Introduzione
Dopo la comparsa dell'uomo sulla Terra, un problema gigantesco si è posto alla scienza, ed è un problema al contempo teorico e pratico: un problema di scienza morale. Fino ad allora, la dea Natura - a meno che non si tratti del dio Caso che ha lavorato in combutta con la dea Necessità e la suo consorella Selezione Naturale - aveva prodotto il cosmo, gestito la biosfera e infine generato l'uomo.
È uno degli assiomi della scienza moderna. Ed ecco l'uomo di oggi. La sua sorte sembra essere nelle sue mani. Allo stesso tempo, l'ordine e il futuro della Terra dipendono dalle sue scelte, dalla sua azione. Che cosa saprà fare? Cos'ha fatto? Ecco l'ecologismo, una prospettiva e diversi piani che richiedono all'umanità un genio immenso e uno sforzo collettivo, un Governo Mondiale totalitario per salvaguardare il suo destino. Tale è l'imperativo categorico della nostra scienza moderna.
L'uomo nel corso delle ere
- La legge naturale Apriamo qui una parentesi di circa 30.000 anni. Da quando gli uomini esistono fino ai nostri giorni, nessuno si è mai preoccupato di ecologia e di prospettiva. Perché mai? La prima ragione di questa assenza di senso di responsabilità è molto semplice: per via della loro vita rurale, sobria e della loro lentezza tradizionale, gli uomini di un tempo adottarono, per così dire, le mode e i ritmi della natura vegetale e animale; ne sposavano l'ordine e ne prolungarono, come per istinto, le misteriose evoluzioni.
- La legge divina La seconda risposta è più profonda. Di colpo, quello che i nostri paleontologi chiamano l'homo faber, si trasformò nell'homo sapiens. Egli si è fatto ben presto - a meno che il suo Dio non glielo abbia rivelato, nello stesso momento in cui gli ha insegnato il linguaggio - una concezione dell'Universo immateriale e trascendente, che gli fornì una vista del mondo dall'alto, il mondo futuro, un regno di giustizia morale, di pace e di felicità.
Questa fede nello spirito e nella sua immortalità è venuta meno con l'avvento dell'orizzontalismo dell'evoluzione cosmica e biologica, instaurando - illusoriamente, se volete - una nuova storia, quella di una salvezza individuale e collettiva. É stato il verticalismo della civiltà e delle religioni umane fino ai nostri giorni. Fu questa credenza religiosa, questa preoccupazione morale presente che spiega perché l'armonia del mondo e l'evoluzione della vita non hanno affatto preoccupato gli uomini nel corso dei millenni.
Certe questioni che sono essenziali per noi, a loro sembravano prive di senso, risolte di primo acchito dal genio del Creatore. Il destino dell'uomo era spirituale. La Terra era il luogo, e il vegetale e l'animale erano gli strumenti. Oggi questa teoria della Storia universale e del destino umano viene etichettata come retrograda, superstiziosa e infantile... Non si è trattato piuttosto di un progresso decisivo rispetto ai milioni di secoli di evoluzione degli esseri incosciente e forzata? Non si è forse trattato di una luce, di una liberazione, e la prova dell'uscita dell'uomo dall'animalità? Era la legge divina, conosciuta per natura o presumibilmente rivelata che simboleggiava l'armonia e la legge del progresso universale.
Sopra: scultura lignea del XV secolo della Vergine della Misericordia di Ravensburg, conservata allo Staatliche Museum di Berlino.
- La legge della ragione Poi il Cielo si è chiuso, lo spirito si è spento e le illusioni si sono dissipate. L'uomo è stato retrocesso al rango di animale evoluto, umiliato a livello della scimmia da Charles Darwin (1809-1882), da Herbert Spencer (1820-1903) e da altri fondatori delle scienze umane moderne. La sua intelligenza ha perso la sua leggerezza, la sua gratuità e la sua immortalità spirituale, per essere ridotta al compito - un tempo subalterno - di reggenza del corpo e di dominio della terra.
