di Lance S. Owens 1
Cos'è la Kabbalah?
La parola ebraica Kabbalah significa «tradizione». Tuttavia, nella cultura ebraica medievale della Francia meridionale e della Spagna settentrionale, il termine ha acquisito una connotazione più piena venendo ad identificare la tradizione mistica ed esoterica dell'ebraismo. Tra il XIII e il XVII secolo, questo patrimonio spirituale, sempre più raffinato, rappresentò una forza importante nel giudaismo europeo e mediterraneo, in competizione e spesso in antagonismo con le tendenze più razionaliste dei rabbini contemporanei.
Nel XVI secolo, la Kabbalah si era diffusa non solo nell'ebraismo, ma anche presso la cultura cristiana rinascimentale. Giunta inizialmente alla corte fiorentina di Lorenzo de' Medici (1449-1492), alla fine del XV secolo, la Kabbalah divenne una forza potente che fecondò la visione del mondo rinascimentale. Alla fine, questo movimento generò durante il tardo Rinascimento una tradizione eterodossa separata, detta «Kabbalah cristiana».
Da questo periodo in poi, la Kabbalah divenne una grande forza creativa nell'immaginario religioso e poetico occidentale, toccando individui così diversi come il filosofo e teologo luterano Jacob Böhme (1575-1624), il filosofo e teologo inglese John Milton (1608-1674), lo spiritista svedese Emanuel Swedenborg (1688-1772), il pittore e poeta inglese William Blake (1757-1827) e probabilmente Joseph Smith (1805-1844), il fondatore del mormonismo.
La comprensione della Kabbalah inizia con la comprensione della «tradizione». Contrariamente alla connotazione comune propria di questa parola, la tradizione della Kabbalah non è un'eredità storica statica del dogma, ma un fenomeno dinamico: la tradizione mutevole del mistero divino mentre si dispiega alla cognizione umana.
La Kabbalah ha trasmesso come parte della sua tradizione una complessa visione teosofica di Dio, ma allo stesso tempo ha affermato che questa immagine era viva e aperta ad ulteriori rivelazioni. Così, il cabalista mantenne un'interazione creativa e visionaria con un sistema vivente di simboli e tradizioni e, cosa più importante, la nuova visione profetica era intrinsecamente parte della comprensione da parte dei cabalisti della loro eredità 2.
Da quanto tempo e in quale forma esistesse la Kabbalah prima di fiorire nella Spagna del XII secolo è cosa incerta. I cabalisti stessi hanno fatto affermazioni straordinarie che richiedono la nostra attenzione prima di essere scartate: la Kabbalah era - secondo gli adepti - la tradizione della conoscenza originale che Adamo aveva ricevuto da Dio stesso. Non solo la Kabbalah custodiva questa conoscenza originale, ma conservava la tradizione della profezia che consentiva un ritorno a tale visione primordiale.
In linea con queste affermazioni mitiche, alla Kabbalah sono state accordate nella cultura ebraica origini abbastanza antiche. Alcune autorità moderne - Moshe Idel ne è un noto rappresentante - identificano le radici della Kabbalah in temi mitici ebraici precedenti l'era cristiana e suggeriscono che la tradizione provenisse da aspirazioni arcaiche del giudaismo 4.
In una posizione più conservatrice, l'eminente autorità Gershom Scholem (1897-1982) data i primi trattati cabalistici ai primi secoli dell'era cristiana. Con origini cripticamente intrecciate alle tradizioni gnostiche e nei miti ebraici che attraversarono quell'epoca primitiva, la Kabbalah divenne nella sua forma matura ciò che Scholem descrive come l'incarnazione di uno «Gnosticismo ebraico» 5.
Negli ultimi anni, l'identificazione della Kabbalah con lo gnosticismo è stata fonte di controversie 6. Il noto psicologo svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961) ha commentato:
Mentre lo Gnosticismo cristiano classico svanì dal mondo occidentale nel IV o nel V secolo, questa visione del mondo gnostico non venne così facilmente estinta. Tuttavia, in questo caso la storicità diventa un problema fastidioso. In quali circostanze qualcosa che accadde dopo la scomparsa dello gnosticismo classico che dovrebbe essere ancora definito «gnostico»?
La visione gnostica del mondo è stata trasmessa nelle epoche successive attraverso influenze e trasmissioni storicamente distinguibili o, invece, qualcosa di simile è stato continuamente e indipendentemente ricreato e rinasce di volta in volta sotto diverse forme? Quali sono i limiti appropriati per usare il termine «gnostico»?
Domande come queste animano i moderni studi gnostici e cabalistici, e i tipi di risposte offerte vanno spesso oltre la storia della psicologia umana. La corretta definizione storica di «gnosticismo» ha generato negli ultimi decenni ampie divergenze di opinione, e tuttavia rimane un'area fluida. Nel II secolo, lo Gnosticismo produsse chiaramente un movimento storicamente manifesto: esso aveva miti, rituali, scuole, insegnanti e nemici specifici.
Alcuni studiosi hanno ritenuto più opportuno delimitare ad arte tutte le discussioni sullo Gnosticismo con dissezioni di classificazione radicate esclusivamente in queste antiche manifestazioni e, fatto ciò, dichiarare l'antica eresia morta da tempo nella sua tomba. Ma mentre questo tipo di approccio rigorosamente delimitante non era raro tre decenni fa, altre e molto più perspicaci spinte si sono recentemente sviluppate negli studi gnostici 8. Come riassume lo psicanalista inglese Dan Merkur,
A dire il vero, in fondo lo Gnosticismo è sempre stato un prodotto indipendente di una visione creativa primaria; per definizione, privo di questo ingrediente empirico non c'era la Gnosi. E forse si potrebbe sostenere che ogni volta che si trova questa visione gnostica primaria, è essenzialmente una nuova creazione.
Se una tale visione della Gnosi viene concessa, il ruolo preciso svolto da individui storici, rituali, miti o testi come vettori della tradizione deve rimanere problematico. Tuttavia, come suggerisce Merkur, ci sono prove sostanziali per sostenere che una visione gnostica del mondo è stata trasmessa da fonti storicamente identificabili che risalgono dall'antichità fino ai tempi più recenti, e che la Kabbalah è stata uno dei principali agenti di questa trasmissione 10.
Nel XIII secolo, l'eredità orale di questa Gnosi ebraica prese sempre più una forma scritta, e diversi manoscritti cabalistici iniziarono a circolare, prima in Spagna e nel Sud della Francia, e poi in tutta Europa e nel Mediterraneo. Il testo di gran lunga più importante emerso in questo periodo è stato lo Zohar, o Libro dello Splendore. Questa imponente opera apparve per la prima volta in Spagna poco prima dell'anno 1300. Internamente si presentava come un'opera antica, una registrazione perduta degli insegnamenti occulti e mistici orali dettati da un certo Shimon bar Yochai, un noto rabbino del II secolo, che vagava per la Palestina con suo figlio e i suoi discepoli spiegando i misteri nascosti della Toràh.
Sopra: rabbi Shimon bar Yochai e lo Zohar.
Il significato dello Zohar nell'evoluzione della Kabbalah non può essere sopravvalutato; esso svolse un ruolo preminente nello sviluppo della teosofia cabalistica, e presto assunse sia il rango canonico che l'indiscussa autorità sacra, uno status che mantenne per quasi cinque secoli. Migliaia di manoscritti sarebbero stati eventualmente aggiunti al corpus della Kabbalah scritta, ma nessuno di essi rivaleggiava con lo Zohar in termini di diffusione o venerazione.
Nondimeno, lo Zohar era ciò che uno studente moderno potrebbe definire un falso: era un'opera pseudo-epigrafica, un'opera scritta nel nome di un autore antico da una figura contemporanea. Si trattava di un espediente letterario popolare tra i cabalisti, come lo era stato per gli scrittori gnostici nei secoli precedenti. Sebbene fosse probabilmente basato sulla tradizione orale, Scholem sostiene che la maggior parte dello Zohar è opera di un unico cabalista spagnolo del XIII secolo, Moses de León (1250-1305). Per capire come un'opera pseudo-epigrafica - un «libro contraffatto» - possa rimanere al centro di una tradizione religiosa per secoli, è necessario considerare l'esperienza cabalistica.
Sopra: rabbi Moses de Léon e il Libro dello Splendore.
La Kabbalah ha usato il termine «tradizione» in un senso radicalmente decostruito. La tradizione che custodiva non era un'eredità dogmatica o teosofica, ma un percorso verso la coscienza profetica. Gli insegnamenti della Kabbalah non erano asserzioni dogmatiche, ma mappe intese a condurre uno studioso devoto e degno alla cognizione empirica 11. A differenza della tradizione rabbinica che collocava i profeti in un'epoca passata e chiudeva il canone della rivelazione, la Kabbalah affermava che l'unica interpretazione valida delle Sacre Scritture è venuta quando l'individuo è andato oltre le parole ed è tornato alla visione originale.
Sebbene un'esperienza così visionaria fosse condivisa in piena misura solo da un'élite vitale tra i cabalisti, nondimeno era il cuore sostenitore della Kabbalah. Nel santuario interiore della sua contemplazione, l'adepto cabalista trovò - così si affermava - non meno della visione concessa agli antichi profeti; con loro è divenuto una cosa sola. Parlare in modo pseudo-epigrafico con la loro voce era un'espressione naturale dell'esperienza.
