LA GNOSI NELLA CULTURA MODERNA
Gli Ofiti: il Serpente come liberatore
Sono più di due secoli che la cultura occidentale accarezza il male, lo blandisce, lo giustifica. Il negativo comunica vertigine, delirio di onnipotenza, emozioni inconfessabili; illumina di bagliori rossastri i sentieri proibiti, gli abissi della notte, le vette ghiacciate. Colora di sé il peculiare titanismo moderno, la provocatoria sfida che esso lancia all'Eterno.
Se il Faust antico, quello di Christopher Marlowe (1564-1593), si pente in punto di morte, quello posteriore vive dell'oltraggio, brama la dissoluzione. Il patto col serpente, come titola Mario Praz, uno dei suoi ultimi volumi 2, diviene ora stabile. Il Serpente, il tentatore, appare nelle vesti del liberatore, di colui che solleva l'uomo al di là del bene e del male, al di là della «legge», al di là del Dio antico, nemico della libertà.
Gli ultimi duecento anni riscoprono «il principio liberatore del mondo [affermato] dalla setta degli Ofiti» 3, principio intravisto, secondo lo studioso della Kabbalah Gershom Scholem (1897-1982), dalla concezione sabbatiana con il suo Messia consegnato ai «serpenti» 4. Principio riaffermato dal filosofo marxista Ernst Bloch (1885-1977) nel suo Ateismo nel cristianesimo dove il Cristo-Serpente libera il mondo dalla tirannia di Yahwéh 5.
Anche Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), secondo il filosofo italiano Vittorio Mathieu, «aveva sentito parlare della sétta degli Ofiti» 6. Nel suo Goethe e il suo diavolo custode, Mathieu osserva come nel Faust Mefistofele è la «forza che fa emergere dalla tenebra il positivo dell'uomo» 7. Come afferma Dio, rivolto a Mefistofele nel Prologo in Cielo,
Il diavolo è posto volentieri («gern») da Dio come collaboratore dell'uomo. Come notava lo storico delle religioni Mircea Eliade (1907-1986), «si potrebbe parlare di una simpatia organica tra il Creatore e Mefistofele» 9. Goethe fa di Mefistofele, del male, la molla che muove verso l'azione («Tat»), verso ciò che è positivo. Si tratta dell'idea, destinata a percorrere molta strada, per cui la via verso il Cielo passa attraverso l'inferno.
L'uomo diventa uomo, vivo, intelligente, libero, solo assaporando fino in fondo l'amaro della vita. L'innocenza dell'«anima bella» è, al contrario, inerzia, stasi, morte. Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), con la sua dialettica del negativo, darà una sontuosa veste teorica a quest'idea. L'uomo deve peccare, deve uscire dall'innocenza naturale per divenire Dio. Egli deve realizzare la promessa del Serpente: deve conoscere, come Dio, il bene e il male. Questa conoscenza
Attraverso questa prospettiva la figura dell'Angelo ribelle, di colui che, provocando l'uomo, lo innalzerebbe alla sua libertà, rifulge di uno splendore nuovo. Mefistofele diviene, passo dopo passo, l'eroe, il Prometeo moderno, il liberatore. Scriveva nel 1937 il critico letterario francese Roger Caillois (1913-1978):
Sopra: Roger Caillois.
Da George Gordon Byron (1788-1824) ad Alfred de Vigny (1797-1863) la «mitologia satanica» elabora la figura di un «Angelo del male», ribelle e vendicatore, le cui premesse risalgono indietro nel tempo.
Satana contro Dio
Giustamente Mario Praz, nel suo La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, l'opera a tutt'oggi più interessante sul fascino del demoniaco nella letteratura dell'Ottocento, indica l'inizio di questo processo nella peculiare caratterizzazione di Satana offerta da John Milton (1608-1674) nel suo Paradiso perduto.
Sopra: il poeta inglese John Milton e la sua opera Paradiso Perduto.