Ricordo la nota caratteristica di questa antropologia (che non oserei chiamare umanesimo): l'intelligenza è definita come la facoltà maggiore dell'animale superiore, capace di risolvere tutti i problemi della sua sopravvivenza e del suo percorso terreno, ma chiusa a qualsiasi altra vita o realtà superiore, ad ogni finalità trascendente, come la vita eterna, la carità fraterna o la contemplazione della verità. Impotenza? Inappetenza? L'uomo moderno è, o dev'essere, un robot perfettamente calmo, soddisfatto, e dunque felice.
- La legge perversa del desiderio e del furore Fu allora che apparve sulla scena Sigmund Freud (1856-1939), il quale diede qualche scossone alla smorta filosofia materialista dell'epoca vittoriana, e alla sua dimensione tragica di esistenze individuali troppo ben programmate dalla noia universale. Un sasso lanciato nello stagno del conformismo scientista, razionalista ed ateo!
Sembra che quando Dio sparisce dalla coscienza dell'uomo - che pensa di averlo ucciso - è il diavolo che subito riappare per torturarlo! Sempre nella cornice irrespirabile del razionalismo, Marx manifestò un altro dramma. Dopo l'Eros devastante, ecco il Polémos che non è da meno: l'invidia, la collera, la rivolta, il combattimento. Entrambe queste divinità aprono la porta a Thanatos, la morte!
Dopo gli eccessi divenuti proibiti della carità cristiana, ecco le violenze dell'odio di Satana! È la collera che distrugge la macchina ben oliata, alienante e umiliante del capitalismo liberale, e contesta il progresso lineare della società tecnocratica e della sua religione del Prodotto Interno Lordo.
Sopra: Sigmund Schlomo Freud, padre della psicanalisi.
L'uomo furioso
Bisogna ritornare all'uomo Karl Marx e alla sua praxis reale, se si vuole giudicare il vero valore del marxismo. La vita del fondatore dell'Internazionale - fatta innanzitutto una vita di commenti, di superfluo, di trasfigurazione e di contestazione - annulla di fatto l'ideologia. Françoise-Paul Lévy, una giovane ebrea comunista, ai bei tempi dei Nouveaux Philosophes, dopo essere stata ingannata per anni dai suoi stessi insegnanti universitari, si è liberata tutto d'un colpo della menzogna mediante un approfondito studio personale della corrispondenza di Marx.
Essa ha giurato a se stessa, con passione, di demistificare la vita di questo falso grand'uomo, scrivendo un meraviglioso libro iconoclasta dal titolo Karl Marx: histoire d'un bourgeois allemand («Karl Marx: storia di un borghese tedesco»; Grasset, 1976). Ciò che la Lévy ha rivelato, Fritz Raddatz, uno storico tedesco, lo ha corroborato, e il suo libro Karl Marx, une biographie politique («Karl Marx: una biografia politica»; Fayard, 1978), getta le stesse certezze decisive su questo impostore dei nostri tempi. Che cosa ci rivelano queste opere? In modo simile, ma indipendente, esse mostrano i sorprendenti paralleli che esistono tra l'impostura freudiana e quella marxista.
- Karl Marx, un uomo ripugnante Marx nacque nel 1818 a Treviri, in Renania, da una famiglia di rabbini ebrei. Nel 1816, suo padre Hirschel, consulente legale e membro della Società del casinò della città, si fece battezzare per evitare di essere intralciato nella sua carriera, e i suoi figli con lui; ma non sua moglie. Egli prese il nome di Heinrich e non conservò del luteranesimo che una vernice di protestantesimo liberale. Karl venne battezzato all'età di sei anni, nel 1824. Karl Marx ha, forse, conosciuto alcuni anni di fervore mistico.
Sopra: un ritratto del giovane Karl Marx.
Il pastore protestante Richard Wurmbrand (1909-2001) lo suppone apportando parecchi indizi nel suo piccolo libro esplosivo L'altra faccia di Carlo Marx (EUN 1976). Fin dal 1835, forse mentre studiava a Bonn, introdotto nel Doctorklub, in seguito a qualche umiliazione o a qualcosa di più grave, egli avrebbe cambiato totalmente visione e sarebbe stato iniziato al satanismo, a quei tempi molto diffuso in certi ambienti.
