousseau; 1712-1778), come se esso fosse una creatura angelica immune dalle ferite infertegli dal peccato originale (orgoglio, sensualità, egoismo, sopraffazione, ecc...), congiunta all'odio implacabile verso il cristianesimo, costituiscono il «marchio di fabbrica» della Rivoluzione Francese, i cui «nobili» principî sono usciti direttamente dalle Logge massoniche a cui appartenevano praticamente tutti i suoi fautori.
Se su questa realtà sono state scritte diverse opere di un certo rilievo - cui rimando il lettore che voglia approfondire tale questione 2 - pochi invece sono gli storici che hanno cercato di mettere in luce i legami esistenti tra questa Rivoluzione e l'altra rivolta che la precedette di un decennio oltre Oceano.
Difatti, mentre si riconosce che i figli della Rivoluzione Francese si sono macchiati di orribili delitti (il Terrore, il genocidio vandeano, il soffocamento nel sangue delle varie insorgenze anti-giacobine in Italia, ecc...), la Rivoluzione Americana (1765-1783) è generalmente considerata come una giusta ribellione ad una esosa madrepatria, priva di una qualsiasi connessione ed interdipendenza con l'altra Rivoluzione che scoppiò poco più tardi sul suolo europeo.
Il pregio di questo articolo è essenzialmente quello di sfatare il mito della Rivoluzione «buona», documentando la comune matrice di entrambe le Rivoluzioni (gli ideali massonici e liberali) e la grande influenza che esercitarono sugli animi europei la lotta per l'indipendenza e il modello di società forgiato dalle tredici colonie del Nuovo Mondo.
Leggendo queste pagine, il lettore scoprirà con stupore che lo Stato laico, nemico irriducibile della Regalità Sociale di Gesù Cristo, lungi dall'essere una creazione esclusivamente francese, è stato attuato per la prima volta da quell'America che oggi esporta la democrazia in tutto il mondo a suon di bombe e sembra voler reggere i destini del mondo intero. E visto che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia è diventata una colonia degli Stati Uniti, sia politicamente che da un punto di vista culturale, conoscere la mentalità statunitense è ancora più necessario.
«Datemi la libertà»
Se si osservano le fotografie dell'insurrezione di Pechino del 1989, si è portati a pensare che l'America non avrebbe affatto sprecato due secoli del suo talento per incitare l'uomo del popolo ad essere libero. Apparentemente, oggi gli Stati Uniti sono la sorgente d'ispirazione sia per il misterioso Oriente che per il pragmatico Occidente.
Non è l'icona di Kwan Yin, la dea cinese della misericordia, ad essere stata innalzata sulla piazza Tienanmen, ma una Statua della Libertà in cartapesta, l'idolo massonico degli Stati Uniti d'America. Per di più, essa era ricoperta da striscioni e cartelli che riportavano gli slogan americani più sacri, che andavano dal «non si può ingannare tutto lo popolo per sempre», al «datemi la libertà o datemi la morte» 3.
Sopra: statua della Libertà di cartapesta in Piazza Tienanmen, nel 1989.
Il Nuovo Ordine dei Secoli
Tristemente, quest'ultima scelta è diventata troppo reale solamente quando i suoi entusiasti sostenitori sono stati travolti dai carri armati. Che cosa c'è, dunque, di nuovo in tutto questo? Quel fanatico di Thomas Jefferson (1743-1826) lo scriveva nella sua lettera al Colonnello William Stephens Smith (1755-1816):
Quando venne il suo turno di guidare una rivoluzione, Mao Zedong (1893-1976) non avrebbe potuto dire di meglio delle parole che gli si attribuiscono:
Tali sono le versioni rivoluzionarie delle famose parole di Tertulliano (160-220): «Il sangue dei martiri è il seme dei cristiani». Tutto porta a credere che la situazione in Cina - benché brutalmente repressa - orchestrata congiuntamente al sollevamento baltico, alla riunificazione delle due Germanie, alle elezioni polacche e agli sconvolgimenti verificatisi alle porte del Cremlino stesso, sembra ordinata al raggiungimento a lungo termine della realizzazione globale detta «Novus ordo seclorum» (sic!), che è raffigurata da molto tempo sul retro delle banconote statunitensi da un dollaro 4.
Un sistema politico. la cui giustizia risiede non nella legge morale, ma nell'uguaglianza, e in cui la libertà proviene dai «diritti» e non dalla verità che libera gli uomini, non ha assolutamente nulla da spartire con il cristianesimo. Che questa conversione assai diffusa ad una democrazia riscaldata non sia in nessun caso sinonimo della conversione promessa sotto condizione dalla Madonna a Fatima nel 1917, dovrebbe diventare a lungo andare dolorosamente evidente.
Il fallito sommovimento cinese è stato accuratamente preparato nelle Università; e se si seguono le sue tracce è facile giungere fino ai 40.000 studenti cinesi presenti nei campus americani. Sul Washington Post, del 25 marzo 1989, Jay Matthews ha scritto:
Gli Stati Uniti non hanno impedito il massacro, ma ciò non significa che la pressione non sia stata esercitata. Dopo diversi anni di chiusura, il capitale americano può finalmente fluire al di là della Cortina di Ferro grazie alle multinazionali che vendono di tutto: dagli hotel di lusso agli hamburger. È il sistema americano. Nel 1776, la Rivoluzione Americana infuse speranza a tutte le rivoluzioni che covavano sotto la cenere in Europa.