La Kabbalah nacque così dalle tradizioni orali esistenti nel giudaismo medievale - e forse anche da origini precedenti - che proclamavano sia una conoscenza speciale del divino che il possesso di doni estatici o mistici simili a quelli di cui godevano gli antichi profeti, doni che permettevano agli uomini (in misure variabili a seconda della propria natura) per ottenere la conoscenza di Dio o persino l'unione con Lui 12. In questa affermazione, essa condivideva un legame con le tradizioni gnostiche precedenti.
Ora, la maggior parte dei cabalisti non erano mistici o profeti a tutti gli effetti, e una grande quantità di insegnamenti cabalistici era una speculazione teosofica puramente intellettuale. Al centro della tradizione vi era nondimeno un'aspirazione profetica, e diversi cabalisti lasciarono intime registrazioni - materiale conservato in manoscritti e spesso tenuto in circolazione ristretta - di visioni, visite angeliche, trasporti estatici e unzioni divine 13.
Questi individui videro se stessi, e a volte furono visti da altri, nello stesso stampo degli antichi profeti d'Israele. Un approccio razionalistico alla Storia potrebbe giudicare tali fenomeni come aberranti e persino patologici. Ma all'interno dello studio accademico della Kabbalah, questi fenomeni sono così ben testimoniati e così centrali nella tradizione, che richiedono l'accettazione almeno come di realtà psicologiche empiriche.
L'esperienza cabalistica ha generato diverse percezioni del divino, molte delle quali si sono discostate dalla visione ortodossa ebraica. Il cardine più centrale della fede d'Israele era la proclamazione che «il nostro Dio è Uno». Ma la Kabbalah affermava che mentre Dio esiste nella forma più alta come un'unità totalmente ineffabile - chiamata dalla Kabbalah «Ein Sof», l'«Infinito» - questa singolarità inconoscibile era necessariamente emanata in un gran numero di forme divine: una pluralità di dèi.
I cabalisti definivano queste forme «Sefiroth», i «vasi» o i «volti» emanati da Dio. Il modo in cui Dio è disceso da un'unità incomprensibile alla pluralità era un mistero al quale i cabalisti dedicavano una gran quantità di meditazione e speculazione. Ovviamente, questa multiforme immagine di Dio fu alla base di accuse di politeismo, accuse che vennero respinte dai cabalisti con veemenza, anche se mai del tutto con successo 14.
Non solo il divino plurale era presente nella teosofia cabalistica, ma nella sua prima sottile emanazione dall'inconoscibile unità Dio avrebbe assunto una duplice forma di Maschio e Femmina; un Padre e una Madre superni, Hokhmah e Binah, furono le prime forme emanate da Dio. I cabalisti usavano apertamente metafore sessuali per spiegare come il rapporto creativo di Hokhmah e Binah generasse un'ulteriore creazione. In effetti, i motivi e le immagini sessuali permeano la teosofia cabalistica e il mistero divino della congiunzione sessuale - un Hieros Gamos o «matrimonio sacro» - ha catturato l'immaginazione cabalistica.
Il rapporto sessuale coniugale divenne per il cabalista il mistero più alto dell'azione umana che rispecchiava il divino: un'estatica evocazione sacramentale dell'unione creativa, un'immagine della dualità maschile e femminile di Dio riportata all'unità. Di interesse per il mormonismo, tra i diversi gruppi di cabalisti del XVII e XVIII secolo, le relazioni sessuali poligame e varianti a volte servivano come espressioni sociali di questi misteri sacrali 15.
La complessa immagine divina composta dai molteplici vasi di manifestazione (le Sephirot) è stata visualizzata dalla Kabbalah come se avente una forma unitaria e antropomorfa. Dio è, secondo una recensione cabalistica, l'Adam Kadmon: il primo Uomo primordiale o archetipo. L'uomo condivide con Dio sia un'intrinseca scintilla divina, non creata, che una forma organica complessa.
Sopra: l'Adam Kadmon della Kabbalah, tratto dall'opera di Christian David Ginsburg The Kabbalah (del 1864).
Questa strana equazione di Adamo uguale a Dio è supportata da una cifra cabalistica: il valore numerico attribuito in ebraico ai nomi Adamo e Yahwéh (il Tetragramma, Yod He Vav He) è in entrambi i casi 45. Quindi, nell'esegesi cabalistica Yahwéh eguaglia Adamo: Adamo è Dio 16. Con questa affermazione si va verso la proclamazione secondo cui tutta l'umanità nella massima realizzazione è uguale a Dio: le due realtà si ombreggiano a vicenda.
Sopra: il sacro Tetragramma, il nome di Dio in ebraico.
Il cabalista si è visto intimamente coinvolto in una storia raccontata da Dio: ha sentito la voce divina e l'ha seguita. Ha visto che nella redenzione e nella conoscenza della creazione, Dio dipendeva dall'uomo, proprio come l'uomo rivolgeva il suo sguardo a Dio. La storia proveniva da due regni: il fardello dell'uomo era di sposare questa misteriosa duplice storia nella propria carne.
Il Rinascimento e la Kabbalah cristiana
La Kabbalah fu una forza crescente nell'ebraismo per tutto il periodo tardo medievale, e all'inizio del Rinascimento aveva guadagnato l'accettazione generale come la vera teologia ebraica, una posizione che mantenne (in particolare nella visione cristiana) nel XVIII secolo 17.
Tuttavia, solo negli ultimi decenni del XX secolo gli storici hanno iniziato a riconoscere l'importanza della Kabbalah sia nella storia della religione che nel quadro specifico del pensiero rinascimentale. Frances Amelia Yates (1899-1981), una dei più importanti storici del periodo di questo secolo, ha sottolineato «le enormi ramificazioni di questo argomento, ben poco esplorato, e quanto esso sia fondamentale per una profonda comprensione del Rinascimento». E ha continuato affermando:
Sopra: la storica inglese Frances Amelia Yates, un'autorità in materia di Kabbalah, Gnosi, Ermetismo e rosicrucianesimo.
La Yates ha delineato come la comprensione della Kabbalah e la sua penetrazione nella cultura cristiana siano essenziali non solo per comprendere il pensiero rinascimentale, ma anche per gli studi sull'era elisabettiana, sugli ideali religiosi della Riforma protestante, sull'Illuminismo rosicruciano del XVII secolo e su tutto ciò che seguì, incluso l'emergere delle società massoniche occulte nell'Inghilterra della metà del XVII secolo.
Nel momento del suo sviluppo nel periodo dell'Alto Mediovo in Spagna, la Kabbalah ebraica esisteva in stretta vicinanza con il mondo cristiano e suscitò inevitabilmente l'attenzione tra diversi osservatori «gentili» (non ebrei) 19. Durante il XIV e il XV secolo, i cabalisti stabilirono sempre più una presenza in diverse aree dell'Europa al di fuori della Spagna, la più importante delle quali è forse l'Italia, dove la Kabbalah raggiunse l'avanguardia della vita rinascimentale.
Poi, nel 1492 ci fu una delle grandi tappe della storia ebraica: l'espulsione degli ebrei dalla Spagna cristiana appena unificata. Espulsi con la forza dalla loro patria, essi fuggirono in Italia, in Francia, in Germania, nell'Inghilterra di Enrico VII e in Turchia, in Palestina e nel Nord Africa. Con sé portarono la Kabbalah.
La cultura europea nel XV secolo fu animata da esplorazioni, studi scientifici e audaci visioni rinate. L'uomo uscì dall'ombra del Creatore e si trovò padrone di mondi, capace di conoscere l'opera di Dio. Egli scoprì se stesso: il gioiello della creazione, la misura di tutte le cose. Forse in nessun luogo ardeva in questo fuoco creativo più che nelle corti fiorentine di Cosimo (1389-1464) e Lorenzo de' Medici. Cosimo aveva raccolto assiduamente i retaggi ritrovati dell'antichità greca e alessandrina (sforzo facilitato dall'esodo occidentale dopo la conquista turca dell'impero bizantino nel 1453).
Sopra: da sinistra. Cosimo e Lorenzo de' Medici.
Ma soprattutto, nel 1460 egli acquisì e fece portare a Firenze il Corpus Hermeticum, una raccolta di quattordici antichi trattati religiosi su Dio e sull'uomo. Menzionati negli scritti patristici paleocristiani di Sant'Agostino e di Lattanzio, si pensava che questi testi «perduti» fossero stati scritti nell'antichità da un personaggio enigmatico, un certo Ermete Trismegisto («Ermete tre volte più grande»), un antico profeta egizio più antico di Mosè, un conoscitore delle antiche - ma dimenticate - verità di Dio e un veggente che avrebbe predetto la venuta di Cristo 20.
Sebbene alla fine si scoprì che questo scritto risaliva all'ambiente gnostico del II secolo d. C., gli studiosi del XVI secolo credettero che Ermete Trismegisto e l'Ermetista fossero una fonte occulta che alimentava la vera religione e la filosofia partendo da Mosè fino ai filosofi greci della tarda antichità 21. L'influenza del Corpus Hermeticum fu notevole e la sua diffusione tra gli intellettuali fu immensa; essa incarnava la visione del mondo rinascimentale, una Prisca theologia 22 rinata, «la fonte incontaminata dell'antica illuminazione divina».