Sopra: il pastore Richard Wurmbrand e il suo libro L'altra faccia di Carlo Marx.
È la tesi di Wurmbrand, ripresa anche dal giornalista Maurice Clavel (1920-1979), che non è mai stata confutata seriamente. Da allora, non avrebbe avuto che l'ossessione che vendicarsi di Dio distruggendo il mondo. Così scrive nel suo poema La vergine pallida:
Sopra: il giornalista francese Maurice Clavel.
Marx amava cantare, con una voce che faceva rabbrividire chi gli stava vicino, l'aria di Mefistofele nel Faust di Johann Wolfgang Ghoete (1749-1832): «Nell'esistenza tutto merita la distruzione». A Bonn, il nostro satanista aveva appena diciassette anni! Studiando per cinque anni a Berlino, venne introdotto nel Doctorklub.
Lì entrò in amicizia-inimicizia con tutti i poeti, i filosofi e gli agitatori che lo appoggiarono o gli fecero guerra per tutta la vita: Bauer, Ruge, Bakunin, ecc... Questi giovani hegeliani, cinque anni dopo la morte del maestro, come reazione contro il suo idealismo assoluto e i suoi processi dialettici arbitrari, volevano ricostruire il mondo facendo a gara.
Il Dottor Faust e il demone Mefistofele.
Erano tutti - nella loro immaginazione - rivoluzionari. Tra essi, il filosofo israelita Moses Hess (1812-1875), anch'egli satanista appassionato, socialista, sionista convinto e rivoluzionario. Marx, che non poteva fare proprio il pensiero di un altro senza contraddirlo per poterlo dominare, adottò questo furore rivoluzionario, ma rifiutò il sionismo di Hess e la sua dialettica semita della guerra tra razze. Al contrario, da questo momento egli abbracciò un antisemitismo grossolano e frenetico per portare all'assoluto la guerra tra le classi e il trionfo del «popolo» mediante lo schiacciamento della «borghesia».
Sopra: Moses Hess, detto il «rabbino rosso».
- Quarant'anni di perseveranza borghese Nel 1842, Marx tornò a Treviri, con la testa infarcita di idee rivoluzionarie. Non avendo potuto fare carriera al seguito di Bruno Bauer (1809-1882) all'Università di Bonn, egli optò per il giornalismo e si fece risolutamente - secondo l'esatta definizione di Françoise-Paul Lévy - «capitalista-demagogo».
La logomachia rivoluzionaria era già in programma, ma nella realtà la sua applicazione consistette nello schierarsi con la borghesia in ogni circostanza, sempre contro i prìncipi e il feudo, invocando o il liberismo alla francese, diffuso in Renania dagli eserciti napoleonici, o il pangermanesimo prussiano, favorevole alle grandi ambizioni tedesche. Quanto al popolo operaio, di cui Marx parlò molto, bisogna notare che non esisteva ancora nella regione una sola grande industria.
Esisteva, certamente, un gruppo rivoluzionario a Treviri: i Freien (gli «Emancipati»), che militavano contro lo Stato prussiano e la religione. Marx, nella Rheinische Zeitung («Gazzetta renana»), disapprovò aspramente il loro nichilismo, in nome delle più elevate ragioni della strategia rivoluzionaria! Nel 1846, egli scrisse:
Sopra: Marx guarda soddisfatto la Rheinische Zeitung appena uscita dalle stampe.
- Il più grande divisore delle forze rivoluzionarie Esiliato a Parigi, chissà per quale errore o per quale piano machiavellico, eccolo con l'amico Friedrich Engels (1820-1895) e l'anarchico Michail Bakunin (1814-1876), tutti socialisti emigrati dalla Francia nel 1843. Nel primo ed unico numero dei Deutsch-Franzősische Jahrbücher («Annali franco-tedeschi»), egli proclamò la necessità della «rivoluzione totale». Basandosi non si sa bene su cosa, Marx attendeva lo schiacciamento dell'insurrezione dei tessitori tessili della Slesia per poterne parlare positivamente.