L'Avversario «diventa stranamente bello» 13. Come scriveva il poeta decadentista francese Charles Baudelaire (1821-1867), «le plus parfait type de Beauté virile est Satan - à la manière de Milton» («Il tipo più perfetto di Bellezza virile è Satana - alla maniera di Milton») 14. Al suo confronto, osserva il critico letterario statunitense Harold Bloom, «il Dio di Milton è una catastrofe», così come il Cristo, il quale «è un disastro poetico nel "Paradiso perduto"» 15. Per il poeta britannico William Blake (1757-1827),
Giudizio, questo, perfettamente condiviso dall'altro poeta inglese Percy Bysshe Shelley (1792-1822) per il quale
Sopra: il poeta britannico Percy B. Shelley.
Impavido, indomito, il principe delle tenebre appare come lo strenuo lottatore contro la tirannia divina. Satana è Prometeo, prende il posto del mitico titano incatenato da Zeus alla rupe, immortalato dalla fantasia di Eschilo. Il Prometeo moderno si oppone al dio ostile, malvagio. Il luciferino Satana appare migliore del Creatore:
Il vero affermativo è il demonio. È lui, e non l'angelo obbediente, che appare, eticamente ed esteticamente, dotato di un fascino più grande. Come asserisce Hegel,
Sopra: due incisioni di William Blake che ritraggono Satana trionfante.
Grazie a Milton, alla sua rielaborazione mitica, Satana fa così il suo ingresso nell'immaginario moderno. Si ha con ciò quella che Praz chiama, in un capitolo del suo volume, la «metamorfosi di Satana», il suo trapassare da figura negativa a eroe positivo: il ribelle triste, privato, come l'uomo, della sua felicità paradisiaca da un dio tiranno. Nel suo studio Praz documenta, con grande perizia, autori e correnti che fanno propria la mitologia satanica.
Se nel Settecento «il Satana miltonico trasfuse il suo fascino sinistro nel tipo tradizionale del bandito generoso, del sublime delinquente» 20, è nell'Ottocento, nella temperie romantica, che egli diviene il ribelle, l'espressione della rivolta metafisica, del «no» alla creazione. Fu Byron «a portare a perfezione il tipo del ribelle, lontano discendente del Satana di Milton» 21.
Con lui il ribelle diviene lo «straniero», l'uomo impenetrabile che trascende l'ordinario modo di sentire, che trascende i suoi stessi delitti. È l'oltre-uomo che sta più in alto e al contempo più in basso degli altri uomini. È l'infelice che si nutre di risentimento verso un dio crudele del quale imita la crudeltà. La teologia di Byron è, secondo Praz, la stessa del marchese de Sade (1740-1814) la cui opera, secondo l'autore, ha una influenza fondamentale nella letteratura romantica.
Sopra: il marchese de Sade.
Al centro vi è l'odio verso la creazione e il suo autore, l'esaltazione del piacere e del crimine come dileggio, profanazione, oltraggio. Siamo qui di fronte, per Praz, ad un «satanismo cosmico» 22. La sua influenza è enorme. Se la natura crea solo per distruggere, assecondare la natura è ripeterne il ritmo, il piacere della distruzione, il gusto (sadico) che fa sorgere il piacere dal dolore, il delirio dall'annientamento, il divino dal diabolico. È la pittura di Eugène Delacroix (1798-1863).
Sopra: il pittore francese Eugène Delacroix.
È la poesia di Baudelaire, nutrita di Edgar Allan Poe (1809-1849) e di de Sade, il cui pessimismo cosmico è più simile all'eresia manichea che alla religione cristiana: «Absolu! Résultante des contraires! Ormuz et Arimane, vous êtes le même»! («Assoluto! Ciò che risulta dai contrari! Ormuz e Arimane, voi siete la stessa cosa»!) 24. È la narrativa dello scrittore francese Gustave Flaubert (1821-1880), per il quale «Néron vivra aussi longtemps que Vespasien, Satan que Jésus-Christ» («Nerone avrà vita lunga tanto quanto Vespasiano, Satana quanto Gesù Cristo») 25.
