di John ankerberg e John Weldon 1
Sopra: Davide, re e profeta.
Prefazione
Come si può leggere negli Atti degli Apostoli, uno dei temi principali su cui si basò la predicazione dei discepoli di Cristo presso i loro ex correligionari fu l'adempimento in Gesù delle profezie messianiche disseminate in tutto l'Antico Testamento. In effetti, leggendo gli antichi vaticini dei profeti e confrontandoli con la vita del Signore, non si può non rimanere stupiti dalla precisione con cui vengono descritte le tappe principali della Sua vita terrena.
A cominciare dal Libro della Genesi fino all'ultimo scritto veterotestamentario, nel corso dei secoli, patriarchi, re e profeti hanno aggiunto ognuno il proprio tassello fino a formare come in un grande mosaico la figura del Messia promesso. E che l'attesa di questo Inviato celeste fosse vivissima nel popolo ebraico è testimoniato fin dalle prime pagine dei Vangeli. Saputo della predicazione del Battista, il Sinedrio di Gerusalemme inviò subito dei messi per interrogarlo:
Questo ed altri passi manifestano quanto ardente fosse l'aspettazione del Messia da parte degli israeliti. Ma ahimè, come ben sappiamo, nonostante l'evidenza e i segni prodigiosi, i capi religiosi del popolo ebraico non riconobbero in Gesù il Messia promesso e lo fecero mettere a morte dai romani proprio per le Sue attestazioni messianiche. Molti si sono chiesti e si chiedono tutt'ora quale sia il motivo di un simile accecamento.
Essendo i più profondi conoscitori della Toràh e dei profeti, i membri del Sinedrio - Caifa in testa - i farisei, i sadducei, gli scribi e i dottori della Legge erano le persone più qualificate per individuare e riconoscere il vero Messia. Proprio per rendere più agevole questo compito, il Signore aveva rivelato, tramite i Suoi profeti, tantissimi particolari della figura dell'Atteso delle genti.
Eppure, come dice il Vangelo di San Giovanni, Gesù Cristo «venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto» (Gv 1, 11). Come si deduce dalla lettura dei Vangeli e come hanno affermato i Padri della Chiesa e la maggior parte dei migliori esegeti, ancora prima dell'avvento di Cristo, gli ebrei, ottenebrati dalla rabbia per la dominazione romana (e dai primi rigurgiti cabalistici), avevano iniziato a sognare un re terreno, un grande condottiero che non solo li avrebbe liberati dal giogo straniero, ma che avrebbe esteso il regno d'Israele fino ai confini della Terra. E così, le profezie messianiche furono reintepretate dai dottori della Legge in maniera del tutto terrena. Tant'è che dopo la moltiplicazione dei pani, la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire:
Se poteva moltiplicare i pani e i pesci avrebbe potuto moltiplicare le spade e restaurare il regno d'Israele, come ai tempi di re Davide. Ai loro occhi, il «Servo sofferente» descritto da Isaia (Is 53) che muore in modo ignominioso per liberare l'umanità dal peccato e dal demonio era uno scandalo - come scrive San Paolo (1 Cor 1, 23) - inaccettabile. Come Gesù Cristo aveva predetto, dopo di Lui altri falsi «messia» si manifestarono.
Fino all'anno 70 d. C., data della distruzione del tempio di Gerusalemme, apparvero almeno una dozzina di sedicenti «cristi», fino a Simon Bar Kochba che trascinò il popolo alla rivolta contro i romani che si concluse, come sappiamo dalla Storia, con la distruzione del Tempio e con la conseguente fine della religione giudaica.
I secoli sono passati e gli ebrei dei nostri giorni attendono ancora il Messia, e - tranne Sabbatai Zevi (1626-1676), un bizzarro ebreo turco che si dichiarò il Messia sulla base del trattato cabalistico Zohar - non se ne vede ancora l'ombra. Dopo di lui venne Jacob Frank (1726-1791), un altro sedicente messia cabalista.
Anche ai nostri giorni, gli ebrei custodiscono nei tabernacoli delle loro sinagoghe i rotoli contenenti quelle profezie, ma la persistente cecità impedisce loro di leggerle alla luce della fede e dei fatti storici.
Dunque, anche oggi che la figura storica di Cristo è oggetto di numerosi attacchi, le profezie messianiche devono continuare ad essere uno degli argomenti portanti dell'apologetica cattolica, una delle prove storiche della messianicità e divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, l'unica Persona in cui queste profezie hanno trovato pieno compimento.
Dopo la Sua risurrezione, Gesù apparendo ai discepoli di Emmaus disse loro:
«Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti»!
Negli Atti degli Apostoli leggiamo che San Pietro parlando al popolo dice:
Scrive l'ebreo convertito al cristianesimo Alfred Edersheim (1825-1889) nel suo libro Life and Times of Jesus the Messiah:
Sopra: Alfred Edersheim e il suo libro Life and Times of Jesus the Messiah.
Gesù di Nazaret ha cambiato il mondo. Non c'è mai stato né mai più ci sarà un uomo come Lui. Egli è stato ed è oggetto di numerosissimi libri, drammi, poemi, film e adorazione più di ogni altro uomo nella Storia dell'umanità. Le Sue parole - confrontate a quelle di Maometto, di Buddha, delle sacre scritture induiste, o quelle di un qualsiasi leader religioso - non possono essere confuse per via del loro potere e della loro unicità.
Quelli che lo udirono si chiesero con stupore: «Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli»? (Mt 13, 54). E guardando a ciò che Egli dice di essere ci si convince intuitivamente delle affermazioni basilari della fede cristiana. Come osservò il famoso scrittore britannico Malcolm Muggeridge (1903-1990) nella sua opera Jesus the Man Who Lives,
Sopra: Malcolm Muggeridge e il suo libro Jesus the Man Who Lives.
Il cristianesimo è entrato nel mondo a causa di Gesù. Ma chi era quest'uomo? Lo scopo di questo articolo è di mostrare come gli antichi profeti predissero in anticipo di diversi secoli la venuta di un Messia divino per tutta l'umanità, e che Gesù è l'adempimento di tali profezie. Alcuni hanno sostenuto che queste predizioni furono fatte dopo la venuta di Gesù, e non prima. Ma tutti i libri dell'Antico Testamento furono completati entro il 400 a. C.
E qualunque sia la vostra opinione sulle Sacre Scritture, un fatto è incontestabile: la traduzione greca dell'Antico Testamento, detta «dei Settanta», venne completata entro il 247 a. C. Perciò, qualsiasi critico deve ammettere che ogni profezia di cui discuteremo in questo scritto, e molte altre, è stata scritta molto tempo prima della venuta di Gesù (almeno 250 anni prima della sua nascita).
Sopra: un antico frammento della Bibbia dei Settanta tradotto in lingua greca.
Inoltre, dimostreremo come il Messia viene descritto nei libri dell'Antico Testamento in maniera così precisa e dettagliata che è letteralmente impossibile spiegare tali predizioni se non affermando che la Bibbia è la Rivelazione di Dio all'umanità. Ai nostri giorni, ci sono persone che respingono tale conclusione, ma che rifiutano anche di considerare in modo imparziale le profezie messianiche e il loro valore.
Solamente un pregiudizio contro la profezia soprannaturale stessa (tipica di chi ha un background razionalistico) o un preconcetto contro le profezie che si riferiscono alla persona di Gesù, possono dissuadere qualcuno dall'accettare le Sacre Scritture come messianiche. Abbiamo scritto questo opuscolo per esporre una piccola parte dell'evidenza presente nelle scritti veterotestamentari che hanno predetto l'avvento del Messia. Siamo convinti che Dio ha fornito questa evidenza in modo tale che coloro che sono disposti a lasciare che i fatti parlino da soli possano scoprire la verità.
Risolvere un mistero
C'è evidenza nella Storia che Dio fornì in anticipo di diverse centinaia d'anni informazioni specifiche riguardanti una persona che Egli sapeva che sarebbe vissuta? Quali dati precisi vengono esibiti e dove possono essere trovati? Le persone che ricevettero tali informazioni erano al corrente di aver ricevuto notizie speciali? Queste profezie costituiscono per noi una solida evidenza?
È possibile per noi spiegare queste informazioni diversamente dal fatto che devono provenire da Dio? La comunità ebraica, prima e dopo Cristo, credeva e crede tutt'ora che questi passi della Sacra Scrittura si riferiscono ad un Messia veniente? Le profezie dell'Antico Testamento sono come indizi in una storia misteriosa. In questo articolo tenteremo di raccogliere un numero sufficiente di indicazioni per identificare la persona speciale di cui si parla nelle Sacre Scritture. Come vedremo, gli indizi ci condurranno a chiederci:
Nessuno può negare che la Bibbia stessa dichiara di essere la Rivelazione di Dio:
Se non siete d'accordo, il soggetto discusso in questo articolo dovrebbe interessarvi, perché la pretesa della Bibbia all'unicità e le profezie di un Messia futuro vanno di pari passo. Se dunque le profezie si sono realmente realizzate, la Bibbia ha fornito informazioni sul futuro che solamente Dio può conoscere.
Siamo consapevoli che alcune persone hanno dato diverse interpretazioni a questi passi profetici, ma siamo anche convinti che tali interpretazioni siano il risultato di malintesi o di pregiudizi che non permettono all'evidenza di parlare da sé 4. Tuttavia, prima di esaminare le profezie stesse, vogliamo documentare il fatto che Dio promise di fornire informazioni attraverso i Suoi profeti a riguardo del futuro.
Dio promise di parlare, tramite i Suoi profeti, di cose riguardanti il futuro?
Dio promise di parlare attraverso i Suoi profeti. Infatti, Egli disse che questa sarebbe stata la prova che era Dio, il vero Dio di tutta la terra. Egli sfidò chiunque a fare premonizioni sul futuro accurate e precise quanto le Sue:
È significativo il fatto che nel libro più messianico di tutto l'Antico Testamento - quello di Isaia - Dio parla più frequentemente della Sua abilità nel predire il futuro. Egli sfida i falsi déi (gli idoli) e i loro profeti a fare altrettanto. Ad esempio:
Anche nel Nuovo Testamento si afferma che gli antichi profeti hanno parlato ispirati da Dio. Spiega San Pietro:
L'Apostolo San Pietro aggiunge che gli antichi profeti, i cui scritti attraversano un arco di mille anni, sono del tutto concordi a riguardo di una precisa Persona futura:
San Pietro Apostolo.
Definizione del termine «Messia»
La parola «Messia» è presa dal Salmo 2 (v. 2) e da Daniele (Dn 9, 25-26), dove Mashiyach (in ebraico), Christos (in greco), vuol dire «l'Unto». Il termine prende il suo significato dalla pratica ebraica di «ungere» i profeti, i sacerdoti e i re per i loro rispettivi uffici. Come termine generico potrebbe essere applicato ad un re terreno, come ad esempio Davide (2 Re 19, 21) che fu unto per adempiere allo scopo divino del suo ufficio.
Vi era comunque un individuo unico al quale il termine «Messia» veniva applicato in modo speciale. Dio parlò di un futuro capo d'Israele che avrebbe seduto sul trono di Davide e avrebbe annunciato un'era senza precedenti di giustizia e di pace. Egli avrebbe simultaneamente ricoperto tutti i tre uffici di profeta (proclamatore autorevole), sacerdote (sacrificatore spirituale) e re (sovrano politico).