In vari modi, il pensiero rinascimentale è stato radicalmente trasformato dalla dottrina ermetica secondo cui l'uomo era pervaso dalla luce e dalla divinità di Dio: «Tu sei luce e vita, come Dio Padre da cui è nato l'uomo. Se dunque impari a conoscere te stesso [...] tornerai alla vita» 23. L'uomo sarebbe un'essenza divina, creativa, immortale in unione con un corpo, e l'uomo rinato «sarà Dio, il figlio di Dio, dotato in tutto di tutti i poteri» 24.
Sopra; attingendo alla fonte della Conoscenza, l'ermetista scopre di essere dotato di poteri divini.
La Kabbalah fece un ingresso cruciale sulla scena rinascimentale quasi esattamente nello stesso momento in cui gli scritti ermetici riscoperti stavano guadagnando ampia diffusione nei circoli d'élite d'Europa. L'impulso iniziale per lo studio della Kabbalah come «scienza cristiana» e per la sua integrazione con l'Ermetismo venne dal prodigio fiorentino Pico della Mirandola (1463-94).
Sopra: Pico della Mirandola.
L'educazione filosofica di Pico iniziò sotto l'influenza ermetica e platonica dell'Accademia e della corte dei Medici, di cui divenne un luminare intellettuale. All'età di circa vent'anni, egli iniziò i suoi studi di Kabbalah, una ricerca promossa dai cabalisti ebrei che lo aiutarono a tradurre una parte considerevole della letteratura cabalistica in latino e poi lo iniziarono alla comprensione delle loro interpretazioni occulte della Sacra Scrittura (Gematria) 25.
Nel 1486, Pico scrisse l'Oratio de hominis dignitate («Il discorso sulla dignità dell'uomo»), uno dei documenti fondamentali del Rinascimento, come introduzione alle famose 900 tesi che intendeva discutere pubblicamente a Roma quell'anno. Più di un centinaio di queste 900 tesi provenivano dalla Kabbalah o dalla ricerca cabalistica di Pico 26. Osserva la Yates:
L'Ermetismo aveva trovato un compagno perfetto nella Kabbalah. Le convergenze che si possono trarre tra le due scienze occulte, entrambe supposte antiche e divine, sono notevoli, ed è facile vedere l'influenza che esercitarono sui filosofi del XVI secolo: la Kabbalah ebbe origine dalla la parola di Dio ad Adamo e agli antichi profeti ebrei che vennero dopo di lui. L'Ermetismo era la sacra conoscenza dell'antica Gnosi egizia, l'eredità di un profeta «tre volte grande», trasmessa ai più grandi filosofi pagani che preannunciava la venuta della Parola divina (Logos).
Entrambi riponevano un notevole interesse per una reinterpretazione mistica della Creazione; il testo ermetico Poimandres (o Pimandre), spesso chiamato la «Genesi egizia» e attribuito anch'esso ad Ermete Trismegisto, elogiava la nuova visione ottenuta da una revisione cabalistica del Libro della Genesi ebraico 28. Ciascuno insegnava la grande «Arte» della conoscenza divina basata sul principio secondo cui l'uomo è in grado di scoprire il divino, che riflette dentro di sé attraverso l'esperienza percettiva diretta.
Ed entrambi offrivano percorsi per raggiungere il trono nascosto di Dio, l'intelletto divino, dove l'umanità avrebbe potuto scoprire i segreti del cielo e della terra. Ogni elemento del pensiero e della cultura rinascimentale è legato alla forza di una nuova filosofia religiosa nata da queste due tradizioni gnostiche che si mescolarono nel calderone della rinascita della cultura occidentale su basi gnostiche. In effetti, la Yates suggerisce che le vere origini del genio rinascimentale possono essere datate da due eventi: l'arrivo del Corpus Hermeticum a Firenze e l'influenza del cabalismo sull'Europa cristiana a partire dall'espulsione degli ebrei dalla Spagna 29.
I sostenitori della Kabbalah «cristiana» proposero una reinterpretazione innovativa della tradizione ebraica. Per Pico, e per molti influenti cabalisti «cristiani» dopo di lui, questa antica tradizione gnostica non solo era compatibile con il cristianesimo, ma offriva prove della sua veridicità. Molti dei primi cabalisti «cristiani» erano, come Pico, non solo studiosi, ma addirittura sacerdoti cristiani che studiavano i resti di un sacerdozio santo e antico, pieno di potere e di saggezza conferiti da Dio.
La loro reinterpretazione della tradizione fu ovviamente sconfessata dalla maggior parte dei cabalisti ebrei, sebbene alcuni di loro abbiano collaborato con i cabalisti «cristiani» e ne abbiano incoraggiato lo sviluppo, e alcuni di essi si convertirono al cristianesimo. Ma per gli studiosi e per teologi cristiani che l'hanno abbracciata, la Kabbalah era
Questa non era solo una filosofia speculativa, ma un nuovo movimento religioso (sebbene molto cauto e spesso occulto) che reinterpretò radicalmente il cristianesimo normativo. In qualche modo, essa interessò ogni importante figura creativa del Rinascimento. In un'epoca contrassegnata dalla ricerca di riforma e di rinnovamento, erano giunti libri dimenticati di profeti dell'antichità - pagani ed ebrei - che prevedevano la venuta del Logos creativo divino, che conoscevano i misteri segreti rivelati da Dio ad Adamo, che insegnavano che l'uomo non solo poteva conoscere Dio, ma mediante tale conoscenza, scoprire una verità sorprendente su se stesso. Queste idee hanno riverberato nell'immaginario religioso creativo del mondo occidentale per diversi secoli.
La visione del mondo ermetico-cabalistica
La Kabbalah «cristiana» non era una ricapitolazione della tradizione ebraica, ma il suo rimodellamento creativo, una metamorfosi generata da una visione di creazione religiosa appena suscitata. Sebbene sarebbe troppo audace giudicare lo gnosticismo come un genitore storico legittimo, questo movimento è stato probabilmente incoraggiato e promosso da trasmissioni lontane ed eredità dell'antica eresia. Nell'ampia confluenza creativa della Kabbalah, l'Ermetismo e l'Alchimia avevano creato numerosi vortici e controcorrenti.
Come il primo gnosticismo cristiano, la tradizione rinata aveva un dinamismo che alimentava la reinterpretazione creativa, e le distinzioni importanti e sottili tra le sue varie redazioni formano oggetto di studio specialistico. Tuttavia, ci sono alcuni temi ripresi così spesso dai sostenitori del XVI e XVII secolo di questa visione filosofico-religiosa alternativa e riformatrice (che d'ora in poi chiamerò semplicemente «Ermetismo») che possono essere definiti i suoi tratti distintivi.
Il primo di questi elementi essenziali è stato menzionato più sopra: l'umanità è portatrice di una scintilla non creata, divina e immortale. Questo tema è stato rispecchiato nella successiva nota fondamentale, sviluppata sia nelle fonti cabalistiche che in quelle ermetiche: c'è una dualità nella creazione. Dice lo Zohar: «Il processo di creazione ha avuto luogo su due piani, uno sopra e uno sotto [...]. L'evento inferiore corrisponde a quello superiore». Questo detto appariva in una formulazione quasi identica nelle prime opere ermetiche.
Il venerato testo della Tabula Smaragdina (la «Tavola di Smeraldo») - considerata come la somma della saggezza ermetica e attribuita ad Ermete Trismegisto - fa eco a questa formula criptica come sua verità mistica centrale: «Ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso» 31. Le possibilità esegetiche di questo semplice testo hanno alimentato l'immaginazione dei nuovi filosofi ermetici.
Sopra: un esemplare della famosa Tabula Smaragdina.
Ci sono, come essi hanno suggerito, due regni della realtà - chiamateli cielo e terra, spirito e materia, Dio e uomo - in relazione l'uno con l'altro, che si ombreggiano a vicenda. Ciò che accade in un reame riecheggia nell'altro, la vita divina si riflette nella vita di donne e uomini, e con le loro intenzioni e azioni essi influenzano il divino.
Un'idea di questo concetto diffuso dalla Kabbalah è l'immagine di Dio come Uomo Archetipo, l'Adam Kadmon: l'uomo in basso riflette in alto la forma divina. Robert Fludd (1574-1637), l'influente filosofo ermetico del XVII secolo, ha interpretato questa idea come se implicasse una creazione spirituale che avrebbe preceduto quella fisica. La prima creazione di Dio, afferma Fludd, era
Sopra: l'ermetista e rosacroce inglese Robert Fludd.
I termini Macrocosmo e Microcosmo si riferiscono alla forma esteriore e a quella interiore, e riflettono anche tale dualità. La creazione esterna formata dell'Universo - il Macrocosmo - riflette (ed è un riflesso del) Microcosmo - il mistero interiore della creazione e seme di Dio nell'uomo. Secondo questo punto di vista, sia il Microcosmo che il Macrocosmo sono in definitiva due specchi del divino.
Sopra: il Macrocosmo e il Microcosmo.
La corrispondenza del sopra e del sotto ha plasmato le basi di due influenti discipline fiorenti nella società creativa del XVI e del XVII secolo: la scienza naturale e la magia. Nella visione del mondo ermetico, ogni aspetto era in parte uno studio scientifico e una ricerca spirituale. Scienza significa «conoscenza», e la conoscenza conduce all'Intelligenza, la gloria divina che unisce in sé tutta la verità alla totalità della coscienza di Dio 33.