Dei Canti di Maldoror del conte di Lautréamont (1846-1870), il quale confessa di aver «cantato il male come hanno fatto Mickiewicz, Byron, Milton, Southey, A. de Musset, Baudelaire» 26. Del poeta inglese Algernon Swinburne (1837-1909) che, avvinto dalla teologia gnostica di de Sade, declama il suo uomo in rivolta:
Distruzione e profanazione: questo è il piacere più grande! Un filone consistente della letteratura, a partire dal romanzo libertino del Settecento, gode della profanazione. La violazione appassiona in quanto trasgressione, oltraggio. Il corpo, quello della donna, è tanto più oggetto del desiderio quanto più esso è inerme (bambina, vergine, suora).
Profanarlo è togliere la trascendenza, ricondurre alla terra, svelare il volto oscuro di Eva, l'eterno femminino da sempre legato al potere di Satana. Il demoniaco mescola il puro e l'impuro, ha bisogno dell'innocenza per eccitare le passioni, per destare la forza dirompente del negativo. Con de Sade l'eros diviene parte di una teologia gnostica. Dopo di lui il connubio tra Eros e Thanatos, amore e morte, diviene l'elemento dominante di un nichilismo luciferino che trova nel decadentismo prima e nel surrealismo poi il suo compimento.
Sopra: Eva sedotta dal Serpente nell'Eden.
Satana in Dio
Satana non è solo in Prometeo, controfigura dell'Angelo caduto di Milton. Satana è anche in Dio. La teologia gnostica che sta al centro dell'ateismo ribelle degli ultimi due secoli distingue tra Lucifero (il liberatore) e Satana (l'oppressore). Essa trova la sua forma esemplare nel pensiero di Ernst Bloch. Per Bloch vi è
Il dio del mondo, creatore, è il cattivo demiurgo contro cui, nell'Eden, si è levato il Serpente vero amico dell'uomo. È Lucifero, con il suo desiderio di essere come Dio, che svela all'uomo la sua destinazione.
Sopra: la copertina di Spirito dell'utopia (1918), di Ernst Bloch, l'opera da cui sono state estratte le ultime due citazioni.
Il Serpente, come per la sétta degli Ofiti ricordata da Bloch in Ateismo nel cristianesimo, è quindi il liberatore. Due volte soggiogato, nell'Eden e nel Cristo innalzato in croce come il Serpente di bronzo di Mosè, esso attende la sua rivincita, la sua vittoria sul Demiurgo che apre l'«età dello Spirito». Unendo assieme lo gnostico Marcione (85-160) e dal monaco Gioacchino da Fiore (1130-1202), Bloch è il crocevia di tutta la Gnosi moderna.
Gesù, anticipazione del dio a venire, del dio «umano», è il redentore dal dio «satanico», dal dio del cosmo, dell'ordine e della legge. La Rivoluzione, come dissoluzione del vecchio ordine, diviene qui l'opera luciferina per eccellenza. Come illustre precedente delle sue riflessioni, Bloch richiama, in Ateismo nel cristianesimo, la figura di William Blake.
Il poeta inglese, affascinato dalla Rivoluzione Americana e da quella Francese, ebbe, oltre alla Bibbia, quattro maestri: Milton, William Shakespeare (1564-1616), l'alchimista e astrologo Paracelso (1493-1541) e il filosofo Jacob Böhme (1575-1624). Al primo dedicò un breve poema epico, Milton, composto probabilmente tra il 1800 e il 1803. In esso Urizen, il Principe della Luce, appare identico a Satana. Ciò che è peculiare in Blake è il suo The Marriage of Heaven and Hell («Il matrimonio del Cielo e dell'Inferno»), scritto nel 1790.
Qui la santificazione degli impulsi e dei desideri, in primis quello sessuale, «for everything that lives is Holy» («poiché ogni cosa vivente è Sacra»), ottiene la sua consacrazione teorica. Per essa non vi è più il male che nega il bene: male e bene sono entrambi necessari.
Sopra: Urizen dipinto da William Blake.
Il male, come nel Faust di Goethe, è ciò che dà energia, che desta il bene assopito. Il diavolo è la forza di Dio. In questa sua concezione Blake era debitore a colui che, per primo, nell'arco del pensiero moderno, aveva osato affermare il male in Dio: Jacob Böhme. Il philosophus teutonicus, il quale, secondo Hegel, «fu il primo a far sorgere in Germania una filosofia con caratteristiche proprie» 31, stimato da Leibniz, Hegel, Schelling, von Baader e da tutto il filone teosofico del pensiero moderno, è colui per il quale «secondo il primo principio Dio non si chiama Dio, ma Collera, Furore, sorgente amara, e vengono di qui il male, il dolore, il tremore e il fuoco divorante» 32.