Gli Stati Uniti furono i primi a dimostrare che uno Stato fatto dall'uomo in modo puramente laico potesse realizzarsi mediante la rottura violenta con l'autorità costituita. Poco dopo, una successione di eruzioni simili esplodevano attraverso la cristianità occidentale come bombe ad orologeria, rovesciando troni e altari, separando lo Stato dalla Chiesa e, in generale, elevando tutto ciò che era stato abbassato. Lo slancio dato alla rivoluzione mondiale dal successo americano venne sistematicamente mascherato nella misura in cui gli Stati Uniti si placavano e diventavano, per così dire, rispettabili.
Ma nel XVIII secolo, il loro ruolo era ben chiaro a tutti. Tre anni prima dello scoppio della Rivoluzione Francese, il marchese illuminista e anti-clericale Nicholas de Condorcet (1743-1794), uno dei suoi principali artefici, e più tardi una delle sue vittime, scrisse un'opera propagandistica intitolata De l'influence de la Révolution d'Amérique sur l'Europe («Dell'influenza della Rivoluzione d'America sull'Europa»).
Il vecchio continente seguiva così da vicino gli sviluppi concreti negli Stati Uniti che l'anno seguente Condorcet compose le Lettres d'un bourgeois de New Haven à un citoyen de Virginie sur l'inutilité de partager le pouvoir législatif entre plusieurs corps («Lettere di un borghese di New Haven ad un cittadino della Virginia sull'inutilità di dividere il potere legislativo tra diversi corpi»). Fu poi la volta delle Lettres d'un citoyen des États-Unis à un Français sur les affaires présentes («Lettere di un cittadino degli Stati Uniti ad un francese sulle questioni attuali») 5.
Un progetto globale
L'intelligentsia di ogni nazione del vecchio continente aveva seguito con estremo interesse l'esperienza americana fin dal suo inizio 6. Come spiegare diversamente il fatto che tanti stranieri fossero apparsi improvvisamente come per miracolo ad occupare i posti di comando nella milizia rivoluzionaria americana?
Senza parlare degli inglesi, degli irlandesi e di tanti altri... 7. Era forse una coincidenza che fossero quasi tutti - se non tutti - massoni? Alcuni, come Pulaski, portavano in battaglia stendardi di guerra con le insegne massoniche. Sul suo personale troneggiava l'Occhio onniveggente nel Triangolo, con le parole «Non alius regit» («Nessun altro è il padrone»).
Fin dal principio, l'esperienza americana fu un progetto globale. Nel 1792, due anni prima della sua morte in prigione, Condorcet esportò l'ideologia rivoluzionaria in Spagna e in America Latina. Nella prefazione ad un'edizione (1945) di una sua opera, ancora sconosciuta negli Stati Uniti, l'argentino Alberto Palcos scrive:
L'opuscolo di Condorcet è oggi, dice Palcos, da una parte
Lo scrittore Orestes Brownson (1803-1876) 8, in un eccesso di esaltazione, non riusciva a trattenere il suo entusiasmo per il «destino manifesto» 9 del sistema americano. Il paradiso terrestre era imminente.
Incitare alla rivoluzione è tradire
Nel bel mezzo del XIX secolo, l'America infondeva queste speranze alla Germania. Il celebre quadro di George Washington (1732-1799) in piedi di fronte al pericolo, su un'imbarcazione mentre attraversa tra i ghiacci il fiume Delaware, non è stato dipinto negli Stati Uniti. Inoltre non è nemmeno un'opera dell'epoca, poiché il grande gonfalone stellato che sventola alle sue spalle non era ancora stato ufficialmente adottato a quell'epoca.
Sopra: George Washington attraversa il Delaware.
La scena è un'opera di laboratorio dipinta in Germania, nel 1850, da Emmanuel Gottlieb Leutze (1816-1868), che sperava così di ravvivare nei suoi compatrioti scoraggiati il fuoco della mancata rivoluzione tedesca del 1848. Secondo il Presidente del museo William S. Coffin 10, il dipinto originale si trovava nella cantina del Metropolitan per non essere «né storia, né arte». Il suo posto nell'iconografia americana non ne rimane rassicurato dalle molteplici riproduzioni, il cui valore propagandistico resta intatto.
Leone XIII (1810-1903), Papa «liberale», che fece tutte le concessioni possibili alla democrazia moderna, non aveva tuttavia peli sulla lingua quando nell'Enciclica Immortale Dei (del 1º novembre 1985) scrisse: «Incitare alla rivoluzione equivale a tradire non solamente l'uomo, ma anche Dio» 11. La rivoluzione non è una restaurazione. Essa è ciò che la parola stessa vuol dire: una sovversione. La rivoluzione è un peccato grave contro il Quarto Comandamento che seduce popoli interi 12. La rivoluzione è disobbedienza.
Sopra: Papa Leone XIII e la sua Lettera Enciclica Immortale Dei.
La maggior parte dei cattolici che sono cresciuti alla sua ombra negli Stati Uniti e che hanno assimilato la sua ideologia insieme al latte materno, difficilmente ammetteranno che la rivoluzione è intrinsecamente cattiva. Per essi, è una cara tradizione, l'unica che sia veramente loro, e un beneficio da dividere con gli altri. Inoltre, vi diranno che la loro rivoluzione fu «diversa».