Sia che il mago ermetico-cabalistico si sia avventurato ad esplorare le gerarchie divine mediante invocazioni magiche o abbia studiato le strutture della materia mediante la scienza naturale, trovò rispecchiato lo stesso volto chiaro-scuro di Dio 34. Magia e scienza offrirono metodologie per indagare il cielo e la terra, la mente di Dio e la struttura della natura, del Microcosmo e del Macrocosmo. Come ha spiegato Pico della Mirandola, «la magia è la parte pratica delle scienze naturali» 35.
Sopra: il volto chiaro-scuro di Dio. Secondo i cabalisti, Dio è autore del bene e del male.
Lo scienziato-filosofo-mago ermetico ragionava, data la corrispondenza tra i due regni, sulla manipolazione creativa dell'uno sull'altro. Le azioni teurgiche che influenzano la gerarchia divina si rispecchiavano esteriormente nella natura; le trasformazioni effettuate nella natura, o nella natura dell'uomo, si riflettevano nella sfera divina: spirito e materia erano accoppiati, persino interdipendenti.
Per molte figure di spicco dell'epoca, questa visione era considerata un'elevata vocazione spirituale; essa evocava il desiderio di protendersi verso l'alto, di unirsi all'intelligenza eterna, la visione consapevole dell'Occhio onniveggente di Dio 36. Perseguendo devotamente la conoscenza occulta della struttura archetipica della creazione, l'adepto poteva trovare riflessi i segreti più intimi della natura.
Naturalmente, per gli individui con aspirazioni meno elevate, il concetto di corrispondenza cedette a interessi più particolari: di conseguenza, la magia comune venne rifiutata e ridicolizzata in tempi successivi più razionalistici 37.
Questa filosofia occulta, rinata in un'era desiderosa di rigenerazione spirituale, ebbe effetti di vasta portata. È abbastanza naturale che uomini e donne che condividono questa visione cercassero tecniche di comunicazione con le gerarchie divine. La Kabbalah ha fornito sia una struttura per la ricerca di tali rapporti, che un'immagine dell'ordine divino in attesa di un incontro.
Il matrimonio della Kabbalah con l'immagine ermetica dell'uomo ha dato vita (tra i tanti discendenti) alle tradizioni magiche escogitate in questo periodo, rappresentate dall'opera immensamente influente De occulta filosofia, dell'esoterista tedesco Cornelius Agrippa (1486-1535), pubblicata per la prima volta nel 1533. Osserva la Yates:
Sopra: Cornelius Agrippa e il suo De occulta philosophia.
L'Alchimia
Essenziale per comprendere i temi che animano la visione del mondo cabalistico-ermetica è un approfondimento sull'Alchimia. Nell'idea errata popolare, l'Alchimia sarebbe un precursore immaturo, empirico e speculativo della chimica, avente come preoccupazione principale la trasmutazione dei metalli vili in oro 39. Questa semplificazione sfiora appena la patina più superficiale dell'Alchimia.
In netto contrasto con questa idea, le attuali letture storiche e psicologiche della tradizione alchemica suggeriscono che esse avesse radici complesse che affondano nel sottosuolo religioso o filosofico della cultura occidentale e aspirazioni molto più sottili della produzione dell'oro. In effetti, il detto degli stessi alchimisti medievali confessa questo fatto: «Aurum nostrum no est aurum vulgi» («Il nostro oro non è oro volgare»).
Le basi storiche dell'Alchimia risiedono nella stessa epoca paleocristiana e nello stesso ambiente culturale gnostico che ha generato i testi del Corpus Hermeticum e che ha nutrito le prime radici mistiche della Kabbalah 40. Come per lo gnosticismo e l'ermetismo, dopo l'emergere dell'ortodossia cristiana, l'Alchimia si è sommersa nel sottosuolo più oscuro della cultura occidentale fino al Medioevo. Nel XII e XIII secolo, rinnovati contatti con materiali alchemici arabi e greci, insieme ad un crescente interesse per la conoscenza classica eterodossa, inaugurarono un nuovo studio di questa antica «Arte».
E a questo studio venne infine aggiunta e mescolata la Kabbalah 41. Nei successivi quattrocento anni, l'Alchimia corse come il filo di Arianna in un labirinto di visione creativa. All'inizio dell'Età della Ragione, Isaac Newton (1642-1727), Robert Boyle (1627-1691) e John Locke (1632-1704) tennero tra loro una corrispondenza segreta in cui parlavano dei misteri occulti dell'Alchimia.
Newton è ormai noto per aver scritto più di un milione di parole sulla grande «Arte» 42. Un secolo e mezzo dopo, il suo mistero avrebbe ispirato il Faust, il capolavoro di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), considerato da Jung «il vertice finale» della filosofia alchemica nella sua ultima estensione creativa 43.
Al centro dell'Alchimia c'era il motto della Tabula Smaragdina: ciò che è in basso è in alto e ciò che è in alto è anche in basso. Nella visione alchemica, la materia, la sostanza sottostante, era il complimento e il riflesso del regno divino in alto. Questa percezione è stata talvolta audacemente espressa di fronte al dogma cristiano per affermare che la materia era eterna e non creata, un complemento e uno specchio dello spirito altrettanto divino e non creato.
Come osservò Jung, «in Alchimia la materia è materiale e spirituale, e lo spirito è spirituale e materiale» 44. All'interno della materia risiederebbe una luce, il lumen naturæ, che era sia un riflesso che un complemento eterno della gloria celeste del cielo, il lumen Dei. Questa strana percezione è stata amplificata da una serie di metafore alchemiche; l'immagine centrale era una complexio oppositorum, espressa da dualità come «luce e oscurità», «materiale e spirituale», «umido e secco», «Sole e Luna», «manifesto e occulto», «femminile e maschile» - unione trasformativa, salvifica e in definitiva creativa.
Questa riparazione delle divisioni, sopra e sotto, richiedeva che un lavoro per procura fosse svolto da uomini e donne vivi. Senza l'aiuto dell'alchimista - e della sua sorella mistica e compagna femminile - non si poteva realizzare. Il tesoro ricercato dall'alchimista era spesso chiamato «pietra filosofale»: la perla di grande prezzo, la pietra scartata dal costruttore, il filius philosophorum 45.
Sebbene la trasformazione alchemica fosse spesso descritta come una trasmutazione del metallo vile in oro - e sebbene i primi alchimisti avessero laboratori sperimentali e si impegnassero nell'esplorazione empirica - la tarda letteratura alchemica rivela che in definitiva si trattava della bassezza umana dell'alchimista che cercava la trasmutazione in qualcosa di divino.
Quindi, l'alchimista era un agente necessario della trasmutazione creativa: un sacerdote appartenente ad un sacerdozio antico e sacro; un figlio della vedova; un conoscitore dell'antico segreto della creazione; un cercatore di tesori nascosti 46. Il cuore di questa tradizione era incarnato nei suoi misteri più estremi: lo Hieros Gamos, o «matrimonio sacro», e il mysterium coniunctionis, una misteriosa unione di opposti che sposavano eternamente il maschio con la femmina, la materia con lo spirito, il sopra con il sotto, il Microcosmo con il Macrocosmo, l'umanità alla divinità.
L'eredità delle società occulte: Rosacroce e Massoneria
Nel XVII secolo, il mix creativo di filosofie religiose cabalistiche, ermetiche e alchemiche aveva nutrito tra i settori più importanti dell'élite intellettuale europea ampie aspirazioni per una riforma religiosa più generale, persino per una restaurazione dell'antica e vera religione. Individui perspicaci ai margini creativi della cultura giudicavano i loro tempi e cercavano urgentemente un'alternativa alla veemente follia della Riforma protestante e alla successiva Controriforma che presto avrebbe causato in Europa le guerre di religione.
Si potrebbe facilmente comprendere come questa era ansiosa sarebbe stata eccitata dal misterioso annuncio di una nobile, segreta e antica fratellanza che si faceva chiamare la confraternita della Rosa Croce, e che invitò l'élite europea ad unirsi per attuare una nuova riforma 47. Iniziò così l'illuminazione rosicruciana.
Nel 1614 fu pubblicato a Cassel, in Germania, il primo degli enigmatici documenti che sarebbero diventati noti come i «Manifesti rosicruciani». Intitolato Fama Fraternitatis, o Rivelazione della Confraternita del nobilissimo Ordine della Rosa-Croce, questo strano scritto fu uno squillo di tromba che risuonò in tutta la Germania, riverberando di lì in tutta Europa.
Dio ci ha rivelato negli ultimi giorni una conoscenza più perfetta, sia di suo Figlio, Gesù Cristo, che della Natura. Egli ha allevato uomini dotati di grande saggezza che avrebbero rinnovato tutte le arti per portarle alla perfezione, in modo che l'uomo «possa capire la propria nobiltà, per quale ragione è chiamato Microcosmo, e fino a che punto questa conoscenza si estende nella Natura» 48.
Sopra: il frontespizio della Fama Fraternitatis, il primo Manifesto rosicruciano del 1614.
La Fama Fraternitatis introdusse la storia di un misterioso individuo chiamato «C. R.». Nato nel 1378, C. R. era il padre fondatore dell'Ordine dei Rosacroce, un uomo che aveva lavorato a lungo, anche se sconosciuto, in direzione di una riforma generale dichiarata. C. R. (o Christian Rosenkreutz come fu successivamente identificato) era un «uomo illuminato».