Egli sarebbe stato la realtà e l'adempimento finale di tutti gli altri usi vagamente prefigurativi del termine «Messia» 5. Sarebbe stato «colui che deve venire», la persona eccezionale che Dio avrebbe identificato in anticipo. Come scrisse l'Apostolo San Pietro,
Le profezie e la scienza delle probabilità
Chiunque può fare delle predizioni: è facile! Ma adempierle è tutta un'altra storia. Più numerose e dettagliate sono le asserzioni che possiamo enunciare circa il futuro, e maggiore sarà la possibilità che verremo screditati. Ad esempio, quanto pensate che sia difficile indicare il tipo esatto di morte che un leader religioso sperimenterà fra un migliaio di anni? Potreste descrivere e predire un metodo di esecuzione oggi sconosciuto che non verrà inventato prima di diverse centinaia di anni? È ciò che fece Davide nel 1000 a. C. quando scrisse il Salmo 22.
Inoltre, se voi enunciaste cinquanta profezie precise relative ad un uomo che verrà nel futuro e che non incontrerete mai, quanto difficile pensate che sarebbe per quell'uomo portare a compimento tutte le vostre cinquanta predizioni? Quanto arduo potrebbe essere per quell'uomo se venticinque delle vostre predizioni riguardassero ciò che altre persone gli faranno e che quindi saranno completamente al di fuori del suo controllo? È probabile che sia possibile accomodare una o due di queste profezie, ma sarebbe virtualmente impossibile per qualsiasi uomo adempiere a tutte queste predizioni.
Se può essere provato che tali profezie furono pronunciate centinaia di anni prima della venuta del Messia, e che un uomo le abbia realizzate tutte, quell'uomo dev'essere logicamente il Messia. Dio fornì un gran numero di profezie (più di 400!) sul Messia per almeno due ragioni: primariamente perché risultasse facile identificarlo. E secondariamente, per rendere impossibile il compito ad un eventuale impostore. Permetteteci ora di porre una domanda intrigante. Se ammettessimo che 456 profezie si sono adempiute in una sola persona, che cosa ci direbbe a questo proposito la scienza della probabilità?
In breve, essa ci direbbe che se numerose e accurate predizioni riguardanti un Messia futuro fossero state adempiute centinaia di anni dopo da una persona, questa sarebbe una prova ragionevole dell'esistenza di Dio. Ed ecco perché. La scienza delle probabilità tenta di determinare le possibilità che un determinato evento possa accadere.
Peter W. Stoner (1888-1980), emerito matematico e astronomo, nonché docente di Scienze al Westmont College, autore dell'opera Science Speaks: Scientific Proof of the Accuracy of Prophecy in the Bible, ha calcolato le probabilità che ha un uomo di adempiere ad alcune delle più famose profezie fatte a riguardo del Messia. Le stime furono eseguite da dodici classi diverse composte da 600 studenti universitari. Essi soppesarono attentamente tutti i fattori, discussero a lungo ogni singola profezia, ed esaminarono le varie circostanze che potrebbero indicare che gli uomini avrebbero cospirato insieme per poter adempiere una particolare profezia.
Sopra: Peter W. Stoner e suo libro Science Speaks.
Gli studenti elaborarono prudentemente delle stime abbastanza caute fino a raggiungere un accordo unanime con gli studenti scettici. In seguito, il Prof. Stoner vagliò le loro valutazioni e le rese ancor più prudenti. Inoltre, egli invitò altri scienziati scettici a fare una loro valutazione per vedere se le sue conclusioni fossero più che corrette. Giunto al termine, egli sottopose i suoi calcoli per una revisione al Committee of the American Scientific Affiliation. Dopo averli esaminati, quest'organo scientifico verificò se i suoi calcoli erano affidabili ed accurati dal punto di vista del materiale scientifico presentato 6.
Dopo avere esaminato otto profezie diverse, il Prof. Stoner e i suoi studenti hanno prudentemente valutato che le possibilità che un uomo possa adempiere tutte le profezie era di una su 1.017. Per mostrare quanto sia grande sia la cifra 1.017 (una cifra con diciassette zeri!), Stoner si servì di un esempio. Immaginate di ricoprire l'intero Stato del Texas con uno strato profondo 61 cm. di dollari d'argento.
Il numero totale di dollari d'argento necessari a ricoprire tutto lo Stato sarebbe stato di 1.017. Ora, scegliete uno solo di quei dollari d'argento, contrassegnatelo e lasciatelo cadere da un aeroplano. Poi, mescolate completamente tutti i dollari d'argento che ricoprono lo Stato. Dopo che ciò è stato fatto, bendate un uomo e ditegli che può viaggiare ovunque desidera nello Stato del Texas.
Ma prima o poi deve fermarsi, immergere una mano nei 61 cm dollari d'argento e tentare di raccogliere quel dollaro d'argento che è stato marcato. Ora, le possibilità che egli possa trovare quel dollaro d'argento nello Stato del Texas equivalgono alle possibilità che avevano i profeti di pronunciare otto profezie che si sarebbero avverate in un uomo che sarebbe vissuto nel futuro. Il Prof. Stoner concluse:
Un altro modo per dire se una qualsiasi persona minimizzasse o ignorasse l'importanza dei segni biblici di identificazione riguardanti il Messia sarebbe sciocca. Tuttavia, ci sono ben di più di otto profezie. In un altro calcolo, Stoner utilizzò quarantotto profezie (anche se avrebbe potuto utilizzarne 456) e giunse alla stima estremamente cauta che le probabilità che quarantotto profezie si potessero adempiere in una solo persona sono di una su 10.157.
A cosa equivale 10.157? In 10.157 anni, una formica potrebbe trasportare tutti gli atomi in 600.000 bilioni, bilioni, bilioni di bilioni dei nostri universi ad una distanza di 380.000.000.000.000.000.000.000 di km. Essa potrebbe compiere questa impresa spostando un atomo alla volta, trasportandolo ad una distanza di 30.000.000.000 di anni luce e viaggiando solamente alla velocità di 2,54 cm ogni 15.000.000.000 di anni 8.
Questo numero incredibilmente grande illustra perché è impossibile a chiunque ad adempiere casualmente a tutte le profezie messianiche. Infatti, il matematico francese Émile Borel (1871-1956), una delle principali autorità nel campo della teoria delle probabilità, nel suo libro Les probabilités et la vie («Le probabilità e la vita»), ha affermato che una volta che si superano le possibilità che accada un evento di 1.050, le probabilità sono così basse che è impossibile pensare che accadrà 9.
Tutto ciò equivale a dire che è impossibile che queste quarantotto profezie possano essersi adempiute se non per predizione divina. Ciò dimostra che ci deve essere un Dio che ha fornito per via soprannaturale tali informazioni. La domanda è la seguente: è possibile dimostrare che tali profezie esistono realmente? Ora esamineremo diversi passi profetici contenenti specifiche asserzioni sul Messia.
Mentre le leggete, ponetevi le seguenti domande: questa è realmente una profezia riguardante una persona futura? Gesù Cristo e nessun altro le ha portate a compimento? Com'è possibile che ognuna di queste profezie abbia potuto realizzarsi in un uomo vissuto centinaia di anni dopo che esse sono state pronunciate? In altre parole, se si ammette che ogni profezia concerne il Messia e che Gesù Cristo ha adempiuto tali profezie, ciò non prova forse che Gesù è il Messia?
Il discendente della Donna schiaccerà la testa di Satana
Il testo biblico
«Ipsa conteret caput tuum».
Il contesto di questo passo Il contesto di questo passo è la tentazione e la caduta di Adamo ed Eva dovuta in parte alla falsità del «Serpente». Chi è costui? Il Libro dell'Apocalisse (Ap 12, 9; 20, 2) lo identifica come «il serpente antico», «il diavolo», o «Satana». È evidente che il Serpente in Gn 3, 14 non può essere solo un animale. Dev'essere una persona. Nell'Antico Testamento, la parola «inimicizia» è un termine specifico che si riferisce sempre ad un odio tra persone 10. Non si suole mai descrivere l'«inimicizia» tra un animale e una persona. In questo passo, Satana ha già ingannato Adamo ed Eva. Ora il Signore si rivolge a tutti e tre. Ciò che Egli dice è stupendo!
Spiegazione del testo Esaminando attentamente questo testo, troviamo un certo numero di elementi: Dio sta parlando al Serpente, che non è un animale e che il Libro dell'Apocalisse identifica con Satana. Dio afferma che porrà inimicizia (odio irreconciliabile) tra il Serpente (Satana) e la Donna. Egli dice che porrà questa inimicizia tra il seme del Serpente e il seme della Donna.
Secondo autorevoli esegeti, il Signore non si riferisce solo al calcagno della Donna, ma parla in modo specifico anche di «uno» del seme della Donna, un discendente maschio che insieme alla Donna schiaccerà il capo del Serpente 11. Dio annuncia che quest'ultimo schiaccerà la testa del Serpente (Satana), e che il demonio avrebbe insidiato il suo calcagno. Dunque, in questo versetto si parla di cinque partecipanti:
Cosa si intende quando si dice che il discendente maschio della Donna «schiaccerà» la testa del Serpente? I traduttori hanno tradotto il verbo usato nel testo ebraico con «schiacciare» 12. Ciò perché sia il significato del termine che il contesto sono entrambi più adatti. Nel linguaggio ebraico attuale, questo verbo significa «rompere o mandare in pezzi; danneggiare gravemente o ferire» 13. Sebbene venga usato lo stesso verbo - sia per la testa che per il calcagno - vediamo che una delle due ferite è irreversibilmente fatale, mentre l'altra non lo è. Perché?
La ragione è l'ubicazione della ferita. Nella testa, il danno è irreparabile, essendo la sede di un organo troppo vitale per sopravvivere se schiacciato. Ma ciò non è vero per il tallone. Schiacciare a qualcuno il calcagno equivale ad infliggergli una ferita seria, ma non irreparabile. Se un uomo cammina sulla testa di un serpente, essa verrà irrimediabilmente schiacciata; ecco perché l'arte ha sempre raffigurato la ferita alla testa del Serpente come fatale.
Al contrario, una ferita al tallone può essere curata e guarire. Ciò è il motivo per cui il grande studioso ebreo (convertito al cristianesimo) Franz Delitzsch (1813-1890) ha affermato che questo versetto predice «la chiara promessa della vittoria sul Serpente [...] che viene mortalmente calpestato» 14. In breve, Dio sta dicendo che il discendente maschio della Donna sarà vittorioso su Satana perché quest'ultimo verrà ferito mortalmente.
In questo versetto, il discendente maschio della Donna è Gesù Cristo? È chiaro che esso deve riferirsi ad un uomo futuro e, come vedremo in seguito, Dio Stesso aggiungerà altri segni per identificare quest'uomo. Gesù soddisfa pienamente i requisiti di cui si parla in questo passo. Cristo stesso ha detto chiaramente di essere venuto per distruggere le opere del diavolo (Gv 12, 31; 16, 11; Eb 2, 14; 1 Gv 3, 8). Risulta che qualcun'altro, nella storia dell'umanità, abbia mai fatto una simile affermazione? Quando Gesù morì sulla croce rese disponibile la salvezza ad ogni uomo (Gv 3, 16).