Ciò non toglie che sia stata cronologicamente la prima di tutta una serie di rivolte moderne contro la Regalità Sociale di Cristo Re, e solo ora alcuni storici seri iniziano a scoprire i legami e l'ispirazione che hanno chiaramente in comune. Nella sua opera del 1938 The Anatomy of Revolution («L'anatomia della rivoluzione»), Crane Brinton (1898-1968) prende in esame alcune tra le similitudini presenti nelle rivoluzioni inglese, americana, francese e russa.
Sopra: Crane Brinton e il suo libro The Anatomy of Revolution.
Egli segnala che, nella loro epoca, sono state tutte, senza eccezione, «rivoluzioni di sinistra». La democrazia, come Lenin (1870-1924) non ha tardato a sottolineare nel suo libro del 1918 Stato e rivoluzione «è solamente una delle tappe nel corso dello sviluppo dal feudalesimo al capitalismo e dal capitalismo al comunismo».
Sopra: Lenin e il suo libro Stato e Rivoluzione.
In ognuno dei casi, nota Brinton, «il governo ha tentato di imporre delle tasse a persone che si sono rifiutate di pagare». Non erano persone che non potevano pagare, ma che si rifiutavano di farlo: questa distinzione è importante.
In altri termini, i rivoluzionari tendono ad essere coloro che «avvertono un divario insopportabile tra ciò che sono giunti a desiderare - i loro "bisogni" - e ciò che hanno realmente». Un cattolico dovrebbe riconoscere molto rapidamente in questi sentimenti la semplice invidia, uno dei sette vizi capitali.
Figaro
Per Brinton, il rivoluzionario-tipo è Figaro, l'anti-eroe dei racconti di Pierre-Augustin Beaumarchais (1732-1799) 13 Le Barbier de Séville (del 1773), reso famoso dell'opera lirica di Gioacchino Rossini (1792-1868), Il barbiere di Siviglia e dall'opera buffa di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) Le nozze di Figaro. Personaggio veramente luciferino, Figaro è il barbiere di un fortunato signore al quale si considera come intrinsecamente superiore in tutto. Egli è persuaso che, se non fosse per la nascita e per le ingiustizie delle istituzioni sociali, la sua innata intelligenza e le sue vaste capacità gli garantirebbero un rango identico a quello del suo signore.
Sopra: Pierre-Augustin Beaumarchais e il suo romanzo Le Barbier de Séville.
Figaro ne trova la prova sufficiente nel modo in cui il suo padrone dipende da lui. Questo barbiere personifica il dogma democratico secondo cui tutti gli uomini nascono uguali, la sindrome «io-valgo-quanto-il-mio-prossimo». Con un po' di fortuna, «posso essere tutto ciò che voglio», e ciò non dipende dalla volontà di Dio. Sembra che un po' di violenza sia un prezzo modesto da pagare per dare le possibilità adatte ai Figaro di questo mondo. Non è dunque sorprendente che
Queste speranze sono germogliate per poco tempo sulla piazza Tienanmen.
La Rivoluzione Americana: una guerra civile
Si potrebbe obiettare che la Rivoluzione Americana non si è macchiata degli stessi massacri avvenuti in Francia o in Russia. É possibile, ma Brinton ha scoperto che essa ebbe «molti aspetti terroristici» proprî dello stile americano. Siccome sono i vincitori che scrivono la Storia, questi aspetti sono stati passati sotto silenzio.
Sopra: battaglia di Lexington, del 19 aprile 1775.
Descritta come un conflitto tra buoni americani di nascita e oppressori e tirannici stranieri, la nostra rivoluzione è stata, in effetti, come tutte le altre, una guerra civile tra fratelli di sangue. A giusto titolo, l'Inghilterra non l'ha mai vista diversamente. All'epoca della guerra del 1812 14, il Times di Londra scriveva:
Sopra: scontro tra truppe inglesi e i coloni ribelli.
Questo fu il parere di molti coloni, perché statisticamente il numero di coloro che combatterono per l'Inghilterra fu pari a quello di chi si batté contro di essa. Un reggimento lealista era interamente costituito da cattolici. Le rappresaglie contro quelli che restarono fedeli al loro re furono crudeli, efficaci, implacabili e in buona parte di natura economica.
Alcune proprietà che valevano milioni di sterline furono sommariamente confiscate senza alcun indennizzo. In rapporto alla popolazione, la Rivoluzione Americana ha mandato in esilio un numero di persone superiore di cinque volte di quelle esiliate dalla Rivoluzione Francese, sebbene quest'ultima abbia fatto più vittime.
Tra le altre cose, le miniere di rame di Simsbury - soprannominate il Newgate del Connecticut - furono trasformate in prigioni per i lealisti catturati. Uno dei suoi reclusi più famosi fu William Franklin (1730-1813), figlio unico di Benjamin Franklin (1706-1790) e Governatore del New Jersey 15. Nei confronti dei prigionieri di basso rango si verificarono delle angherie a base di catrame e piume.
Per saperne di più, il lettore può consultare l'opera di Crane Brinton, o il capitolo di Wallace Brown «I lealisti e la Rivoluzione Americana», contenuto nel libro Il mito e l'esperienza americana.