L'ira di Dio è superata nell'amore; cionondimeno, essa rimane l'Urgrund, il principio originario da cui origina il tutto. Böhme, secondo Hegel, «ha lottato per intendere in Dio e da Dio il negativo, il male, il diavolo» 33. Dio è l'unità dei contrari, dell'ira e dell'amore, del male e del bene, del diavolo e del suo contrario, il Figlio. In questa posizione Cristo e Satana divengono in qualche modo fratelli, figli di un unico Padre, parti di Lui, momenti della sua natura polare.
È quanto affermerà Carl Gustav Jung (1875-1961) nel suo esoterico Septem Sermones ad Mortuos, scritto nel 1916, fatto circolare come opuscolo per gli amici e mai distribuito in libreria. Il testo, che si richiama idealmente allo gnostico Basilide (vissuto nel II sec. D. C.), afferma la natura di «pleroma» di Dio composta da coppie di opposti di cui «Dio e demonio sono le prime manifestazioni» 34. Essi si distinguono come generazione e corruzione, vita e morte. E tuttavia,
Sopra: lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung e il suo Septem Sermones ad Mortuos.
Questo Dio che unisce Dio e il diavolo è chiamato, da Jung, Abraxas. Esso è la forza originaria, che sta prima di ogni distinzione.
Sopra: rappresentazione di Abraxas, un eone di grande importanza secondo la dottrina gnostica dei primi secoli della nostra era.
Esso è «l'amore e il suo assassino», «il santo e il suo traditore», è «il mondo, il suo divenire e il suo passare. Su ogni dono del Dio sole il demonio getta la sua maledizione» 37. Il messaggio esoterico dei Septem Sermones ad Mortuos portava, come in Blake, alla santificazione della natura, all'innocenza del divenire. Esso implicava, per ciò stesso, la giustificazione del male, del diavolo, il suo inserimento, come in Böhme, in un sistema polare. Non a caso Martin Buber (1878-1965), venuto a conoscenza dell'opuscolo, parlerà qui di Gnosi.
Per Buber, la psicologia di Jung non costituiva altro che
Sopra: il teologo e filosofo ebreo Martin Buber.
Il rilievo di Buber non era puramente congetturale. Era stato lo stesso Jung che, in Psicologia e religione, aveva richiamato l'attualità dello gnostico Carpocrate (vissuto nel II sec. D. C.), il quale sosteneva che
Sopra: lo gnostico egizio Carpocrate.
La vita, affermava nel Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità,
Per questo a Dio è necessario Lucifero. «Senza quest'ultimo non ci sarebbe creazione, e tanto meno ci sarebbe stata alcuna storia di redenzione. L'ombra e il contrasto sono le necessarie condizioni di ogni realizzazione» 42. Quest'ombra è innanzitutto in Dio, nel Dio primigenio, nell'Inconscio che, per Jung, è la vera potenza che dirige la vita la quale deve essere «umanizzata» dall'io cosciente.
È solo nel Dio umano, Cristo, che il giudizio separa quanto nel pleroma (l'inconscio) è unito: la luce e la sua ombra. Ora i «due figli di Dio, Satana il maggiore e Cristo il minore» 43, la mano sinistra e la mano destra di Dio, si separano.
Sopra: Cristo tentato da Satana nel deserto.
Occorre che la Trinità divina, spirituale, si concili con un «quarto» principio: la materia, il corpo, il femminile, l'eros, il male, perché l'idealismo cristiano, conciliato con il mondo, pervenga ad una superiore unità.