Lo scarto bizzarro dell'elogio all'insuccesso diverrà una delle costanti della tattica di Marx. E, altra costante, l'applicazione nel demolire tutti i compagni socialisti, soprattutto quelli più impegnati. A Parigi, egli insultò grossolanamente gli altri collaboratori dei Deutsch-Franzősische Jahrbücher. Ruppe con Arnold Ruge (1802-1880). Entrò in conflitto con Ludwig Feuerbach (1804-1872). Litigò con Bruno Bauer. E mise fuori combattimento l'anarchico Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865). Tali sono i segni d'ammirazione - secondo Raddatz - per i rivoluzionari di tutti i tempi da parte del loro unico maestro! Espulso da Parigi, Marx si spostò a Bruxelles. Egli prese in affitto una casa in un quartiere ricco dove condusse una vita agiata dal 1845 a 1848, senza guadagnare un soldo, vivendo a spese di Engels...
Con la sua collaborazione segreta, egli redasse il suo famoso Manifesto del Partito Comunista, che gli fece credere di essere il Mosé del comunismo, il glorioso, l'unico, eterno capo della rivoluzione in marcia... non oggi, ma domani. Quanto ai veri operai che si ribellavano, egli li considerava «gentaglia» ignorante e incapace di una sola azione interessante. Avendo subito una perquisizione, il 3 marzo 1848, ed essendo stato trattenuto alcune ore all'ufficio di polizia, lui e la moglie si presentarono all'Europa intera come martiri, prima di essere espulsi.
Ebbero ragione ad approfittarne, visto che questa fu l'unica volta nella loro vita in cui entrarono in contatto con la polizia (all'infuori dei contatti per la delazione!). Ecco ciò che dimostra Françoise-Paul Lévy, avvalorata da Fritz Raddatz: l'azione pubblica di Marx non ha mai avuto altro scopo e risultato che disorganizzare, screditare e disarmare il partito rivoluzionario al solo ed unico servizio e profitto dei «piccoli-borghesi democratici», i suoi sponsor e le persone del suo mondo.
Sopra: il Manifesto del Partito Comunista.
- Il felice parassita del capitalismo inglese Nuovo esilio. La famiglia giunse a Londra il 19 luglio 1849, dopo un'inspiegabile espulsione da Parigi, dove i Marx non avevano fatto nulla di male! Fu la miseria e il decadimento in un'abitazione situata nel quartiere di Soho, un'insopportabile umiliazione per il geniale pensatore della rivoluzione socialista! Marx si nascose per non essere sorpreso dagli amici borghesi in questo stato di indigenza.
Ma il denaro era la sua principale ossessione; chiese soldi a destra e a sinistra, accolse con gioia la morte dello zio (fratello della madre) a causa dell'eredità, ottenendo un anticipo, e speculando - eh sì! - sulle ferrovie. E soprattutto visse senza tregua del denaro chiesto ad Engels, il bel denaro capitalista che l'amico raccoglieva senza chinarsi, nella sua filanda di Manchester..., il denaro del «plusvalore», della miseria operaia, dello sfruttamento padronale!
Sopra: il famoso quadro Il Quarto Stato (1901), di Giuseppe Pellizza da Volpedo.
Si comprende perché Marx si dichiarò contrario all'interdizione del lavoro dei bambini nell'industria tessile, il giorno in cui si pose tale questione. Alla fine, il suo grande movimento proletario raggruppava, compreso lui ed Engels, otto uomini ad ognuno dei quali affibbiò un epiteto sprezzante, e non uno solo di essi era un operaio! Fu allora che egli ricevette il più grande schiaffo della sua vita: una lettera da parte degli operai rivoluzionari di Colonia a «Herr Karl Marx». Essi avevano compreso che il loro falso grande uomo era un traditore. Alla buon'ora!