Il disprezzo per le persone anziane
A differenza dei rivoluzionari europei, gli americani ebbero il vantaggio di potersi accaparrare un'area geograficamente separata dalla madrepatria. Nella loro nuova Atlantide essi poterono rinnegare sia fisicamente che moralmente le loro origini, attribuirsi più facilmente un'identità tutta loro e vivere come cittadini di una nazione che era farina del loro sacco.
I sociologi hanno messo in luce un aspetto interessante della rivolta: essa ha fatto nascere, in modo del tutto spontaneo, un vero e proprio vocabolario di termini che esprimevano disprezzo nei confronti delle persone anziane. Diversi soprannomi 16 apparvero per la prima volta, mentre gli altri termini 17, che erano generalmente usati per rivolgersi rispettosamente alle persone di una certa età, iniziarono a scomparire e fino ad eclissarsi definitivamente ai nostri giorni.
Quando tutto ad un tratto solo ciò che è giovane e nuovo predomina, è facile dedurre che Colui che la Sacra Scrittura definisce «l'Anziano di giorni» diventa il vero bersaglio, e non solamente l'ingiustizia o l'oppressione. Come il vagabondo Caino, la rivoluzione fugge da Dio e si costruisce una città, e come Caino, essa dà alla città il nome di suo figlio, perché la rivoluzione non può sopportare il passato.
Sopra: dopo aver ucciso Abele, Caino fugge da Dio e vaga ramingo per la terra (Gn 4, 8-15).
Non può sopportare nemmeno il presente che cerca sempre di cambiare. Deve tracciare un piano per ogni cosa e non può dunque rimanere che nel futuro, il quale non ha ancora una propria realtà.
I semidèi
Il fatto che i capi ribelli americani non siano mai stati generalmente oggetto di stima emerge da una miriade di documenti contemporanei. Thomas Jefferson era guardato con legittimo sospetto, come d'altronde Franklin, il cui figlio restò un convinto lealista fino alla fine. Su George Washington, Benjamin Franklin Bache (1769-1798), il nipote di Franklin, ha espresso probabilmente l'opinione più radicale nella rivista Philadelphia Aurora («L'aurora di Philadelphia»): «Semmai una nazione fu corrotta da un uomo, la nazione americana lo è stata da Washington».
Parole forti, ma i contemporanei dovrebbero anche ricordare che il primo Presidente degli Stati Uniti d'America fu un ricco accaparratore di terre che non ebbe scrupoli, tra le altre cose, ad impossessarsi dei territori ad Ovest, il cui accesso era stato proibito. Non a caso, solo poco prima del XX secolo, i volti di Washington e di Jefferson furono scolpiti sul monte Rushmore, il monte dei semidèi 18.
Sopra: i volti dei quattro presidenti scolpiti sul monte Rushmore, nel Sud Dakota.
A quell'epoca, nella coscienza collettiva si era stabilito il mito secondo cui gli Stati Uniti erano stati fondati come una nazione cristiana poggiante su principî cristiani, semplicemente perché la popolazione era in maggioranza cristiana. I fatti storici e la testimonianza pubblica di Washington parlano un altro linguaggio.
I padri fondatori, che raramente - se non mai - si sono riferiti alla divinità, lo hanno fatto utilizzando unicamente i termini massonici più vaghi e più impersonali, e tuttavia vengono ancora considerati come devoti credenti. Nondimeno, anche quando lo erano, non furono mai cattolici. Fu uno di loro, John Adams (1735-1826) 19 che inventò la formula «cristiani cattolici, cristiani cabalisti».
La pietà di Washington e il cattolicesimo americano
Nell'epoca in cui negli Stati Uniti l'affrancamento postale di un'oncia era di tredici centesimi (un numero sacro per la Massoneria), venne stampato un francobollo di Natale che raffigurava Washington mentre prega in ginocchio nella neve a Valley Forge. Era successo qualcosa di analogo nel 1928, quando una versione della stessa effige in bronzo era stata collocata nell'edificio della Sotto-Tesoreria di New York.
Sopra: George Washington prega nella Valley Forge.
Fino ad oggi, il pastore Parson Weems (1759-1825), che si era inventato la storia del ciliegio 20, resta l'unico sostenitore di questa pretesa pietà cristiana. Tuttavia, nel 1954, i membri del Congresso costruirono una «sala di preghiera» nel Campidoglio.
Sopra: la favola del ciliegio, illustrata dal pastore Weems.
Al suo centro c'è una vetrata che mostra Washington in ginocchio sotto la Piramide tronca sormontata dall'Occhio onniveggente, un noto simbolo della Massoneria che figura anche sul dorso del Gran Sigillo degli Stati Uniti.
La verità è che Washington, come Jefferson e la maggior parte degli altri, era conosciuto come una persona che non assisteva che raramente alle funzioni religiose, e questo per un motivo ufficiale. Rupert Hughes (1859-1926), un demistificatore molto conosciuto negli anni '20, affermò che Washington aveva smesso da molto tempo di mettere piede nella sua chiesa dopo che il pastore gli aveva rimproverato di non ricevere mai la comunione, pratica che Washington disapprovava per principio.
Nel 1776, il Congresso continentale 21 decretò un giorno di preghiera e di digiuno «per confessare e deplorare i nostri numerosi peccati [...], per i meriti e per la mediazione di Gesù Cristo», il che prova che c'erano dei cristiani in questa istituzione. Tuttavia, quando Washington trasmise l'ordine ai suoi uomini, omise il riferimento a Gesù Cristo.