L'«età dello Spirito», nella peculiare interpretazione che Jung dà di Gioacchino da Fiore, è l'era che segue all'eone cristiano, il tempo di Abraxas in cui passioni e ragione, inconscio e conscio, male e bene, Lucifero e Cristo, diverrano uno. Nel 1919, Hermann Hesse (1877-1962), che nel 1920 si sottopose ad analisi con Jung, pubblicò un romanzo, Demian, sotto lo pseudonimo di Emil Sinclair. In esso, il protagonista, un giovane inesperto, viene istruito sul senso della vita da uno spirito «libero» che porta in sé il segno di Caino: Demian. Per Demian,
Sopra: il filosofo svizzero Hermann Hesse e il suo libro Demian (1952).
Ad essa appartiene, secondo Demian, la sfera sessuale. Per questo non si può solo venerare Dio,
Come in Jung, questo «Dio si chiama Abraxas ed è Dio e Satana, e abbraccia in sé il mondo luminoso e il mondo scuro» 48. È l'amor sacro e l'amor profano, «l'immagine angelica e Satana, uomo e donna insieme, uomo e bestia, supremo bene e male estremo» 49. La visione del divino come coincidentia oppositorum, versione che sigla in forma indissolubile il «patto con il Serpente», attraversa, in tal modo, una parte cospicua del mondo culturale del Novecento.
Ricordiamo, tra gli altri, la riflessione di Mircea Eliade che in due scritti, Il mito della reintegrazione (1942) e Mefistofele e l'Androgine (1962), espone, sotto le suggestioni di Jung, la sua visione della «polarità divina». Per essa, ogni divinità appare polare, benefica e malefica ad un tempo. Il Serpente è fratello del Sole, così come, secondo un mito gnostico, lo sarebbero Cristo e Satana. Questa bi-unità divina prepara, nell'uomo, la reintegrazione di sacro e profano, di bene e di male in una unità superiore che trova, per Eliade, la sua mèta simbolica nella figura dell'Androgino.
Sopra: l'Androgino degli alchimisti (il Rebis), l'equivalente dell'Adam Kadmon della Kabbalah.
Conclusione
La moderna teosofia degli opposti, fondata sulla dottrina ermetica della coincidentia oppositorum, porta ad un connubio, inquietante, tra divino e diabolico, porta all'idea del Diavolo in Dio. Scriveva Padre Romano Guardini (1885-1968) nel 1964:
Questo atteggiamento, per Guardini,
Sopra: il teologo Romano Guardini.
L'idea di fondo è che la redenzione passa attraverso la degradazione, la grazia tramite il peccato, la vita attraverso la morte, il piacere mediante il dolore, l'estasi per opera della perversione, il divino mediante il diabolico. Il fascino che il negativo - metafora del demoniaco - esercita sulla cultura contemporanea dipende da questa singolare idea: che le vie del paradiso passino attraverso l'inferno, che «discesa all'Ade e resurrezione» siano uno 52. Consegnarsi al demonio, in una singolare trasposizione gnostica dell'idea per cui perdersi è ritrovarsi, è aprirsi a Dio. In questo «sacro» connubio Satana e Dio si uniscono nell'uomo. È l'«identità di de Sade e dei mistici» 53 auspicata dal marxista Georges Bataille (1897-1962).
Sopra: Georges Bataille.
Per essa la via all'ingiù coincide con la via all'insù. Faust, ora, non può più pentirsi, nemmeno in punto di morte. L'Avversario è diventato complice, «parte» di Dio. È la via per divenire dio. Il brivido del nulla, della discesa agli inferi, accompagna la scoperta dell'Essere, di Abraxas, il pleroma senza volto che permane, immobile, nel divenire del mondo.