Quando aveva sedici anni aveva viaggiato in Oriente dove, come egli stesso testimonia, «il saggio lo ha ricevuto non come un estraneo, ma come una persona che aspettavano da tempo; lo chiamarono per nome e gli mostrarono altri segreti, compreso un testo importante chiamato il "Libro M"». Il ragazzo divenne esperto nella lingua e nella traduzione, «cosicché l'anno successivo tradusse il "Libro M" in buon latino, per poi portarlo con sé». (Il «Libro M» ha continuato a svolgere un ruolo importante nel mito rosicruciano come uno dei suoi tesori. In seguito, Christian Rosencreutz viaggiò attraverso l'Africa fino alla Spagna,
Sopra: un ritratto di Christian Rosenkreutz, il personaggio leggendario che avrebbe creato l'Ordine della Rosa Croce.
Respinto, Fratello Christian Rosenkreutz alla fine tornò in Germania e stabilì silenziosamente il suo Ordine tra quei pochi uomini che «attraverso una rivelazione speciale sarebbero stati accettati in questa Fratellanza». Solo tra questi uomini venivano condivisi e trasmessi i segreti dell'Ordine. Dopo la morte, il corpo di Christian Rosenkreutz venne nascosto in una tomba e alla fine dimenticato.
Ma questa cripta perduta, dichiara la Fama, fu ritrovata e aperta intorno all'anno 1604. All'interno dei suoi confini geometrici miracolosamente illuminati, i seguaci di Christian Rosenkreutz scoprirono un altare, una «lastra di ottone» su cui erano incise parole e glifi misteriosi, diversi documenti dell'Ordine e il «Libro M». Afferma la Fama:
Ad un attento esame, la Fama Fraternitatis si presenta più come un'allegoria che come una storia reale, e questo era probabilmente il suo intento. Il mito dei Rosacroce era strettamente connesso ai misteri dell'Alchimia, dove le leggende allegoriche di tesori sepolti miracolosamente riscoperti erano particolarmente prevalenti 50. Tuttavia, la storia è stata generalmente interpretata in maniera letterale.
E l'entusiasmo che suscitò crebbe l'anno successivo con la pubblicazione del secondo Manifesto dei Rosacroce, la Confessio Fraternitatis 51. Questo secondo Manifesto ripeteva il messaggio del primo, interpretandolo, intensificandolo e aggiungendo una potente nota apocalittica e profetica: un grande riforma millenaria era a portata di mano e, con essa, un ritorno alla conoscenza rivelata da Dio ad Adamo:
Sopra: frontespizio del secondo Manifesto dei Rosacroce, la Confessio Fraternitatis.
Un anno dopo, nel 1616, apparve un terzo ed ultimo Manifesto dei Rosacroce, Le Nozze Chimiche di Christian Rosencreutz. Creato sotto forma di una lunga allegoria nel simbolismo alchemico, questo documento ordina ai saggi d'Europa di avvicinarsi ad un sacro matrimonio reale, un Hieros Gamos dal misterioso intento mistico:
Sopra: frontespizio del terzo Manifesto dei Rosacroce, Le Nozze Chimiche di Christian Rosencreutz.
I Manifesti dei Rosacroce fecero scalpore in tutta Europa e in particolare in Inghilterra. Gli individui che nutrivano simpatia per gli ideali rosicruciani pubblicarono numerose opere in cui lodavano gli scopi della confraternita e chiedevano l'affiliazione all'Ordine. Ma con sgomento di tutti, la confraternita rosacroce non si è mai dichiarata, non ha mai accettato o riconosciuto i numerosi aspiranti alla sua fratellanza, e anzi probabilmente non è mai esistita (almeno esteriormente).
Mentre la storia ha identificato sia l'autore dei Manifesti - Johann Valentin Andreae (1586-1654) - che un gruppo più ampio di individui che condividevano le aspirazioni «rosicruciane», le fonti e gli scopi più profondi del movimento rimangono avvolti da strati di mistero e supposizioni.
Qualunque siano state le loro reali intenzioni o origini, i Manifesti hanno cristallizzato un'ampia alternativa preesistente, un'inclinazione riformatrice nella società europea. Si trattava di una nuova/antica visione religiosa intrisa di simbolismo ermetico, cabalistico, alchemico e, nella più ampia definizione, gnostico; un mito che si era formato nella gravida replica della creatività europea nel corso dei due secoli precedenti 54.
Sopra: Johann Valentin Andreae, il vero autore dei Manifesti rosicruciani. Le «dottrine» della tradizione - arricchite com'erano da una visione sperimentale, empirica, creativa e immensamente personale - trovavano espressione in un peculiare linguaggio simbolico o geroglifico, un idioma di natura alchemica, ma nell'intento sempre più religioso-filosofico che fisico-chimico. E in tutto si intrecciava una nuova opera nata dall'antico sacro mistero della Kabbalah. Questa infusione di Kabbalah fu agevolata nel tardo XVII secolo dalla traduzione in latino del cabalista «cristiano» Christian Knorr von Rosenroth (1636-1689) di diverse opere chiave cabalistiche, comprese ampie sezioni dello Zohar, uno sforzo che fu immensamente influente nei circoli letterati dediti a questi studi 55. Sopra: il cabalista Christian Knorr von Rosenroth. Ne seguì fin dalla metà del XVII secolo, in particolare in Inghilterra, un rinascimento alchemico. Durante questo periodo, la «religione» ermetica dell'Alchimia venne accresciuta dall'immaginario cabalistico e fermentata da un'elevata ricerca spirituale per giungere alla conoscenza ultima e individuale di Dio. Fu questa vasta filosofia ermetico-alchemica che approfondirono Isaac Newton e i suoi compagni della nuova Royal Society 56. Sopra: il logo della Royal Society, fondata a Londra nel 1660, uno dei centri da cui scaturirono le menti che avrebbero dovuto porre mano alla grande riforma evocata dai Rosacroce, ma anche dal mondo protestante, animati entrambi da uno spirito ferocemente anti-cattolico che sognava di spazzare via il Papato. Gli arcani libri ermetici prodotti dai filosofi cabalisti «cristiani» durante questo periodo circolarono ampiamente tra le società e gli intellettuali d'élite di tutta Europa. Si trattava di opere composte nell'idioma del linguaggio simbolico, piene di immagini allegoriche che alludevano al nobile mistero dell'umanità 57. Le incisioni «geroglifiche» tornano spesso sul tema della complexio oppositorum, opposti che cercano l'unione, un motivo trasmesso dai (o accompagnato dai) simboli arcani del Sole e della Luna. Sopra: Ermete Trismegisto (identificato dai suoi tradizionali abiti sacerdotali e dal copricapo) indica i due principî, rappresentati allegoricamente dal Sole e dalla Luna, congiunti nel fuoco divino della complexio oppositorum. Nella mano destra tiene un armillare, indicativo degli agenti celesti indispensabili a questa unione misteriosa, trasformatrice e creativa. Stampa di Michael Maier, Symbola aureæ mensæ (Francoforte, 1617). In diverse figure, le trombe annunciano la nuova dispensazione, un'immagine offerta dal secondo manifesto rosicruciano 58. Emblematico è il fatto che l'umanità ha di nuovo ricordato i messaggeri di Dio, gli angeli, che salgono e scendono dal cielo 59. Troviamo ripetutamente illustrato un matrimonio sacro del re e della regina; la loro santa congiunzione è spesso rappresentata come un accoppiamento carnale che conduce attraverso forme ermafrodite ad un nuovo regale essere celeste. Anche qui incontriamo un alveare simbolico. Sopra: il simbolo gnostico-ermetico dell'alveare ripreso dalla Massoneria, come emblema della Loggia in cui gli affiliati, paragonati ad api laboriose, si formano ed escono a diffondere per il mondo il verbo massonico. Tuttavia, l'«industria» che questo alveare propone metaforicamente è stata fraintesa ai nostri giorni. Nel suo contesto primario, l'«industria» era un'occupazione segreta e laboriosa di trasmutazione alchemica: una trasformazione della materia oscura in un puro e vitale elisir dorato, un'opera alchemica eseguita all'interno dell'alambicco, l'«alveare» dell'anima 60. Sopra: l'alveare allegorico (a destra) è