Sopra: bambini al lavoro in una filanda in Inghilterra... col beneplacito di Marx!
Il traditore era stato smascherato. Che cosa fece dunque, in questi anni cruciali, Herr Doktor Marx? Egli era solito andare, con la famiglia al seguito, a fare dei picnic sulle rive del Tamigi. I bambini davanti a tutti, poi i genitori con Engels o qualche amico di passaggio e, dietro, Helene Demuth (1820-1890), la governante che portava i pesanti cesti con le cibarie.
Ignominia! Esclama Françoise Paul-Lévy... poiché questa «buona donna» era anche l'amante di Marx, e gli diede un figlio, Frederick, che il padre, per rispettare le convenzioni borghesi e non irritare Jenny von Westphalen (1814-1881), la sua sposa aristocratica, fece in modo che Engels - sempre compiacente - lo riconoscesse come figlio. I Marx erano degli infami borghesi, e per di più ipocriti. Nel 1864, venne fondata l'Internazionale e redatto Il Manifesto del Partito Comunista, indirizzato alle classi operaie.
Infine, nel 1867, venne pubblicato il primo tomo di Das Kapital («Il Capitale»), alla cui stesura lavorò presumibilmente fin dal 1845! Era la Bibbia dei tempi moderni, la Legge della futura rivoluzione mondiale, il grido di vendetta del popolo umiliato e l'annuncio della sua lotta finale, in termini veri, in analisi scientifiche, in critiche implacabili... Ahimè! Nessuno ebbe il coraggio di andare al di là delle prime cento pagine.
- Ventisette anni di perseveranza tedesca Le lacerazioni, gli odi e il furore fratricida continuarono più che mai. Marx ruppe apertamente con Bakunin, che da allora considerò come il suo mortale nemico. Bakunin era un internazionalista sincero, mentre Marx lo era solo in teoria. In realtà, egli era e rimase un borghese tedesco, un nazionalista sedotto dal cancelliere Otto von Bismarck (1815-1898)! Nel 1870, si schierò con la Prussia, la povera Prussia, nella «guerra difensiva» che doveva, per sopravvivere, consegnarsi alla Francia!
Quando si produsse l'avvenimento rivoluzionario più importante del secolo, il sollevamento della Comune di Parigi, Marx mise in atto la sua tattica abituale. Tirò alla volpe, non si mosse e attese che fosse schiacciata per profetizzarne la gloria che, vinta, ha tuttavia vinto i suoi vincitori! È il famoso Indirizzo del Consiglio Generale dell'Associazione Internazionale dei lavoratori, datato 30 maggio 1871... «La Comune è stata vinta dopo tre giorni»! Nel 1872, al Congresso de L'Aia, egli manovrò in modo tale che Bakunin, che si era battuto a Besançon, fosse escluso dalla Lega Internazionale.
Sopra: il cancelliere tedesco Otto von Bismarck.
Ma, sentendosi in una posizione difficile, Marx fece trasferire la sede del Consiglio Generale... a New York. Fu la morte dell'Internazionale, perpetrata di sua mano. Durante gli ultimi dieci anni della sua vita, egli continuò a pontificare tra le dense nuvole della sua pipa, vivendo alle spalle di Engels, leggendo montagne di libri di notte e annerendo le migliaia di pagine dei suoi illeggibili brogliacci che dopo la suo morte Engels dovette decifrare per poter scrivere gli altri due tomi de Il Capitale. Fino alla fine, Marx divise il campo del socialismo rivoluzionario e colpì ferocemente coloro che si cimentarono a metterlo in pratica. Morì il 14 marzo 1883. Il suo amico, il suo doppione, il suo inseparabile, Friedrich Engels continuò, come in passato, a mantenere la sua penosa famiglia, a scrivere i suoi libri, e a difenderlo contro tutti, fino alla sua morte, nel 1895.