Sul suo letto di morte, non lo si sentì menzionare Dio o la religione, e nel suo testamento non lasciò nulla in eredità ad alcuna denominazione religiosa. Ciononostante, contro ogni evidenza, i cattolici americani raccontano ancora la storia della sua «visione della Madonna» a Valley Forge della sua conversione alla fede in punto di morte.
Questa leggenda è stata trasmessa attraverso gli anni dagli storici americanisti senza la conferma di uno straccio di documento, se non una «voce» secondo cui Padre Francis Neale s.j. (1756-1837), di Georgetown, sarebbe stato chiamato a Mount Vernon e avrebbe passato con Washington le sue ultime quattro ore di vita. Sicuramente, queste fandonie si rivelarono assai utili al sistema per conquistare molti cattolici, peraltro esitanti, agli ideali del nuovo sistema americano.
Sotto la guida di una Gerarchia autoctona, il cui iniziale Primate fu l'Arcivescovo gesuita Mons. John Carroll (1756-1815), scelto personalmente da Benjamin Franklin, la politica ufficiale della Chiesa cattolica americana fu fin da principio una marcata identificazione dei principî democratici con quelli del Corpo mistico. A spese dei cattolici, un incomparabile sistema di scuole parrocchiali venne utilizzato per promuovere l'americanismo, insegnando la stessa storia e la stessa scienza falsificate che si insegnano nelle scuole pubbliche 22.
Malgrado le angosciate proteste di alcune frange di fedeli, la fusione raggiunse il suo apogeo sotto il Cardinale James Gibbons (1834-1921) e sotto l'Arcivescovo Mons. John Ireland (1838-1918) 23, e prosperò anche sotto il «papa americano», il Cardinale Joseph Louis Bernardin (1928-1996), già Presidente della Conferenza Episcopale Americana. Non bisogna dunque stupirsi se l'attuale cattolicesimo americano non sia nient'altro che
Tali sono le parole che Papa San Pio X (1835-1914) rivolse ai democratici francesi nella sua Lettre sur le Sillon, del 25 agosto 1910. Esse possono essere tristemente applicate all'attuale Chiesa cattolica statunitense. All'inizio del XIX secolo, negli Stati Uniti, ci fu un immenso moto di protesta contro la Massoneria quando un partito politico anti-massonico venne formato da coloro che riconoscevano chiaramente il carattere anticristiano del naturalismo massonico e il suo effettivo potere 24.
Curiosamente, i libelli dell'epoca che smascheravano la Massoneria furono tutti redatti da protestanti e da pastori evangelici. Malgrado le numerose condanne pontificie della Massoneria, nessuno di questi scritti fu opera di un cattolico. Sulla scia dell'«io-non-ne-so-nulla» 25 e degli incendi di conventi, i fedeli erano troppo impegnati a mantenere un profilo basso, nella loro società pluralistica moderna dove regnava la libertà, per rischiare di parlare francamente contro il potere occulto.
L'apoteosi di Brumidi
Non ci fu alcun tipo di protesta quando verso la fine della guerra civile la «canonizzazione» di Washington giunse ad una svolta. Da più di un secolo, i turisti in visita alla capitale della nazione sollevano gli occhi per vedere Washington occupare la posizione centrale di Dio Padre nell'«Apoteosi» dipinta nel Campidoglio da Constantino Brumidi (1805-1880), un massone greco-italiano che in passato aveva restaurato gli affreschi del Vaticano, ma che nel 1852 dovette fuggire dall'Italia a causa delle sue attività sovversive.
Sopra: l'Apoteosi di Washington affrescata da Brumidi nella cupola del Campidoglio.
Attorniato dalla Vittoria e dalla Libertà, gli altri due membri della trionfante «trinità democratica», Washington regna gloriosamente tra le nuvole del cielo in compagnia di altri dèi e dèe.
Sopra: la Libertà tiene in mano il fascio littorio, un antico simbolo romano ripescato dalla Massoneria... e dal fascismo.
Questo grandioso affresco illustra perfettamente l'origine demoniaca della democrazia moderna: «sarete come dèi» (Gn 3, 5). «Assomiglia molto alla Basilica di San Pietro in Roma», sussurrano sottovoce i visitatori. In verità, gli assomiglia molto.
Scrisse San Pio X nella sua Lettre sur le Sillon:
Negli Stati Uniti, questa religione, fondata su una mitologia, è cresciuta fin troppo per non destare inquietudine. Le sue feste liturgiche secolari sono state accettate senza alcun problema. Anche il calendario dei «santi» secolari, celebra non solo la nascita di Washington, ma anche quella di Abraham Lincoln (1809-1865), di Martin Luther King (1929-1968) e di altri personaggi dello stesso genere.
I Vescovi cattolici hanno adottato alcune Messe votive per il 4 luglio (festa dell'Indipendenza) e per il Giorno del Ringraziamento, e vorrebbero che questa data diventasse una giornata mondiale di preghiera. Il Campidoglio, il monumento di Washington, i memoriali di Lincoln e di Jefferson sono diventati luoghi santi per tutti e le cappelle «ecumeniche» prosperano. Dove conduce, dunque, la mentalità americana? Ubbidire all'autorità costituita è un precetto cristiano.