Egli distrusse il potere che Satana che aveva esercitato su ogni essere umano, e ci offrì la vittoria sul peccato e sul demonio. Grazie alla Sua morte sulla croce e alla Sua risurrezione, Egli inflisse un colpo fatale alla dominio del diavolo sull'uomo (At 10, 38; 26, 15-18; Ef 4, 8; Col 2, 15; Gc 4, 7). Nel futuro, quando Gesù Cristo ritornerà sulla terra (la Parùsia), sconfiggerà definitivamente Satana cacciandolo dalla Terra e rinchiudendolo nell'inferno per sempre (Rm 16, 20; Ap 20, 10).
Oltre che della stirpe (il discendente) della Donna, il testo parla anche della stirpe del Serpente. Quest'ultima è costituita dagli angeli decaduti o demoni che seguirono Satana nella sua ribellione e dai malvagi che lottano contro il regno di Gesù Cristo. Lungo tutta la Sacra Scrittura si dice che la «stirpe di Satana» tenterà di distruggere l'umanità (Gv 8, 44; Ap 12, 9; 16, 14). Il termine «stirpe della Donna», oltre che a Cristo, si riferisce evidentemente a tutti i Suoi figli spirituali 15.
La Donna e la sua discendenza (il Figlio) schiacciano insieme la testa del Serpente.
Dio descrive lo scopo del conflitto. Esso coinvolgerà tutte le generazioni future in una lotta «tra la tua stirpe (di Satana) e la sua stirpe (della Donna)» (1 Pt 5, 8; 1 Gv 5, 19).
Il successo di Satana nel traviamento di Adamo ed Eva ha dato luogo alla loro separazione spirituale da Dio (Gn 3, 8, 21-24). E Satana continuerà ad ingannare e a provocare la devastazione della stirpe della Donna e di tutta l'umanità (Ap 12, 9; 20, 2-3). Sempre nel futuro, Dio promette un discendente maschio della Donna che schiaccerà e sconfiggerà Satana e la sua stirpe.
Morendo in Croce e risorgendo da morte Nostro Signore Gesù Cristo ha sconfitto il demonio e la sua stirpe.
Non è forse questo il messaggio evangelico? Non ha forse detto Gesù Cristo di essere venuto a dare alla Sua vita per la salvezza di molti, a distruggere le opere di Satana (Mt 20, 28; Gv 12, 31; 16, 11), a proclamare l'affrancamento degli schiavi, e a liberare coloro che sono oppressi dal peccato (Lc 4, 18)? In altre parole, questo testo nel capitolo III del Libro della Genesi sta già parlando di Gesù, il Redentore che sarebbe venuto a rovesciare le opere distruttive di Satana per il riscatto di tutta l'umanità.
«Vattene Satana» (Mt 4, 10).
Gn 3, 15 era riconosciuto dagli antichi ebrei come messianico? La risposta è sì. Le parole stesse obbligarono gli studiosi ebrei ad un'applicazione messianica del testo molto prima della nascita di Cristo 16. In effetti, il Charles L. Feinberg (1909-1995), docente di Ebraico e di Antico Testamento al Talbot Seminary, un ebreo convertito al cristianesimo, ha dimostrato che non c'è mai stato un periodo storico, dall'antichità al presente, in cui l'interpretazione messianica di Gn 3, 15 non abbia avuto i suoi fautori 17.
La comunità ebraica di Alessandria (247 a. C.), e i più tardivi Targumim 18, provano questo fatto 19. Nella comunità ebraica, il Targum di Pseudo-Gionata su Gn 3, 15 prova come gli antichi rabbini credessero che le parole di questo versetto si riferissero ai «giorni del Re, il Messia» (71, 122).
Sopra: i Targumim, commentari ebraici della Sacra Scrittura.
Lo stesso può dirsi per il Targum di Gerusalemme 20. Nella sua opera Exposition of Genesis, il rinomato studioso di Antico Testamento Herbert C. Leupold (1892-1972) osserva che «la Chiesa nascente formata da ebrei, esattamente come il "Targum", riteneva questo passo come messianico fin dai primi tempi» 21.
Sopra: Exposition of Genesis, di Herbert C. Leupold
Il discendente di Abramo, di Isacco e di Giacobbe
Il testo biblico (1400 a. C.)
Il contesto di questi passi In Gn 12, Dio comanda ad Abramo di lasciare il proprio paese e di viaggiare «verso il paese che io ti indicherò» (Gn 12, 1). In questo passo, Dio promette che farà di lui «un grande popolo» e che tutta la Terra sarà benedetta attraverso di lui. In Gn 22, Abramo (che ora è Abraham perché Dio ha cambiato il suo nome) viene messo alla prova da Dio. Abramo mostra a Dio che è disposto a fare qualsiasi cosa Dio gli chiederà. Dio vede ciò e promette ad Abramo che nella sua discendenza tutte le nazioni della terra saranno benedette.
La spiegazione di questo testo Conformemente alla profezia in Gn 12, sappiamo dalla Storia che essa venne letteralmente adempiuta poiché:
Scrive Willis Judson Beecher (1838-1912) nella sua opera The Prophets and the Promise:
Sopra: Willis Judson Beecher e suo libro The Prophets and the Promise.
In Gn 22, 18, Dio promette ad Abramo che tutti i popoli della Terra saranno benedetti a causa del suo discendente 23. È probabile che Abramo fosse a conoscenza della promessa fatta da Dio ad Adamo ed Eva, che dalla stirpe della Donna sarebbe venuto un discendente maschio che avrebbe schiacciato la testa di Satana. Ora Dio estende la Sua promessa attraverso la stirpe di Abramo. La domanda che ci dobbiamo porre è la seguente: chi è il discendente di Abramo di cui Dio parla e nel quale tutte le nazioni saranno benedette?
A questo punto, è troppo presto per identificare una determinata persona nel futuro che benedirà tutte le nazioni. Ma chiunque sarà, dovrà essere per forza un discendente di Abramo. L'Apostolo San Matteo pone all'inizio del suo Vangelo un'importante dettaglio: «Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo» (Mt 1, 1). Perché mai? Perché San Matteo aveva letto le Sacre Scritture e sapeva che Dio aveva promesso di benedire tutte le nazioni attraverso la stirpe di Abramo.
Sopra: la genealogia di Gesù Cristo.
Per San Matteo, Gesù è il discendente di Abramo che avrebbe benedetto tutte le nazioni. I fatti dimostrano chiaramente che nessun altro uomo ha mai avuto una tale influenza spirituale sul mondo come Gesù Cristo 24. La benedizione spirituale di Abramo è evidente anche nel passo in cui l'Apostolo San Paolo scrive:
Per ragioni di spazio, non possiamo descrivere dettagliatamente l'albero genealogico che Dio ha rivelato. Tuttavia, un breve profilo delle promesse scritturali rivela che la persona speciale scelta da Dio poteva uscire solamente dal seguente lignaggio e in determinate circostanze:
Il Profeta come Mosé
Il testo biblico (1400 a. C.)
- Mosé:
- Dio:
Il contesto di questo passo Tramite Mosé, Dio avverte Israele di astenersi dalle pratiche idolatriche delle circostanti nazioni cananee (Dt 18, 9-12). In questo suo avvertimento, Dio istruisce Israele su come distinguere tra un «vero profeta» e un «falso profeta» (Dt 13, 1-5; 18, 19-22). Ogni profeta che dice di parlare in nome di Dio e le cui parole non si avverano è un «falso profeta»; Dio non ha parlato attraverso di lui. Nello stesso contesto, Dio dice ad Israele che invierà dei veri profeti che parleranno in Suo nome. Inoltre, Israele deve attendere un altro profeta che sarà come Mosé, che Dio eleverà in modo speciale e identificherà.
Spiegazione del testo Pensate per un momento. Potrà mai sorgere un Profeta come Mosé, un personaggio unico in Israele? Perché mai questo passo sul Profeta come Mosé è sempre stato considerato un riferimento al Messia che deve venire? Innanzi tutto, è un fatto che in tutta la sua Storia, il popolo d'Israele non ha mai applicato ad alcun profeta queste particolari parole.
Ciò evidentemente non significa che qualche rabbino non abbia tentato di applicare questo passo al proprio profeta favorito. Ma non può essere negato che la nazione d'Israele, presa nel suo insieme, non ha mai ritenuto alcun profeta dell'Antico Testamento pari a Mosé 25. Secondariamente, questo non è un riferimento a Giosué in quanto:
In terzo luogo, la parola «Profeta» è al singolare, e quindi deve per forza riferirsi ad un futuro Profeta individuale. In quarto luogo, fino all'avvento di Gesù, nessuno era superiore a Mosé, perché è stato detto solamente di Mosé e di Gesù che conoscevano Dio e parlavano con Lui «faccia a faccia» (Dt 34, 10; Nm 12, 8; Mt 3, 17; Mc 9, 7; Gv 11, 41-42; 17, 1-5).
In quinto luogo, può essere dimostrato che al tempo di Cristo, gli ebrei credevano che il Profeta come Mosé non fosse ancora arrivato. Infatti, gli inviati del Sinedrio chiesero a San Giovanni Battista: «Sei tu il Profeta»? (Gv 1, 21), e il Battista rispose negativamente. Ma quando le persone videro i miracoli compiuti da Gesù, dissero:
Qual'era l'evidenza che convinse le persone vissute ai tempi di Gesù che Egli era il Profeta che Mosé definì «pari a me»? Potrebbe una qualsiasi persona che non sia il Messia essere degna di essere considerata pari a Mosé? Nelle righe seguenti, tracceremo alcuni paralleli tra Mosé e Gesù, che provano che Gesù è come Mosé. Ma proveremo anche che Gesù è molto più grande di Mosé. Solamente Gesù portò totalmente a compimento e superò il ministero profetico di Mosé, ed è Colui che Dio promise che sarebbe venuto.
Un grande fondatore di religione Mosé portò la rivelazione di Dio della Legge e fondò la religione israelitica. Ma Gesù fornì la rivelazione completa di Dio, della grazia e della verità (Gv 1, 17), portò a compimento tutta la Legge (Mt 5, 17), e divenne il Fondatore e il Redentore della religione cristiana (1 Tm 2, 5-6).
Un grande rivelatore di Dio
Inoltre, Gesù non parlò solo di Dio, ma affermò di essere Dio (Gv 5, 18; 10, 30).
Un grande legislatore Mosé fu l'unico profeta autorizzato da Dio a dare la Legge ad Israele. Ma fu Gesù che diede la piena comprensione della Legge di Dio e che prescrisse «nuovi» comandamenti ad Israele. Gesù citò la Legge quando disse: «Avete inteso che fu detto agli antichi...», ma aggiunse quello che nessun altro profeta aveva mai osato dire: «Ma io vi dico...» (Mt 5, 21-22). Ecco perché
Un grande operatore di miracoli Mosé fu un grande operatore di miracoli (le dieci piaghe d'Egitto, il passaggio del Mar Rosso, ecc...; Es 7, 14; Dt 34, 10-12). Ma Gesù fece grandi miracoli ancor più strabilianti di quelli operati da Mosé. Egli giunse a dire: «Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro mai ha fatto, non avrebbero alcun peccato» (Gv 15, 24). Infatti, nessuno potrebbe negare i Suoi miracoli perché ne furono testimoniati migliaia di persone:
Gesù guarisce un cieco.