posto a fianco del forno alchemico (sinistra), all'interno del quale avviene la trasmutazione della materia nella «Pietra Filosofale». I «falsi alchimisti» (al centro), che fraintendono la natura divina di quest'opera e cercano solo l'oro volgare, sono paragonati agli inutili ronzii dell'alveare. Stampa estratta da un'opera alchemica pubblicata al culmine dell'illuminismo rosicruciano. Opera di Michael Maier, Examen fucorum (Francoforte 1617). Da notare sul forno una civetta, il simbolo della dea Minerva utilizzato in seguito dalla sètta degli Illuminati di Baviera e dal Bohemian Groove. Intimamente associato e regnante su tutti gli emblemi di questa lingua geroglifica occulta era il supremo «Occhio onniveggente» di Dio, l'emblema sacro di un'intelligenza divina e non creata, perpetua, unica immancabile luce dell'umanità. Sopra: l'Occhio onniveggente di Dio (e nome di Dio in ebraico, il sacro Tetragramma) come appare sul frontespizio del trattato del 1621 di Robert Fludd sulla teosofia e sulla Kabbalah. Le parole ascendenti del profeta, «in alarum tuarum umbra canam» sono un riferimento diretto a un tema della Fama Fraternitatis dei Rosacroce: «All'ombra delle tue ali gioirò» (Sl 63, 7). Stampa estratta dall'opera di Robert Fludd Utriusque Cosmi Maioris, Tomi Secundi Tractatus Secundus (Francoforte 1621). L'importanza del mito e della metafora come veicolo della tradizione ermetico-cabalistica non può essere sopravvalutata. Negli studi gnostici la funzione del mito e del simbolo come canale per l'espressione della visione primaria è ben accetta, e lo gnosticismo classico è ora generalmente classificato in termini di motivi mitici. Allo stesso modo, all'interno della tradizione ermetico-cabalistica l'intricato gioco di «sopra e sotto» ha generato una matrice unica di miti. Storie e simboli che trasmettevano mediante metafore il sapore di una visione primaria e globale di Dio e dell'umanità. Integrato e sviluppato nel corso di diverse centinaia di anni, questo mito ermetico-cabalistico raggiunse la maturità durante il XVII secolo. Fu all'inizio e a metà di questo secolo che i miti fiorirono più pienamente, avvolgendo le tradizioni separate della Kabbalah, dell'Ermetismo classico e dell'Alchimia. Durante questo periodo un mix creativo di simboli e storie ha interpretato le variazioni sui temi principali archetipici. Un esame dettagliato di questi elementi va oltre il limite di questo saggio. Ma c'è un'immagine che funziona come un sottotesto pervasivo, definendo il mito più completo della tradizione: il motivo del mysterium coniunctionis. Sopra: il mysterium coniunctionis rapprentato dal Sole e dalla Luna. Sulla terra e nel cielo due sentieri si intrecciarono; l'uomo e Dio echeggiano l'un l'altro un flusso di congiunzioni. Materia e spirito, luce e oscurità, maschile e femminile: tutto mescolato nel mistero, faccia a faccia. Una serie di opposti sono stati personificati come veicoli per la metafora di questa congiunzione. A questi era collegata l'immagine compagna dello hieros gamo. Era un mistero prefigurato dall'uomo e dalla donna in una prima congiunzione come Adamo ed Eva, figura dell'enigma principale della creazione. Divenne il matrimonio sacro di un re e di una regina, il Rex e la Regina dell'Alchimia 61. Naturalmente, seguì un tema parallelo del grande conoscitore del mistero, il filosofo-sacerdote-re che era il mediatore umano della congiunzione. E a giocare un ruolo importante nella forma specifica di diversi motivi (in particolare quelli all'interno delle confraternite occulte) vennero le variazioni sulla storia di Christian Rosencreutz, del «Libro M», il testo sigillato in attesa di traduzione, della tomba nascosta e del tesoro sepolto perduto. Sopra: il Re e la Regina alchemici. Anche in questa immagine appaiono il Sole (l'elemento Maschile) e la Luna (l'elemento Femminile. Ciò avvenne forse a imitazione dei misteriosi fratelli Rosacroce, e certamente in risposta razionale alle esigenze politiche e alle aspirazioni religiose riformatrici sempre più inclinate nel secolo successivo alla formazione di confraternite e società occulte. Per quanto possa sembrare incongruente, questa espansione degli interessi occulti è apparsa di pari passo con la cosiddetta «Epoca dei Lumi». Un gruppo di inglesi altamente informati e influenzati dalle aspirazioni e dal linguaggio simbolico dei Rosacroce, o forse condividendoli, generò probabilmente le prime Logge massoniche segrete durante la seconda metà del XVII secolo 62. La prima documentazione generalmente accettata di un'iniziazione massonica si trova nel diario di Elias Ashmole (1617-1692) nel 1646. Ashmole era un influente studioso e collezionista di libri, un membro fondatore della Royal Society e un uomo con una conoscenza indiscutibilmente ampia dei materiali rosicruciani. Tra i documenti conservati nella sua imponente biblioteca ci sono i testi dei Manifesti rosicruciani accuratamente copiati di sua mano; a questi manoscritti Ashmole aveva aggiunto una lettera, anch'essa di sua mano, ma apparentemente indirizzata a nessuno, in cui lodava la confraternita dei Rosacroce e ne chiedeva l'ammissione 63. Alla fine del XVII secolo, in Inghilterra esistevano diverse confraternite ermetiche occulte, comprese le società massoniche e rosicruciane. Il rapporto che queste confraternite avevano con la prima Gran Loggia massonica organizzata a Londra nel 1717 rimane poco chiaro. Sebbene abbiano sottolineato he «la Massoneria subì graduali cambiamenti durante un periodo di anni che va da ben prima del 1717 a ben dopo quella data», le autorità moderne in campo massonico di solito segnano l'inizio della «Massoneria speculativa» fino al decennio successivo all'organizzazione di questa prima Gran Loggia 64. Sopra: stampa massonica in cui appaiono i simboli che rappresentano la complexio oppositorum degli ermetisti. Non molto tempo dopo, intorno al 1750, un Ordine specificamente rosicruciano venne incorporato nella Massoneria francese. All'interno della struttura iniziatica delle Logge occulte, i «drammi del mistero» allegorici venivano usati per trasmettere, attraverso rituali simbolici, i miti fondanti della Massoneria, miti che sembrano essere fondamentalmente di origine ermetico-cabalista 65. Sebbene diverse interpretazioni della storia massonica enfatizzino ancora il ruolo delle precedenti «corporazioni artigianali» come fonte della Massoneria, relativamente poche prove supportano questa affermazione. Anche ammettendo l'esistenza di qualche collegamento tra la Massoneria del Settecento e le precedenti corporazioni artigianali, ciò non sminuisce la forza plasmatrice che l'Ermetismo, l'Alchimia e il rosicrucianesimo avevano avuto sullo sviluppo simbolico e filosofico della Fratellanza. In poche parole, la Massoneria del XVIII secolo è stata fortemente modellata sulle tradizioni ermetico-cabalistiche ed esoteriche. Pur sottolineando questo, ammetto che alla fine, diverse Logge massoniche si siano evolute con basi meno esoteriche e intenti fraterni molto più semplici. Sopra: rappresentazione massonica dell'ape, un altro simbolo di origine ermetica che rappresenta la laboriosità degli adepti. Prendendo atto della crescente influenza della Massoneria sulla politica e sulla società, gli storici tedeschi iniziarono a tentare durante l'ultima parte del XVIII secolo di risalire alle radici storiche della Massoneria. Le prove raccolte durante questo periodo suggerivano che quelle radici non portassero al re Salomone o alle corporazioni artigianali, ma al rosicrucianesimo. Questo punto di vista era ampiamente diffuso all'inizio del XIX secolo, e nel 1824 l'eminente saggista inglese Thomas De Quincey (1785-1859) pubblicò una dettagliata relazione sul London Magazine 66.