Possiamo dedurre che San Paolo disapproverebbe il fatto di bruciare la bandiera. Ma avrebbe disapprovato anche che si faccia passare la falsa dottrina per quella vera 26. I primi cristiani furono martirizzati per essersi rifiutati di adorare l'imperatore di Roma. I cristiani di oggi adorano il popolo? Afferma San Pio X nel medesimo documento:
Come diceva questo Santo Pontefice, a differenza della rivoluzione, la Chiesa
La Massoneria all'origine dell'unità americana
Fino al 1770,
Bisogna inoltre aggiungere che per ciò che riguarda la religione che, contrariamente alla Spagna, dove non si permetteva agli eretici di recarsi nelle colonie per timore di contaminazione, l'Inghilterra, aveva pensato che l'eretico fosse un prodotto da esportazione per eccellenza 28. Ne conseguì che in America non ci fu mai un'unità di fede.
Se i pastori della chiesa episcopaliana, alla quale appartenevano gli ugonotti e gli olandesi, andavano a farsi ordinare in Inghilterra, i ministri congregazionalisti erano dei ribelli in potenza nei confronti della madrepatria, e attorno alla teocrazia che i puritani installarono nella Nuova Inghilterra si svilupparono rapidamente alcuni conflitti di spirito che favorirono la nascita di focolai liberali e democratici.
Sarebbe troppo lungo spiegare il suo radicamento e i mezzi con cui esercitò la sua influenza. Diciamo solamente che la nuova Massoneria intendeva superare tutte le religioni rivelate, che essa non voleva né rivelazione, né dogmi, né fede, che la sua convinzione era scientifica e la sua moralità sociale 30.
La Dichiarazione d'Indipendenza
Venne il momento in cui queste tredici colonie scossero il giogo della metropoli quando questa volle imporre loro tasse proibitive e non autorizzate da ciascuno degli Stati. Nel 1775, la resistenza delle colonie si trasformò in un'insurrezione generale. Fin dall'inizio delle ostilità si pensò ad una Dichiarazione d'Indipendenza. Jefferson venne incaricato di redigere questa Dichiarazione che fu proclamata il 4 luglio 1776.
Sopra: la Dichiarazione d'Indipendenza viene promulgata da Washington.
Bisogna notare che
L'insurrezione durò otto anni, dal 1775 al 1783. I soldati scrivevano sui loro cappelli il motto «la libertà o la morte», e molti, si dice, la portavano nel loro cuore.
La formazione dei due partiti americani
Dopo la Convenzione del 1787, che ebbe luogo a Philadelphia, quando fu il momento di sottoporre - in una nazione in cui tutto era ancora da fare - la nuova Costituzione per l'approvazione degli Stati e del popolo, la nazione si divise in due: federalisti e anti-federalisti. I federalisti desideravano un'estensione del potere federale.
Gli anti-federalisti si chiamavano così, non perché fossero ostili al governo federale, ma perché volevano che i suoi poteri fossero limitati. Ben presto, essi furono chiamati «repubblicani». Era un modo di accusare i loro avversari di essere se non dei monarchici, almeno dei «monocrati». Il dibattito fu sia economico che politico. I federalisti rappresentavano i ricchi negozianti e i capitalisti, e tendevano verso un'America industriale. I repubblicani, che raggruppavano i pionieri e i coltivatori, si orientavano verso un'America agricola. Su un piano umano,
Sopra: nel tempo, il Partito Repubblicano scelse come simbolo l'elefante, mentre quello Democratico scelse l'asino.
L'opinione americana di fronte alla Rivoluzione Francese
Innanzitutto, in America tutti salutarono con molto entusiasmo il vento della libertà che si mise a soffiare sul suolo di Francia.
George Washington
Fin dall'aprile del 1789, Washington, da poco eletto Presidente degli Stati Uniti, espresse l'opinione generale quando scrisse che
In Francia, Washington era visto come «l'eroe massonico che si era ribellato suo malgrado», e questa immagine serviva «a provare la santità della ribellione» 37.
Benjamin Franklin
Quanto a lui, il 5 novembre 1789, Franklin, dichiarò:
Franklin divenne massone in Francia; egli venne eletto Venerabile della brillante Loggia delle Nove Sorelle per ben due volte. Postosi al centro della Massoneria intellettuale ed elegante della Francia, Franklin - il cui «sorriso intelligente incantava Parigi» - poté manovrare e in seguito divenire, nel 1777, l'artefice dell'avvicinamento franco-americano.
Egli morì nel 1790 e, di conseguenza, non entrò nella storia dello scontro tra i due partiti americani.
I repubblicani: Thomas Jefferson e l'evoluzione politica del suo partito
Il leader dei repubblicani era Thomas Jefferson. Fu intorno alla sua persona che si cristallizzò lo scambio dello spirito rivoluzionario tra la Francia e l'America. Egli sostituì Franklin all'ambasciata americana in Francia dal 1785 al 1789, fatto che fece esclamare allo scrittore francese André Maurois (1885-1967), nella sua Histoire des États-Units:
Sopra: André Maurois e la sua opera Histoire des États-Units.
In effetti, Jefferson
Jefferson tornò negli Stati Uniti alla fine del 1789, essendo stato nominato Segretario di Stato da Washington.
Sopra: la tomba di Jefferson al Monticello Graveyard, in Virginia. L'Obelisco è un altro simbolo massonico.