Gesù non solo placò il mare e la tempesta, ma guarì istantaneamente migliaia di persone da malattie incurabili e da deformità, risuscitò i morti, diede la vista ad un cieco dalla nascita, cacciò i demoni e sconfisse la morte stessa quando risuscitò da morte (Mt 4, 23; 8, 3; 16, 23-27; 9, 6- 35; 14, 14-25; 15, 30; 19, 2; 21, 14; Mc 1, 34; 3, 10; Lc 4, 33-35, 40; 7, 11-15, 21; 8, 41-56; Gv 9, 1-7; 2, 19-22). È per questa ragione che le moltitudini «furono prese da grande stupore» (Mc 5, 42) e si meravigliarono dicendo: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele»! (Mt 9, 33).
Gesù guarisce un lebbroso.
Un grande liberatore Mosé liberò Israele dalla schiavitù dell'Egitto (Es 3, 4; At 7, 20-39). Ma Cristo liberò il mondo intero dalla ben più terribile schiavitù del peccato (Mt 20, 28; Ef 2, 1-8; Rm 3, 28; 4, 6).
Un grande mediatore Mosé fu il mediatore tra Dio e Israele. Ma Gesù è il Mediatore tra Dio e tutta l'umanità. Scrive San Paolo:
San Paolo Apostolo.
Un grande intercessore Mosé fu il grande intercessore per il popolo Israele, impedendo a Dio di distruggerlo all'istante quando stava adorando il vitello d'oro (Es 32, 7-14; Nm 14, 11-20). Ma Gesù è un intercessore ancora più grande. Egli ora intercede in favore di tutta l'umanità (Gv 3, 16; Eb 7, 25; Nm 21, 4-9; Gv 3, 14).
Un grande Profeta, Giudice e Re Mosé fu un grande profeta, giudice e re (Es 18, 13; Dt 33, 5). Ma Gesù lo fu nella pienezza (Gv 1, 19-21, 29, 34-45; Mt 2, 2; Gv 5, 26-29; Eb 7, 17).
Mosé fu come un Messia Ma Gesù è il Messia. Egli lo affermò parlando sia alle persone comuni che alle autorità religiose, come il sommo sacerdote Caifa. Alla samaritana che disse:
Gesù e la samaritana.
Il sommo sacerdote Caifa chiese a Gesù: «"Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto"»? Gesù rispose: "Io lo sono"» (Mc 14, 61-62).
Dt 18, 15 era riconosciuto dagli ebrei come un passo messianico? La Mishna - Sefer Hamitzvot («Libro dei Comandamenti») - nei Comandamenti Negativi (nº 13) afferma:
Scrive il già citato Franz Delitzsch:
Salmo 21: chi è il crocifisso?
Il testo biblico (1000 a. C.)
«Hanno forato le mie mani e i miei piedi».
Il contesto di questo passo
Il Salmo 21 è sia un grido d'angoscia che un canto di lode a Dio.
Nel suo libro Messianic Prophecy («Profezia messianica»), Charles Augustus Briggs (1841-1913), docente di ebraico all'Union Theological Seminary, commenta il Salmo 21 con le seguenti parole:
Sopra: Charles Augustus Briggs e il suo libro Messianic Prophecy.
Spiegazione del testo In questo passo, che descrive i sentimenti e le circostanze vissuti da re Davide, troviamo diversi paralleli stupefacenti che combaciano perfettamente con l'esperienza futura vissuta da Gesù Cristo sulla croce. La domanda che dobbiamo porci è la seguente: queste straordinarie similitudini esistono unicamente nelle menti dei cristiani, o le parole che re Davide scrisse mille anni prima della Passione di Cristo predicono le sofferenze del futuro Messia? David Baron (1857-1926), lo studioso ebreo convertito al cristianesimo, osserva nella sua opera Rays of Messiah's Glory: Christ in the Old Testament:
Ciò che segue è una spiegazione delle parole del Salmo 21 confrontate con il ritratto incredibilmente accurato che esse dipingono della crocifissione di Gesù Cristo avvenuta mille anni più tardi.
Gli ebrei consideravano il Salmo 21 come messianico? Pochi sono i rabbini che hanno accettato questo passo come messianico a causa del rifiuto generalizzato tra gli israeliti di un Messia sofferente e crocifisso. Ma il trattato rabbinico Pesiqta Rabbati (Piska 36, 1-2), scritto al più tardi nel IX secolo d. C. facendo uso di materiale precedente, riferisce che questo passo parlerebbe dei peccati di certe persone che peseranno sul Messia come se fosse schiacciato sotto un giogo di ferro.
Così, dice questo trattato, «il corpo del Messia è piegato con grande sofferenza» 34. Inoltre, il grande studioso ebreo (convertito al cristianesimo) Alfred Edersheim ha scoperto che un commento straordinario al Salmo 21 appare nello Yalkut 35 sul capitolo 60 del Libro di Isaia, che applica questo passo del Salmo 21 al Messia, e usa quasi le stesse parole con cui evangelisti descrivono il comportamento beffardo delle folle che circondano la croce 36. Il Prof. Charles Briggs, dell'Union Theological Seminary, il cui nome appare su un dizionario ebraico delle Sacre Scritture israelitiche 37, ha affermato:
Ma la maggior parte degli ebrei ha rifiutato e continua a rifiutare l'idea di un Messia sofferente, nonostante questo passo e tutto il capitolo LIII del Libro di Isaia. Ad esempio, David Baron, che aveva ricevuto una severa istruzione rabbinica, riteneva inizialmente assurda l'idea secondo cui il Messia avrebbe dovuto soffrire. In seguito, egli cambiò idea. Lo studio approfondito delle Sacre Scritture gli rivelò il bisogno assoluto del perdono dei peccati 39 e lo portò alla conclusione che l'Antico Testamento aveva predetto che il Messia avrebbe sofferto per i nostri peccati. Questo lo condusse ad accettare Gesù come Messia perché
Il Bambino che è Dio e che avrà un regno eterno
Il testo biblico (700 a. C.)
«Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio».
Il contesto di questo passo Israele era stato invaso dal re assiro Tiglath-Pileser (1114–1076 a.C.) - la prima cattività ebraica - e di conseguenza gli israeliti prigionieri erano immersi nella disperazione e si sentivano umiliati.
Sopra: il re assiro Tiglath-Pileser.
In questa profezia, Dio offre loro una speranza per il futuro. Egli parla di una luce che verrà ad illuminare quelli che sono nell'angoscia e nell'oscurità:
Il profeta Isaia ricorda che in passato Dio ha umiliato la terra di Zàbulon e la terra di Neftali (nella Galilea settentrionale e meridionale). Tuttavia, «in futuro, renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano e la curva di Goim» (ossia la Galilea, la regione in cui Gesù visse la maggior parte della Sua vita terrena; Is 8, 23). Sono queste persone che, camminando nella oscurità, vedranno «una grande luce».
Poi Dio prosegue descrivendo il bambino che nascerà, il figlio che ci verrà dato. Egli sarà contemporaneamente umano («un bambino è nato per noi») e divino («ed è chiamato: [...] Dio potente»), e che regnerà per sempre sul trono di David. Questi dev'essere per forza il Messia promesso. Del resto, le parole che l'angelo proferisce alla Vergine Maria nell'Annunciazione confermano la profezia del regno eterno di un Uomo-Dio:
«Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». Spiegazione del testo Questa profezia dichiara esplicitamente che:
A riguardo di Zàbulon e Nèftali, lo studioso di ebraico e di Antico Testamento Edward J. Young (1907-1968) commenta nel suo The Book of Isaiah:
Sopra: Edward J. Young e il suo libro The Book of Isaiah.
In Is 9, 6 abbiamo l'asserzione più chiara che il Messia sarà contemporaneamente Dio e Uomo: Egli verrà chiamato «Padre per sempre» e «Dio Potente» (in ebraico El Gibbor), il secondo nome usato da Dio stesso in Is 10, 21 e in altri passi. Edward J. Young ha dimostrato che il vocabolo «El» in Isaia è presente come una designazione utilizzata unicamente per indicare Dio:
Alcuni studiosi hanno notato il collegamento di questo passo al Salmo 2, il quale non solo parla del Messia del Signore («e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia»; Sl 2, 2), ma parla anche incredibilmente di Dio come se avesse un Figlio: «Egli mi ha detto: "Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato" [...]. Beato chi in lui si rifugia» (Sl 2, 7, 12). Essi hanno quindi concluso:
«Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato».
Is 9, 6-7 era riconosciuto dagli ebrei come un passo messianico? Non c'è alcun dubbio che i rabbini hanno accettato questi versi come chiaramente applicati al Messia. Il Targum di Isaia, un trattato ebraico, commenta così questo passo:
Nell'Ottocento, il docente di critica biblica all'Università di Aberdeen Paton James Gloag (1823-1906) osservò che
Il Servo sofferente di Yahwéh
Il testo biblico (700 a. C.)
«Uomo dei dolori che ben conosce il patire».
Il contesto di questo passo Questo passo è il famoso cantico del «Servo del Signore». Egli è un individuo futuro che Isaia descrive in quello che viene chiamato il «canto del Servo». La maggior parte degli esegeti è d'accordo sul fatto che i passi dedicati al «Servo del Signore» sono Is 42, 1-7; 49, 1-7; 50, 4-10; 52, 13; 53, 12.
Spiegazione del testo In questi quattro passi, scopriamo che «il Servo» è il Messia. I testi stessi lo provano, poiché «il Servo» è «il mio eletto di cui mi compiaccio» (Is 42, 1); la Sua missione è di far ritornare la nazione d'Israele a Yahwéh (Is 49, 5); Egli dev'essere la «luce delle nazioni» (Is 42, 6), in le altre parole di tutte le nazioni della Terra e non solo del Popolo Eletto.
«Io sono la luce del mondo» (Gv 8, 12).
Questo «Servo» non può essere Israele, come alcuni hanno preteso, poiché «il Servo» viene specificatamente descritto come uno che non si è ribellato (Is 50, 5). Ora, sappiamo dalla storia d'Israele che questa descrizione non si può applicare alla nazione d'Israele. Is 52, 13 e 53, 12 è il più lungo dei quattro passi del «Servo». Significativamente, questo passo viene citato e applicato a Gesù Cristo più spesso dagli estensori del Nuovo Testamento che di ogni altro passo dell'Antico Testamento.
Sopra: il capitolo 53 del Libro di Isaia in ebraico.