Mentre l'occultista Arthur Edward Waite (1857-1942) respinse questa affermazione nel 1887 67, la Yates ribadì questo concetto con una forte argomentazione in suo favore. Nel 1972 essa concluse: «Il fenomeno europeo della Massoneria quasi certamente era collegato al movimento dei Rosacroce» 68. Qualunque giudizio si preferisca, resta chiaro che nell'Ottocento non era raro ritenere che la Massoneria fosse associata ad un'eredità rosicruciana di tradizioni alchemiche, cabalistiche ed ermetiche e alle sue aspirazioni riformatrici religiose 69. Il XVIII secolo rappresentò un fertile terreno fertile per le società occulte, quasi tutte fondate su una struttura ermetico-cabalistica e sul fondamento della Massoneria e del rosicrucianesimo. Gli studiosi che non hanno familiarità con la storia di questi due movimenti rilevano troppo comunemente una consistenza e una coesione in queste organizzazioni, o li confondono con le fratellanze caritatevoli che sono i loro lontani cugini moderni. Al contrario, tra questi gruppi dilagava un'eterogeneità creativa e un misticismo religioso 70. Gli Ordini e le Logge esistenti non erano insolitamente trasmutati dalla forza di strani individui, nuove visioni e rivendicazioni di origini antiche e sempre più illuminate. Gli esempi sono molti: Adam Weishaupt (1748-1830) cercò attraverso il suo Ordine massonico degli Illuminati di Baviera, fondato nel 1776, di trasformare la politica e la società tedesca; Il misterioso Conte di Saint-Germain (1710-1785), devoto dell'Alchimia e delle arti occulte, che influenzò ampiamente le Logge continentali della Massoneria; Il conte Alessandro Cagliostro (1743-1795) che fuse il simbolismo cabalistico nel suo Rito massonico egizio, un Ordine che includeva uomini, donne e voci che parlavano di rituali magici che comportavano rapporti sessuali 71; Martinez de Pasqually (1715-1779) e il suo Ordine di Les Elus Cohen («Gli Eletti Cohen»), sostenendo una restaurazione cabalistica e massonica dell'antico sacerdozio del giudaismo, una nozione riecheggiata in altre manifestazioni esoteriche della Massoneria; Louis Claude de Saint Martin (1743-1803), discepolo di de Pasqually, che esercitò a lungo un'influenza sull'occultismo francese; A questi si deve aggiungere il veggente svedese Emanuel Swedenborg (1688-1772), fondatore di un movimento religioso che ha influenzato la Massoneria esoterica 72. Sebbene diverse figure visionarie si trovassero in questo rango di «illuminati», alla fine le manifestazioni più ampie del movimento attrassero un certo numero di opportunisti ciarlatani. Separare le due categorie non è facile sia per gli storici di oggi che per i loro contemporanei. In sintesi, i fili comuni di un mito specifico si intrecciano attraverso questi movimenti e società, anche se non sono di un tessuto comune. Nelle inclinazioni occulte del Seicento e del Settecento si trova il tema ricorrente della restaurazione: la restaurazione di un ordine più perfetto e antico; di un sacerdozio dimenticato; di misteri e rituali segreti; di parole e poteri occulti perduti. Spesso, nel tessuto visionario si mescola un filo pratico: l'uomo è intrinsecamente ed eternamente intriso di intelligenza divina non creata, un elisir mediante il quale può trasmutare alchemicamente il mondo materiale oscuro, comprese le sue strutture sociali e politiche, e quindi ripristinare Sion sulla terra. Ẻ un'opera riflessa in allegorie, glifi e simboli, da un canone riaperto e reinterpretato e ritrovato in antichi libri perduti: tesori d'oro sepolti, nascosti, tutti in attesa di uomini e donne che scavino riportandoli alla luce. Sopra. l'uomo divinizzato dell'Ermetismo. Per i veggenti di questa era i compiti da svolgere erano personali, ma per natura l'opera interiore si rifletteva all'esterno: Microcosmo e Macrocosmo erano inestricabilmente legati. Questa ampia visione del mondo ha generato operai di un antico mestiere, costruttori di un nuovo Tempio - una struttura mistica ordinata sopra e sotto da legami viventi di luce e visione - e nel Sancta Sanctorum di questo santuario hanno cercato un matrimonio sacro di unione trasformativa, un mysterium coniunctionis. Era in sintesi un mito ermetico-cabalistico, profondamente mescolato con l'Alchimia, riformato dal rosicrucianesimo, congiunto con una Squadra e un Compasso massonici. E nel suo nucleo esoterico brillava una lontana scintilla gnostica. Sopra: il Macrocosmo e il Microcosmo sul frontespizio dell'opera di Robert Fludd intitolata Utriusque
cosmi maioris scilicet et minoris metaphysica, physica atque
technica Historia. Sopra: sulla 4ª di copertina del libro Il potere della Kabbalah (TEA 2005), di Yehuda Berg, appare un commento all'opera della popstar Madonna che conferma quanto già detto da Owens: nella Kabbalah niente dogmi religiosi fissi, ma un potere così grande da scuotere il mondo. Sopra: il 30 ottobre del 2019, Francesco I ha incontrato una delegazione del Kabbalah Centre di Los Angeles, guidata da Sandra Gering, che gli ha fatto dono di una traduzione in inglese del testo cabalastico Tikunei haZohar. Sopra: la copia del
Tikunei haZohar donato dal Kabbalah Centre alla Biblioteca Vaticana.
POSTFAZIONE
a cura del Centro
Culturale San Giorgio
Come abbiamo sottolineato nell'introduzione a
questo articolo, il saggio da cui abbiamo estrapolato questo
scritto è una delle migliori trattazioni della Kabbalah che
abbiamo trovato in rete. Tuttavia, se da una parte si forniscono la
filosofia e la storia della Kabbalah, e le successive
confluenze di altre correnti magiche, dall'altra, pur riconoscendo
la grandissima influenza che essa ha esercitato sul mondo della
cultura e della religione occidentale, non si accenna
alle conseguenze pratiche e al suo impatto sull'Occidente cristiano.
Abbiamo quindi ritenuto opportuno aggiungere una postfazione dove
richiamiamo i punti essenziali del cabalismo (e la loro eventuale confutazione), ed elenchiamo in maniera sommaria gli effetti di
questa dottrina sul modo di vivere e di pensare dell'Europa
cristiana.
La Kabbalah ebraica non è...
ebraica (in senso biblico)
Come è stato già ampiamente spiegato in altri articoli
su questo argomento pubblicati sulla sezione dedicata all'«occulto», la Kabbalah
non ha nulla a che vedere con l'antica religione mosaica, ma è un
prodotto dell'ebraismo post-biblico e talmudico. Dopo la distruzione
del Tempio di Gerusalemme da parte delle legioni romane nel 70 d. C.
e la grande diaspora che ne è seguita, i rabbini hanno iniziato a
raccogliere tradizioni, miti, figure e dottrine spurie provenienti
dai popoli pagani circostanti con cui sono venuti a contatto.
Come insegna il Libro della Genesi, Yahwéh,
il Dio unico, ha creato il mondo ex nihilo («dal nulla») e
ha parlato a Mosé dal roveto ardente.
L'Essere perfettissimo è stato via via sostituito da
un'entità immanente, a volte impersonale o androgina che è autore
del male e che l'uomo può purificare. Egli non
avrebbe creato tutto dal nulla, ma la Natura e
l'uomo non sarebbero che sue emanazioni.
Di conseguenza, il creato
non sarebbe distinto dal Creatore (panteismo, ossia «tutto è Dio») e
l'uomo non sarebbe che la forma più elevata di tale emanazione,
essendo dotato di una scintilla divina che lo renderebbe in grado,
mediante la «Conoscenza» (in greco gnôsis)
esoterica
(per pochi eletti) e l'iniziazione, non solo di
conoscere Dio e i suoi misteri più intimi, ma di scoprire la
divinità che
soggiace in lui.
Se, come insegna lo Zohar, mediante un
calcolo numerologico si ottiene che «Adamo» è uguale «Dio», ne
consegue che l'uomo sarebbe un essere divino, e
questa, come abbiamo ripetuto più volte, è la vera essenza del satanismo
com'è descritto nella Bibbia.
«Ma il serpente disse alla donna:
"Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si
aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio,
conoscendo il bene e il male"» (Gn 3, 4-5).
Sempre nell'Antico Testamento, il profeta Isaia descrive la
ribellione del diavolo come un tentativo di rendersi uguale
all'Eterno:
«Come
mai
sei
caduto
dal
cielo,
Lucifero,
figlio
dell'aurora?
Come
mai
sei
stato
steso
a
terra,
signore
di
popoli?
Eppure
tu
pensavi:
"Salirò
in
cielo,
sulle
stelle
di
Dio
innalzerò
il
trono,
dimorerò
sul
monte
dell'assemblea,
nelle
parti
più
remote
del
settentrione.
Salirò
sulle
regioni
superiori
delle
nubi,
mi
farò
uguale
all'Altissimo".
E
invece
sei
stato
precipitato
negli
inferi,
nelle
profondità
dell'abisso»!
(Is
14,
12-15). Bisogna aggiungere che se la Kabbalah e l'Ermetismo hanno potuto attecchire in terra cristiana e fare dei proseliti fu grazie all'humus ideale che gli ebrei cacciati dalla Spagna trovarono soprattutto in Italia. Il pensiero dell'uomo rinascimentale, come riconosce anche la Yates, da teocentrico (Dio al centro di ogni cosa) era divenuto antropocentrico (l'uomo al centro di ogni cosa). Questo concetto è riassunto da un'unica parola: Umanesimo. L'uomo misura di ogni cosa. Questo allontanamento da Dio e dalla Sua Legge ha causato una lenta degenerazione delle menti e dei costumi i cui frutti malati oggi possiamo tristemente constatare con i nostri occhi. Sopra: l'Uomo Vitruviano disegnato da Leonardo da Vinci, un manifesto dell'Umanesimo rinascimentale.
L'uomo non è un essere divino Come abbiamo visto, il tema centrale del pensiero gnostico-ermetico-cabalista è la divinità dell'uomo. Ahimè, la vita quotidiana e il nostro misero destino di creature mortali (causato dalla colpa originale) dovrebbero essere sufficienti a farci comprendere che l'uomo non è affatto un essere divino, ma una creatura assai limitata, in tutto e per tutto dipendente da quel Dio onnipotente che lo ha tratto dalla polvere. Siamo creature ferite dal peccato originale in cui sono caduti i nostri progenitori, una sorta di lesione spirituale e corporea che ci rende non solo soggetti alla malattia e alla morte, ma anche inclini al male, al peccato, all'errore, alla superbia, all'orgoglio e allo spirito di ribellione, tanto da pretendere di poterci autodeterminare e - come Lucifero - di farsi simile a Dio. Tutto l'occulto, nei suoi insegnamenti più segreti e nelle sue mille varianti non è che un vano tentativo da parte degli iniziati a chissà quali «misteri» di raggiungere lo status quo di essere di luce, che può vivere autonomamente senza «né Dio né padroni». Quando nel Libro della Genesi si afferma che l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, si vuole intendere che, come a somiglianza dell'Altissimo, l'uomo, a differenza degli altri animali, è stato dotato di uno spirito immortale (l'anima), di un'intelligenza e di una volontà libera (libero arbitrio). Ecco dove sta tutta la gloria dell'uomo. Quello che la teologia cattolica ci insegna, alla luce della Rivelazione, è che Dio ha creato l'uomo in stato di grazia, ossia che pur avendolo dotato di una natura umana, gli ha donato gratuitamente, da vero Padre qual è, anche la Sua stessa natura divina. L'uomo redento dai meriti infiniti di Gesù Cristo che vive in grazia di Dio (senza il peccato mortale nell'anima) è una tabernacolo vivente in cui Dio alberga con la Sua stessa natura. Una volta salvo in Cielo, il beato potrà sì contemplare in eterno l'essenza divina ed essere immerso nell'oceano infinito della beatitudine stessa di Dio («Vieni, servo buono e fedele: prendi parte alla gioia del tuo Signore»; Mt 25, 21). Ma per poter stare al cospetto di Dio e godere della visione beatifica, egli dovrà ricevere dal suo Creatore e Redentore un altro dono: il lumen gloriæ. E sebbene alla fine sarà reso partecipe delle infinite perfezioni di Dio - come un figlio che può godere dell'eredità paterna - rimarrà sempre una creatura distinta da Dio, anche se elevata ad stato di felicità inimmaginabile sulla terra che potrà raggiungere solo in Cielo (in un grado che varia a seconda dei meriti individuali).