«Traendo dagli esempi francesi ciò che gli sembrava assimilabile all'America», Jefferson poggiò sulla dottrina francese «che gli serviva ad elaborare la sua. Il suo Partito divenne un Partito nazionale con delle vedute e con una missione mondiali» 43. Le mode rivoluzionarie fecero presto presa sugli spiriti più evoluti. Si diceva:
Le coccarde tricolori erano ostentate dai repubblicani, mentre la coccarda nera era diventata il simbolo esteriore dell'adesione ai principî federalisti. Questi ultimi finirono per avere la meglio presso le sfere governative a partire dal 1794, in parte anche a causa del fatto che era stato constatato che in seno all'Università c'era una sorprendente irriverenza verso gli esercizi religiosi, e che questa ondata di immoralità era stata attribuita all'influenza esercitata dalle idee francesi.
Quando poi si scoprì che il Ministro degli Esteri Charles-Maurice de Talleyrand (1754-1838) aveva cercato di estorcere del denaro a tre commissari che il Governo degli Stati Uniti aveva inviato a Parigi, un'immensa indignazione prese corpo contro la Francia. Tuttavia, nel 1798, i repubblicani ripresero la loro campagna democratica e mistica basandosi sulle idee che allora erano dette «francesi». In quel momento, si poté constatare che
Tale culto tende ad escludere ogni altra forma di religione. Il trionfo di Jefferson, eletto terzo Presidente degli Stati Uniti nel 1800, fu accolto come il trionfo delle idee francesi. Cosa paradossale in quest'uomo, che nel 1788 biasimava la Costituzione degli Stati Uniti giudicandola troppo monarchica e centralizzata; quando egli governò per otto anni, lasciò il potere centrale più forte che nel 1800.
Lui, l'amico della Francia, fu l'artefice della scissione definitiva tra la Francia e gli Stati Uniti. Lui, che esaltava la moderazione negli atti, amava dire che «l'albero della libertà dev'essere di tanto in tanto annaffiato dal sangue dei patrioti e dei tiranni». In effetti, egli era un difensore accanito ed incondizionato della libertà che, nei suoi scritti, sembra essere il fine estremo di tutto, e che, malgrado tutte le atrocità commesse sul suolo di Francia, lo conserverà fino alla fine nella sua determinazione a sostenere la Rivoluzione Francese.
Nel 1793, egli scrisse a William Short (1759-1849), il suo successore a Parigi come incaricato agli Affari Esteri:
James Madison
Nel Partito repubblicano, a fianco di
Jefferson, incontriamo James Madison (1751-1836) e James
Monroe (1758-1831), che gli succedettero uno dopo l'altro alla
presidenza degli Stati Uniti. Madison, «un uomo di bassa statura,
pallido, timido, erudito e spirituale per la
Non sembra che questo fosse proprio il suo pensiero, perché amava dire che, se gli uomini fossero degli angeli, non occorrerebbe alcun governo. Checché ne sia, egli orchestrò con gli altri leader repubblicani tutta una campagna dove si tentò di dimostrare quanto la morte di Luigi XVI (1754-1793) fosse legittimata dai pericoli che la Francia correva e dai crimini compiuti dalla monarchia.
James Monroe
Probabilmente Monroe condivideva questo punto di vista, poiché era così penetrato dall'ideale rivoluzionario, radicato in lui sotto forma di una specie di misticismo, che questo gli permise di superare l'irritazione che provò contro il governo del suo Paese quando fu inviato in missione in Francia nel 1794 con istruzioni ingannevoli, mentre erano stati intavolati dei negoziati con l'Inghilterra senza che egli ne fosse stato messo al corrente.
I federalisti: John Adams
Dal canto loro, i federalisti non stavano con le mani in mano. Il fatto che la Rivoluzione Francese si evolvesse verso un radicalismo sempre più avanzato e che ogni speranza di conclusione svanisse, andò a rafforzare la loro posizione. Tra essi, John Adams
Scriveva Adams:
John Adams si schierò con la politica francofila di Washington, al quale succedette nel 1797; in lui ci fu sempre una certa diffidenza verso la Francia, mescolata tuttavia ad un'ammirazione per il progresso delle sue scienze e per la sua diplomazia. Nel 1812, egli scrisse a Thomas McKean (1734-1817):
Oltre ai personaggi di primo piano, ci siamo soffermati sull'opinione di Fisher Ames (1758-1808), che fu anch'egli un
Egli scriveva:
Alexander Hamilton
Il più focoso dei federalisti e colui che criticò più in profondità le cose, fu Alexander Hamilton (1757-1804). Egli fu una delle più brillanti intelligenze della sua epoca, l'uomo che creò le strutture finanziarie della nazione americana e che divenne l'eminenza grigia di Washington. Preoccupato scrisse:
Egli si mostrò profondamente urtato dagli eccessi della Rivoluzione Francese:
Nonostante queste parole, non bisogna però dimenticare che la successiva Guerra di Secessione tra federati e confederati del 1860 causò 600.000 morti (senza contare il genocidio dei nativi americani...).