Nel testo stesso, Yahwéh Dio chiama questo individuo «il mio servo» (Is 52, 13), e dichiara che esso «avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato» (Is 52, 13). È significativo che in ebraico queste sono le stesse parole usate da Isaia per descrivere Yahwéh («il Signore degli eserciti») in Is 6, 1-3. Ma consideriamo i versetti 14 e 15 del capitolo LII. È importante notare come non sembra affatto che il Servo debba avere successo. Parlando inizialmente del Suo Servo, Dio ci informa che
Ma poi, misteriosamente e rapidamente, il ritratto cambia. Il testo dice:
È forse logico concludere che il versetto 14 si riferisce alla prima venuta di Gesù Cristo, quando Egli fu tormentato, ferito e percosso? E il versetto 15 si riferisce forse alla Sua seconda venuta, quando tornerà come Messia trionfante a dominare la Terra? Walter C. Kaiser jr, docente di Antico Testamento e Lingue Semitiche alla Trinity Evangelical Divinity School di Deerfield, nell'Illinois, nella sua opera Toward an Old Testament Theology, ha indicato giustamente che, secondo il testo,
Sopra: Walter C. Kaiser jr e il suo libro Toward an Old Testament Theology.
Chi potrebbe essere il Servo di Isaia? Chi altri se non Gesù Cristo?
Alcuni hanno sostenuto che il Servo sofferente in Is 52-53 sarebbe Isaia stesso. Essi dicono che Isaia avrebbe usato un linguaggio figurato simile a quello utilizzato dal profeta Geremia quando descrisse le sue sofferenze scrivendo: «Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello» (Ger 11, 19). Secondo una seconda interpretazione, le sofferenze del Servo sarebbero quelle della nazione d'Israele.
«Ecce agnus Dei, ecce qui tollis peccata mundi» (Gv 1, 29).
Quest’ultima avrebbe tremendamente sofferto nel corso della sua storia, e Isaia parlerebbe figurativamente della nazione come capro espiatorio dell'umanità. Altri pensano che Isaia alluderebbe al fatto che Dio avrebbe posto su Israele il peso tremendo di tutti peccati dell'umanità affinché essa possa sopravvivere 48.
Ma ci sono ragioni solide che ci inducono a scartare queste due interpretazioni. Innanzi tutto, il testo biblico stesso ci insegna che il «Servo sofferente» non può essere né Isaia, né la nazione ebraica. La ragione si trova nel versetto 9 dove del Servo si dice che «non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca». Ciò non può assolutamente essere applicato ad Isaia o alla nazione d'Israele. Isaia dice chiaramente di se stesso e d'Israele:
In un altro punto, Isaia confessa: «Poiché sono molti davanti a te i nostri delitti, i nostri peccati testimoniano contro di noi» (Is 59, 12). Quindi, il testo biblico prova che sia Isaia che Israele non si attagliano alla descrizione del «Servo sofferente» che «non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca» (versetto 9). C'è poi un’altra ragione per cui questo passo dev'essere una descrizione del Messia veniente e non un riferimento ad Isaia o alla nazione d'Israele.
Tale ragione si trova nel versetto 10. In esso si dice che il «Servo sofferente» «offrirà se stesso in espiazione» delle colpe. Secondo la Legge di Mosé, l'offerta espiatoria doveva essere un agnello senza macchia; esso doveva essere perfetto (Lv 6, 6-7). Dunque, la vita che viene offerta in riparazione per gli altri dev'essere obbligatoriamente una vita perfetta. Ancora una volta, Isaia ammette che né lui né la nazione ebraica possiedono i requisiti necessari. Per ultimo, la prova che Isaia sta parlando del Messia che verrà e non della nazione d'Israele è presente in Is 53, 8 dove il testo afferma: «Per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte». Di che popolo si parla? Non può essere che Israele.
«Il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti» (Is 53, 6).
Quindi, se il «Servo» è colpito «per l'iniquità del mio popolo», il «Servo» non può essere Israele. Questi dev'essere il Messia che soffrirà. In tutto questo passo, il «Servo» viene ritratto come un individuo. Si parla di quello che ha fatto; di come fu disprezzato; di come fu rifiutato, e di come il Signore pose su lui l'iniquità di noi tutti. Tutto questo il «Servo» lo farà in favore «del mio popolo».
Questo testo parla di Gesù Cristo? Nella tabella che segue presentiamo dieci paralleli tra quello che Isaia dice che accadrà al Messia e quello accadde a Gesù secondo i racconti storici presenti nei Vangeli. Ricordate che Isaia scrisse queste parole sette secoli prima della nascita di Cristo.
I summenzionati paralleli sono difficili da spiegare con ragioni puramente razionalistiche. Scrive l'eminente esegeta scozzese e teologo Paton J. Gloag:
Is 52, 13 e 53, 12 erano riconosciuti dagli ebrei come messianici? La prova che questi passi sono stati ritenuti da molti dottori della Legge come messianici può essere trovata nel fatto che i primi rabbini svilupparono l'idea di due Messia basandosi su questo testo. Anche se non potevano riconciliare le asserzioni così chiaramente di un Messia sofferente e morente con altri versi presenti in altri passi che parlano di un Messia eternamente trionfante e vittorioso, è importante notare che i primi rabbini riconobbero che entrambi i ritratti potevano essere in qualche modo applicati al Messia.
Ma piuttosto che considerare un Messia in due ruoli così diversi, essi previdero due Messia: un Messia sofferente conquistatore, chiamato Mashiyach ben David. Oggi, la quasi totalità degli ebrei ortodossi aspetta ancora questo Messia politico, Mashiyach ben David, che conquisterà la Terra e la dominerà per sempre. Allo stesso tempo, ci sono alcuni rabbini che accettano Gesù Cristo come l'«altro» Messia, Mashiyach ben Yussef, anche se rifiutano la Sua divinità 50.
Mashiyach ben David.
Raphael Patai (1910-1996), ex docente ebreo dell'Università di Gerusalemme, che ha scritto una ventina di opere su temi relativi alle credenze religiose ebraiche, ha osservato nella sua opera The Messiah Texts:
Sopra: Raphael Patai e il suo libro The Messiah Texts.
Sulla base di Is 53, il Talmud babilonese predice audacemente: «Mashiyach ben Yussef verrà ucciso» 52. Le diverse esegesi che i rabbini ortodossi hanno dato a questo passo attraverso i tempi sono contenute nell'opera di David Baron Rays of Messiah's Glory.
Sopra: il Talmud babilonese.
Occorre inoltre far notare che rinomati rabbini come Maimonide (Mosé ben Maimon; 1135-1204) e rabbi Crispin (Mosé ibn Crispin; sec. XIV) erano dell'opinione che era sbagliato applicare Is 53 alla nazione d'Israele. Al contrario, essi pensavano che questo passo
Il «padre» dell'ebraico moderno, Wilhelm Gesenius (1786-1842), ha scritto:
In un dibattito con Walter Kaiser, andato in onda durante il John Ankerberg Show, Pinchas Lapide (1922-1997), uno dei soli quattro studiosi ebrei ortodossi al mondo che ha dedicato parte dei suoi studi al Nuovo Testamento, ha affermato:
Straordinariamente, il Dr. Lapide credeva anche che Gesù fosse chiaramente il Messia inviato da Dio:
Lo stesso Dr. Lapide concludeva che Gesù è il Messia dei goym (i non-ebrei, i gentili), e non degli ebrei. Rimane solamente una domanda: se Gesù Cristo non è il «Servo sofferente» di Dio presentato da Is 53, allora chi è?
Il germoglio giusto di Davide
Il testo biblico (600 a. C.)
Il contesto di questo passo
In Ger 23, Dio condanna i falsi capi e i profeti di Israele, colpevoli di aver allontanato il popolo da Lui (Ger 23, 1-2; 23, 9-27). Dalla Storia e dalla Sacra Scrittura sappiamo che il Signore castigò Israele con la cattività babilonese e con l'esilio. Dio dichiara che raggrupperà il resto del Suo gregge da tutti i paesi e li farà ritornare in un luogo in cui saranno fruttuosi e aumenteranno di numero (Ger 23, 3-4). È a questo punto che Dio pronuncia le parole sorprendenti sul futuro presenti nei versetti 5 e 6.
Spiegazione del testo La prova che questo passo sta parlando del Messia può essere trovata nelle seguenti considerazioni:
• Almeno altri quattro passi scritturali si riferiscono ad un «germoglio», che secondo numerosi rabbini sarebbe il Messia (Ger 33, 15; Is 4, 2; Zc 3, 8; 6, 12-13). Molti sono d’accordo sul fatto che «questo termine ("germoglio") sia uno dei nomi corretti del Messia» 57;
Sopra: le parole ebraiche «tsemakh tsedaqah» («germoglio giusto») nel Libro di Geremia.
• Questa persona, il «germoglio», viene letteralmente chiamata «Signore-nostra-giustizia». Ciò indica che il Messia è in qualche modo Dio (Yahwéh). Del Messia si dice dunque che è la «nostra-giustizia». Cosa significhi questo nome lo vedremo tra breve. Ma prima di tutto, chi oserebbe dichiarare di essere il «germoglio»? Chi potrebbe pretendere di essere Yahwéh stesso? Chi potrebbe arrogarsi il diritto di essere chiamato la «nostra-giustizia»? C'è solamente una Persona nella Storia che ha dichiarato di esserlo: Gesù Cristo.
Il Germoglio giusto.
Cosa intende questo passo quando dice che questo «germoglio» che viene da Davide sarà il «Signore-nostra-giustizia»? Ci troviamo d'accordo con il Prof. Theodore Laetsch (1877-1965) che, nella sua opera Bible Commentary: Jeremiah, ha messo a confronto questo passo con altre promesse messianiche e ha concluso:
Sopra: Theodore Laetsch e il suo libro Bible Commentary: Jeremiah.
Permetteteci di chiedere: tutto ciò potrebbe essersi avverato in qualcuno che non fosse Gesù Cristo? In tutta la storia ebraica, solamente Gesù Cristo ha affermato che avrebbe intercesso per i peccatori presso il Padre, accordando loro in tal modo la possibilità di ereditare la vita eterna (Mt 20, 28; Gv 3, 16; 4, 13-14; 5, 21-29; 6, 47). Inoltre, in Rm 3, 21-26, scopriamo che Gesù è divenuto l'unica «nostra-giustizia» secondo il piano di Dio:
Ger 23, 5-6 era riconosciuto dagli ebrei come messianico?
Così il Targum di Isaia: «Susciterò a Davide un Messia giusto, un re che regnerà saggiamente». Ciò prova che i rabbini ritenevano questo passo un testo messianico 59. Alcuni esperti di studi messianici hanno affermato:
Il celebre rabbino David Kimchi (1160-1235) fu un grande studioso della Sacra Scrittura, tanto che gli ebrei dicevano di lui: «Niente Kimchi, niente comprensione delle Sacre Scritture» 61. A riguardo di questo versetto, rabbi Kimchi ha scritto: «Con il termine "germoglio giusto" si intende il Messia» 62.
Anche gli estensori del Targum di Gionata erano d'accordo con Kimchi e hanno presentato il Messia usando il nome utilizzato in questo passo 63. In conclusione, questo versetto è chiaramente messianico. Esso insegna che il Messia sarà «Signore-nostra-giustizia», e in tutta la storia d'Israele solo Gesù Cristo corrisponde perfettamente a questa descrizione.
L'«Unto» del profeta Daniele
Il testo biblico (500 a. C.)
Sopra: il profeta Daniele nella fossa dei leoni.
Il contesto di questo passo Daniele visse durante la cattività babilonese. Egli ci dice che scrisse questo passo nel primo anno del regno di re Dario, figlio di Serse (Dn 9, 1). Dalla Storia sappiamo che il regno di re Dario iniziò nell'anno 538 (o 537) a. C.. Daniele ci informa che leggendo la Sacra Scrittura aveva predetto la cattività babilonese e il ritorno degli israeliti esuli alla loro terra. Così, dice,
Sopra: re Dario.