La Kabbalah è una rivelazione aperta
Per il cattolicesimo, la Rivelazione divina si
è chiusa per sempre con la morte dell'ultimo apostolo, San Giovanni
Evangelista. Al contrario, come ci dice Owens, la Kabbalah non è un
corpo di insegnamenti fissi o di dogmi inviolabili, ma una sorta di
rivelazione aperta. Il cabalista può, per mezzo di riti magici e di
estasi mistiche
entrare in contatto con gli Angeli e giungere fino al trono stesso
di Dio dove potrà scoprire i misteri ineffabili della divinità.
Tuttavia, non si tratta di verità eterne, ma di realtà mutevoli
essendo il cabalista stesso dotato di poteri creativi. Siamo lontani
dal Creatore onnipotente e onnisciente della Bibbia, la Sapienza
stessa, le cui profondità rimangono insondabili alla limitatissima mente umana, un
Essere soggetto al cambiamento («Dio non è un uomo perché egli
menta, non è un figlio d'uomo perché egli ritratti»; Nm 23,
19; «Io sono il Signore, non cambio»; Mal
3, 6).
Grazie alla conoscenza speciale ottenuta mediante la magia e
all'iniziazione che ha ricevuto, il cabalista, in preda all'estasi e
assistito dagli angeli, afferma di poter conoscere Dio nell'intimo e scoprire se
stesso, un essere divino. Questo concetto di mutevolezza è
lentamente penetrato nel pensiero occidentale. In contrasto con la
filosofia perenne dell'essere (la cosiddetta «Scolastica»),
mutuata da Aristotele (il «motore immobile») e perfezionata
da San Tommaso d'Aquino (1225-1274), è emersa nel
tempo la filosofia del divenire, che nega l'esistenza di una
verità immutabile a vantaggio di una realtà mutevole (soggetta al
capriccio umano).
Non a caso,
l'uomo moderno, figlio dei Lumi e del kantismo, è incline al relativismo, un concetto che nega l'esistenza di un'unica verità
intangibile e la possibilità stessa di venirne a conoscenza. E non è
nemmeno casuale il fatto che la Massoneria, figlia della Kabbalah,
dell'Ermetismo e della Gnosi, predichi un relativismo assoluto.
La rivelazione individuale
Un altro aspetto messo in luce da Owens è la
rivelazione ricevuta dal singolo individuo. Il mondo dell'occultismo
è pieno zeppo di rivelazioni, profezie e segreti trasmessi a
sedicenti individui particolarmente «illuminati». Mettendosi sullo
stesso piano degli antichi profeti che ispirati parlavano per conto di Dio, il
cabalista, che pretende di conoscere i misteri di Dio e della
Natura, afferma di ricevere una rivelazione del tutto personale.
Questo particolare tratto lo si ritrova anche in
Martin Lutero
(1483-1546), fondatore del
protestantesimo,
il quale insegna che Dio illumina direttamente il singolo fedele
affinché possa interpretare da sé la Sacra Scrittura senza la mediazione
della Chiesa (libero esame). Come abbiamo visto, la Germania
rinascimentale è stata una delle terre in cui la Kabbalah,
l'Ermetismo e il rosicrucianesimo fiorirono abbondantemente durante
il Rinascimento.
La deificazione del sesso
Come sottolinea Owens, il cabalista vede
nell'atto sessuale una manifestazione dell'unione del divino e
dell'umano. Si tratterebbe quindi di un atto che va oltre il suo
naturale valore procreativo, buono in sé (se ordinato) perché voluto
da Dio, ma di una sacralizzazione del sesso che assume un
aspetto trascendentale e divino. Se si studiano i cosiddetti
«misteri» celati dietro il simbolismo massonico si scopre quasi
sempre un significato sessuale.
La Squadra e il Compasso, il Sole la
Luna e il Punto nel Cerchio, le due colonne all'entrata della
Loggia, ecc..., non sono nient'altro che allusioni agli organi
genitali maschile e femminile. La stessa lettera «G» che campeggia
nelle Logge altro non significa che «Generazione». Per non
parlare della magia sessuale praticata all'interno di confraternite
occulte, come l'Ordo
Templi Orientis.
La lettera «G» significa «Generazione»,
ossia l'atto sessuale.
Detto questo,
come non vedere che ai nostri giorni, dopo la cosiddetta
Rivoluzione sessuale,
assistiamo ad un crescente e morboso interesse per il sesso? Il
fatto poi che gente corrotta come i vip di Hollywood o della
musica frequentino i centri di insegnamento della Kabbalah
sta ad indicare che queste pratiche sono uno dei fattori della
sessualizzazione delle masse.
La necessità di una riforma generale
Un altro aspetto del movimento che nel
Rinascimento ha inglobato la Kabbalah e l'Ermetismo è
l'appello sempre più pressante alla necessità di una vasta riforma
delle istituzioni, sia da un punto di vista civile che religioso.
Soprattutto dopo la nascita dell'universo protestante, un numero
crescente di individui ha fatto sentire la propria voce in questo
senso.
I Manifesti rosicruciani sono, come scrive Owens, appelli
alle menti più illuminate per accelerare il processo di cambiamento
in direzione di un nuovo modello di società. Personaggi come il
rosacroce Comenius (Jan Amos Kominsky; 1592-1670), uno
dei padri dell'Europa unita vissuto nel XVII secolo, o Alexandre
Saint-Yves d'Alveydre (1842-1909), autore del Patto
Sinarchico, e più recentemente il massone
Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi
(1894-1972), con la sua Paneuropa, un altro padre dell'Europa unita, non hanno fatto che
ribadire - anche se in termini diversi dovute ai cambiamenti
avvenuti nel frattempo - lo stesso concetto: bisogna ricostruire
dalle basi l'ordine mondiale creando un Nuovo Ordine mondiale
governato da un'élite (secondo d'Alveydre e Kalergi composta
di ebrei) e da una serie tribunali che
riorganizzino e regolino la vita legislativa, sociale e religiosa di
un mondo unificato.
Al contempo occorre restaurare l'antica
religione di cui si sono perse le origini, ma che gli iniziati hanno
riscoperto e custodito. Unico ostacolo: la Chiesa di Roma (il
«muro» che dev'essere abbattuto), l'unica religione che si arroga il
diritto all'indipendenza rispetto a qualsiasi istituzione e che
dichiara di essere l'unica vera religione fondata e voluta da Dio.
Da qui l'odio viscerale verso questa istituzione e le innumerevoli
persecuzioni di cui è stata oggetto, soprattutto a partire dalla
fine del XVIII secolo, ossia da quando sono nati governi
infiltrati da elementi affiliati alla Massoneria.
La pretesa antichità
Una delle rivendicazioni più comuni
dell'occultismo in generale, ma in particolare delle correnti di cui
si parla in questo saggio, è la rivendicazione di un'origine
antichissima. Ora, è vero che la magia è vecchia quanto l'uomo
stesso, ma nel nostro caso ci troviamo di fronte ad una pretesa
origine antica di tradizioni, origini e miti che passando di bocca e
in bocca sarebbero giunti intatti agli iniziati vissuti in epoche
più recenti. Si tratta realmente di una specie di idea fissa
costantemente ripetuta da tutti gli esoteristi.
Ed ecco Ermete Trismegisto, che secondo i suoi
seguaci sarebbe vissuto nell'antico Egitto addirittura prima di
Mosè, ma che con ogni probabilità è nato nei primi secoli dell'era
cristiana. I cultori della Kabbalah affermano che questa
dottrina sarebbe anch'essa antichissima quanto l'Antico Testamento,
mentre da studi più recenti sappiamo che lo Zohar è stato
redatto in Spagna nel XIII secolo d. C. Certi autori massonici
sfiorano persino il ridicolo affermando che anche Adamo e Noè
avrebbero portato il grembiulino. E così via...
Ci chiediamo: per quale ragione per gli
occultisti è così importante vantare pretese origini così vetuste?
Certamente una tradizione antica conferirebbe maggior valore e
credibilità a queste correnti. Ma c'è un altro aspetto che li spinge
a questo atteggiamento: la tradizione apostolica della Chiesa di
Roma. Essa sì che può vantare un'origine antica e ininterrotta,
e lo può anche dimostrare.
Se, per assurdo, prendessimo un Vescovo e
andassimo a ritroso nell'ordinazione episcopale potremmo risalire
fino agli Apostoli, e quindi a Cristo stesso. Questa catena
ininterrotta, che fa sì che una delle note della Chiesa sia la sua
apostolicità («Credo la Chiesa Una, Santa, Cattolica ed
Apostolica»), è oggetto di invidia da parte dei suoi avversari,
che vorrebbero esibire qualcosa di simile. Del resto, lo sappiamo
che il diavolo è «la scimmia di Dio»...
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