L'atteggiamento paradossale dei pastori della Nuova Inghilterra
I pastori della Nuova Inghilterra,
Ma di fronte all'evoluzione degli avvenimenti in Francia e all'atteggiamento assunto dal partito francese d'America (ossia dal Partito Repubblicano), quando si capì che il libro di Padre Augustin Barruel s.j. (1741-1820) Mémoires pour servir a l'histoire du jacobinisme («Memorie per servire alla storia del giacobinismo»), apparso in Inghilterra, in cui la Rivoluzione Francese veniva definita come l'anticristo, aveva visto giusto, si svilupparono alcune vedute
Sopra: Padre Barruel e il suo libro in più volumi Mémoires pour servir a l'histoire du jacobinisme.
Robert Morris
C'è un personaggio un po' in disparte nel bel mezzo di tanti dibattiti così appassionati, di cui non si può tacere il nome, non solo a causa del numero delle sue testimonianze, ma anche per la solidità del suo giudizio. Si tratta del Governatore Robert Morris (1734-1806), un personaggio molto apprezzato da numerosi storici, e in particolare dal filosofo, storico e critico letterario francese Hyppolite Adolphe Taine (1828-1893). Giunto a Parigi nel 1789, ministro plenipotenziario dal 1792 al 1794, egli ebbe l'incarico di informare Washington sugli avvenimenti in terra di Francia.
Osservatore perspicace che conosce cos'è la pasta umana, Morris era un disilluso:
Nell'atmosfera della polemica americana di quei tempi, questa voce del buonsenso è apprezzabile.
Giudizio sulla storia di questo periodo
In occasione dell'uscita del libro pubblicato nel 1991 di Jean-Pierre Dormois e di Simon P. Newman intitolato Vue d'Amérique. La Révolution Française jugée par les Américains («La Rivoluzione Francese giudicata dagli americani»), si è cercato di dimostrare l'impatto che la Rivoluzione Francese ebbe sull'opinione americana, certamente divisa, ma nell'insieme, e soprattutto tra il popolo, favorevole alle idee francesi.
Resterebbe da dimostrare l'influenza americana sullo spirito rivoluzionario in Francia alla vigilia della Rivoluzione. Si pensi alla formidabile novità che costituiva all'epoca la creazione degli Stati Uniti di fronte alle sovranità europee, delle strutture repubblicane che si erano dati e che venivano ad incoronare un stato d'animo in cui
A ciò si aggiungeva il fatto che «fino ad allora, le rivoluzioni erano state considerate come dei crimini sociali» e che ora invece si vedeva in esse «il compimento di una delle più alte funzioni, sociali» 63. A questo riguardo, lo storico francese René Rémond (1918-2007) nella sua Histoire des États-Unis, non esita ad affermare che il movimento che ha condotto gli Stati Uniti al rifiuto da dipendere dall'Inghilterra è
Sopra: René Rémond e il suo libro Histoire des États-Unis.
A costo di ripeterci, ma nell'interesse dei nostri lettori, riteniamo utile citare qui un lungo passo estratto dall'opera del pensatore francesco Jacques Ploncard d'Assac (1910-2005) intitolata Le poids des clefs de Saint Pierre («Il peso delle chiavi di San Pietro»), in cui viene rievocata la responsabilità dell'America nello stato attuale del mondo:
Sopra: Jacques Ploncard d'Assac e il suolibro Le poids des clefs de Saint Pierre.
Nel XVIII secolo, la Francia e l'America sono state «un meraviglioso eccitante l'una per l'altra» 65. «L'intellettualismo francese e la religiosità americana hanno formato un torrente che ha sconvolto il mondo» 66. Tramite la Dichiarazione d'Indipendenza, l'America ha fatto passare «dal campo della speculazione e della polemica a quello della credenza popolare, della pratica e del sentimentalismo» 67 gli ideali di libertà, di uguaglianza, di sovranità del popolo che, in Francia, sotto l'influenza della Massoneria, furono ricevuti con premura ed eretti ad assoluto, finendo per soppiantare la fede secolare della cristianità.
Ci fu una sorta di spaccatura che sembra assorbire lo spirito del filosofo francese Jacques Maritain (1882-1973) - forse questa non fu per lui una conquista? - quando, seguendo l'esempio dei pastori della Nuova Inghilterra che cercavano di «unificare i dogmi del cristianesimo e lo zelo per la libertà, e a rinsaldare l'uno con l'altro» 68, scrisse al Generale Charles de Gaulle (1890-1970), parlando probabilmente degli Stati Uniti, il 21 novembre 1941:
Non si tratta forse di un'affermazione simile a quella di certi ferventi e zelanti cristiani del XIX secolo che pensavano che «Pio IX avrebbe "coniugato la religione e la libertà" come si diceva allora»? Ma come sappiamo, Pio IX (1792-1878) oppose a questa corrente di pensiero il suo «non possumus» («Non possiamo»). Il fatto è che la libertà conquistata dagli insorgenti 69, esaltata dai rivoluzionario francesi e che autorizzava tutto, è stata in qualche modo e per definizione il frutto di una ribellione.
Sopra: S. S. Papa Pio IX.
Ora, la libertà cristiana è tutt'altra cosa. Essa è un dono di Dio che deve condurre ad un atteggiamento fondamentale di accettazione, di dipendenza acconsentita, di rispetto dell'autorità fino al momento in cui appare evidente che è meglio ubbidire a Dio che agli uomini. Tra queste due concezioni c'è la stessa distanza che separa il fiat di Maria SS.ma dal non serviam tibi («Non ti servirò») di Lucifero. Come ebbe a dire giustamente Giovanni Spadolini (1925-1994), pur essendo un politico liberale e repubblicano,
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