Il fallimento di Karl Marx Bisogna scegliere tra la fede e l'ironia? La fede marxista consiste nell'ignorare tutte le circostanze della vita di Karl Marx, considerate come trascurabili, e di studiarne seriamente la dottrina come il frutto di un'intera vita dedicata allo studio dei problemi economici e di una geniale praxis rivoluzionaria, eroicamente portata avanti per quarant'anni. L'ironia consiste invece nel ridere di questo guazzabuglio da cui non è mai uscito nulla di serio, e nell'accusare Marx e i marxisti della peggiore impostura.
Ma in questa critica a Marx, è più prudente non cadere nell'ironia, in quanto non si scherza su una corrente di pensiero che è stata ad un passo dalla conquista del mondo e che ha ridotto la Terra lo ad una spaventosa carneficina di decine di milioni dei poveri morti. É ormai da tempo che l'analisi economica marxista è stata smentita dai fatti, sul suo terreno. Né il capitalismo si è evoluto secondo lo schema dialettico previsto, tendendo alla proletarizzazione assoluta di tutto ciò che è nelle mani del capitalismo, provocando la rivoluzione annunciata. Né il socialismo ha seguito i piani di sviluppo logico tracciati con rigidità da Karl Marx.
Il costo umano del comunismo nella sola Cambogia: 2 milioni di morti!
Ecco la reazione del comunista medio di fronte a queste terribili verità...
Ricordiamo, per non dimenticarlo, che Lenin (1870-1924) ha risvegliato il comunismo dal suo profondo letargo rompendo con la teoria di Marx su tre punti capitali:
Sopra: il dittatore rosso Lenin, grande macellaio della Russia, secondo solo a Stalin nel numero di vittime.
Mai nessun sistema - eccetto la psicanalisi freudiana - è stato al tempo stesso così largamente insegnato e messo in pratica, e così inesorabilmente smentito dagli avvenimenti, manifestando la sua nullità e la sua nocività. Ma allora perché tutto questo?
La rivincita della religione
Karl Marx ha vissuto in un furore d'orgoglio, di ambizione, di avidità di denaro, di gloria, di dominio delle folle, sempre contrariato dalla realtà prosaica quotidiana e dall'insuccesso. E sotto le pesanti analisi politiche, dove sbagliò sempre nelle sue previsioni, oltre le teorie economiche che gli erano così poco familiari, dove si perde e si scoraggia il suo lettore, si celava questa rivolta, questo furore, questo odio contro Dio, contro i poteri politici, contro le classi dirigenti, contro tutta la società. Marx diede sfogo a questo livore nei suoi scritti, e ogni uomo che lo legge si sente chiamato ad entrare in questa cerchia infernale di liberazione totale mediante la violenza rivoluzionaria.
- Messianismo Perché fu in Paese economicamente inadatto alla rivoluzione marxista come la Russia - secondo le categorie economiche di Marx - che ha trionfato la rivoluzione comunista? Perché c'è qualcosa di più importante della dialettica economica tra capitalismo e proletariato: c'è la dialettica messianica dell'oppressore e dell'oppresso. Ora, il popolo russo si trova ad essere, tra tutti i popoli della terra, quello più tentato dal messianismo. Esso ha visto nel comunismo un'immensa possibilità di riscatto, un ritorno al paradiso terrestre. Ciò che da vivo Marx non fu in grado di fare, e che impedì per tutta la vita ai rivali di fare al suo posto, ispirò cento altri, più tardi, a mettere in atto.
- Mosaismo Ben pochi dei suoi biografi hanno notato l'odio di Marx per Mosé, il legislatore e la guida d'Israele. Tale odio uguaglia quello di Freud, per la stessa ragione. Entrambi si identificarono con questo personaggio biblico, ebreo, unico, formidabile, che soppressero dialetticamente per sostituirsi a lui.
Sopra: Mosé scende dal Sinai con le Tavole della Legge.