Note
1 Articolo originale pubblicato sulla rivista mensile 30 giorni, nº 02/2003, reperibile alla pagina web http://www.30giorni.it/articoli_id_373_l1.htm Il grassetto è nostro. 2 Cfr. M. Praz, Il patto col serpente, Milano 1972 (ediz. 1995). 3 Ibid., pag. 12. 4 Cfr. G. Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica, Torino 1993, pag. 307. 5 Cfr. E. Bloch, Ateismo nel cristianesimo, tr. it., Milano 1971, pagg. 220-226. 6 Cfr. V. Mathieu, Goethe e il suo diavolo custode, Milano 2002, pag. 192. Gli Ofiti erano così chiamati perché adoratori del Serpente (N.d.R.). 7 Ibid., pag. 65. 8 Cfr. W. Goethe, Faust e Urfaust, tr. it., 2 voll., Milano 1976, vol. I, vv. 340-343, pag. 19. 9 Cfr. M. Eliade, Il mito della reintegrazione, tr. it., Milano 2002, pag. 4. 10 Cfr. G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della religione, tr. it., 2 voll., Milano 1974, vol. II, pag. 317. 11 Cfr. R. Caillois, Nascita di Lucifero, tr. it., Milano 2002, pag. 31. 12 Cfr. M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Firenze 1999, pag. 58. 13 Ibid. 14 Cfr. C. Baudelaire, Journaux intimes; cit. in M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, pag. 55. 15 Cfr. H. Bloom, Rovinare le sacre verità. Poesia e fede dalla Bibbia a oggi, tr. it., Milano 1992, pag. 106. 16 Cfr. W. Blake, Il matrimonio del Cielo e dell'Inferno, tr. it., in Selected Poems of William Blake, Torino 1999, pagg. 24-25. 17 Cfr. P. B. Shelley, Difesa della Poesia: cit. in M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, pag. 59. 18 Cfr. H. Bloom, op. cit., pag. 105. 19 Cfr. G. W. F. Hegel, op. cit., vol. II, pagg. 315-316 e 324, nota. 20 Cfr. M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, pagg. 59-60. 21 Ibid., pag. 64. 22 Ibid., pag. 96. 23 Ibid., pag. 135. 24 Ibid., pag. 147. 25 Ibid., pag. 161. 26 Cfr. Lautréamont, Lettere, in Lautréamont, I canti di Maldoror, Torino 1989, pag. 531. 27 Cfr. M. Praz, op. cit., pag. 199. 28 Cfr. E. Bloch, Spirito dell’utopia, tr. it., Firenze 1980, pag. 314. 29 Ibid., pag. 252. 30 Cfr. W. Blake, op. cit., pagg. 19-20. 31 G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, tr. it., 4 voll., Firenze 1973, vol. III (2), pag. 35. 32 Cfr. F. Cuniberto, Jacob Böhme, Brescia 2000, pag. 119. 33 Cfr. G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, vol. III (2), pag. 42. 34 Cfr. C. G. Jung, Septem Sermones ad Mortuos, tr. it.; in Ricordi, sogni, riflessioni di C. G. Jung, Milano 1990, pag. 454. 35 Ibid., pagg. 454-455. 36 Ibid., pag. 456. 37 Ibid. 38 Cfr. M. Buber, L'eclissi di Dio, tr. it., Milano 1983, pag. 139. 39 Ibid. 40 Cfr. C.G. Jung, Psicologia e religione, tr. it.; in C. G. Jung, Opere, vol. XI, Milano 1984, pag. 83. 41 Cfr. C. G. Jung, Saggio d'interpretazione psicologica del dogma della Trinità, tr. it.; in: C. G. Jung, Opere, vol. XI, pag. 191. 42 Ibid., pag. 190. 43 Cfr. C. G. Jung, Prefazione a Z. Weblowsky, «Lucifero e Prometeo», tr. it.; in C. G. Jung, Opere, vol. XI, pag. 299. 44 Cfr. C. G. Jung, Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità, pag. 171. 45 Ibid., pag. 174. 46 Cfr. H. Hesse, Demian. Storia della giovinezza di Emil Sinclair, tr. it.; in H. Hesse, Peter Camenzind - Demian. Due romanzi della giovinezza, Roma 1993, pag. 185. 47 Ibid., pag. 185. Corsivi nostri. 48 Ibid., pag. 216. 49 Ibid., pag. 207. 50 Cfr. R. Guardini, Diario. Appunti e testi dal 1942 al 1964, tr. it., Brescia 1983, pag. 245. 51 Cfr. R. Guardini, Lettere teologiche ad un amico, tr. it., Milano 1979, pag. 63. 52 Cfr. E. Zolla, Discesa all'Ade e resurrezione, Milano 2002. 53 Cfr. G. Bataille, Frammenti su William Blake, tr. it., in Selected Poems of William Blake, pag. 163.
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