Inoltre, Geremia afferma:
Sopra: la cattività babilonese del popolo d'Israele (597 a.C.).
Alla fine di questo periodo, il Signore disse:
Daniele era rimasto coinvolto nella prima deportazione a Babilonia nel 605 a. C., quando Nabucodonosor, figlio di Nabopolassar, re di Babilonia, aveva invaso la Palestina. Ora, nel 538 a. C. (67 anni più tardi), Daniele comprese dalla profezia di Geremia che la prigionia dei settant'anni stava avvicinandosi al suo compimento.
Sopra: re Nabucodonosor.
Spiegazione del testo Come sappiamo che il messaggio dell'Arcangelo Gabriele a Daniele contiene una profezia sul Messia? Perché la parola ebraica usata in questo passo («Unto») è Mashiyach, e dev'essere tradotta con «Messia» 64. Il grande studioso di Princeton, il Prof. Robert Dick Wilson (1856-1930) - che conosceva 45 lingue e dialetti - ha affermato nella sua opera Studies in the Book of Daniel: «Daniele 9, 25-26 è uno dei due passi in cui l'atteso Redentore d'Israele viene chiamato "Messia"» 65.
Sopra: Robert Dick Wilson e il suo libro Studies in the Book of Daniel.
Ciò nonostante, alcuni hanno rifiutato questa opinione affermando che che quando Daniele parla del «Messia», dell'«Unto» sta riferendosi a Ciro (V secolo a. C.), re di Persia. Ma questo passo non può essere applicato a Ciro in quanto, come vedremo, i versetti 25-26 dichiarano che il «Messia» non arriverà che dopo 400 anni il regno di Ciro. In una maniera simile esso non può applicarsi al condottiero siriano Antioco Epifane (215-164 a. C), meglio conosciuto come Mitridate, giacché egli morì nel 164 a. C..
Come vedremo, la profezia parla del «Messia» che si recherà a Gerusalemme quasi 200 anni dopo. Perciò, colui che è chiamato Mashiyach Nagid - «il Principe Messia» - non può essere né Ciro né Antioco Epifane. Come ha scritto il Prof. Edward J. Young, «l'interpretazione non-messianica (di questo passo) è assolutamente inadeguata» 66. Dunque, chi è il Messia che verrà?
Chiunque sarà, apparirà sulla scena dopo la ricostruzione di Gerusalemme (Dn 9, 25-26) e sarà ucciso a Gerusalemme e il Tempio verrà nuovamente distrutto. Nei versetti 25-26, si afferma che una volta che verrà pubblicato il decreto di ripristinare e ricostruire Gerusalemme, il Messia verrà dopo 69 «settimane». Poi, Egli sarà «soppresso senza colpa in lui». Nel testo originale ebraico, questo verbo significa «distruggere», «colpire», «percuotere», «punire con la morte» 67.
Herbert Carl Leupold commenta nella sua opera Exposition of Daniel: «Il verbo (qui) usato ("karath") [...] si riferisce spesso ad una forma di morte violenta» 68.
E qual è il significato del termine «settimane»? Per noi, oggi, con il termine «settimana» si intende unicamente un periodo di sette giorni. Ma il corrispondente vocabolo ebraico non è così restrittivo e spesso sta per «unità di sette». La parola ebraica usata in questo testo è «shabuim», la forma plurale del vocabolo «shabua», tradotto come «settimane». Come vedremo, il contesto deve determinare che cosa significa «unità di sette», ossia se si riferisce ad unità di sette giorni, settimane, anni, ecc...
Nel contesto, Dn 9, 23-27 richiede che la parola plurale «shabuim» deve riferirsi ad unità di sette anni. Così, Daniele starebbe parlando di 70 unità, o periodi di sette anni, per un totale di 490 anni 69. Alla luce di questi fatti, il biblista Harold W. Hoehner (1935-2009), autore di Chronological Aspects of the Life of Christ («Aspetti cronologici della vita di Cristo»), concorda che
Sopra: Harold W. Hoehner e il suo libro Chronological Aspects of the Life of Christ.
Secondo questa profezia, il Messia apparirà alla fine delle 69 settimane: le sette settimane (49 anni), più 62 settimane (434 anni), per un totale di 483 anni. Dopo le 69 settimane (483 anni), avrà luogo la distruzione della città e del Tempio. Oggi sappiamo dalla Storia che ciò accadde nel 70 d. C., quanto Tito Flavio Vespasiano (39-81 d. C.) e le sue legioni romane distrussero Gerusalemme e il Tempio.
Ma da che anno e da quale decreto (per ripristinare e ricostruire Gerusalemme) si deve iniziare a contare il numero di anni fino alla venuta del Messia? La profezia non può riferirsi al decreto di Ciro (539 a. C.), a quello di Tattenai (519-518 a. C.), o a quello di Artaserse (457 a. C.), in quanto tutti questi decreti si riferiscono solamente alla ricostruzione del tempio e non a quella della città di Gerusalemme, come dice la profezia. Solamente il decreto dato da Artaserse a Neemia nel 444 a. C. comportava una delibera per ricostruire Gerusalemme (Ne 2, 1-8) 71.
Ora siamo in grado di determinare la data dal decreto di Artaserse (444 a. C.) fino a dopo la 69ª settimana (483 anni più tardi), quando il Messia promesso fu ucciso a Gerusalemme. Usando il calendario dell’anno lunare di 365 giorni, si giunge esattamente all’anno 33 d. C., vale a dire probabilmente nell'anno in cui Gesù Cristo entrò e fu crocifisso a Gerusalemme! 72.
Il punto più importante in questo passo profetico è questo: il Messia deve chiaramente venire dalla fine della 69ª settimana, ovvero 483 anni dopo l'uscita del decreto. Ancora una volta, poniamo l'accento sul fatto che il tempo tra il decreto che autorizzò la ricostruzione di Gerusalemme (versetto 25, 444 a. C.) e l'arrivo del Messia era di 69 «unità di sette», ossia 483 anni (7 + 62 unità = 69 x 7 anni).
Questo è esattamente il periodo in cui Gesù Cristo visse e insegnò. E poiché la profezia restringe l'attesa del Messia a questo periodo di tempo, non c'è semplicemente un altro candidato logico che possa essere il Messia. Questa profezia prova dunque che Gesù Cristo è l'unico possibile candidato per essere il Messia atteso dagli ebrei.
Dn 9, 24-27 era riconosciuto dagli ebrei come messianico? Sarebbe difficile per qualsiasi rabbino negare che questo testo parli esplicitamente del Messia. Ma giacché questa profezia predisse che il Messia sarebbe stato «soppresso» (sarebbe morto), alcuni rabbini hanno negato che questo passo si riferisce al Messia 73. Ma, a loro onore, molti rabbini hanno audacemente affermato che questo passo predice il tempo esatto della venuta del Messia così precisamente che non può essere ignorato.
Ad esempio, rabbi Nehumias, che visse approssimativamente cinquant'anni prima di Cristo, citato dal filosofo olandese Hugo Grotius (1583-1645), affermò che il tempo stabilito da Daniele per l'avvento del Messia non avrebbe potuto «andare oltre i prossimi cinquant'anni» 74.
Questo ci porta a concludere che se Gesù Cristo non fosse il Messia, Israele non avrebbe avuto alcun Messia. E se il Messia doveva venire, avrebbe dovuto apparire nello stesso periodo di tempo esatto in cui visse Cristo. Avverte rabbi Salomo Isaacides Iarchi (1040-1105), detto Rashi, nel Talmud: «In Daniele ci viene rivelata la fine del Messia (ossia "il tempo della sua venuta e morte"») 75. Questa profezia è così precisa che il Talmud racconta che ai tempi di Tito (70 d. C.) si credeva che il Messia fosse già venuto! Ma il sentimento generale degli ebrei era che il Messia sarebbe rimasto nascosto ai loro occhi fino a quando sarebbero stati più degni della sua venuta 76.
Il Messia nascerà a Betlemme
Il testo biblico (700 a. C.)
Sopra: Betlemme ai nostri giorni.
Il contesto di questo passo Il profeta Michea inizia con un'asserzione funesta riguardante un assedio contro Israele e il suo capo. E immediatamente dopo, essa è seguita da una dichiarazione di speranza, la profezia di un futuro capo d'Israele che porterà la sicurezza durevole ad Israele, la cui influenza si estenderà «fino agli estremi confini della terra» (versetto 4) 77.
Notate come la profezia è precisa. Essa identifica Betlemme come «Efrata» (il nome più antico di Betlemme; Gn 35; 16-19; 48, 7; Rt 1, 2; 4, 11), che distingue questa Betlemme dalle altre città omonime, come quella in Zàbulon (Gs 19, 15). L'uso del termine «Efrata» identifica la Betlemme in cui nacque Davide (1 Sam 17, 12), stabilendo ulteriormente il collegamento messianico tra il Messia e il trono di re Davide 78.
Spiegazione del testo Grammaticalmente, la frase «dall'antichità» si deve applicare a Colui che regna sin dall'eternità 79. Si dice che le attività di questo capo scaturiscono dall'antichità, anche se la Sua venuta è futura. Il termine «dall'antichità» significa letteralmente «dai tempi antichi», «da prima dei tempi». Significativamente, tale vocabolo («qedem») viene usato da Dio stesso nell'Antico Testamento (vedi Dt 33, 27; Ab 1, 12).
«Ego sum qui sum» (Es 3, 14) («Io Sono colui che sono»). «Prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8, 59).
Le parole «dai giorni più remoti» («mee mai-oulom») significano letteralmente dai «tempi antichi» o «dall'eternità». Cosi, il termine «antichità», in alcune traduzioni, la frase «dai giorni più remoti», sono entrambe designazioni adatte dell'eternità. Ad esempio, la frase ebraica «giorni più remoti» viene usata anche in Mic 4, 7 dove si dice: «E il Signore regnerà su di loro [...], da allora e per sempre».
Il fatto che tali termini furono usati per designare un futuro capo indica che Michea attendeva una figura soprannaturale. Ciò si armonizza con l'attesa del Messia di Isaia in Is 9, 6, in cui il futuro Re messianico viene definito «eterno» e «Dio» («El»), un aggettivo che Isaia usa solamente per indicare il Signore 80. Nel suo A Commentary on the Minor Prophets («Un commentario sui Profeti minori»), Homer Hailey (1903-2000) afferma che le parole
Sopra: Homer Hailey e il suo libro A Commentary on the Minor Prophets.
Il significato di questo versetto ruota attorno a due punti chiave:
Il noto biblista Ernst Wilhelm Hengstenberg (1802-1869) rivela ciò che Michea sta dicendo, quello che il profeta scrive sette secoli prima di Cristo:
Quindi, Colui che stiamo enfatizzando in questo articolo, Colui che ha adempiuto alla lettera le dieci precedenti profezie, Gesù Cristo, è nato precisamente 700 anni dopo a Betlemme. Il suo dominio su Israele è ancora un evento futuro, al Suo ritorno, come Egli stesso profetizzò:
Mic 5, 2 era riconosciuto dagli ebrei come messianico? Il Libro di Michea è sempre accreditato dagli ebrei come messianico:
Sopra: il Targum di Gionata.