- Satanismo Torniamo per un attimo alla teoria esposta da Richard Wurmbrand: se Marx ha realmente venduto la sua anima a Satana, se il suo orgoglio ha preteso da quel momento di distruggere tutta l'opera di Dio per sostituirla con la sua legge, il satanismo sarebbe veramente l'unica spiegazione della sua vita, della sua opera e del suo ascendente sul mondo. In questo caso, credo che stiamo toccando la profondità di questo mistero, quello di un'inversione totale e sistematica della religione.
Al posto della paternità e della filiazione divina e umana, vi sarà la dialettica del padrone e dello schiavo. Al posto della sottomissione ci sarà l'alienazione; al posto della carità e della grazia ecco l'odio e il furore. Al posto della Redenzione universale vi sarà la Rivoluzione totale. Al posto del culto di Dio fino al sacrificio di sé, ecco il culto di sé fino all'annientamento del mondo. Il marxismo è satanico...
L'uomo spirituale
Non perdiamo di vista il problema che è il nostro, e che è quello del nostro mondo malato. Freud e Marx hanno elevato una protesta formidabile, divenuta mondiale, contro l'uomo-robot del darwinismo ottimista partorito dalla pseudo-scienza moderna. Al contrario, essi hanno mostrato l'uomo come un alienato, un represso, un oppresso, e hanno suscitato ovunque l'insurrezione e l'emancipazione, contro questa dittatura dell'astrazione.
Hanno ricondotto alla luce del giorno le passioni, le immaginazioni, i furori dell'uomo concreto che nega di essere un robot e lo schiavo di un sistema. L'unica cosa è che non l'hanno fatto in modo reazionario, ma in maniera anarchica, accelerando la caduta mediante una decadenza ancora più profonda, quella dell'erotismo senza freno, quella della violenza senza limiti. Freud e Marx hanno condotto l'umanità a grande velocità verso la sua rovina terrena e probabilmente verso la perdizione eterna. Ecco perché l'anti-darwinista ha il dovere di essere ancor più fortemente anti-freudiano e anti-marxista. Forse per essere nietzschiano?
Sopra: Sigmund Freud fotografato a fianco di un busto di Marx.
Ehi! Non è un bell'affare! Una scelta del genere non ci porterebbe forse da un colmo all'altro di irragionevolezza? Che il lettore si ricordi del fondo wagneriano di Freud e della sua ammirazione segreta per i poeti tragici greci. Che si ricordi del biblismo di Marx, del suo mosaismo, del suo messianismo, invertito in satanismo. Allora concluderà con noi che al di là della scialba scienza positivista, materialista e pragmatista, che non può soddisfare l'anima, lo spirito personale, libero e immortale, l'uomo può trovare solo nella religione il rimedio alla sua fame e alla sua sete, e non una religione qualsiasi, ma la vera religione, l'unica che può segnare la fine delle sue angosce intime e sociali, carnali e spirituali: il cristianesimo.
Promesso a Mosé, annunciato da Elia, realizzato da Gesù Cristo, diffuso e comunicato dalla Sua Chiesa, è la Redenzione dei prigionieri, la guarigione dei malati, la risurrezione dell'anima e della carne. Di fronte alla quale Freud e Marx hanno proposto l'offerta contraria di una dannazione voluta, nell'ebbrezza dell'orgoglio, della lussuria e della distruzione universale, nella donazione di sé a Satana. Tale è la scelta che comporta la scienza moderna. E non è una scelta di scienza, ma di religione. È sintomatico che il filosofo tedesco Max Scheler (1874-1928), al momento di respingere nel nulla delle cose vane l'antropologia cristiana, confessò che essa non è mai stata sostituita, e che non è sostituibile. Egli stesso scrisse:
Sopra: il filosofo tedesco Max Scheler.
Eh sì! É venuto il Salvatore del mondo: Gesù Cristo!
Note
1 Traduzione dell'originale francese Pour en finir avec Marx, a cura di Paolo Baroni. Scritto reperibile alla pagina web Brani scelti da un articolo estratto dalla rivista Contre-Réforme catholique au XXIe siècle, n° 167, luglio 1981, pagg. 3-12. 2 Cfr. F. Raddatz, Karl Marx, une biographie politique, Fayard, 1978.
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