Edersheim afferma che per ammissione stessa dei rabbini «il noto passo Mic 5, 2 è messianico. Quindi (lo è anche) nel Targum [...] e dai rabbini più tardivi» 84. Che gli ebrei riconoscessero questo passo come una profezia messianica è evidente anche dal fatto che i sacerdoti e scribi dei tempi di Erode il Grande (73-4 a. C.) sapevano che il Messia sarebbe nato a Betlemme sulla base di questa profezia (Mt 2, 5-6).
Dunque, la credenza comune ebraica ai tempi di Cristo era che gli israeliti consideravano «unanimemente questo passo come la profezia che indicava che il Messia sarebbe nato a Betlemme» 85. Ciò non solo è provato da Mt 2, 5-6, ma anche da Gv 7, 42.
Colui che hanno trafitto
Il testo biblico (500 a. C.)
«Guarderanno a me, a colui che hanno trafitto».
Il contesto di questo passo Questo testo dice che nel futuro Dio riverserà il Suo Spirito su Israele e lo condurrà alla dolorosa comprensione di un evento cruciale che è accaduto nel passato. Cosa capiranno gli ebrei? Questo è una delle asserzioni più sorprendenti di Dio presente nella Sacra Scrittura. Egli afferma: «Guarderanno a me, a colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico». La domanda è: chi è quest'uomo su cui Israele poserà il suo sguardo e, a causa di quella vista, inizierà a piangere?
Spiegazione del testo Quello del profeta Zaccaria è un libro-chiave messianico che prova ulteriormente che il Messia doveva essere non solo un uomo, ma l'Incarnazione di Dio stesso. «Forse in nessun altro libro dell'Antico Testamento la divinità del Messia è così chiaramente insegnata come in Zaccaria» 86. In Zc 2, 10 il profeta enfatizza la sorprendente rivelazione che Dio stesso avrebbe vissuto fra il popolo ebraico:
«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».
Qui Zaccaria si riferisce alle parole di Yahwéh che dice: «Guarderanno a colui che hanno trafitto». Dio stesso dichiara di essere Colui che Israele ha trafitto. Ma quando mai Israele trafisse Yahwéh? Osservate come a metà del passo - «guarderanno a colui (me) che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fà il lutto per un figlio unico» - i pronomi sono significativamente cambiati.
Essi si riferiscono a persone diverse. Quella che prima era una referenza a Yahwéh, ora diviene una referenza ad una persona non identificata, «colui» che la nazione intera d'Israele piangerà. Ancora una volta, si parla di due specifiche persone:
«Piangeranno come si piange il primogenito».
Delitzsch e Gloag commentano:
Cor Jesu, lancea perforatum, miserere nobis.
Certamente, questo passo pone importanti domande. Se il termine ebraico significa «perforare», «passare attraverso», «ferire a morte» 88, quando mai Israele ha ucciso Yahwéh? E come potrebbe essere ucciso dagli uomini il Creatore del cielo e della terra? Sembrerebbe che questo passo - come Is 9, 6, Mic 5, 2 e altri - possa essere spiegato solamente attraverso l'Incarnazione di Dio stesso: il Messia sarebbe stato al contempo Dio e Uomo.
Così, Zaccaria predice che, un giorno o l'altro, Israele comprenderà che ha veramente ucciso Yahwéh suo Dio, e piangerà amaramente per questo lutto, come una famiglia piange la morte dell'unico Figlio adorato. E questa profezia si attaglia perfettamente solo a Gesù Cristo. Perché mai? Perché Gesù Cristo è l'unico, nel corso di tutta la storia d'Israele che:
E dunque, gli ebrei che hanno accettato la Nuova Alleanza hanno riconosciuto che solo Gesù ha portato a compimento le parole di questa profezia. Scrive l'Apostolo San Giovanni nel prologo del suo Vangelo:
«Et Verbum caro factum est, et habitavit in nobis» (Gv 1, 14).
Gesù Cristo è l'Incarnazione del Figlio, la Seconda Persona della SS.ma Trinità. L'Apostolo San Paolo crede che Gesù è Dio e che ha accettato volontariamente di morire per i nostri peccati. Egli insegna che Gesù
Sancta Trínitas, unus Deus,
L'ultimo versetto della profezia dice che tutta la nazione ebraica piangerà e si addolorerà amaramente per la morte di Colui che è stato trafitto, «come si piange il primogenito». Il popolo ebraico piangerebbe per quest'uomo come per la morte del proprio unico figlio, se Egli non fosse uno dei suoi figli, un ebreo, come era Gesù Cristo? Forse un giorno o l'altro, illuminati dalla grazia, gli ebrei riconosceranno che Gesù è realmente l'atteso Messia?
Arriveranno a capire chi è veramente? Giungeranno a considerare Dio «colui che hanno trafitto»? Che la profezia di Zaccaria si è adempiuta? Ci sarà un tremendo pianto a Gerusalemme? Ricordate che Dio ha riversato il Suo Spirito sulle persone affinché esse possano giungere a riconoscere il Suo vero Messia, che le ha tanto amate fino a dare la Sua vita («colui che hanno trafitto») per loro. Come dice Isaia, «il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti» (Is 53, 6).
Zc 12, 10 era riconosciuto dagli ebrei come messianico? Che questa profezia si riferisce al Messia è stato ammesso dai rabbini stessi 89. Ad esempio, questa profezia
Ciò nonostante, insistiamo ancora sul fatto che quando Yahwéh dice «guarderanno me che hanno trafitto», questa profezia, in tutta la Storia dell'umanità, si è adempiuta unicamente in Gesù Cristo.
Conclusione: chi è il Messia?
Dopo avere esaminato attentamente alcune tra le più importanti profezie messianiche dobbiamo constatare che solamente Gesù Cristo le ha completamente adempiute. Esse non possono essere applicate a nessun altra persona che sia apparsa nel corso della Storia umana. E pensare che abbiamo esaminato solamente alcune delle profezie riguardanti il Messia. Se avessimo avuto più spazio, avremmo potuto prendere in considerazione altre profezie altrettanto interessanti. Ad esempio:
Il punto d'arrivo dovrebbe essere ovvio. Chi è l'unica Persona che ha adempiuto a tutte queste profezie e a tante altre? Solamente Gesù Cristo. Non è assolutamente possibile eludere questo fatto. Studiosi come Delitzsch e Gloag hanno concluso:
Una parola personale
L'evidenza nella Sacra Scrittura prova che Gesù è il Messia. Dio fornì tale evidenza in anticipo di centinaia d'anni affinché fossimo in grado di identificare facilmente il Suo Messia. La Bibbia ci insegna che il Messia diede la Sua vita pagando alla giustizia divina il debito contratto con i nostri peccati. Gesù ha detto:
Non permettiamo che, almeno per noi, ciò sia accaduto invano, ma approfittiamo di tanto amore.
Note
1 Traduzione dall'originale inglese The Facts on Jesus the Messiah, a cura di Paolo Baroni. 2 Cfr. A. Edersheim, The Life and Times of Jesus the Messiah («La vita e i tempi di Gesù il Messia»), vol. I, 1883, pagg. 163-164. 3 Cfr. M. Muggeridge, Jesus the Man Who Lives («Gesù l'uomo che vive»), Harper & Row., New York 1978, pag. 7. 4 Ci riferiamo ad opere come P. Lapide-U. Luz, Jesus in Two Perspectives: A Jewish/Christian Dialogue («Gesù in due prospettive: un dialogo ebraico-cristiano»), Augsburg, Minneapolis 1985; H. J. Schonfeld, The Passover Plot («La congiura della Pasqua ebraica»), Bantam, New York 1969; G. Sigal, The Jew and the Christian Missionary: A Jewish Response to Missionary Christianity («L’ebreo e il cristiano missionario: una risposta ebraica al cristianesimo missionario»), KTAV Press, New York 1981. Vedi anche la nota nº 17, a pag. 19. 5 Cfr. F. Delitzsch-P. Gloag, The Messiahship of Christ («La messianicità di Cristo»), Klock and Klock, Minneapolis 1983, vol. II, pagg. 50-53. 6 Cfr. P. W. Stoner, Science Speaks: Scientific Proof of the Accuracy of Prophecy in the Bible («La scienza parla: prova scientifica dell'accuratezza della profezia nella Bibbia»), Moody Press, Chicago 1969, pag. 4. 7 Ibid., pag. 107. 8 Ibid., pag. 109. 9 Cfr. É. Borel, Probabilities and Life, Dover, New York 1962, capp. I e III. (10.157 è quasi infinitamente al di là di 1.050). 10 Cfr. H. C. Leupold, Exposition of Genesis («Esposizione della Genesi»), Baker, Grand Rapids 1978, pag. 164; W. Wilson, Wilson's Old Testament Word Studies («Gli studi di Wilson della parola dell'Antico Testamento»), McDonald Pubishing, McLean s.d., pag. 145; W. C. Kaiser jr., The Old Testament in Contemporary Preaching («L'Antico Testamento nella predicazione contemporanea»), Baker, Grand Rapids 1973, pag. 39. 11 L'iconografia classica cattolica, seguendo il testo della Volgata di San Girolamo, ritrae la Beata Sempre Vergine Maria - e non unicamente Gesù Cristo - nell'atto di schiacciare la testa al Serpente. Questa usanza, dettata dalla devozione e dal Magistero della Chiesa, non è affatto in contrasto con l'esegesi appena presentata, giacché Maria SS.ma e Suo Figlio sono una sola cosa nella lotta contro il demonio (N.d.T.). 12 Cfr. H. C. Leupold, op. cit., pag. 166. 13 Cfr. W. Wilson, op. cit., pag. 57. 14 Cfr. F. Delitzsch -P. Gloag, op. cit., vol. I, pag. 26. 15 Nel Nuovo Testamento si parla anche del conflitto tra i seguaci umani di Satana (i «figli delle tenebre») e quelli di Cristo (i «figli della luce»), i quali seguono i principî del rispettivo capo spirituale (Mt 23, 33; Gv 8, 44; Gal 3, 26; Ef 4, 15; 1 Gv 3, 1-8; 5, 19). 16 Cfr. W. C. Kaiser jr., op. cit., pag. 42; H. C. Leupold, op. cit., pag. 170; vedi nota nº 17. 17 Cfr. C. L. Feinberg, Is the Virgin Birth in the Old Testament? («Si parla della nascita da una Vergine nell'Antico Testamento»?), Emeth Pubblications, Whittier 1967, pag. 22. 18 I Targumim sono parafrasi della Bibbia scritte in aramaico antico. I più conosciuti sono il Targum Onkelos (III secolo d. C., sulla Toràh, i primi cinque libri di Mosé), il Targum Jonathan (del IV d. C., sui profeti), il Targum Pseudo-Gionata (del 650 d. C., sulla Toràh), e il Targum di Gerusalemme (700 d. C., sulla Toràh). Sebbene i Targumim siano stati assemblati nell'era cristiana, H. L. Ellison fa un'importante osservazione nel suo libro The Centrality of the Messianic Idea for the Old Testament («La centralità dell’idea messianica nell'Antico Testamento»): «Le più antiche interpretazioni rabbiniche dei passi messianici meritano un attento riesame. Moltissime della loro interpretazioni delle profezie messianiche sono - a parte la differenza originata dal rifiuto o dall'accettazione di Gesù come Messia - identiche a quelle del Nuovo Testamento e della Chiesa nascente [...]. Poiché l'influenza della propaganda esercitata dai giudei convertiti al cristianesimo - la quale dev'essersi fatta sentire per almeno due secoli dopo la risurrezione di Cristo - è stata sottovalutata dai più moderni studiosi, non siamo riusciti a comprendere come dev'essere stato impossibile per i rabbini adottare le interpretazioni cristiane delle profezie, a meno che esse fossero state lì da molto tempo [...]. A partire dalla metà del III secolo, la comunità degli ebrei divenuti cristiani perse il suo potere dinamico e divenne rapidamente una componente disprezzata sia dagli ebrei rimasti tali che dai gentili divenuti cristiani. Era perciò possibile che le interpretazioni profetiche tradizionali della Sacra Scrittura venissero ancora insegnate» (cfr. H. L. Ellison, op. cit., Tyndale, 1953, pag. 15). 19 Cfr. W. C. Kaiser jr., op. cit., pag. 42. 20 Cfr. A. Edersheim, op. cit., pag. 711; cfr. C. L. Feinberg, op. cit., pagg. 22-23. 21 Cfr. H. C. Leupold, op. cit., pag. 170. 22 Cfr. W. J. Beecher, The Prophets and the Promise («I profeti e la promessa»), Baker, Grand Rapids 1970, pagg. 412-413. 23 Nella sua Lettera ai Galati (Gal 3, 16), San Paolo indica chiaramente che Dio non parla vagamente di una discendenza, ma di un discendente, ovvero il Messia: «Ora è appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furon fatte le promesse. Non dice la Scrittura: "E ai tuoi discendenti", come se si trattasse di molti, ma "e alla tua discendenza", come a uno solo, cioè Cristo» (N.d.T.). 24 Vedi A. W. Kac, The Messiahship of Jesus: What Jews and Christians Say («La messianicità di Gesù: cosa dicono ebrei e cristiani»), Moody Press, Chicago 1980, pagg. 40-48. 25 Cfr. F. Delitzsch-P. Gloag, op. cit., vol. II, pagg. 135-136. 26 Cfr. W. G. Plaut-E. S. Stein, The Toràh, A Modern Commentary («La Toràh, un commento moderno»), Union for Reform Judaism, 2005, pagg. 1742, 1766. 27 Cfr. F. Delitzsch-P. Gloag, op. cit., vol. II, pag. 114. 28 Cfr. K. Barker, The NIV Study Bible, Zondervan, Grand Rapids 1985, 7ª Ed., pag. 805. 29 Cfr. C. Briggs, Messianic Prophecy, Scribners, NY 1889, pag. 323. 30 Cfr. D. Baron, Rays of Messiah's Glory: Christ in the Old Testament («Raggi di gloria del Messia: Cristo nell'Antico Testamento), Zondervan, Grand Rapids s.d., pag. 263. 31 Cfr. F. Brown, S. R. Driver, C. Briggs, A Hebrew and English Lexicon of the Old Testament («Un lessico ebraico e inglese»), Oxford University Press, Londra 1968, pag. 631. 32 Cfr. W. Wilson, Wilson's Old Testament Word Studies, pagg. 385, 386. 33 Cfr. J. Mcdowell, Evidence That Demands a Verdict: Historical Evidences for the Christian Faith («Evidenze che esigono un verdetto: prove storiche per la fede cristiana»), Here's Life Publishers, San Bernardino 1979, pag. 199; P. Barbet, A Doctor at Calvary: The Passion of Our Lord Jesus Christ as Described by a Surgeon («Un dottore al Calvario: la passione di Nostro Signore Gesù Cristo descritta da un chirurgo»), Doubleday/Image, Garden City 1963, pagg. 129-147; C. T. Davis, «The Crucifixion of Jesus» («La crocifissione di Gesù»), in New Wine, agosto 1971. 34 Cfr. M. Rosen, Y'shua: The Jewish Way to Say Jesus («Y'shua: il modo ebraico di dire Gesù»), Moody Press, Chicago 1982, pag. 74. 35 Lo Yalkut è una famosa raccolta di trattati rabbinici contenente spiegazioni e interpretazioni dell'Antico Testamento. 36 Cfr. A. Edersheim, op. cit., pag. 718. 37 Cfr. F. Brown, S. R. Driver, C. Briggs, op. cit. 38 Cfr. C. Briggs, op. cit., pagg. 326-327. 39 Cfr. J. Gartenhaus, Famous Hebrew Christians («Famosi ebrei cristiani»), Baker, Grand Rapids 1979, pagg. 38-39. 40 Cfr. D. Baron, op. cit., pag. 265. 41 Come ha fatto notare Merrill Unger, esperto di Antico Testamento, la frase «sarà chiamato» è un semitismo che significa che il bambino non porterà realmente questi epiteti, «ma che ne sarà degno, e che sono appellativi o designazioni descrittive della sua persona e della sua opera» (cfr. M. Unger, Unger's Commentary on the Old Testament, Moody Press, Chicago 1981, pagg. 1167-1168). 42 Cfr. E. J. Young, The Book of Isaiah («Il Libro di Isaia»), Eerdmans, Grand Rapids 1972, pagg. 323-324. 43 Ibid., pag. 336. 44 Ibid., pag. 330. 45 Cfr. The Targum of Isaiah, Oxford Press, Londra 1949, pag. 32. 46 Cfr. F. Delitzsch-P. Gloag, op. cit., vol. II, pag. 115.
47
Cfr. W. C. Kaiser jr.,
Toward an Old Testament Theology («Verso una teologia
dell’Antico Testamento»), Zondervan, Grand Rapids 1978, 48 Cfr. W. C. Kaiser jr.-P. Lapide, «Do the Messianic Prophecies of the Old Testament Point to Jesus or Someone Else»? («Le profezie messianiche presenti nell'Antico Testamento parlano di Gesù o di qualcun altro»?), The Ankerberg Theological Research Institute, Chattanooga 1985, pag. 22; trascrizione di un programma televisivo. 49 Cfr. F. Delitzsch -P. Gloag, op. cit., vol. II, pagg. 286-287. 50 Cfr. W. C. Kaiser jr.-P. Lapide, op. cit., pag. 21. 51 Cfr. R. Patai, The Messiah Texts («I testi del Messia»), Avin, New York 1979, pag. 166. 52 Ibid., pag. 167. 53 Cfr. D. Baron, op. cit., pagg. 225-229. 54 Cfr. F. Delitzsch -P. Gloag, op. cit., vol. II, pag. 295. 55 Cfr. W. Kaiser jr.-P. Lapide, op. cit., pag. 21. 56 Cfr. P. Lapide, The Resurrection of Jesus: A Jewish Perspective («La risurrezione di Gesù: una prospettiva ebraica»), Augsburg, Minneapolis 1983, pagg. 7, 126-131, 137-150. 57 Cfr. D. Baron, op. cit., pagg. 78, 90, 107, 116; T. Laetsch, Bible Commentary: Jeremiah («Commento della Bibbia: Geremia»), Concordia, St. Louis 1965, pag. 190. 58 Cfr. T. Laetsch, op. cit., pagg. 191-192. 59 Cfr. K. Barker, op. cit., pag. 1160. 60 Cfr. D. Baron, op. cit., pag. 78. 61 Ibid., pag. 19. 62 Ibid., pag. 78. 63 Ibid. 64 Cfr. E. W. Hengstenberg, Christology of the Old Testament («Cristologia dell'Antico Testamento»), McDonald Publishing, MacDill Air Force Base s.d., pag. 833. 65 Cfr. R. D. Wilson, Studies in the Book of Daniel («Studi sul Libro di Daniele), vol. II, Baker, Grand Rapids 1979, pag. 138. 66 Cfr. E. J. Young, The Prophecy of Daniel: A Commentary («La profezia di Daniele: un commento»), Eerdmans, Grand Rapids 1978, pag. 193. 67 Cfr. W. Wilson, op. cit., pag. 106. 68 Cfr. H. C. Leupold, Exposition of Daniel («Esposizione di Daniele»), Baker, Grand Rapids 1981, pag. 427. 69 Nel nostro libro The Case for Jesus the Messiah («Il caso di Gesù il Messia»), Harvest House, Eugene 1989, citiamo almeno cinque ragioni che conducono a questa conclusione. 70 Cfr. H. W. Hoehner, Chronological Aspects of the Life of Christ, Zondervan, Grand Rapids 1977, pag. 118. 71 Ibid., pagg. 126-128. 72 Per un'analisi più dettagliata, vedi il nostro libro The Case for Jesus the Messiah, Appendice II; oppure R. Anderson, The Coming Prince: The Marvelous Prophecy of Daniel's 70 Weeks Concerning the Antichrist («La venuta del Principe: la meravigliosa profezia delle 70 settimane di Daniele a riguardo dell'Anticristo»), Kregel, Grand Rapids 1977. 73 Cfr. F. Delitzsch-P. Gloag, op. cit., vol. II, pag. 223. 74 Ibid., pag. 226. 75 Ibid. 76 Ibid. 77 Cfr. T. E. McComiskey, The Expositor's Bible Commentary («Il commentario della Bibbia del glossatore»), vol. VII, «Daniel, the minor prophets», Zondervan, Grand Rapids 1985, pag. 427. 78 Ibid. 79 Ibid. 80 Ibid. 81 Cfr. H. Hailey, A Commentary on the Minor Prophets, Baker, Grand Rapids 1976, pag. 209. 82 Cfr. E. W. Hengstenberg, op. cit., pagg. 358-359. 83 Cfr. F. Delitzsch -P. Gloag, op. cit., vol. II, pagg. 118-119. 84 Cfr. A. Edersheim, op. cit., pagg. 358-359. 85 Cfr. C. F. Keil-F. Delitzsch, Commentary on the Old Testament in Ten Volumes («Commentario dell'Antico Testamento in dieci volumi»), vol. X, «Minor Prophets», Eerdmans, Grand Rapids 1978, pag. 481. 86 Cfr. D. Baron, op. cit., pag. 77. 87 Cfr. F. Delitzsch-P. Gloag, op. cit., vol. II, pag. 121. 88 Cfr. C. F. Keil-F. Delitzsch, The Minor Prophets («I profeti minori»), pag. 388. 89 Cfr. T. V. Moore, Zechariah, Haggai and Malachi («Zaccaria, Aggeo e Malachia»), Banner of Truth Trust, Carlisle 1974, pag. 199. 90 Cfr. A. Edersheim, op. cit., pag. 737. 91 Cfr. T. V. Moore, op. cit., pagg. 199-200. 92 Cfr. F. Delitzsch-P. Gloag, op. cit., vol. II, pagg. 123-124. Recentemente, alcuni rabbini moderni hanno tentato di dimostrare che le profezie messianiche non si sono adempiute in Gesù Cristo. Ad esempio, rabbi Shraga Simmons, alla pagina web http://www.aish.com/spirituality/philosophy/Why_Dont_Jews_Believe_In_Jesus$.asp
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